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DISTRIBUZIONE COOPERATIVA, CCNL 01/01/1995 - 31/12/1998 (testo ufficiale)

Contenuti associati

Associazione Nazionale delle Cooperative di Consumatori - A.N.C.C. - L.N.C. e M.
Associazione Nazionale delle Cooperative fra Dettaglianti - A.N.C.D. - L.N.C. e M.
Federazione Nazionale Cooperative di Consumo e della Distribuzione - C.C.I.
Associazione Italiana Cooperative di Consumo - A.G.C.I.
Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Albergo - Mense e Servizi - FILCAMS - C.G.I.L.
Federazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali Affini e del Turismo - FISASCAT - C.I.S.L.
Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi - UILTuCS - U.I.L.







Contratto Collettivo
Nazionale
di lavoro per i dipendenti
da imprese della
distribuzione cooperativa










Testo Ufficiale


In vigore dal 1° Gennaio 1995

PROPRIETA’ RISERVATA

___________________

Le Organizzazioni stipulanti intendono salvaguardare
la piena e completa proprietà del testo contrattuale
e ne vietano la riproduzione totale o parziale
a enti, organizzazioni, imprese e privati,
riservandosi ogni azione a salvaguardia dei loro diritti.

____________________

I N D I C E


COSTITUZIONE DELLE PARTIPag. 13
PREMESSA AL CCNL19

VALIDITA’ E SFERA DI APPLICAZIONE DEL CONTRATTO21


PRIMA PARTE - RELAZIONI SINDACALI

TITOLO I - SISTEMA DI RELAZIONI SINDACALI

Organizzazione del sistema25
Diritti di informazione26
Partecipazione29
Livelli della contrattazione31
Procedure del negoziato contrattuale31

TITOLO II - STRUMENTI DELLE RELAZIONI SINDACALI

Sezione Nazionale dell’Osservatorio Interconfederale33
Commissione paritetica nazionale34
Comitati misti paritetici35

TITOLO III - LIVELLO DI CONFRONTO REGIONALE35
TITOLO IV - MERCATO DEL LAVORO36

TITOLO V - LAVORO DEI SOGGETTI AVENTI DIRITTO AD
ASSUNZIONE OBBLIGATORIA36

Esclusione dalle quote di riserva37

TITOLO VI - SECONDO LIVELLO DI CONTRATTAZIONE

Funzione e materie38
Assetto retributivo dei lavoratori direttivi39
TITOLO VII - FORMAZIONE40

TITOLO VIII - APPALTI42
TITOLO IX - AMBIENTE E SALUTE
Dichiarazione a verbale (Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro)43
Normative generali43
Videoterminali44

TITOLO X - TRASFERIMENTO DI AZIENDA45
TITOLO XI - MOBILITA’45
TITOLO XII - REGOLAMENTI AZIENDALI46
TITOLO XIII - AZIONI POSITIVE PER LE PARI OPPORTUNITA’
Commissione paritetica46
Molestie sessuali47
TITOLO XIV - DIRITTI SINDACALI
Dirigenti sindacali48
Contributi sindacali48
Diritti sindacali delle rappresentanze previste
dall’art. 24, comma 1, lett. b)49
R.S.U.: Compiti, funzioni e composizione delle
Rappresentanze Sindacali Unitarie49
Composizione sperimentale delle R.S.U.50
Permessi sindacali retribuiti delle R.S.U.51
Clausola di salvaguardia52
Permessi sindacali retribuiti delle R.S.U.
composte sperimentalmente52
Permessi non retribuiti52
Affissioni53
Assemblea53
Referendum54
Distacco sindacale54
TITOLO XV - CONCILIAZIONE DELLE
CONTROVERSIE INDIVIDUALI
Conciliazione in sede sindacale55
Conciliazione presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro56
Tentativo obbligatorio di conciliazione56
Arbitrato irrituale56
TITOLO XVI - COMMISSIONE PARITETICA NAZIONALE
PER LA CLASSIFICAZIONE DEI LAVORATORI56
TITOLO XVII - CONTRIBUTO DI SERVIZIO CONTRATTUALE58
Dichiarazione sulla previdenza integrativa58
Impegno a verbale59SECONDA PARTE - RAPPORTO DI LAVORO

TITOLO XVIII - ASSUNZIONE
Norme63
Documenti per l’assunzione63

TITOLO XVIX - PERIODO DI PROVA64
TITOLO XX - CLASSIFICAZIONE DEL PERSONALE
Inquadramento65
Livelli di inquadramento66
Passaggi di qualifica79
Attività prevalente80
Trattamento economico - anzianità80
TITOLO XXI - QUADRI
Requisiti di appartenenza80
Profili81
Attribuzione della categoria e procedure83
Trattamento economico84
Responsabilità civile85
Informazione85
Formazione85
Mutamento provvisorio di mansioni86
Trasferimento86
Assistenza sanitaria integrativa86
Orario di lavoro87

TITOLO XXII - APPRENDISTATO
Finalità dell’istituto87
Ammissibilità87
Limiti numerici88
Durata dell’apprendistato88
Assunzione89
Periodo di prova89
Obblighi dell’azienda89
Obblighi dell’apprendista90
Trattamento normativo90
Trattamento economico90
Estinzione del rapporto91
Disposizione finale91

TITOLO XXIII - FORMAZIONE E LAVORO91


TITOLO XXIV - LAVORO A TEMPO PARZIALE
Principi generali92
Finalità dell’istituto e normativa92
Contenuti del contratto individuale93
Dichiarazione congiunta94

TITOLO XXV - CONTRATTI DI LAVORO
A TEMPO DETERMINATO
Finalità dell’istituto - ammissibilità - limiti94
Procedure95

TITOLO XXVI - ORARIO DI LAVORO
Durata settimanale - lavoro effettivo95
Lavoro fuori sede96
Monte ore di riduzione - criteri di applicazione96
Distribuzione dell’orario98
Lavoro ordinario notturno100
Orario Ipermercati100
Personale con funzioni direttive101
Lavoro discontinuo102

TITOLO XXVII - LAVORO STRAORDINARIO
Decorrenza103
Maggiorazioni103
Pagamento104
TITOLO XXVIII - RIPOSO SETTIMANALE E FESTIVITA’
Riposo settimanale105
Festività105
Lavoro festivo106
Lavoro nei giorni di riposo settimanali106
TITOLO XXIX - FERIE
Computo dei giorni106
Determinazione del periodo delle ferie107
Computo della retribuzione107
Ratei ferie108
Interruzione delle ferie108
Irrinunciabilità delle ferie108


TITOLO XXX - CONGEDI - PERMESSI
Permessi individuali vari108
Permessi elettorali109
Permessi di consigliere di parità110
Permessi per corsi regolari di studio110
Diritto allo studio: permessi delle 150 ore110
Congedi e permessi per handicap112
Congedo matrimoniale112
TITOLO XXXI - CHIAMATA E RICHIAMO ALLE ARMI
E SERVIZIO CIVILE
Obblighi di leva - servizio civile113
Richiamo alle armi114
TITOLO XXXII - MISSIONI E TRASFERIMENTI
Missioni115
Brevi trasferte116
Trasferimenti con cambio di residenza116
Trasferimenti senza cambio di residenza117
Condizioni e limiti del trasferimento117
TITOLO XXXIII - MALATTIA E INFORTUNIO
Iscrizione al servizio sanitario nazionale118
Definizione di malattia118
Comunicazione e certificazione medica118
Doveri del lavoratore ammalato119
Diritti del lavoratore ammalato119
T.B.C120
Trattamento economico120
Assicurazione contro gli infortuni121
Trattamento economico per infortunio121
Ripresa del lavoro122
Norme di rinvio123
TITOLO XXXIV - GRAVIDANZA E PUERPERIO
Astensione dal lavoro e trattamento economico123
Periodi di riposo e di assenza124
Astensione dal lavoro del padre125
Certificazione di gravidanza - dimissioni125
TITOLO XXXV - ASPETTATIVE NON RETRIBUITE
Tossicodipendenti126
Etilisti126
Maternità ed esigenze personali e familiari127
Obblighi del lavoratore in aspettativa127
Procedure - limiti - sostituzioni127
TITOLO XXXVI - SOSPENSIONE DEL LAVORO128
TITOLO XXXVII - ANZIANITA’ DI SERVIZIO
Decorrenza128
Frazioni di anno129
TITOLO XXXVIII- ANZIANITA’ CONVENZIONALI129
TITOLO XXXIX - SCATTI DI ANZIANITA’130
TITOLO XXXX - TRATTAMENTO ECONOMICO
Retribuzione normale131
Retribuzione di fatto132
Aumenti minimi tabellari133
Una tantum134
Eccedenze collettive135
Divisori convenzionali136
Spacci di piccole dimensioni - trattamento economico137
Retribuzione a provvigione137
Indennità di cassa138
Corresponsione della retribuzione138
TITOLO XXXXI - MENSILITA’ SUPPLEMENTARI (13a e 14a)138
TITOLO XXXXII - RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

a) RECESSO
Giusta causa139
Motivazione del licenziamento140
Licenziamento simulato140
Nullità del licenziamento141
Nullità del licenziamento a causa di matrimonio141
Consultazione della R.S.U141
b) DIMISSIONI
Trattamento economico142
Modalità delle dimissioni e del preavviso142
Modalità delle dimissioni a causa di matrimonio142Convalida delle dimissioni della lavoratrice madre143

c) PREAVVISO
Termini del preavviso143
Effetti del mancato preavviso143

d) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO
Determinazione del trattamento144
Decesso145
Corresponsione del T.F.R145

TITOLO XXXXIII - DOVERI DEI LAVORATORI
- NORME DISCIPLINARI
Rapporti fra i lavoratori145
Obblighi dei lavoratori146
Giustificazione delle assenze146
Provvedimenti disciplinari146
Contestazione degli addebiti148
Procedimento penale148
TITOLO XXXXIV - CAUZIONI
Norme generali149
Rivalsa150
Recupero150

TITOLO XXXXV - CALO MERCI E INVENTARIO
Calo merci150
Inventario150

TITOLO XXXXVI - RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI151

TITOLO XXXXVII - COABITAZIONE, VITTO E ALLOGGIO;
CONCESSIONI; CREDITI AI CLIENTI
Modalità della coabitazione vitto e alloggio152
Norme per i crediti ai clienti152

TITOLO XXXXVIII - DIVISE153

TITOLO XXXXIX - DECORRENZA E DURATA154
ALLEGATO 1
TABELLE INDENNITA’ DI CONTINGENZA155
ALLEGATO 2
ELEMENTI RETRIBUTIVI RIFERITI AGLI APPRENDISTI156
ALLEGATO 3
REGOLAMENTO PER LE TRATTENUTE DEL
CONTRIBUTO DI SERVIZIO CONTRATTUALE157


ALLEGATO 4
ACCORDO QUADRO SUI CONTRATTI
DI FORMAZIONE E LAVORO (3 dicembre 1994)
Premessa158
Procedure158
Progetti di formazione e lavoro160
Contratti di formazione e lavoro161
Decorrenza e durata163
Norma transitoria163
ALLEGATO 5
PROTOCOLLO PER LE ACQUISIZIONI (3 dicembre 1994)165
ALLEGATO 6
PROTOCOLLO PER AVVIO DISCOUNT (3 dicembre 1994)
Orario di lavoro166
Lavoro straordinario166
Part-time e lavoro supplementare167
Accordi di avvio167
Contrattazione di secondo livello167
Decorrenza e durata167
ALLEGATO 7
ACCORDO PER LA COSTITUZIONE DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE (12 ottobre 1995)
Sistema elettivo168
Durata e sostituzione nell’incarico168
Modalità per indire le elezioni169
Permessi sindacali e monte ore169
Revoca delle R.S.U.169
Assemblee170
Attribuzione dei seggi170
Clausole per la provincia autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta170
Permessi per le funzioni elettorali171
Rappresentanza dei quadri171
Elettorato attivo e passivo171
Clausola finale172
ALLEGATO 8
ACCORDO TRANSITORIO SULLE R.S.U. PER LA ANCD173
ALLEGATO 9
REGOLAMENTO DELLA SEZIONE NAZIONALE
DELL'OSSERVATORIO INTERCONFEDERALE
(3 dicembre 1994)174
ALLEGATO 10
GARANZIE DI ASSISTENZA SANITARIA
PER I QUADRI DIPENDENTI DA IMPRESE
DELLA DISTRIBUZIONE COOPERATIVA (3 dicembre 1994)176
ALLEGATO 11
PROTOCOLLO INTERCONFEDERALE SULLE NUOVE
RELAZIONI INDUSTRIALI-ASSOCIAZIONI
COOPERATIVE/CONFEDERAZIONI SINDACALI (5 aprile 1990)182
ALLEGATO 12
PROTOCOLLO SULLA POLITICA DEI REDDITI, LA LOTTA
ALL'INFLAZIONE E IL COSTO DEL LAVORO (31 luglio 1992)191

ALLEGATO 13
PROTOCOLLO SULLA POLITICA DEI REDDITI
E DELL'OCCUPAZIONE, SUGLI ASSETTI
CONTRATTUALI, SULLE POLITICHE
DEL LAVORO E SUL SOSTEGNO AL
SISTEMA PRODUTTIVO (23 luglio 1993)198

ALLEGATO 14
ACCORDO INTERCONFEDERALE SULLE
R.S.U. - ASSOCIAZIONI COOPERATIVE/
CONFEDERAZIONI SINDACALI (13 settembre 1994)209

ALLEGATO 15
PROTOCOLLO INTERCONFEDERALE
SULLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
ASSOCIAZIONI COOPERATIVE/CONFEDERAZIONI
SINDACALI (23 luglio 1994)219

LEGGI E REGOLAMENTI
Legge 20 maggio 1970, n° 300 - Norme sulla tutela
della libertà e della dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro
- Statuto dei lavoratori225

Legge 15 luglio 1996, n° 604 - Norme sui
licenziamenti individuali234

Legge 11 maggio 1990, N° 108 -
Disciplina dei licenziamenti individuali236



Legge 29 dicembre 1990, n° 428 -
Disposizioni per l’adempimento di obblighi
derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee.238

Legge 30 dicembre 1971, n° 1204 -
Tutela delle lavoratrici madri.239

D.P.R. 25 novembre 1976, n° 1026 - Regolamento
di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n° 1204,
sulla tutela delle lavoratrici madri.246

Legge 9 dicembre 1977, n° 903 - Parità di trattamento
tra uomini e donne in materia di lavoro.250

Legge 10 aprile 1991, n° 125 - Azioni positive per la
realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro.254

Legge 29 maggio 1982, n° 297 - Disciplina del trattamento
di fine rapporto e norme in materia pensionistica.259

Legge 13 maggio 1985, n° 190 - Riconoscimento giuridico
dei quadri intermedi263

Legge 2 aprile 1986, n° 106 - Modificazione della legge
13 maggio 1985, n° 190, recante riconoscimento giuridico
dei quadri intermedi.264

Legge 19 dicembre 1984, n° 863 - Misure urgenti a sostegno
e ad incremento dei livelli occupazionali.264

Legge 23 luglio 1991, n° 223 - Norme in materia di
cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione,
attuazione di direttive della Comunità Europea, avviamento
al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.270

Legge 19 luglio 1993, n° 236 - Interventi urgenti
a sostegno dell’occupazione.286

Legge 19 luglio 1994, n° 451 - Disposizioni urgenti in materia
di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali.297

Legge 18 aprile 1962, n° 230 - Disciplina del contratto
di lavoro a tempo determinato.306



D.L. 3 dicembre 1977, n° 876 - Disciplina del
contratto di lavoro a tempo determinato nei
settori del commercio e turismo.308
Legge 3 febbraio 1978, n° 18 - Conversione in legge,
con modificazioni, del D.L. 3 dicembre 1977, n° 876,
concernente la disciplina del contratto di lavoro
a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo.308

Legge 26 novembre 1979, n° 598 - Ulteriore proroga
dell’efficacia delle norme sulla disciplina del contratto
di lavoro a tempo determinato nei settori
del commercio e del turismo.309

Legge 25 marzo 1983, n° 79 - Contratto a tempo determinato.309

Legge 11 novembre 1983, n° 638 - Contratto a
tempo determinato.310

Legge 28 febbraio 1987, n° 56 - Norme
sull’organizzazione del mercato del lavoro.312

Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
Decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242 - Modifiche
ed integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti
il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
sul luogo di lavoro.312


NOTE GENERALI
- Gli articoli e i commi omessi (OMISSIS) non interessano direttamente i rapporti di lavoro regolati dal CCNL di categoria.

COSTITUZIONE DELLE PARTI

Addì 3 dicembre 1994, in Roma, presso la sede della A.N.C.C. Lega Nazionale Cooperative e Mutue
tra

l’Associazione Nazionale delle Cooperative di Consumatori (Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue), rappresentata dal Presidente Ivano Barberini, dal Vice Presidente Giuseppe Fabretti, da Antonio Canino membro della Presidenza, da Franco Barsali responsabile del Settore Nazionale Lavoro e Formazione, da Andrea Papini e da una delegazione composta da Gianni Barbetti, Gianfranco Beltramini, Giorgio Bigliardi, Franco Branchetti, Mauro Bruzzone, Bruno Cocci, Stefania Conti, Maurizio Fasce, Angelo Gerli, Gastone Gimignani, Edoardo Laccu, Claudio Lunardi, Roberto Malucchi, Paolo Materassi, Oddone Pattini, Elsa Pavesi, Graziano Pellicciari, Cesare Perini, Fiorenzo Romè, Mauro Saccenti, Gianluigi Silvestro, Aldo Soldi;

l’Associazione Nazionale delle Cooperative fra Dettaglianti (Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue), rappresentata dal Segretario Generale Roberto Dessì, da Federico Genitoni, Settore Sindacale A.N.C.D. e da una delegazione composta da: Moreno Batani, Raffaele Cortesi, Guglielmo Cusi, Lino Fioravanti, Osvaldo Innocenti, Gianni Murri, Sergio Stefanini;

la Federazione Nazionale Cooperative di Consumo e della Distribuzione (Confederazione Cooperative Italiane), rappresentata dal suo Presidente Pierluigi Angeli, dal Vice Presidente Francesco Valvassori, dal Direttore Fausto Pasqualitti e da una delegazione composta da Tiziano Bambi, Bernardino Santoni, Aldo Sironi, Elisabetta Vicino, assistita dal Responsabile del Servizio Sindacale Confcooperative Carlo Bagni;

l’Associazione Generale Cooperative Italiane, rappresentata dal Presidente Luciano Zignani, da Maurizio Zaffi membro dell’Ufficio di Presidenza e Graziano Poli Commissario del settore Cooperative di Consumo;
e

la Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Alberghi, Mense e Servizi (FILCAMS-CGIL), rappresentata dal Segretario Generale Aldo Amoretti, dal Segretario Generale aggiunto Pietro Ruffolo, dai Segretari Nazionali Ivano Corraini, Renata Bagatin, Gennaro Pannozzo, Luigi Piacenti, e dai componenti il Comitato Direttivo nelle persone di Luigi Coppini, Claudio Treves, Bruno Perin, Piero Marconi, Lionello Giannini, Manlio Mazziotta, Marco Bertolotti, Antonio Paparatto, Cristina Ronco, Marisa Valenti, Giovanna Vaudano, Demerio Vazzana, Antonio Amoruso, Giovanni Baseotto, Domenico Campagnoli, Marco Cipriano, Nadia D’Amely, Beatrice Di Bari, Patrizia Ferrari, Renato Franchi, Adriana Freddi, Lucia Giorgi, Angioletta La Monica, Antonio Lareno, Melissa Oliviero, Carla Pasquale, Santino Pizzamiglio, Bruno Rastelli, Marco Vicedomini, Mauro Dassio, Carmela Minniti, Giorgio Scarinci, Patrizia Vistori, Elsa Ruzza, Renato Zanieri, Marina Bergamin, Loredana De Checchi, Giorgio Loro, Sandro Maccatrozzo, Vittorio Meneghini, Giusy Muchon, Celeste Paulon, Diana Pelizza, Sandra Veneri, Roberto Cinelli, Ezio Medeot, Denise Trevisan, Dino Bonazza, Ramona Campari, Mauro Capacci, Dino Chieregatti, Silvano Conti, Gualtiero Francisconi, Gabriele Guglielmi, Mirella Losi, Patrizia Maestri, Gabriele Marchi, Marinella Meschieri, Anna Naldi, Daniela Pellacani, Franca Rosini, Walter Sgargi, Giulio Tiberio, Daniela Zini, Carlo Amato, Dalida Angelini, Fabio Giunti, Paolo Graziani, Roberto Mati, Silena Menchetti, Raffaello Nesi, Erminio Ontani, Stefania Palli, Marco Raiconi, Alessandra Salvato, Silvano Marani, Roberto Ghiselli, Roberta Massacesi, Claudio Bazzichetto, Orfeo Cecchini, Simona Cervellini, Antonella Chiusaroli, Luigi Corazzesi, Fabio De Rossi, Amedeo Fileri, Simona Iovinella, Giuseppe Mancini, Carla Mattiussi, Vincenzo Quaranta, Laura Ricci, Antonio Stancampiano, Luigi Castiglione, Domenico Troise, Alfonso Argeni, Giovanni Carpino, Antonio Coppola, Paola Di Celmo, Rosario Stornaiuolo, Maria Antonelli, Giuseppe Giuri, Giuseppe Scognamillo, Canio Cioffi, Michele Furci, Giovanna Pellegrino, Concetta Alario, Luisa Albanella, Minnì Cono, Sante Pellegrino, Antonino Triglia, Gianni Cotzia, Rosanna Facchin, con la partecipazione della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), rappresentata dal Segretario Confederale Walter Cerfeda;

la Federazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali Affini e del Turismo (FISASCAT-CISL), rappresentata dal Segretario Generale Gianni Baratta, dai Segretari Generali Aggiunti Antonio Michelagnoli e Maria Pantile, dai Segretari Nazionali Luciana Cirillo, Mario Marchetti e Pierangelo Raineri, da Salvatore Falcone dell’Ufficio Sindacale unitamente ad una delegazione composta da: Piero Abrami, Giovanni Agostini, Attilio Albanello, Antonio Albiniano, Antonietta Aloisi, Cecilia Andriolo, Mario Annoni, Mafalda Bergamin, Sante Blasi, Maria Letizia Borgia, Claudio Bosio, Emiliano Bovarini, Domenico Bove, Rosalba Carai, Rocco Carbone, Giovanni Cardellini, Luigi Carignani, Carlo Castellano, Elmina Castiglioni, Claudio Cavalletto, Alberto Cavalloni, Osvaldo Cecconi, Romano Celandroni, Mario Cesino, Giuseppe Chiofalo, Franco Ciccolini, Maria Teresa Ciminnisi, Antonio Cinosi, Antonio Conte, Bruno Cordiano, Gina Cotroneo, Patrizia Dal Chiele, Mario Dal Soler, Adriano Degioanni, Marco Dell’Infante, Ermanno Di Gennaro, Franco Di Liberto, Carlo Di Paola, Andrea Dominijanni, Jmma Egger, Giovanni Fabrizio, Patrizio Fattorini, Adriano Fontanella, Marino Friggeri, Libero Gabrielli, Antonio Galantucci, Silvano Gherbaz, Paolo Giachetti, Sebastiano Gionfriddo, Pietro Giordano, Angelo Giovanniello, Giovanni Giudice, Luca Grazioli, Mario Lapia, Calogero Lauria, Carmela Licienziato, Afredo Magnifico, Guido Malvisi, Iride Manca, Gilberto Mangone, Ornella Mantica, Lucio Marchesin, Gianfranco Mazza, Enrico Mazzetti, Germano Medici, Maresa Meneghini, Amedeo Meniconi, Aniello Montuolo, Ivano Morandi, Luigi Nanni, Eugenio Neri, Nicola Nesticò, Giorgio Pajaro, Marta Paparella, Ugo Parisi, Maria Pascale, Marcello Pasquarella, Gianfranco Patrignani, Gianfranco Pedini, Giovanni Pellegrini, Ferruccio Petri, Leonardo Piccinno, Giorgio Piacentini, Sergio Piermattei, Mario Piovesan, Claudio Pinci, Antonella Pirolo, Ida Pocetti, Simone Ponziani, Vincenzo Ramogida, Rosetta Raso, Roberto Ricciardi, Vincenzo Riglietta, Mario Rossano, Tullio Ruffoni, Pasquale Russo, Vincenzo Sacchetta, Francesco Sanfile, Rosanna Santarello, Carlo Santi, Domenico Saponara, Bruno Sassi, Fausto Scandola, Santo Schiappacasse, Rinelda Segatto, Carmelo Signorelli, Domenico Simone, Rolando Sirni, Achille Siveri, Stefano Stefani, Silvia Susini, Paola Taddei, Mario Testoni, Loredana Tinello, Giuseppe Tognacca, Fernando Toma, Lilian Tradiotto, Giancarlo Trotta, Elena Vanelli, Alessandro Varriale, Vincenzo Vasciaveo, Filippo Vargilii, Armando Vittorio, Eduard Wieser, Laura Zerbin, con la partecipazione della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL) rappresentata dal Segretario Confederale Natale Forlani;

la Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi (UILTuCS-UIL), rappresentata dal Segretario Generale Raffaele Vanni, dal Segretario Generale Aggiunto Salvatore Caronia, dai Segretari Nazionali: Michele Malerba, Pier Luigi Paolini, Virgilio Scarpellini, Parmenio Stroppa, Antonio Zilli; da Marco Marroni e Antonio Vargiu del Dipartimento Sindacale della UILTuCS; dai membri del Comitato Direttivo Nazionale Sergio Amari, Carlo Amoretti, Paolo Andreani, Marco Beccati, Pina Belletti, Marco Bellocchi, Giuseppe Benanti, Bruno Bettocchi, Fernando Biasini, Bruno Boco, Maria Pia Cafagna, Gianni Callegaro, Renzo Canella, Enzo Cardonatti, Bruno Carli, Leonardo Casacci, Maurizio Casadei, Antonio Celentano, Grazia Chisin, Nicola Cieri, Gianluca Cioccoloni, Pietro Cocco, Maria Codegoni, Amedeo Colonghi, Amedeo Criscuolo, Francesco D’Amico, Domenico Damiano, Michele De Simone, Diego Di Pierro, Sergio Diecidue, Salvatore Fanzone, Emilio Fargnoli, Stefano Franzoni, Giuseppe Fruggiero, Caterina Fulciniti, Giuseppe Gagliardi, Giorgio Gandino, Giovanni Gazzo, Giovanni Giorgio, Rosario Gucciardo, Giancarlo Guidi, Cesare Ierulli, Bartolo Iozzia, Pietro La Torre, Giuseppe La Via, Cosimo La Volta, Maria Lo Vasco, Maria Ermelinda Luchetti, Paolo Merlin, Teresa Millone, Antonio Monaco, Roberto Moro, Antonio Napoletano, Raffaella Nomade, Francesco Ortelli, Leonardo Pace, Giulio Parisi, Aurelio Pellegrini, Giannantonio Pezzetta, Paolo Poma, Maurizio Regazzoni, Cristina Rocchi, Carlo Sama, Sandro Sansoni, Pasquale Sastri, Luigi Scardaone, Gianni Tomasi, Gianfranco Venturi, Ivana Veronese, Paolo Vestri, Luca Visentini, Domenico Zanghi; da una rappresentanza del settore Cooperazione composta da Claudio Bavastro, Simona Bonalumi, Luigino Boscaro, Enrica Buono, Damiano De Paoli, Fausta Dessì, Silvio Cerù, Claudio Moretti, Gianluigi Renna, Giovanni Rodilosso, Ennio Rovatti, Carlo Salvadori, Franco Verdini, con la partecipazione della Unione Italiana del Lavoro (UIL) rappresentata dal Segretario Confederale Bruno Bruni;
si è stipulato

il presente CCNL composto da 49 titoli, 181 articoli e 16 allegati.

Letto, approvato e sottoscritto dai rappresentanti di tutte le parti stipulanti.

AVVERTENZA


Le parti stipulanti si danno reciprocamente atto che la titolazione dei singoli articoli risponde soltanto alla esigenza di migliorare la consultazione del testo contrattuale.

I titoli, pertanto, non sono esaustivi nell’indicazione dei contenuti dei singoli articoli e, quindi, in quanto tali non costituiscono elemento di interpretazione della norma.

Le parole ed i numeri evidenziati in corsivo indicano le innovazioni apportate dall’ipotesi di accordo del 3/12/94 ed in fase di stesura.

PREMESSA AL CCNL

Il presente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, nell’assumere come proprio lo spirito del “Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo” del 23 luglio 1993, ne realizza, per quanto di competenza del Contratto Collettivo Nazionale di categoria, le finalità e gli indirizzi in tema di relazioni sindacali
      •attribuendo alla autonomia collettiva delle parti una funzione primaria per la gestione delle relazioni di lavoro mediante lo sviluppo del metodo partecipativo, ai diversi livelli e con diversi strumenti, al quale le parti riconoscono un ruolo essenziale nella prevenzione del conflitto;

      •regolando l’assetto della contrattazione collettiva in funzione di una dinamica delle relazioni di lavoro tale da consentire ai lavoratori benefici economici con contenuti non inflazionistici ed alle imprese una gestione programmabile del costo del lavoro nonché di sviluppare e valorizzare pienamente le opportunità offerte dalle risorse umane.

      A tal fine le parti si impegnano a che il funzionamento del sistema di relazioni sindacali e contrattuali più avanti descritto si svolga secondo i termini e le procedure specificamente indicate dal presente contratto.

      Le parti si impegnano, inoltre, ad intervenire congiuntamente per l’emanazione di un apposito provvedimento legislativo che applichi il particolare trattamento contributivo previdenziale, così come previsto per le erogazioni del secondo livello di contrattazione dal Protocollo del 23 luglio 1993.

      Le parti, infine, avendo anche assunto quale orientamento per i propri comportamenti lo sviluppo delle imprese nel quadro di un corretto confronto competitivo tra le imprese distributive, italiane e straniere, operanti in Italia e la valorizzazione del lavoro, nel quadro di una evoluzione del sistema di relazioni sindacali finalizzato alla partecipazione ai processi, realizzano con il presente contratto gli assetti contrattuali indicati dal Protocollo del 23 luglio 1993.

      VALIDITA’ E SFERA DI APPLICAZIONE DEL CONTRATTO

      Il presente contratto disciplina il rapporto di lavoro del personale di ambo i sessi dipendente dalle cooperative di consumo, dai consorzi da queste costituiti, nonché dipendenti di società costituite o comunque controllate dalle predette cooperative o consorzi, che appartengano al settore della distribuzione, del terziario e dei servizi. Esso si applica altresì al personale dei laboratori annessi e al personale dei reparti commerciali delle cooperative con attività promiscua(*) .

      Il presente contratto si applica anche ai rapporti di lavoro del personale dipendente da cooperative fra dettaglianti, ai loro consorzi e società di servizio alle cooperative e ai consorzi del settore.

      Il presente contratto, che per tutto il periodo della sua validità deve essere considerato un complesso normativo unitario e inscindibile, che ha efficacia in tutto il territorio nazionale è complessivamente migliorativo rispetto al precedente CCNL, sostituisce ad ogni effetto le norme di tutti i precedenti contratti collettivi nazionali, provinciali, aziendali, accordi speciali, usi e consuetudini riferentisi ai medesimi settori e categorie indicati nel precedente comma. Sono fatte salve, per tutti i lavoratori, le relative condizioni di miglior favore comunque acquisite.

      Per quanto non previsto dal presente contratto valgono le disposizioni di legge vigenti in materia.

      Chiarimento a verbale

      Ai fini dell’applicazione del presente contratto i consorzi vengono considerati, a tutti gli effetti, aziende autonome, in quanto autogestiti, a termine dei singoli Statuti, dalle cooperative delle rispettive zone.

      Nota a verbale

      In relazione all’applicazione del presente CCNL alle società controllate nei casi in cui si verificasse la necessità di un cambiamento di applicazione di contratto le parti si incontreranno preventivamente per esaminare le necessarie armonizzazioni.


      (*) Vedi i protocolli allegati N. 5 e 6

      PRIMA PARTE

      RELAZIONI SINDACALI
      T I T O L O I
      SISTEMA DI RELAZIONI SINDACALI

      Art. 1
      ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA

      1. Le parti, rilevato che rientra negli obiettivi comuni la realizzazione di condizioni che consentano una più marcata presenza della cooperazione nel paese e una sempre maggiore efficienza e competitività delle Cooperative nel settore distributivo anche quale premessa indispensabile per sviluppare l’occupazione, riconoscono l’importanza di favorire, a tal fine, lo sviluppo di un sistema di corrette relazioni sindacali e la ricerca di comportamenti coerenti, anche negoziali, da parte dei propri rappresentati per affermare un processo di più larga partecipazione, nel quadro di una comune concezione di valori di democrazia economica e d’impresa, anche attraverso l’esercizio dei diritti sindacali e un migliore utilizzo degli strumenti di cui al presente CCNL

      2. Le parti stipulanti il presente CCNL concordano di organizzare un sistema di relazioni sindacali come sotto specificato:

      2-1) informazione ai livelli: nazionale, regionale e aziendale, con le modalità stabilite dall’art. 2 (diritti di informa-zione);
      2-2) partecipazione e confronto per le materie e con le modalità indicate nell’art. 3;
      2-3) contrattazione collettiva al livello nazionale ed al secondo livello di contrattazione con le modalità e i contenuti stabiliti nell’art. 13.

      3. Strumenti per un’efficace gestione delle relazioni sindacali vengono definiti:

      3-1) Osservatorio Nazionale (art. 6);
      3-2) Commissione Paritetica Nazionale (art. 7);
      3-3) Comitati Misti Paritetici (art. 8).

      4. In questo contesto e a tutti i livelli, assume valore politico un’etica di rapporti che salvaguardi il pluralismo sindacale che si è realizzato nella esperienza italiana quale patrimonio positivo delle Organizzazioni Sindacali e cooperative firmatarie del presente contratto.

      5. Le parti, anche alla luce del nuovo sistema di relazioni sindacali, sono impegnate a perseguire comportamenti, politiche contrattuali e politiche salariali coerenti con gli obiettivi indicati dal Protocollo del 23 luglio 1993 (*) .


      6. Le imprese rientranti nella sfera di applicazione del presente contratto perseguiranno indirizzi di efficienza, innovazione e sviluppo delle proprie attività che nelle compatibilità di mercato siano tali da poter contenere i prezzi entro i livelli necessari alla politica dei redditi.

      7. Le parti si danno atto che le innovazioni in materia di relazioni sindacali, struttura contrattuale e diritti individuali, esprimono l’intendimento di perseguire gli obiettivi comuni di democrazia economica e di partecipazione ai processi di sviluppo della cooperazione e dell’occupazione.

      8. Una coerente gestione del CCNL nel rispetto, a tutti i livelli, di quanto previsto nel sistema di relazioni sindacali, costituisce un impegno delle parti e può consentire, alla verifica, di aprire la strada ad ulteriori avanzamenti.

      9. Al fine di risolvere eventuali controversie sul sistema delle relazioni indicate nel presente articolo su richiesta anche di una delle parti e nel rispetto di quanto previsto si ricorrerà ad un confronto tra le organizzazioni firmatarie il presente contratto a livello territoriale prima e a livello nazionale poi, da esaurirsi entro 20 giorni dalla data di richiesta. Trascorso tale periodo ed esperite le procedure, le parti riprenderanno libertà di azione.

      10. Al fine di risolvere eventuali controversie di interpretazione e di applicazione di interi istituti e di singole clausole contrattuali, con esclusione della materia delle sanzioni disciplinari, su richiesta anche di una delle parti e nel rispetto di quanto previsto, verrà attivata la Commissione Paritetica Nazionale di cui all’art. 7 del presente CCNL.

      11. Le parti si incontreranno periodicamente, di norma ogni 6 mesi o anticipatamente su richiesta, al fine di valutare la corrispondenza e adeguamento della normativa contrattuale alla legislazione emanata per le parti espressamente demandate da questa alla contrattazione collettiva.

      Art. 2
      DIRITTI DI INFORMAZIONE

      1. Le parti, ferma restando la piena autonomia di poteri decisionali e di responsabilità gestionali delle Cooperative e le rispettive distinte responsabilità delle Associazioni Cooperative e delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, concordano il seguente sistema di informazione.

      2. Al fine di consentire alle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente CCNL una adeguata conoscenza delle problematiche relative ai rilevanti fenomeni collegati ai processi di sviluppo e ristrutturazione ed alle relative innovazioni tecnico-organizzative, nonché ai loro riflessi sulla organizzazione del lavoro e sui livelli occupazionali e professionali, saranno fornite le informazioni stabilite ai diversi livelli di competenza come sotto specificato.
      3. In relazione a quanto sopra, ciascuna delle Associazioni Cooperative, in piena autonomia, fornirà alle predette Organizzazioni Sindacali informazioni sulle materie indicate ai livelli e con le procedure stabilite nel presente articolo.

      A) Livello nazionale

      1. Di norma annualmente, entro il primo quadrimestre, saranno fornite, nel corso di un apposito incontro, informazioni globali, articolate per tipologia strutturale, riferite alle prospettive del settore, alla evoluzione complessiva del sistema di imprese cooperative associate, agli orientamenti inerenti le modificazioni tecnico-organizzative ed ai prevedibili riflessi sugli andamenti occupazionali e sulla struttura della occupazione, suddivisa per livelli e per tipologia dei contratti di assunzione, con particolare riferimento alla occupazione giovanile e femminile.

      2. In questo ambito e nei suoi termini più generali, l’informazione riguarderà inoltre la costituzione di nuove società, i mutamenti degli assetti societari, le affiliazioni, le concentrazioni, le fusioni, le acquisizioni di rilevanti partecipazioni societarie, avverrà nel rispetto dei tempi di decisione delle cooperative e sarà preventiva nei termini di cui al successivo art. 3, punto 3, lett. a). Tale informazione si riferirà anche alle articolazioni regionali e/o interregionali interessate.

      3. Saranno altresì fornite informazioni globali in materia di politiche commerciali, con riferimento ai rapporti con la produzione, alla struttura dei consumi e al ruolo della cooperazione, per stabilire rapporti funzionali con i programmi agricoli e industriali tali da consentire una politica commerciale e degli assortimenti coerente rispetto alle esigenze dei consumatori e garantire il contenimento dei prezzi - specie nei prodotti di prima necessità - ed apprezzabili livelli qualitativi.

      4. Nel corso degli incontri saranno fornite informazioni anche sui problemi inerenti la riforma del settore distributivo - ivi compresa la modifica della vigente legislazione - e sulle iniziative reciproche verso i pubblici poteri per porre in atto politiche coerenti per il rinnovamento del settore distributivo, nel quadro di una riorganizzazione settoriale e territoriale che consenta alla cooperazione di consumo di svilupparsi nel territorio nazionale attraverso una qualificata presenza strutturale e commerciale.



      B) Livello regionale (* )

      1. Di norma annualmente, entro il primo quadrimestre, dalle Associazioni delle Cooperative saranno fornite alle strutture regionali interessate delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente CCNL, nel corso di un apposito incontro, informazioni globali riferite ai processi di sviluppo e di ristrutturazione delle cooperative associate, con particolare riferimento ai programmi che comportano nuovi insediamenti o processi di mobilità dei lavoratori, nonché informazioni sugli andamenti occupazionali e sulla struttura della occupazione con particolare riferimento all’occupazione giovanile e femminile.
      Saranno altresì fornite informazioni globali sulle politiche commerciali, sulla struttura e sull’andamento complessivo dei prezzi dei prodotti di più largo consumo e sui rapporti con la produzione.
      Le informazioni di cui sopra, se riferite alle cooperative fino a 50 dipendenti, ove anche finalizzate alla contrattazione di secondo livello, saranno necessariamente più articolate e suddivise, con particolare riferimento ai nuovi insediamenti ed alla loro localizzazione, nonché alle implicazioni in materia di organizzazione del lavoro, di occupazione e di mobilità.

      2. Il suddetto incontro verterà anche sulla opportunità di raccordare la presenza e lo sviluppo della cooperazione distributiva con i programmi degli enti pubblici territoriali e con le necessità complessive del settore distributivo nel territorio, in una prospettiva riformatrice, mettendo in atto iniziative reciproche volte a rimuovere gli ostacoli che impediscono tale sviluppo.

      3. In occasione di prevedibili provvedimenti legislativi e/o amministrativi relativi agli orari degli esercizi commerciali le parti interessate concorderanno incontri specifici prima dell’adozione dei provvedimenti da parte dell’autorità competente.

      4. Le parti si danno atto che qualora il diritto di informazione, per la qualità e la dimensione delle materie, interessi più Regioni, il confronto avverrà fra Associazioni Distrettuali e i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali Regionali interessate e/o le Organizzazioni Nazionali stipulanti il presente CCNL.

      C) Livello aziendale

      Nelle cooperative con oltre 50 dipendenti saranno fornite alle strutture delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente contratto e alle R.S.U. di cui all’art. 27, nel corso di un apposito incontro da tenersi di norma entro il primo quadrimestre dell’anno e comunque su richiesta di una delle parti, informazioni riguardanti le prospettive della cooperativa, del consorzio, o delle società da esse costituite o controllate, i programmi di sviluppo e di ristrutturazione aziendale e delle innovazioni tecnologiche, con particolare riferimento:

      I) ai nuovi insediamenti e alla loro localizzazione;
      II) agli accordi intervenuti in materia di costituzione di nuove società e/o mutamenti di assetti societari, concentrazioni, fusioni, acquisizione di rilevanti partecipazioni societarie;
      III) alle prevedibili implicazioni in materia di organizzazione del lavoro, di occupazione e di mobilità.

      2. Durante l’incontro saranno fornite, inoltre, informazioni sulla struttura e il funzionigramma aziendale, sulla dinamica e sulla struttura dell’occupazione (a tempo pieno, a tempo parziale, a tempo determinato), suddivisa per livelli e sui programmi formativi, dati derivanti dal bilancio consuntivo e dalle attività dell’azienda nonché dati riferiti al bilancio preventivo ed al suo andamento periodico nell’anno di riferimento.

      3. Saranno fornite altresì informazioni sugli aspetti generali delle politiche commerciali e su quelle che saranno adottate dalla cooperativa a favore e a tutela dei consumatori.

      4. Le informazioni suddette saranno fornite con la necessaria tempestività ai fini dell’utilità del confronto.

      Art. 3
      PARTECIPAZIONE

      a) - Confronto sui progetti

      1. Con riferimento alle informazioni di maggiore interesse, contenute nel precedente articolo, inerenti i più significativi piani di sviluppo e ristrutturazione, le conseguenti innovazioni tecnico organizzative nei comparti commerciali e i loro riflessi sulla organizzazione del lavoro, sui livelli occupazionali e professionali, le Organizzazioni Sindacali competenti per livello potranno avanzare formale richiesta per l’apertura di una fase di confronto.

      2. Data la riservatezza delle informazioni che saranno fornite l’uso di esse sarà consentito nel rispetto dei principi sanciti dall’art. 2105 del Codice Civile (vedi appendice, leggi e regolamenti).

      3. Rimane inteso che le informazioni relative a tale confronto saranno riferite alla fase successiva l’iter formativo del progetto iniziale proprio delle cooperative, e preventive rispetto alla definizione del progetto finale e del relativo piano di fattibilità in modo da consentire alle Organizzazioni Sindacali e alle R.S.U. e/o R.S.A. una effettiva partecipazione ai medesimi.

      4. In particolare, a seguito della decisione assunta dall’impresa per nuovi investimenti, si concorderanno incontri specifici per dare vita ad un confronto sui progetti della organizzazione del lavoro funzionale all’investimento, della distribuzione degli orari e della composizione degli organici e delle professionalità.

      5. Le parti convengono altresì sull’utilità di pervenire ad intese aziendali che prevedano, sperimentalmente e con le opportune verifiche, forme di corresponsabilizzazione dei lavoratori al processo produttivo, attraverso nuove modalità di partecipazione diretta dei lavoratori stessi ad elementi di organizzazione del lavoro.

      b) - Procedure

      1. Relativamente al precedente punto a) si conviene che la richiesta di confronto dovrà essere inoltrata per iscritto all’azienda e alla Associazione Cooperativa competente per territorio entro 6 giorni dal momento in cui le informazioni sono state fornite.

      2. L’azienda interessata e l’Associazione cooperativa competente per livello, ricevuta la richiesta di cui al comma precedente, attiveranno il confronto con le Organizzazioni Sindacali competenti per livello realizzando concretamente la partecipazione del sindacato sulle problematiche in esame, anche per favorire le occasioni di sviluppo occupazionale e di crescita professionale, di miglioramento delle condizioni complessive di lavoro, nonché per superare i punti di debolezza aziendali, anche attraverso adeguate forme di flessibilità organizzativa e di mobilità, di cui all’art. 20, basata sulla riutilizzazione economicamente valida delle risorse produttive e professionali.

      3. La suddetta fase di confronto dovrà essere attuata entro 10 (dieci) giorni dalla richiesta e dovrà esaurirsi entro 10 (dieci) giorni dalla data della riunione in cui il confronto stesso è stato avviato, salvo le proroghe che le parti concorderanno. In ogni caso, fino all’esaurimento della procedura di cui sopra, le Organizzazioni Sindacali non daranno luogo a manifestazioni di conflittualità inerenti gli argomenti in oggetto, né le imprese daranno attuazione ai loro piani e progetti.

      4. Nell’ambito della procedura suddetta le parti possono istituire per i livelli di competenza, a partire da quello aziendale, Comitati Consultivi Paritetici formati per il livello nazionale e/o regionale da rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali e dalle Associazioni Cooperative competenti per livello e, per il livello Aziendale, dalle aziende interessate e dalle R.S.U. con il compito di esprimere la valutazione attraverso un parere formale, obbligatorio, ma non vincolante nonché indicazioni di eventuali opzioni o programmi alternativi. Detti Comitati potranno redigere un apposito verbale sottoscritto dai componenti da trasmettere alle rispettive Organizzazioni.

      5. I Comitati paritetici suddetti, costituiti dai rappresentanti di cui sopra, saranno composti da 6 (sei) membri nominati in rappresentanza delle Organizzazioni Sindacali e/o R.S.U. e da 6 (sei) membri nominati dalla Associazione Cooperativa competente per livello o dalla azienda interessata.

      c) - Accordi di avvio

      Le parti, anche come coerente sviluppo di quanto previsto dai precedenti punti, a fronte di nuovi insediamenti avvieranno confronti preventivi tesi a definire accordi di avvio sulle materie relative all’organizzazione del lavoro e all’utilizzo degli impianti, alla occupazione quali-quantitativa ed all’articolazione dell’orario, alle flessibilità organizzative.
      Il confronto si dovrà esaurire, di norma, un mese prima del nuovo insediamento.
      Art. 4
      LIVELLI DELLA CONTRATTAZIONE

      Le parti convengono che la contrattazione viene effettuata esclusivamente su due livelli: nazionale per il primo livello e aziendale per il secondo. ( * )

      Art. 5
      PROCEDURE DEL NEGOZIATO CONTRATTUALE

      Ai sensi del Protocollo 23 luglio 1993 le parti per i rispettivi livelli di competenza si atterranno alle procedure di seguito indicate, ritenute funzionali alla tempestiva conclusione delle vertenze e all’intento di prevenire il conflitto ed evitare carenze contrattuali.

      A) Rinnovo del contratto nazionale

      1. Le Organizzazioni Sindacali si impegnano a presentare la piattaforma rivendicativa per il rinnovo del contratto in tempo utile per consentire l’apertura delle trattative tre mesi prima della scadenza del contratto.

      2. Le Associazioni Cooperative si impegnano ad iniziare le trattative entro 20 giorni decorrenti dalla data di ricevimento della piattaforma. In oc-casione del primo incontro oltre alla illustrazione dei con-tenuti della piattaforma tra le delegazioni trattanti si definirà il percorso del negoziato.

      3. Durante i tre mesi antecedenti e nel mese successivo alla scadenza del contratto e comunque per un periodo complessivamente pari a quattro mesi dalla data di presentazione della piattaforma di rinnovo, le parti non assumeranno iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette.

      4. Le parti si danno atto che in assenza di accordo, dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo e comunque dopo tre mesi dalla data di presentazione della piattaforma di rinnovo se successiva alla scadenza del contratto, un elemento provvisorio della retribuzione denominato “indennità di vacanza contrattuale”. L’importo di tale elemento sarà pari al trenta per cento del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa la ex indennità di contingenza. Dopo sei mesi, sempre in assenza di accordo, detto importo sarà pari al cinquanta per cento della inflazione programmata. Tale meccanismo sarà unico per tutti i lavoratori.

      5. La violazione della norma di cui al comma 3 della presente lettera A) comporta come conseguenza a carico della parte che vi ha dato causa, l’anticipazione o lo slittamento di tre mesi del termine a partire dal quale decorre l’indennità di vacanza contrattuale.

      6. L’indennità di vacanza contrattuale, eventualmente erogata, cesserà dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo del contratto.

      B) Rinnovo dei contratti di secondo livello

      1. Gli accordi aziendali sono rinnovabili nel rispetto del principio dell’autonomia dei cicli negoziali.

      2. Entro 20 giorni decorrenti dalla data di ricevimento delle richieste sindacali, nel rispetto delle norme e delle procedure contrattuali, le aziende si impegnano ad iniziare le trattative stabilendo il percorso del negoziato.

      3. Durante tre mesi dalla data di presentazione della piattaforma e per il mese successivo alla scadenza dell’accordo, e comunque per un periodo complessivamente pari a quattro mesi dalla data di presentazione delle richieste di rinnovo, saranno garantite condizioni di normalità sindacale con esclusione del ricorso ad agitazioni relative alla predetta piattaforma.




      T I T O L O II
      STRUMENTI DELLE RELAZIONI SINDACALI
      Art. 6
      a) SEZIONE NAZIONALE DELL’OSSERVATORIO INTERCONFEDERALE

      1. Al fine di raccogliere, elaborare e utilizzare gli elementi di conoscenza necessari ad un confronto sistematico sui temi di rilevante interesse reciproco sotto specificati, le parti si impegnano a dare concreta attuazione alla fase di avvio della apposita sezione riguardante la distribuzione cooperativa, costituita nell’ambito dell’Osservatorio Nazionale sulla Cooperazione di cui al punto 5 del Protocollo Interconfederale del 5.4.90(*) con lo scopo precipuo di:

      I) confrontare i reciproci orientamenti, individuando eventuali proposte di approfondimento, in merito alla evoluzione della normativa nazionale e comunitaria del settore;
      II) realizzare una informazione reciproca in materia di politiche del lavoro e di riforma del sistema distributivo, anche al fine di individuare iniziative nei confronti delle competenti autorità;
      III) analizzare la struttura del settore della distribuzione cooperativa nonché quella della occupazione suddivisa per sesso, tipologia di contratto e per livelli di inquadramento;
      IV) seguire l’andamento della occupazione femminile e acquisire conoscenze adeguate alla specificità della materia allo scopo di individuare azioni positive volte a concretizzare le pari opportunità, collaborando a tal fine con la commissione paritetica nazionale per le pari opportunità, di cui all’art. 22, comma 2;
      V) rilevare eventuali problematiche derivanti dall’inserimento in azienda di lavoratori extracomunitari, tossicodipendenti, etilisti e portatori di handicaps ed individuare le iniziative che possono concorrere alla loro soluzione;
      VI) sviluppare una analisi generale dei fabbisogni formativi del settore;
      VII) svolgere indagini ed approfondire lo stato delle relazioni sindacali anche a livello europeo, l’evoluzione e gli esiti della contrattazione collettiva del settore, esaminando le dinamiche contrattuali nel complesso della distribuzione commerciale e quelle del costo del lavoro anche in rapporto alla legislazione e contribuzione sociale.

      2. Tutte le elaborazioni e le proposte della sezione dell’Osservatorio Nazionale saranno trasmesse alle parti stipulanti il CCNL per consentire le opportune valutazioni ed un loro eventuale utilizzo. I finanziamenti delle iniziative di studio e ricerca adottate, qualora queste non siano esaudibili dalle normali strutture associative delle parti, saranno ripartiti fra le stesse, secondo modalità da concordarsi.
      Norma transitoria

      Le parti si impegnano a dare concreta attuazione, in tempi immediatamente successivi alla data di entrata in vigore del presente CCNL, al regolamento per il funzionamento della sezione dell’Osservatorio di cui alla presente intesa, che ha già costituito oggetto di confronto e che si intende formalmente approvato (allegato n. 9).
      Conseguentemente la sezione dell’Osservatorio terrà la sua prima riunione entro il dicembre 1995.
      Art. 7
      b) COMMISSIONE PARITETICA NAZIONALE

      1. E’ istituita a Roma, presso la sede della A.N.C.C., la Commissione Paritetica Nazionale.
      Tale Commissione opererà al fine di assicurare il rispetto delle intese intercorse esaminando tutte le controversie di interpretazione e di applicazione di interi istituti e di singole clausole del contratto, con esclusione della materia delle sanzioni disciplinari.
      Della Commissione Paritetica Nazionale fanno parte di diritto le parti stipulanti il presente contratto.

      2. A detta Commissione dovranno rivolgersi, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, le Organizzazioni Sindacali locali facenti capo alle Organizzazioni Nazionali stipulanti detto contratto e/o le cooperative aderenti alle rispettive Associazioni tramite le Associazioni territoriali di competenza. La data della convocazione sarà fissata d’accordo tra le parti entro 15 giorni dal ricevimento della raccomandata di cui al comma precedente e l’intera procedura dovrà esaurirsi entro i 30 giorni successivi. La Commissione, prima di deliberare, può convocare le parti in controversia per acquisire ogni informazione e osservazione utile all’esame della controversia stessa.
      Le deliberazioni della Commissione paritetica sono trasmesse in copia alle parti interessate, alle quali incombe l’obbligo di uniformarvisi e, ove ne ricorrano gli estremi, di darvi attuazione, trasferendone i contenuti in un verbale di conciliazione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 411, terzo comma, 412 Codice di Procedura Civile e 2113, quarto comma Codice Civile, come modificati dalla legge 11 agosto 1973 n. 533.

      3. In pendenza di procedura presso la Commissione Nazionale, cioè per 45 giorni dalla sua attivazione, le parti interessate non potranno prendere alcuna iniziativa sia sindacale che legale.

      4. Ove la controversia e relativa procedura abbiano riguardato questioni attinenti al sistema di relazioni sindacali la parte, il cui diritto di Organizzazione Sindacale al rispetto di quanto in materia previsto risulti leso - sulla base della deliberazione della Commissione Paritetica ovvero, in assenza di detta deliberazione, sulla base di oggettivi riscontri - potrà decidere, previo confronto tra le Organizzazioni stipulanti (confronto da esaurirsi entro 10 giorni), di non ottemperare a sua volta alle procedure e modalità previste al riguardo.

      5. Per tutto quanto relativo al funzionamento della Commissione Paritetica Nazionale potrà provvedere la Commissione stessa con proprie deliberazioni.
      Art. 8
      c) COMITATI MISTI PARITETICI

      1. A livello regionale, ove sia più significativa la presenza di imprese cooperative del settore, le parti stipulanti costituiranno “Comitati Misti Paritetici”.

      2. Compiti principali di tali comitati sono:

      I) Effettuare l’esame dell’andamento del mercato del lavoro, riferito al settore distributivo del terziario, nel territorio al quale si rivolgono.
      II) Rilevare i fabbisogni professionali, quantitativi e qualitativi delle imprese di cui alla sfera di applicazione del CCNL sulla base dei rispettivi programmi di ristrutturazione e sviluppo.
      III) Attivare rapporti con gli enti pubblici sia al fine di migliorare le conoscenze che per favorire la reperibilità sul mercato occupazionale delle figure professionali necessarie alle imprese cooperative del settore.
      IV) Espletare quanto demandato dall’art. 80 in materia di contratti a termine.

      3. I Comitati misti regionali coordineranno la propria attività con la Commissione prevista dal CCNL per le pari opportunità nonché con la Commissione prevista per i contratti di formazione e lavoro, fermo restando, per questi ultimi le procedure di approvazione di cui all’art. 4 dell’accordo qua-dro (vedi allegato n. 4).
      T I T O L O III
      LIVELLO DI CONFRONTO REGIONALE

      Art. 9

      1. Le parti si danno atto della validità di attivare a livello regionale momenti di confronto per giungere a positive intese operative in merito a:

      I) attivazione e regolamentazione dei comitati misti paritetici sul mercato del lavoro di cui all’art. 8 e per le azioni positive e le pari opportunità;
      II) attivazione e regolamentazione dei comitati consultivi paritetici per l’esercizio del diritto all’informazione di cui all’art. 3, lettera b, punto 4;
      III) confronti in merito a norme vigenti o emanande in tema di orari commerciali dagli enti pubblici competenti per verificarne i riflessi eventuali con gli orari di punti di vendita. A fronte di tali verifiche le parti potranno assumere orientamenti comuni con cui confrontarsi con gli enti pubblici predetti;
      IV) attivazione e regolamentazione delle commissioni paritetiche per la gestione dell’accordo quadro sui contratti di formazione e lavoro;
      V) verifiche generali sull’applicazione del contratto di lavoro nelle cooperative di piccole dimensioni qualora richiesto dalle Organizzazioni Sindacali stipulanti.

      T I T O L O IV
      MERCATO DEL LAVORO

      Art. 10

      1. In conformità con gli obiettivi di cui al presente titolo le parti, allo scopo di consentire alle aziende di soddisfare le proprie esigenze organizzative e produttive rivolte a salvaguardare e sviluppare la loro competitività e di dare al tempo stesso un contributo positivo all’occupazione, riconoscono l’opportunità di utilizzare le occasioni offerte dalla vigente normativa legislativa e contrattuale in tema di contratti di formazione e lavoro, di apprendistato, di contratti a tempo determinato e di lavoro a tempo parziale nell’ambito della contrattazione degli organici e dell’organizzazione del lavoro.

      2. Le parti si danno atto che il ricorso al lavoro a tempo parziale su base annua, oltre a rispondere alle esigenze di cui al precedente comma, risponde anche all’obiettivo di ridurre il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato.

      3. In questo contesto le parti valutano positivamente l’opportunità di interessare all’avviamento i vari soggetti dell’offerta di lavoro secondo quanto previsto dalle altre normative in materia di collocamento, con particolare riferimento alle categorie socialmente più deboli.

      4. A tal fine potranno essere utilizzate le indagini conoscitive realizzate dai comitati misti di cui all’art. 8 e dalla sezione dell’Osservatorio di cui all’art. 6.
      T I T O L O V
      LAVORO DEI SOGGETTI AVENTI DIRITTO
      AD ASSUNZIONE OBBLIGATORIA
      Art. 11

      1. Il lavoro dei soggetti aventi diritto ad assunzione obbligatoria è regolato dalle disposizioni vigenti in materia.

      2. Al riguardo le parti convengono sull’obiettivo di favorire l’inserimento nelle strutture aziendali, nell’ambito delle possibilità tecnico-organizzative di queste, degli invalidi e dei portatori di handicaps in funzione della loro capacità lavorativa e del conseguente sviluppo professionale delle varie categorie, anche su segnalazione e partecipazione delle R.S.U.

      3. Per quanto riguarda l’adeguatezza delle condizioni di lavoro alle capacità lavorative di questa speciale categoria di invalidi, le parti stipulanti, in considerazione del problema sociale che essi rappresentano, dichiarano che si adopereranno congiuntamente per la realizzazione delle iniziative e dei provvedimenti necessari per dare attuazione ai “sistemi di lavoro protetto” di cui all’art. 25 della legge 30 marzo 1971 n. 118. Su tale punto convengono di intervenire congiuntamente presso i competenti Ministeri del Lavoro e della Sanità affinché il problema venga considerato ed affrontato con la massima sensibilità.

      4. Inoltre in sede aziendale le parti promuoveranno incontri specifici per esaminare le problematiche concernenti le “barriere architettoniche” nei luoghi di lavoro. In questo quadro le parti si adopereranno per individuare interventi atti a superare le “barriere architettoniche” compatibilmente con le esigenze impiantistiche e/o tecniche-organizzative. Allo scopo verranno anche attivate idonee iniziative per acce-dere a fonti di finanziamento previste dalle leggi vigenti.
      Art. 12
      ESCLUSIONE DALLE QUOTE DI RISERVA

      1.Ai sensi del secondo comma dell’art. 25 della legge 23 luglio 1991 n. 223, non sono computabili, ai fini della determinazione della riserva le assunzioni:
      I) dei lavoratori cui sia assegnata una qualifica ricompresa nei livelli Quadro, I, II, III;
      II) dei lavoratori del IV e V livello, per quest’ultimo relativamente al profilo 1, a condizione che abbiano già prestato servizio presso imprese del terziario e/o della distribuzione cooperativa e siano stati interessati da processi di mobilità, crisi aziendale o diminuzione di organico.

      2. Sono comunque esclusi i lavoratori assunti da adibire a mansioni di custodia, fiducia e sicurezza.

      3. I lavoratori assunti tra le categorie riservatarie previste dal quinto comma dell’art. 25, legge 23 luglio 1991 n. 223, saranno computabili, ai fini della copertura dell’aliquota di riserva di cui ai commi 1 e 6 dell’art. 25 citato, anche quando vengono inquadrati nelle qualifiche precedentemente individuate.






      T I T O L O VI
      SECONDO LIVELLO DI CONTRATTAZIONE

      Art. 13
      FUNZIONE E MATERIE

      1. La contrattazione di secondo livello si svolge in azienda una sola volta nel periodo di vigenza del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e riguarda materie ed istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli definiti dal CCNL medesimo.
      I contratti di secondo livello hanno durata quadriennale.

      2. Il secondo livello di contrattazione è di competenza della R.S.U. unitamente alle Organizzazioni Sindacali firmatarie competenti per livello.

      3. Le erogazioni retributive del livello di contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità ed altri elementi di competitività di cui le imprese dispongono nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa medesima.

      4. Considerati i vantaggi che in ragione della funzione specifica ed innovativa degli istituti della contrattazione aziendale possono derivare all’intero sistema produttivo, attraverso il miglioramento dell’efficienza aziendale e dei risultati di gestione dell’impresa, queste erogazioni devono avere caratteristiche tali da consentire l’applicazione del particolare trattamento contributivo previdenziale che verrà emanato in attuazione dell’impegno di cui al Protocollo del 23 luglio 1993.

      5. La contrattazione aziendale potrà concordare norme riguardanti:

      I) articolazioni dell’orario di lavoro mediante turni unici continuati, fasce orarie differenziate, orari spezzati anche combinati tra loro e forme di flessibilità dell’orario di lavoro di cui all’art. 84;
      II) problematiche connesse all’organizzazione del lavoro;
      III) organici;
      IV) mobilità per motivi di ristrutturazione, concentrazione e sviluppo azien-dale;
      V) inquadramento delle mansioni non esemplificate nei profili;
      VI) problemi connessi al mercato del lavoro, riferiti all’utilizzazione delle diverse tipologie di contratto (part-time, tempo determinato, apprendistato, ecc.) e all’applicazione della legge 28 febbraio 1987 n. 56;
      VII) tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro;
      VIII) pari opportunità uomo-donna secondo quanto previsto dalle norme di legge;
      IX) determinazione dei periodi feriali ai sensi dell’art. 97;
      X) modalità di svolgimento dell’attività dei patronati;
      XI) quanto delegato alla contrattazione dagli artt. 20 e 21 della legge 20 maggio 1970 n. 300 “Statuto dei lavoratori”;
      XII) erogazioni economiche strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità ed altri elementi di competitività di cui le imprese dispongono nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa medesima.
      Tali erogazioni devono rispondere alle caratteristiche di cui al comma 4 del presente articolo;
      XIII) altre materie espressamente demandate dagli articoli dei singoli istituti del presente CCNL.

      6. Inoltre potranno essere concordati interventi di formazione e riqualificazione connessi ad iniziative o direttive dei pubblici poteri anche a livello nazionale e comunitario.

      Nota a verbale

      Per i gerenti o gestori di cui al terzo livello si procederà in sede aziendale alla fissazione di un elemento aggiuntivo alla retribuzione tabellare, in relazione all’entità del negozio gestito, commisurata al numero dei dipendenti e/o al volume delle vendite.

      Art. 14
      ASSETTO RETRIBUTIVO DEI LAVORATORI DIRETTIVI

      1. Le parti si impegnano, in sede aziendale, ad intervenire sull’assetto retributivo dei lavoratori con funzioni di carattere direttivo e/o altamente qualificati, non appartenenti alla categoria quadri, mediante la previsione o la eventuale rivalutazione delle quote salariali aggiuntive esistenti al fine di cogliere e valorizzare i contenuti professionali delle prestazioni, sia in rapporto alle particolari modalità di svolgimento delle prestazioni medesime, sia in rapporto alle situazioni del mercato del lavoro, adeguate alle specifiche funzioni svolte nell’ambito del sistema organizzativo aziendale, tenendo conto dei seguenti criteri che possono essere presenti congiuntamente o alternativamente:

      I) capacità propositive in relazione ai processi decisionali, in riferimento alle proprie funzioni;
      II) incidenza della funzione stessa e della responsabilità nell’organizzazione aziendale;
      III) gestione di procedure basate sull’impiego di tecnologie complesse;
      IV) complessità delle strutture aziendali;
      V) situazione del mercato del lavoro.
      2. Tali indennità potranno essere riassorbite dalla contrattazione collettiva, se espressamente previsto.

      Dichiarazione a verbale

      Le parti si danno atto che con l’istituzione delle fasce retribu-tive suddette non hanno inteso mettere in discussione la scala classificatoria stabilita dal vigente CCNL. Pertanto esse riconfermano il principio dell’equivalenza delle mansioni all’in-terno dei rispettivi livelli d’inquadramento a tutti gli effetti contrattuali e, principalmente, ai fini della eventuale mobilità aziendale che le parti non intendono ulteriormente vincolare.

      T I T O L O VII
      FORMAZIONE

      Art. 15

      1. Le parti ritengono che la valorizzazione delle risorse umane rivesta importanza strategica ai fini dello sviluppo delle imprese cooperative e dell’occupazione. Convengono che la for-mazione professionale rivolta all’acquisizione di cultura e conoscenze adeguate anche in relazione alla diffusione delle nuove tecnologie è uno strumento utile negli attuali processi di innovazione, per contribuire a riqualificare il lavoro e sviluppare le professionalità, nonché per facilitare la mobilità dei lavoratori.

      2. Alla luce di questi convincimenti le parti ritengono che i principali obiettivi della formazione consistono nel:

      I) porre i lavoratori in condizioni di rispondere più effi-cacemente alle esigenze poste dalle trasformazioni te-cnologiche e organizzative delle imprese;
      II) soddisfare le necessità di aggiornamento professionale dei lavoratori;
      III) facilitare il loro reinserimento dopo eventuali periodi di aspettativa previsti dal presente CCNL e dalle norme di legge.

      3. Le parti concordano che la realizzazione di quanto sopra è demandata al confronto aziendale, per la elaborazione di programmi e di attività formative tra le quali possono essere ricomprese:

      I) formazione nel settore della comunicazione sociale;
      II) formazione sui principi generali della distribuzione e sulla cooperazione, sulle problematiche delle attività dei servizi, sul ruolo di tali settori nell’economia, sulla struttura d’impresa;
      III) formazione riguardante il rapporto di lavoro e le sue regolamentazioni, la legislazione e gli accordi sindacali sulla salute e la si-curezza;
      IV) formazione in marketing, vendite e servizi, acquisti e gestione di stock;
      V) formazione di contabilità;
      VI) formazione sul ruolo e sulla utilizzazione delle nuove tecnologie;
      VII) studio di una lingua della Comunità in aggiunta alla lingua madre.

      4. A tal fine le parti, considerato quanto previsto dal punto 3 del protocollo interconfederale del 5.4.90 e dall’accordo interconfederale 23 luglio 1994 tra Centrali Cooperative e CGIL, CISL, UIL in materia di formazione professionale (allegato n. 15), si impegnano a collaborare con gli organismi paritetici preposti alla realizzazione degli obiettivi stabiliti individuando le specifiche esigenze formative della distribuzione commerciale cooperativa anche monitorando, ai fini di un migliore orientamento, i fabbisogni degli addetti delle imprese cooperative. Si impegnano, inoltre, ai diversi livelli di competenza, ad attivarsi presso le istituzioni comunitarie e nazionali per ottenere i finanziamenti da queste destinate alle attività formative.

      5. I comitati misti di cui all’art. 8 collaboreranno alla realizzazione delle finalità assunte dal Comitato Interconfederale e potranno predisporre, con i predetti enti pubblici competenti, specifici progetti di formazione professionale, con particolare attenzione alle specializzazioni non sufficientemente offerte dal mercato e tesi ad attuare azioni positive per le pari opportunità nonché a favorire l’inserimento delle fasce più disagiate del mercato del lavoro di cui all’art. 10.

      6. In sede aziendale saranno valutati programmi e progetti formativi nonché le possibilità di sperimentare le iniziative proposte dai comitati paritetici nazionali e regionali. A tal fine le cooperative presenteranno annualmente i programmi formativi in essere, elaborati secondo le finalità del presente articolo, corrispondenti ai fabbisogni rilevati nel quadro della propria politica di valorizzazione delle risorse umane. Modalità, criteri, finalità e risultati di tali programmi formeranno oggetto di valutazione comune tra le parti. La definizione dei programmi esecutivi e la scelta dei docenti, ad esclusione di quanto previsto dai punti 6 bis e 6 ter, sono di competenza aziendale.

      6 bis) Qualora le parti convengano di far ricorso ai finanziamenti pubblici, nazionali e comunitari, compresi quelli del Dialogo Sociale per la formazione iniziale e continua, i programmi e i progetti esecutivi saranno concordati tra le parti stipulanti ai vari livelli di competenza.

      6 ter) Per i progetti di cui al precedente punto le parti si incontreranno a scadenze concordate per verificare lo stato di avanzamento del progetto formativo e per valutare gli eventuali interventi necessari. A conclusione del singolo programma formativo le parti si incontreranno per la valutazione complessiva.

      7. In questo contesto le parti convengono sulla opportunità che siano realizzati aziendalmente progetti formativi specifici per componenti di R.S.U. e per i lavoratori interessati, finalizzati alla diffusione della cultura inerente le materie di cui all’art. 3 (partecipazione) e alla conoscenza di strumenti finalizzati alla gestione degli accordi aziendali, realizzati o da realizzare, in tema di salario-obiettivi di produttività e redditività nonché progetti specifici volti a promuovere e a diffondere cultura in tema di ambiente e sicurezza. Tali progetti saranno definiti fra le parti e da queste gestiti.

      T I T O L O VIII
      APPALTI

      Art. 16

      1. Le Associazioni Cooperative, consapevoli della rilevanza economica e sociale che assume il problema degli appalti anche in rapporto alle prospettive di un diverso sviluppo produttivo del paese, convengono sulla necessità di addivenire ad una migliore disciplina degli eventuali contratti di appalto di opere e/o servizi che saranno stipulati da parte delle cooperative, in modo da contemperare sempre più efficacemente le esigenze delle cooperative stesse con i legittimi interessi dei lavoratori.

      2. In base a questa premessa - ferme restando le norme che disciplinano la materia di cui alla legge 23 ottobre 1960 n. 1369, in base alla quale sono esclusi dagli appalti i lavori che sono strettamente pertinenti alla attività propria dell’azienda - le parti si danno reciprocamente atto che la materia degli appalti debba trovare il suo fondamento in un principio di correttezza nei rapporti. A tale proposito, le direzioni delle cooperative appaltanti informeranno preventivamente le R.S.U. sulla natura delle attività da conferire in appalto e sulle caratteristiche delle relative imprese appaltatrici.

      3. Ove possibile, le imprese appaltatrici devono essere scelte fra le cooperative di servizi.

      4. Le concessioni di opere e/o servizi in appalto, con organizzazione propria dell’impresa appaltatrice, saranno limitate ai casi imposti da esigenze tecniche, organizzative, di gestione ed economiche, che potranno essere oggetto di verifica in sede aziendale.

      5. Di norma sono esclusi dagli appalti i lavori di manutenzione ordinaria degli impianti, i lavori di pulizia e di facchinaggio, che vengono svolti in via continuativa e che siano tali da consentire la piena utilizzazione, anche in mansioni diverse, delle prestazioni lavorative giornaliere dei lavoratori.

      6. I contratti di appalto di cui sopra, stipulati prima del presente accordo, restano in vigore fino alla loro scadenza. Comunque, resta esclusa dalla presente disciplina la manutenzione degli impianti detenuti in locazione e/o impianti di manutenzione esclusiva delle ditte fornitrici.

      7. Per gli altri casi di appalto, ivi compresi i trasporti, si darà luogo ad incontri in sede aziendale per ricercare, ove possibile, adeguate soluzioni.

      8. La stipulazione dei contratti di appalto per opere e/o servizi sarà subordinata all’inclusione nei contratti stessi di clausole che prevedano l’obbligo delle imprese appaltatrici al rispetto delle norme contrattuali del settore merceologico a cui esse appartengono, delle norme previdenziali e antinfortunistiche nonché degli obblighi ad esse derivanti dalla legge 20 maggio 1970 n. 300 e delle altre leggi in materia di lavoro.

      9. I lavoratori delle ditte appaltatrici che svolgono la loro attività con carattere continuativo presso le cooperative appaltanti, possono usufruire, previo accordo, delle mense aziendali e dei locali appositi per lo svolgimento delle assemblee sindacali.
      T I T O L O IX
      AMBIENTE E SALUTE

      Dichiarazione a verbale (Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro)

      Le parti, considerato il recepimento con D.Lgs. 19/9/94 n. 626 delle direttive CEE riguardanti l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, convengono di costituire una commissione paritetica con il compito di avanzare alle parti stipulanti proposte di adeguamento della vigente disciplina contrattuale al nuovo quadro normativo, ai fini della prevenzione dei rischi professionali, dell’eliminazione dei fattori di rischio e di incidente, dell’informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori e della formazione dei lavoratori stessi e dei loro rappresentanti.
      Pertanto anche gli articoli 17 e 18 del presente CCNL saranno aggiornati in base a quanto previsto al D.Lgs. 19/9/94 n. 626 nonché da quanto concordato tra le parti, su proposta della commissione paritetica di cui sopra, in applicazione del suddetto decreto.
      L’accordo che interverrà su tale materia costituirà parte integrante del presente CCNL.
      La Commissione, costituita come da verbale allegato, inizierà i propri lavori entro il gennaio 1995 per concluderli non oltre il 31 ottobre 1995.

      Art. 17
      NORMATIVE GENERALI

      1. Ai sensi dell’art. 9 della legge 20 maggio 1970 n. 300, le R.S.U. e/o R.S.A. hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di misure idonee a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori.

      2. Quando di comune accordo si riconosca la necessità di promuovere le relative rilevazioni o indagini di cui al precedente comma, attraverso i preposti istituti sanitari pubblici ed adottare i provvedimenti di conseguenza, in caso di eventuale temporanea carenza di predetti istituti sanitari pubblici, le spese relative faranno carico alla cooperativa interessata.

      3. Fermo restando quanto previsto dall’art. 12 della legge 20 maggio 1970 n. 300, si conviene che gli istituti di patronato potranno svolgere i compiti previsti dall’art. 1 del DLCPS 29 luglio 1947 n. 804, mediante propri rappresentanti i cui nominativi dovranno essere portati preventivamente a conoscenza delle cooperative.

      4. I rappresentanti dei patronati concorderanno con le singole aziende le modalità per lo svolgimento della loro attività.

      5. Per quanto riguarda l’istituzione e tenuta dei registri dei dati ambientali e biostatistici le parti si danno atto che tale incombenza, in base alle norme di legge vigenti, è delle Unità Sanitarie Locali.

      Art. 18
      VIDEOTERMINALI

      1. Le parti convengono che le apparecchiature informatiche, dotate di video terminale, di cui alla direttiva del Consiglio CEE del 29.5.1990, sono da considerarsi un comune strumento di lavoro che agevola lo svolgimento della attività lavorativa.

      2. In caso di installazione di nuove apparecchiature informatiche dotate di video terminale l’azienda fornirà alle strutture aziendali delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente contratto le informazioni relative alla loro collocazione ed alle caratteristiche ergonomiche dei posti di lavoro.

      3. In caso di utilizzo prevalente e continuato delle apparecchiature informatiche dotate di video terminale l’attività lavorativa degli operatori dovrà essere organizzata con periodiche interruzioni durante le quali saranno assegnati ad altri compiti; eventuali controlli oculistici di tali operatori saranno compiuti ai sensi e secondo le modalità di cui all’art. 17 del presente CCNL.

      4. In caso di pregiudizio alla salute, accertato dagli organi competenti in materia di lavoro, dovuto all’utilizzo delle apparecchiature informatiche dotate di video terminali, la lavoratrice, durante il periodo della gestazione, dovrà essere adibita obbligatoriamente ad altre mansioni.



      T I T O L O X
      TRASFERIMENTO DI AZIENDA

      Art. 19

      1. Ai sensi dell’art. 47 della legge 19 dicembre 1990 n. 428 (1) quando si intenda effettuare, ai sensi del nuovo articolo 2112 del Codice Civile, un trasferimento d’azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori, l’alienante e l’acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive R.S.U. e/o R.S.A. delle unità produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere effettuata alle organizzazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle Associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell’Organizzazione Sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L’informazione deve riguardare: a) i motivi del programmato trasferimento d’azienda; b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

      2. Su richiesta scritta delle R.S.U. e/o R.S.A. o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma prece-den-te, l’alienante e l’acquirente sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esa-me congiunto con soggetti sindacali richiedenti. La consul-tazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci gior-ni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. Il man-cato rispetto, da parte dell’acquirente o dell’alienante, dell’ob-bligo di esame congiunto previsto nel presente articolo costi-tuisce condotta antisindacale ai sensi dell’articolo 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300.

      T I T O L O XI
      MOBILITA’

      Art. 20

      Per affrontare gli effetti sull’occupazione conseguenti ai processi di sviluppo, riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, al fine di garantire l’occupazione in rapporto alla contrattazione degli organici, si conviene di contrattare tra le parti, a livello aziendale di competenza, la mobilità aziendale, definendone e concordandone in sede di confronto le modalità, i limiti territoriali e i criteri obiettivi che dovranno garantire la professionalità dei lavoratori.
      T I T O L O XII
      REGOLAMENTI AZIENDALI

      Art. 21

      I regolamenti aziendali non possono essere in contrasto con le norme di legge e di contratto e devono essere preventivamente esaminati con la R.S.U. prima della loro applicazione.
      T I T O L O XIII
      AZIONI POSITIVE PER LE PARI OPPORTUNITA’

      Art. 22
      COMMISSIONE PARITETICA

      1. Le parti convengono sulla opportunità di realizzare, in attuazione della raccomandazione CEE del 13 dicembre 1984 n. 635 e delle disposizioni legislative in tema di parità uomo donna(*), attività di studio e di ricerca finalizzate alla promozione di azioni positive a favore del personale femminile.

      2. In relazione a quanto sopra è costituita dalle parti una Commissione Paritetica Nazionale per le pari opportunità composta da 6 rappresentanti per ciascuna delle due parti stipulanti - Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori (L.N.C. e M.), Associazione Nazionale Cooperative fra Dettaglianti (L.N.C. e M.), Federazione Nazionale delle Cooperative di Consumo e della Distribuzione (C.C.I.), Associazione Italiana Cooperative di Consumo (A.G.C.I.), Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Albergo, Mense e Servizi (FILCAMS-CGIL), Federazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali Affini e del Turismo (FISASCAT-CISL), Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi (UILTuCS-UIL).
      Analoghe commissioni potranno, su richiesta delle parti, essere costituite a livello aziendale.

      3. I compiti della Commissione Nazionale consistono nel:

      I) raccogliere e analizzare le informazioni contenute nel Rapporto sulla situazione del personale che sarà trasmesso dalle aziende con oltre 100 dipendenti, le quali sono tenute a redigerlo, almeno ogni due anni ai sensi dell’art. 9 della legge 10 aprile 1991 n. 125 (*);
      II) studiare le problematiche connesse alle molestie sessuali nei luoghi di lavoro di cui al successivo art. 23, verifi-cando la eventuale consistenza del fenomeno nelle cooperati-ve al fine di individuare le iniziative atte a prevenirle;
      III) predisporre schemi di progetti di azioni positive a favore del personale femminile, con particolare riferimento a quanto previsto dai punti c), d), e) dell’articolo 1 della legge 10 aprile 1991 n. 125.
      IV) proporre iniziative di formazione professionale di concerto con i Comitati Misti di cui all’art. 8 per favorire le donne in percorso di carriera e nella riqualificazione dopo le assenze dal lavoro per lungo periodo.

      4. Gli schemi di progetto di formazione professionale, qualora concordemente definiti a livello nazionale, sono considerati progetti concordati con le Organizzazioni Sindacali e l’eventuale adesione ad uno di essi da parte delle aziende costituisce titolo per l’applicazione dei benefici previsti dalle vigenti disposizioni di legge in materia.

      5. Annualmente la commissione nazionale elaborerà un rapporto complessivo sulle iniziative intraprese.

      Art. 23
      MOLESTIE SESSUALI

      1. Le parti riconoscono la gravità del problema delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro ed assumendo ad orientamento generale la risoluzione del Consiglio della CEE del 29.5.90, nonché le normative nazionali emanate o emanande da parte dei poteri pubblici, si impegnano a prevenirle e si attiveranno verso le istituzioni affinché sia promossa una forte campagna d’informazione culturale e di sensibilizzazione per creare una adeguata consapevolezza dei diritti individuali di tutti i lavoratori.
      2. Le parti convengono di considerare riconducibili a forme di molestie sessuali quelle manifestazioni fisiche o verbali e/o gestuali, che risultino indesiderate od offensive per i soggetti destinatari e che le stesse costituiscono violazione della dignità e del diritto della persona umana, in applicazione di quanto previsto dalla legislazione vigente.

      T I T O L O XIV
      DIRITTI SINDACALI

      Art. 24
      DIRIGENTI SINDACALI

      1. Agli effetti di quanto stabilito negli articoli seguenti sono da considerarsi dirigenti sindacali i lavoratori che fanno parte:

      a) di Consigli o Comitati direttivi nazionali o periferici delle Organizzazioni Sindacali di categoria;

      b) di rappresentanze sindacali aziendali costituite, ai sensi dell’art. 19 della legge 20 maggio 1970 n. 300(1), nelle imprese che nell’ambito dello stesso comune occupano più di otto dipendenti, i quali risultino regolarmente eletti in base alle norme statutarie delle Organizzazioni stesse;

      c) della Rappresentanza Sindacale Unitaria costituita in luogo delle R.S.A., nelle imprese che nell’ambito dello stesso Comune occupano più di otto dipendenti.

      2. Le Organizzazioni Sindacali interessate devono comunicare, con lettera raccomandata, alle cooperative ed alle Associazioni rappresentative di queste ultime, i nominativi dei dirigenti sindacali di cui al comma 1, lettere a) e b), mentre per i dirigenti eletti in base al punto c) valgono le norme di cui all’art. 29 dell’accordo interconfederale del 13/9/1994.

      3. I componenti dei Consigli o Comitati di cui alla lettera a) del presente articolo hanno diritto ai necessari permessi o congedi retribuiti per partecipare alle riunioni degli organi suddetti, nella misura massima di ottanta ore annue.
      Art. 25
      CONTRIBUTI SINDACALI

      1. Le parti convengono che l’impresa provvederà alla trattenuta del contributo associativo-sindacale ai dipendenti che ne facciano richiesta mediante consegna di una lettera di delega debitamente sottoscritta dal lavoratore.

      2. La lettera di delega conterrà l’indicazione dell’ammontare del contributo da trattenere e l’Organizzazione Sindacale a cui l’impresa dovrà versarla. Quest’ultima, garantendo la segretezza della scelta del lavoratore, trasmetterà l’importo della trattenuta alla Organizzazione Sindacale prescelta.
      Art. 26
      DIRITTI SINDACALI DELLE RAPPRESENTANZE PREVISTE DALL'ART. 24, COMMA 1, LETT. b)

      1. Alle rappresentanze sindacali aziendali previste dall’art. 24, comma 1, lettera b) del presente CCNL, trovano applicazione le disposizioni della legge 20 maggio 1970 n. 300.

      2. Per le assemblee indette dalle rappresentanze di cui al precedente comma trovano applicazione le disposizioni per lo svolgimento delle assemblee contenute nell’art. 20 della legge 20 maggio 1970 n. 300. Le procedure e le modalità sono quelle stabilite dal successivo art. 35.

      Art. 27
      R.S.U.: COMPITI, FUNZIONI E COMPOSIZIONE
      DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE

      Le R.S.U. aziendali, rappresentative dei lavoratori in quanto legittimate dal loro voto e in quanto espressione dell’articolazione organizzativa dei sindacati categoriali e delle confederazioni svolgono, unitamente alle federazioni FILCAMS, FISASCAT, UILTuCS, le attività negoziali per le materie proprie del livello aziendale, secondo le modalità definite nel CCNL nonché in attuazione delle politiche confederali delle Organizzazioni Sindacali di categoria.
      1. Nelle cooperative che occupano più di 5 e fino a 15 dipendenti la Rappresentanza Sindacale Unitaria di cui all’art. 24, comma 1, lettera c) è costituita da 1 componente.
      Qualora la cooperativa abbia più di 8 e fino a 15 dipendenti, operanti in unità produttive situate in regioni geografiche diverse, la R.S.U. di cui sopra è costituita da 3 componenti.

      2. In via sperimentale la Rappresentanza Sindacale Unitaria delle cooperative fino a 15 dipendenti (v. nota a verbale) potrà essere costituita a livello interaziendale o per area territoriale o circoscrizionale ed essere eletta dai lavoratori dipendenti dalle cooperative interessate.
      Il bacino interaziendale e le aree territoriali o circoscrizionali di competenza nonché le modalità di ripartizione degli oneri tra le cooperative sono definite mediante accordo tra le parti a livello regionale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

      3. Nelle cooperative che nell’ambito dello stesso comune occupano più di 8 dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva singolarmente considerata non raggiunge tali limiti, la R.S.U. di cui all’art. 24, comma 1, lettera c), è costituita da 3 componenti.

      4. Nelle cooperative che occupano più di 15 dipendenti la R.S.U. di cui all’art. 24, comma 1, lettera c), è costituita da:

      a) 1 componente nelle unità produttive in cui sono occupati più di 8 e fino a 15 dipendenti, garantendosi comunque in tali unità la rappresentanza di 3 componenti qualora le altre unità produttive dell’impresa siano costituite ciascuna da un numero di dipendenti uguale od inferiore ad 8;

      da almeno:

      b) 3 componenti nelle unità produttive in cui sono occupati più di 15 e fino a 200 dipendenti;

      c) 3 componenti, per ogni 300 dipendenti o frazioni di essi, nelle unità produttive in cui sono occupati da 201 a 3000 dipendenti;

      d) in aggiunta ai componenti di cui alla lettera c), 3 per ogni 500 dipendenti o frazione di essi, nelle unità produttive in cui è occupato un numero di dipendenti superiore a 3000.


      Nota a verbale
      Le parti si danno atto che quanto previsto al punto 2 dell’art. 27 è applicabile alle sole cooperative aderenti alla Confcooperative/Federconsumo.
      Art. 28
      COMPOSIZIONE SPERIMENTALE DELLE R.S.U.

      1. In via sperimentale nelle unità produttive che occupano più di 15 dipendenti la Rappresentanza Sindacale Unitaria è composta come segue:

      a)da 16 a 70 dipendenti - 3 rappresentanti
      b)da 71 a 90 dipendenti - 4 rappresentanti
      c)da 91 a 120 dipendenti - 5 rappresentanti
      d)da 121 a 200 dipendenti - 8 rappresentanti
      e)da 201 a 300 dipendenti - 10 rappresentanti
      f)da 301 a 600 dipendenti - 12 rappresentanti
      g)da 601 a 900 dipendenti - 15 rappresentanti

      2.Nelle unità produttive che occupano più di 900 dipendenti la R.S.U. è incrementata di 2 rappresentanti ulteriori ogni 1000 dipendenti.

      3. Le parti si incontreranno, su richiesta, prima della scadenza del presente contratto per verificare la possibilità di consolidamento della sperimentazione di cui al primo comma.
      Art. 29
      PERMESSI SINDACALI RETRIBUITI DELLE R.S.U.

      1. I componenti delle Rappresentanze Sindacali Unitarie di cui alla lettera c) del precedente art. 24 hanno diritto per l’espletamento del loro mandato a permessi retribuiti.

      2. Il diritto riconosciuto nel comma precedente spetta:

      a) a tre componenti la R.S.U. costituita nelle unità produttive che occupano più di 15 e fino a 200 dipendenti;

      b) a tre componenti ogni 300 o frazione di 300 dipendenti nelle unità produttive che occupano fino a 3000 dipendenti;

      c) a tre componenti per ogni 500 o frazione di 500 dipendenti nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero di cui alla precedente lettera b);

      d) per la R.S.U. costituita nelle cooperative che occupano più di 5 e fino a 15 dipendenti il diritto a permessi retribuiti spetta ai componenti indicati espressamente ai punti 1 e 3 del precedente art. 27, secondo le fattispecie ivi previste.

      3. I permessi spettanti alle R.S.U. di cui al presente articolo saranno pari a 15 ore mensili nelle unità produttive che occupano più di 200 dipendenti ed a 2 ore annue per ciascun dipendente nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti.

      4. I lavoratori che intendono esercitare il diritto di cui ai commi precedenti devono darne comunicazione scritta alla cooperativa di regola 24 ore prima come segue:
      nei casi di cui alla lettera b), comma 1 dell’art. 24 tramite la Rappresentanza Sindacale Aziendale; nei casi di cui alla lettera c) comma 1 dell’art. 24 tramite la Rappresentanza Sindacale Unitaria.

      5. Sono fatte salve le condizioni di miglior favore nei confronti delle Organizzazioni Sindacali che siano state eventualmente convenute e sottoscritte in accordi collettivi aziendali, in materia di numero dei dirigenti delle R.S.A., diritti, permessi e libertà sindacali.

      6. Nelle stesse sedi negoziali si procederà, a parità di costi, all’armonizzazione nell’ambito dei singoli istituti contrattuali, anche in ordine alla quota eventualmente da trasferire ai componenti della R.S.U.

      7. In tale occasione, sempre nel rispetto dei principi sopra concordati, le parti definiranno in via prioritaria soluzioni in base alle quali le singole condizioni di miglior favore dovranno permettere alle Organizzazioni Sindacali con le quali si erano convenute, di mantenere una specifica agibilità sindacale.
      Art. 30
      CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA

      Le Organizzazioni Sindacali, dotate dei requisiti di cui all’art. 19, legge 20 maggio 1970 n. 300, che siano firmatarie del presente accordo o, comunque, aderiscono alla disciplina in esso contenuta, partecipando alla procedura di elezione della R.S.U., rinunciano formalmente ed espressamente a costituire R.S.A. ai sensi della norma sopra menzionata e dichiarano automaticamente decadute le R.S.A., i consigli dei delegati, nonché il delegato aziendale, precedentemente costituiti, al momento della costituzione della R.S.U..
      Art. 31
      PERMESSI SINDACALI RETRIBUITI DELLE R.S.U.
      COMPOSTE SPERIMENTALMENTE

      I rappresentanti le R.S.U. composte in via sperimentale ai sensi dell’art. 28 del presente CCNL usufruiranno, complessivamente, dei permessi retribuiti spettanti ai componenti indicati all’art. 29 punto 2 lett. a) - b) - c) - d), secondo le modalità previste al punto 3 dello stesso art. 29 (unità produttive che occupano fino ed oltre 200 dipendenti).
      Art. 32

      Per quanto concerne la disciplina della elezione della Rappresentanza Sindacale Unitaria e l’esercizio dei diritti sindacali valgono le norme contenute nell’accordo tra le Associazioni Cooperative e le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori firmato il 12 ottobre 1995,, applicativo dell’Accordo Interconfederale Centrali Cooperative AGCI, CCI, LNC e M e Confederazioni Sindacali CGIL, CISL, UIL sottoscritto in data 13.9.1994, che diventano parte integrante del presente CCNL
      Art. 33
      PERMESSI NON RETRIBUITI

      1. I componenti le R.S.U. hanno diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non superiore a 8 giorni all’anno.
      . I lavoratori che intendono esercitare il diritto di cui al precedente comma devono darne comunicazione scritta alla cooperativa di regola 3 giorni prima tramite la R.S.U..

      2. I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento Nazionale o di Assemblee Regionali ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato; la medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali o nazionali.
      Art. 34
      AFFISSIONI

      Il diritto di affissione negli appositi spazi di cui all’art. 25 della legge 20 maggio 1970 n. 300 è esteso alle Organizzazioni Sindacali stipulanti il presente CCNL.

      Art. 35
      ASSEMBLEA

      1. Nelle unità nelle quali siano occupati normalmente più di due dipendenti, i lavoratori in forza all’unità medesima hanno diritto di riunirsi per la trattazione di problemi di interesse sindacale e del lavoro.

      2. Dette riunioni avranno luogo su convocazione delle R.S.U. e/o delle Organizzasioni Sindacali in base a quanto previsto dall’art. 6 dell’allegato accordo firmato in data 12 ottobre 1995.

      3. La convocazione sarà comunicata alla direzione entro la fine dell’orario di lavoro del secondo giorno antecedente la data di effettuazione e con l’indicazione specifica dell’ordine del giorno.

      4. Le riunioni potranno essere tenute fuori dell’orario di lavoro e anche durante l’orario di lavoro, entro un limite massimo di dodici ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione di fatto di cui all’art. 142.

      5. Le riunioni potranno riguardare la generalità dei lavoratori in forza nelle unità o gruppi di essi.

      6. Relativamente ai lavoratori quadri le ore di assemblea previste dal CCNL oltre che essere utilizzate nell’unità produttiva possono essere utilizzate anche in riunioni in unica sede aziendale.

      7. Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso alla cooperativa, dirigenti esterni delle Organizzazioni Sindacali stipulanti il presente contratto.

      8. Lo svolgimento delle riunioni durante l’orario di lavoro dovrà avere luogo con modalità che tengano conto dell’esigenza di garantire la sicurezza delle persone, la salvaguardia dei beni e degli impianti e di consentire il servizio di vendita al pubblico; tali modalità saranno concordate aziendalmente con l’intervento delle Organizzazioni Sindacali locali aderenti o facenti capo alle Federazioni Nazionali stipulanti.

      9. Ove si costituiscano R.S.U. interaziendali o di area territoriale o circoscrizionale (punto 2 art. 27 del presente CCNL) il diritto di assemblea viene esercitato su convocazione delle Organizzazioni Sindacali territorialmente competenti delle Federazioni Sindacali stipulanti il CCNL o della stessa R.S.U.
      Art. 36
      REFERENDUM

      1. La cooperativa consentirà nell’ambito aziendale lo svolgimento, fuori dall’orario di lavoro, di referendum, sia generali che per categoria, su materie inerenti all’attività sindacale, indetti dalla R.S.U. o, unitariamente, dalle Organizzazioni Sindacali, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti all’unità aziendale ed alla categoria particolarmente interessata.

      2. Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum saranno stabilite da accordi aziendali.

      3. Per quanto non previsto espressamente dal presente contratto in materia di esercizio dell’attività sindacale e di tutela dei dirigenti sindacali, si rinvia alla legge 20 maggio 1970 n. 300.
      Art. 37
      DISTACCO SINDACALE

      1. Nella comune intesa di cui alla premessa contrattuale le parti contraenti convengono che potrà essere avanzata dalle organizzazioni dei lavoratori stipulanti il presente contratto richiesta di esonero retribuito per distacco sindacale nelle cooperative con almeno 200 dipendenti.

      2. Tale richiesta verrà discussa in sede aziendale tra la Direzione, con l’assistenza della rispettiva Associazione cooperativa competente per territorio, e l’Organizzazione Sindacale richiedente.
      T I T O L O XV
      CONCILIAZIONE DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI

      Art. 38
      CONCILIAZIONE IN SEDE SINDACALE

      1. Per tutte le controversie individuali, singole o plurime, relative all’applicazione del presente contratto e di altri contratti e accordi comunque riguardanti rapporti di lavoro nelle aziende comprese nella sfera di applicazione del presente contratto potrà essere effettuato il tentativo di conciliazione in sede sindacale, secondo le norme e le modalità di cui al presente articolo, da esperirsi presso l’Associazione competente per territorio, alla quale aderisce o conferisce mandato la cooperativa interessata, con la assistenza:

      a) per le cooperative, della stessa Associazione delle Cooperative;
      b) per i dipendenti, dell’Organizzazione Sindacale di una delle Federazioni nazionali firmatarie del presente contratto, a cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.

      2. La parte interessata alla definizione della controversia chiederà il tentativo di conciliazione tramite l’Organizzazione Sindacale alla quale sia iscritta o conferisca mandato.

      3. L’Organizzazione Sindacale che rappresenta la parte interessata deve a sua volta notificare la controversia all’organizzazione contrapposta per mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

      4. Nel caso in cui il tentativo di conciliazione sia promosso da una cooperativa, l’Associazione delle Cooperative ne darà comunicazione con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno al prestatore d’opera, invitandolo a designare entro otto giorni l’Organizzazione Sindacale dei lavoratori che dovrà assisterlo.

      5. Ricevuta la comunicazione, l’Associazione delle Cooperative provvederà entro 10 giorni alla convocazione delle parti e delle Organizzazioni Sindacali, fissando il giorno e l’ora in cui sarà esperito il tentativo di conciliazione.

      6. Il verbale di conciliazione o di mancato accordo, redatto in cinque copie, dovrà essere sottoscritto dalle parti interessate e dai rappresentanti delle rispettive organizzazioni.
      Copia del verbale sarà inviata dall’Associazione delle Cooperative all’Ufficio del Lavoro competente per territorio per gli effetti di cui all’art. 12 della legge 22 luglio 1961 n. 628 e dall’art. 411, terzo comma del Codice di Procedura Civile. Le altre copie resteranno a disposizione delle parti interessate e delle rispettive Organizzazioni Sindacali.

      Art. 39
      CONCILIAZIONE PRESSO L’UFFICIO PROVINCIALE DEL LAVORO

      Le parti interessate, o anche una di esse, qualora non intendano avvalersi della procedura di conciliazione di cui agli articoli precedenti, possono promuovere, tramite e con l’assistenza della rispettiva Organizzazione Sindacale, il tentativo di conciliazione di cui agli artt. 410 e 411 del Codice di Procedura Civile dinanzi alla competente commissione di conciliazione presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima Occupazione.

      Art. 40
      TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE

      Per le controversie conseguenti a licenziamenti individuali si fa riferimento alla legge 11 maggio 1990 n. 108(*) per i casi nei quali il tentativo di conciliazione, previsto alternativamente dai precedenti artt. 38 e 39, è reso obbligatorio dall’art. 5 della legge sopra citata ai fini della procedibilità della domanda in giudizio.

      Art. 41
      ARBITRATO IRRITUALE

      Qualora il tentativo di conciliazione abbia esito negativo, sia nei casi di licenziamenti individuali intimati ai sensi della legge 11 maggio 1990 n. 108 sia nei casi previsti dall’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, le parti possono definire consensualmente la controversia mediante arbitrato irrituale con le procedure e le modalità da definire con apposito regolamento.
      T I T O L O XVI
      COMMISSIONE PARITETICA NAZIONALE
      PER LA CLASSIFICAZIONE DEI LAVORATORI

      Art. 42
      a) PREMESSA

      1. Fermo restando quanto previsto agli artt. 47 e 48 del presente contratto, le parti convengono di istituire uno strumento di studio per una gestione più flessibile e dinamica della classificazione del personale, al fine di identificare le peculiarità, le professionalità e l’evoluzione di profili professionali esemplificativi nell’ambito delle imprese, in rapporto ai processi di trasformazione della organizzazione del lavoro ed alla introduzione di tecnologie innovative.

      2. A tal fine durante la vigenza del presente contratto opererà una commissione paritetica nazionale per lo studio delle problematiche connesse alla evoluzione della classificazione dei lavoratori.
      b) COMPOSIZIONE

      La commissione è composta da 12 membri effettivi di cui 6 designati dalle Associazioni delle imprese cooperative stipulanti e 6 dalle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL, UILTuCS-UIL.
      Per ogni membro effettivo può essere nominato un supplente.
      c) COMPITI

      Sviluppare uno studio sull’attuale classificazione, ivi compresi i lavoratori quadri, nonché la ricerca delle coerenze tra le attuali declaratorie contrattuali e le relative esemplificazioni, formulando eventuali proposte di aggiornamento. In relazione a processi di innovazione tecnologica/organizzativa di particolare rilevanza si procederà a:
      1) individuare figure professionali non previste nella attuale classificazione;
      2) esaminare l’evoluzione dei profili professionali esemplificativi;
      3) esaminare le esperienze di contrattazione realizzate a livello aziendale in merito alla professionalità in stretto rapporto con le modifiche ed evoluzioni dell’organizzazione del lavoro e le innovazioni tecnico/organizzative.
      d) MODALITA'

      1. La commissione si riunirà di norma quadrimestralmente o a richiesta di una delle parti a fronte di un’esigenza di revisione dinamica della classificazione.

      2. La commissione procederà all’analisi del contenuto delle figure professionali e del relativo inquadramento, sulla base dei criteri contrattuali e ricorrendo a elementi di valutazione congiuntamente ritenuti idonei. Le conclusioni della commissione dovranno essere sottoposte alle parti stipulanti e, se accolte, integreranno il presente CCNL.

      3. La commissione è presieduta a turno da uno dei componenti delle parti e delibera alla unanimità sulle proposte da sottoporre alle parti stipulanti e in ordine agli indirizzi ed ai metodi di lavoro.

      4. Annualmente, di norma nel secondo semestre, la commissione riporterà alle parti stipulanti in uno specifico incontro i risultati degli studi compiuti.

      5. In questa sede verranno presentati tanto i risultati del lavoro sui quali sia stata raggiunta unanimità di pareri della commissione quanto di quelli che costituiscano la posizione di una delle parti componenti.

      6. Sei mesi prima della scadenza contrattuale la commissione presenterà alle parti un rapporto conclusivo.

      T I T O L O XVII
      CONTRIBUTO DI SERVIZIO CONTRATTUALE

      Art. 43

      1. Per la pratica realizzazione di quanto previsto nei titoli precedenti e per assicurare l’efficienza delle proprie strutture sindacali al servizio dei lavoratori, le Associazioni Cooperative stipulanti, la Federazione Italiana Lavoratori del Commercio, Albergo-Mensa e Servizi (FILCAMS-CGIL), la Federazione Italiana Sindacati Addetti Commerciali Affini e del Turismo (FISASCAT-CISL) e l’Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi (UILTuCS-UIL), procederanno alla riscossione dei contributi di servizio contrattuale secondo il regolamento allegato al presente articolo che ne fa parte integrante (allegato n. 3).

      2. Sono tenuti alla corresponsione dei contributi di cui al precedente capoverso tanto le imprese che i rispettivi dipendenti.

      3. Le misure contributive e le relative norme di esazione di ripartizione formeranno oggetto di appositi accordi e regolamenti da stipularsi tra le parti ed eventualmente con l’istituto previdenziale o assistenziale prescelto. Le norme di cui ai precedenti capoversi fanno parte integrante del presente contratto e non possono essere subite deroghe nei confronti dei soggetti ai quali il contratto stesso si applica.

      4. Le imprese porteranno espressamente a conoscenza dei loro dipendenti il contenuto del presente articolo.

      Dichiarazione sulla previdenza integrativa
      Le parti, nell’esprimere la propria valutazione positiva circa la diffusione di forme di previdenza integrativa volontaria, si danno reciprocamente atto della disponibilità a definire, in un quadro normativo che lo consenta, una soluzione della materia per il settore.

      Le parti si impegnano a promuovere proprie iniziative presso il Governo e le istituzioni, per sollecitare una diversa normativa in grado di agevolare realmente il decollo dei fondi pensione integrativi del sistema pubblico, adeguata alle esigenze dei lavoratori e compatibile con i costi previdenziali a carico delle aziende.

      A tale fine verrà insediata una Commissione Paritetica di esperti che esaminerà le problematiche connesse.
      La predetta Commissione, composta da 6 membri per parte, verrà insediata entro il 31 gennaio 1995 e dovrà concludere i lavori entro dodici mesi.

      Impegno a verbale

      Le parti si incontreranno nel corso del vigente CCNL al fine di verificare la possibilità di realizzare forme di assistenza sanitaria integrativa per i dipendenti della cooperazione del settore di cui alla sfera di applicazione del CCNL.

      Note:

      (*) V. Protocollo 23 luglio 1993, parte prima - Impegni delle Parti - Allegato n. 13

      (*) La rappresentanza delle Associazioni delle Cooperative nel confronto a livello regionale sarà quello distrettuale laddove la struttura associativa delle cooperative abbia assunto tale dimensione. Per le provincie di Trento e Bolzano, invece, il livello regionale è sostituito dal livello provinciale.

      (*) Ferme restando le materie di cui all’art. 13 titolo VI, per le province di Trento e Bolzano, per quanto attiene la contrattazione di secondo livello, in sostituzione della contrattazione integrativa aziendale potrà essere effettuata la contrattazione provinciale.

      (*) Vedi allegato n. 11

      (1) Legge riportata in appendice

      (*) Legge riportata in appendice

      (1)Come modificato dagli esiti referendari dell’11 Giugno 1995 nel seguente nuovo testo, in vigore dal 28 settembre 1995:
      “Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva. Nell’ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento”.

      (*) Legge riportata in appendice.

      PARTE SECONDA
      RAPPORTO DI LAVORO

      T I T O L O XVIII
      ASSUNZIONE

      Art. 44
      NORME

      1. L’assunzione del personale sarà effettuata secondo le norme di legge in vigore.

      2. L’assunzione dovrà risultare da atto scritto, contenente le seguenti indicazioni:
      a) data di assunzione;
      b) la durata dell’eventuale periodo di prova(*);
      c) la qualifica del lavoratore;
      d) il trattamento economico.
      Art. 45
      DOCUMENTI PER L’ASSUNZIONE

      1. Per l’assunzione possono essere richiesti i seguenti docu-men-ti:

      a) certificato di studio;
      b) libretto di lavoro (**);
      c) eventuali altri documenti richiesti dalle disposizioni di legge sul collocamento;
      d) libretto di idoneità sanitaria per il personale da adi-bire alla preparazione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari, di cui all’art. 14 della legge 30 aprile 1962 n.283 ed all’art. 37 del DPR 26 marzo 1980 n. 327 concernente il regolamento di attuazione della legge stessa;
      e) documentazioni e dichiarazioni necessarie per l’applicazione delle leggi previdenziali e fiscali;
      f) eventuali altri documenti e certificati.

      2. La cooperativa è tenuta a rilasciare ricevuta dei documen-ti ritirati. Il lavoratore dovrà comunicare gli eventuali suc-cessivi mutamenti di residenza e di domicilio.

      T I T O L O XIX
      PERIODO DI PROVA

      Art. 46

      1. La durata massima del periodo di prova non potrà superare i seguenti limiti:

      Quadri e primo livello150 giorni
      Secondo e terzo livello60 giorni
      Quarto e quinto livello45 giorni
      Sesto livello30 giorni
      Apprendisti30 giorni

      2. Ai sensi dell’art. 4 del R.D.L. 16 novembre 1924 n. 1825 convertito in legge il 18 marzo 1926 n. 562, il periodo indicato per Quadri e I livello deve essere computato in giorni di calendario. I giorni indicati per i restanti livelli devono intendersi di lavoro effettivo.

      3. Durante il periodo di prova la retribuzione del lavoratore non potrà essere inferiore al minimo contrattuale stabilito per la qualifica alla quale il lavoratore stesso è stato attribuito.

      4. Durante il periodo di prova il rapporto di lavoro potrà essere rescisso in qualsiasi momento, da una parte e dall’altra senza preavviso. In tale caso spettano al lavoratore il trattamento di fine rapporto, i ratei di ferie e delle mensilità supplementari, calcolati per dodicesimi in base ai mesi di servizio prestati in cooperativa, computandosi per mese intero le frazioni di mese superiori ai 15 giorni (*).

      5. Trascorso il periodo di prova senza che nessuna delle parti abbia dato regolare disdetta, l’assunzione del lavoratore si intenderà confermata e il periodo sarà computato nell’anzianità di servizio (**).

      Dichiarazione a verbale

      Le parti si danno atto che le norme di cui al presente articolo costituiscono nel loro complesso una condizione di miglior favore rispetto a tutti i precedenti contratti collettivi nazionali di lavoro del settore.

      T I T O L O XX
      CLASSIFICAZIONE DEL PERSONALE

      Art. 47
      INQUADRAMENTO

      1. I lavoratori sono inquadrati in una classificazione unica, fondata su declaratorie e profili, articolata in livelli, in ciascuno dei quali sono comprese diverse categorie di lavoratori anche se, agli effetti delle norme di legge o delle disposizioni contrattuali, mutualistiche, previden-ziali e simili, prevedono, allo stato, trattamento diffe-renziato.

      2. Ai singoli livelli corrispondono altrettanti livelli di re-tribuzione minima tabellare nazionale, di cui al successivo art. 143, comma 2.

      3. La declaratoria determina, per ciascun livello, le caratteristiche ed i requisiti per l’inquadramento delle mansioni nel livello stesso.

      4. I profili rappresentano le caratteristiche essenziali del contenuto professionale delle mansioni in essi considerate ed hanno valore esemplificativo.

      5. Per le mansioni non rappresentate nei profili, l’inquadramento sarà effettuato sulla base delle declaratorie e uti-lizzando per analogia i profili delle qualifiche indicate in ciascun livello.

      Chiarimento a verbale

      1. Le parti ribadiscono che la nuova classificazione unica non modifica le norme contenute nel CCNL 1 gennaio 1971 e nei CCNL precedenti per i relativi periodi in vigore, riguardanti i diversi trattamenti del personale con mansioni impiegatizie e del personale con mansioni non impiegatizie.

      2. I diversi trattamenti di cui al precedente capoverso conservano la loro efficacia sia nell’ambito di ciascuno istituto e delle singole norme, che nell’ambito dell’intero contratto.

      3. La nuova classificazione, pertanto, non modifica le sfere di applicazione di leggi, regolamenti e norme amministrative che comportano differenziazioni tra mansioni impiegatizie e mansioni non impiegatizie richiamate e non richiamate nel CCNL 1 gennaio 1971, quali il trattamento per richiamo alle armi, l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, e ogni altra normativa in vigore ed emananda.

      4. L’istituzione del livello quadri nella classificazione, salvo quanto stabilito dalla legge 13 maggio 1985 n. 190 e dalle norme del titolo XXI del presente CCNL, non comporta per essi modificazioni all’applicazione delle norme per il personale con mansioni impiegatizie.
      Art. 48
      LIVELLI DI INQUADRAMENTO

      QUADRI - I requisiti di appartenenza alla categoria dei quadri sono definiti al Titolo XXI.

      PRIMO LIVELLO

      Declaratoria

      Appartengono a questo livello i lavoratori, inseriti nei diversi servizi aziendali, dotati di necessaria competenza professionale accompagnata da notevole esperienza di lavoro acquisita anche nell’esercizio della funzione stessa, ai quali sono affidate mansioni che implicano la responsabilità gestionale e/o il coordinamento e il controllo delle attività di importanti strutture aziendali, disponendo dei neces-sari poteri per l’attuazione delle direttive loro impartite.

      Profili

      1. Lavoratori responsabili dell’andamento funzionale ed organizzativo di una grande unità di vendita che, nell’am-bito delle politiche aziendali e delle procedure stabilite e nel rispetto delle disposizioni di legge, assicurano la razionale gestione del punto di vendita.

      Esempio :
      - responsabili di negozio.


      2. Lavoratori che, nell’ambito della propria attività e sulla base delle direttive ricevute, svolgono, con autonomia operativa, rilevanti compiti di elaborazione, analisi, con-trollo e verifica di fatti amministrativi e/o tecnici, coor-dinando, se necessario, l’attività di altri lavoratori o uffici posti alle loro dipen-denze, o lavoratori che svolgono compiti di coordinamento e controllo della corretta contabi-lizzazione dei fatti amministra-tivi, della preparazione dei bilanci infrannuali ed annuali e della tenuta dei libri contabili.

      Esempi :
      - capi di un ufficio autonomo;
      - capi contabili.


      3. Lavoratori che, in base alle indicazioni ricevute ed alla valutazione dei dati a loro forniti, effettuano acquisti di rilevante impegno e/o complessità in relazione alla entità, alla estensione della gamma merceologica e dei fornito-ri, tali da richiedere specifiche conoscenze tecniche rela-tive al settore merceologico di competenza e alle tecniche di vendita della cooperativa; i suddetti lavoratori imposta-no e concludono le relative trattative, definiscono i forni-tori, le condizioni e le clausole di acquisto, partecipano alla definizione delle scelte della gamma merceologica insieme alle cooperative.

      Esempio :
      - compratori.


      4. Lavoratori con responsabilità tecnica e organizzativa che dirigono e coordinano l’attività di un magazzino di settore merceologico con articolazione di funzioni organiz-zative interne sufficientemente autonome e che coordinano almeno due responsabi-li di settori organizzativi interni e assicurano, nel rispetto delle direttive e delle procedure stabilite, la razionale ge-stione delle varie fasi di attività del magaz-zino.

      Esempio :
      - capi magazzinieri.


      5. Lavoratori che, nell’ambito della propria attività di inter-vento sui punti di vendita e sulla base di indicazioni ricevute dai responsabili dei settori di appartenenza, hanno la responsabilità di elaborare, con relativa autonomia, programmi operativi e di dare ad essi pratica attuazione, con apporti tecnici diret-ti, nell’ambito delle linee di politica aziendale stabilite nei vari settori, assicurandone la corretta applicazione.

      Esempio :
      - assistenti di direzione: commerciale, personale, strutture, ecc.


      6. Lavoratori che, coordinati dal responsabile di negozio di cui alla ex 1° Super o Quadri, sotto la propria responsabilità, coordi-nano e controllano l’andamento funzionale ed organizzativo del settore food e non food a gamma merceologica completa.

      Esempio :
      - capi settori di negozio.


      7. Lavoratori responsabili dell’andamento funzionale ed organizzativo del reparto di ipermercato loro affidato, di rilevante impegno in relazione alla complessità organizzativa, all’entità ed all’estensione della gamma merceologica e del numero dei fornitori, che operano sulla base delle direttive del capo diretto gestendo la contrattualistica degli acquisti e sono responsabili degli obiettivi concordati di vendita, di servizio, dei costi e del margine del reparto di competenza.

      Sono altresì responsabili dell’organizzazione, della gestione, sviluppo delle risorse umane assicurando il rispetto delle procedure aziendali e delle norme di legge di propria competenza.

      Esempio :
      - capi reparto ipermercato.


      8. Lavoratori adibiti al centro elettronico di elaborazione dati che studiano e definiscono le funzioni aziendali indi-viduandone i flussi informativi e le correlazioni logiche, semplificandone le fasi di realizzazione; studiano il dimensionamento dell’hardware; studiano, sperimentano e gestiscono il software di base.

      Esempio :
      - analista programmatore di sistema.


      9. Lavoratori che studiano, definiscono e descrivono le funzioni logiche delle applicazioni; definiscono nei vari aspetti gli archivi sui supporti dell’elaboratore ed i flus-si; concordano con l’utente i documenti di input e di output; definiscono i diagram-mi di flusso della procedura; producono tutta la documentazione necessaria per i program-matori, predisponendo, se del caso, le relative misure orga-nizzative ed assegnando ai programmatori i compiti per la realizzazione dei programmi; effettuano il test dell’intera procedura prima del rilascio al settore operativo.

      Esempi :
      - analisti di procedura;
      - analisti che svolgano anche funzioni di programmatore;
      - analisti responsabili di area applicativa con compiti di coordinamento e pianificazione di gruppi di analisti del 2 livello e/o program-matori.

      10. Lavoratori responsabili della validità della integrità della catalogazione e dell’aggiornamento dei dati contenuti in un “data-base”.

      Esempio :
      - data-base administrator.


      11. Lavoratori che sovraintendono al personale addetto al-l’elabo-ratore operante in multiprogrammazione e in teleprocessing lo-cale e remoto, compreso RJE, nonché alle unità periferiche ad esso collegate e alle apparecchiature ausiliarie; schedulano i lavori sull’elaboratore con la diretta responsabilità della produzione dei risultati in tempo utile; sovraintendono alla gestione dei terminali remoti (a distanza); predispongono e ag-giornano le procedure per l’esecuzione dei lavori.

      Lavoratori che, in possesso di notevole conoscenza delle tecniche della elaborazione elettronica dei dati e di suffi-ciente espe-rienza acquisita nel campo scientifico, sono re-sponsabili dell’andamento funzionale ed organizzativo del centro E.D.P.

      Esempi :
      - capo centro E.D.P.;
      - responsabili di settore operativo E.D.P.;
      - responsabili sala macchine.



      SECONDO LIVELLO

      Declaratoria

      Appartengono a questo livello i lavoratori con mansioni di concetto che svolgono compiti, che possono anche essere di coordinamento e di controllo, per i quali è richiesta una adeguata competenza professionale accompagnata da notevole esperienza di lavoro acquisita anche nell’esercizio della funzione stessa.

      Profili

      1. Lavoratori responsabili dell’andamento di strutture di vendita non previsti ai livelli superiori che, nel rispetto delle disposizioni di legge nonché nell’ambito delle poli-tiche e delle procedure stabilite, assicurano la razionale gestione del punto di vendita.

      Esempio :
      - responsabili di negozio; ispettori alle vendite.


      2. Lavoratori specializzati e/o con requisiti e capacità profes-sionali tecnico-organizzative comunque conseguiti che, in base alle indicazioni del loro diretto superiore, hanno la responsabilità funzionale dei reparti di una grande struttu-ra di vendita di cui all’ex Primo Super o Quadro, per la cui attività e funzionalità neces-sitano di superfici, strutture e addetti (sia d’ordine che spe-cializzati) di ragguardevole entità e numero e comunque quei lavoratori che dirigono strutture di reparto o di area merceolo-gica che, per numero di addetti e/o complessità e quantità delle attività, sono obiettivamen-te assimilabili alle strutture di re-parto di cui sopra, quali i reparti di macelleria aventi tali caratteristiche.

      Esempio :
      - capi reparto.


      3. Lavoratori con responsabilità tecnica ed organizzativa delle attività di magazzino relative al proprio settore i quali, anche coordinando altri lavoratori, provvedono, con l’osservanza dei metodi e delle procedure stabilite, al con-trollo della qualità e della quantità delle merci in arrivo e in partenza, curando la compilazione delle prescritte documentazioni e provvedono, ove necessario, alla reintegra-zione dell’assortimento della gamma merceologica.

      Esempio :
      - magazzinieri consegnatari.


      4. Lavoratori che, sulla base di indicazioni generali ed anche avvalendosi di procedure esistenti, provvedono, nel-l’ambito della loro attività, all’analisi, al controllo ed alla imputazione di fatti amministrativi e contabili, formu-lano situazioni preventive e consuntive necessarie alla stesura di risultanze economiche e patrimoniali oppure effettuano analisi, controllo e sintesi della situazione delle partite di rilevante entità e complessità relative a tutte le voci del piano dei conti, disponendo gli interventi tecnici idonei alla rettifica ed all’aggiornamento delle voci medesime, dei documenti, delle scritture e delle situa-zioni contabili; lavoratori che, con equivalente contenuto professionale, svolgono anche compiti di coordinamento e control-lo dell’attività dell’ufficio a cui sono preposti.

      Esempi :
      - contabili con mansioni di concetto;
      - capi ufficio.


      5. Lavoratori che, in base alle indicazioni ricevute ed a metodo-logie esistenti, nell’ambito del proprio centro di attività ed attenendosi ad istruzioni loro impartite rela-tive ai criteri di scelta dei fornitori, a clausole e condi-zioni da applicare, effettuano approvvigionamenti che richie-dono il possesso di ade-guate conoscenze merceologiche nonché, ove richiesto, assistono e collaborano con i compra-tori di cui al Primo livello.

      Esempio :
      - compratori.


      6. Lavoratori che, sulla base di istruzioni o con riferimen-to a procedure esistenti, eseguono e controllano da consolle e/o video i vari cicli di lavoro dell’elaboratore, assicuran-do la regolarità del ciclo di elaborazione con interventi di ordine di rettifica, stabilendo le priorità delle elabora-zioni da eseguire e coordi-nando il lavoro degli altri opera-tori.
      Lavoratori che, in base alle istruzioni ricevute o con riferimen-to alle metodologie esistenti, predispongono i programmi di lavo-ro sull’elaboratore.

      Esempi :
      - capo turno operatori;
      - operatore con conoscenza delle procedure e con autonomia gestionale.


      7. Lavoratori che, sulla base di documentazione ricevuta dall’a-nalista, con riferimento a metodologie esistenti, scri-vono e codi-ficano i programmi nel linguaggio di programmazione; compongono i relativi diagrammi e la docu-mentazione necessaria; eseguono i test di prova controllan-done i risultati; eseguono modifiche e migliorie ai program-mi esistenti e/o partecipano alla stesura delle procedure e alla formazione dell’utente.

      Esempio :
      - programmatori.


      8. Lavoratori addetti a mansioni che permettono l’acquisi-zione di conoscenze tecnico-pratiche necessarie per svolgere mansioni di livello superiore per un periodo massimo di 18 mesi.

      Esempio :
      - analisti di sistema o di procedura in training; ecc.


      9. Lavoratori responsabili a livello funzionale ed organizzativo del reparto di ipermercato loro affidato che svolgono compiti operativamente autonomi sulla base di specifiche direttive del capo diretto, attenendosi a istruzioni loro impartite relative alle scelte dei fornitori, a clausole e condizioni da applicare e che gestiscono in tale ambito, anche parzialmente, la contrattualistica degli acquisti. Sono responsabili degli obiettivi assegnati di vendite, di servizio, dei costi e del margine di competenza; sono responsabili altresì dell’organizzazione del lavoro e della gestione delle risorse umane ed assicurano il rispetto delle procedure aziendali e delle norme di legge per quanto di competenza.

      Esempio :
      - Capo reparto ipermercato.


      TERZO LIVELLO

      Declaratoria

      Appartengono a questo livello i lavoratori con mansioni di concetto e con funzioni per le quali si richiede una adegua-ta prepa-razione professionale nonché i lavoratori che compiono lavori ed operazioni la cui esecuzione richiede specifiche conoscenze tecniche ed adeguate capacità di ese-cuzione pratica comunque acquisite.


      PARAMETRO 180

      Profili

      1. Lavoratori inquadrati al III livello sulla base della specifica declaratoria ai quali, oltre alle mansioni previste dal proprio profilo professionale, vengono affidate con carattere di continuità funzioni di coordinamento di più lavoratori anche di pari livello e di raccordo con il superiore diretto.

      Esempio:
      - Coordinatore.


      2. Lavoratori che, oltre a possedere le caratteristiche del profilo 3. del III livello (parametro 167) e svolgere le relative mansioni (frigorista, elettricista-impiantista, meccanico-motorista), compiono - con maggiore abilità professionale e autonomia opera-tiva, espressione di particolari, specifiche competenze - lavori che presuppongono comprovate conoscenze di tecnologie avanzate rela-tive al funzionamento di impianti e macchinari complessi, coordi-nando anche altri lavoratori.

      Esempio:
      - Operai specializzati provetti.


      3. Lavoratori di cui al profilo professionale 4. del III livello (parametro 167) che coordinano almeno 2 macellai provetti (*)

      Esempio:
      - Capo reparto macelleria.
      PARAMETRO 167

      Profili

      1. Lavoratori con formazione specifica relativa allo svolgi-mento di lavori o funzioni che si esplicano attraverso procedure e tecniche definite.

      2. Lavoratori adibiti a compiti di guida, controllo e coor-dinamento di reparto o squadra con apporti tecnici e prati-ci.

      3. Lavoratori che sanno eseguire correttamente ed in autono-mia le operazioni inerenti la loro specializzazione per la cui ese-cuzione occorre la relativa capacità tecnico-pratica.

      Esempi :
      - magazziniere, magazziniere anche con funzioni di vendita;
      - operaio specializzato provetto (frigorista, elettricista-impiantista, meccanico-motorista);
      - gastronomo preparatore.


      4. Lavoratori con adeguate e specifiche capacità professionali acquisite mediante approfondita preparazione teorica e tecnico-pratica che in autonomia operativa, nell’ambito delle mansioni e procedure assegnate, svolgono con perizia tutte le fasi di lavoro quali taglio, disossatura, sfesatura, rimondatura, taglio a filo (a mano o a macchina), presentazione in vassoio, rifilatura dei tagli e confezionamento.

      Esempio :
      - macellaio specializzato provetto.


      5. Lavoratori che, in base alle indicazioni ricevute, hanno la responsabilità tecnico organizzativa del reparto loro affidato

      Esempio :
      - capi reparto.


      6. Lavoratori che conducono prevalentemente autoarticolati, auto-treni o equivalenti mezzi pesanti.
      In sede aziendale si darà pratica attuazione al passaggio di livello, previa verifica dell’esistenza delle condizioni di cui sopra.

      Esempio :
      - autista consegnatario.
      7. Lavoratori responsabili di negozio con funzioni di vendi-ta e che coordinano un massimo di tre addetti.

      Esempio :
      - gerente o gestore; capo negozio.


      Nota
      - In sede locale tra le parti competenti si conviene di esaminare casi specifici che giustifichino il passaggio al 2° livello.

      Nota a verbale

      Per la particolare attività svolta dai gerenti o gestori delle cooperative delle provincie di Trento e Bolzano, la determinazione dell’esatto inquadramento è demandata a livello provinciale.

      1. Lavoratori che, in base alle norme in uso nel loro campo di attività, svolgono compiti di segreteria, redigono corri-sponden-za anche avvalendosi di appunti stenografici, raccolgono, curandone l’archiviazione, dati e documenti, sele-zionandoli e ordinan-doli per corredare pratiche o per tra-smettere informazioni.

      Esempio :
      - segretari di direzione con mansioni di concetto.


      2. Lavoratori che, con sufficiente apporto di apprezzamento e di iniziativa propria, nell’ambito di procedure operative relative al sistema contabile adottato nello specifico campo di competen-za, rilevano e sviluppano dati anche diversi per l’elaborazione di situazioni riepilogative o rendiconti, effettuando anche l’imputazione ai conti nonché interventi operativi sulle posizio-ni contabili dei clienti, fornitori, ecc. ed eseguendo, se del caso, operazioni di cassa con effettuazione delle relative scrit-turazioni contabili.

      Esempio :
      - contabili/impiegati amministrativi.


      3. Lavoratori che effettuano, in base a precise istruzioni e secondo schemi preordinati, la preparazione e l’avviamento del-l’elaboratore elettronico; seguono le fasi operative e coadiuvano l’operatore consollista nella gestione della consolle e/o video; conducono il macchinario ausiliario.

      Esempio :
      - operatore di sistema di elaborazione elettronica dei dati.
      4. Lavoratori addetti a mansioni che permettono l’acquisi-zione di conoscenze teorico-pratiche necessarie a svolgere mansioni di livello superiore per un massimo di 18 mesi.

      Esempio :
      - programmatore junior.


      5. Lavoratori che, nell’ambito delle procedure stabilite, effet-tuano il filtro e la preparazione di tutti i documenti da passare in perforazione e/o registrazione elettronica e ne curano la distribuzione agli addetti alla perforazione e/o registrazione elettronica in modo funzionale alla orga-nizzazione del lavoro e/o effettuano il filtro, il control-lo di merito e lo smistamento ai vari utenti dei documenti in uscita dal calcolatore, archi-viandone in maniera sistema-tica le copie di competenza dell’azienda.

      Esempio :
      - codificatori addetti al filtro documenti.


      6. Lavoratori che, con comprovata esperienza nell’attività specifica, hanno la responsabilità dei controlli qualitativi e quantitativi del ricevimento merci, sistemazione e suddivisione per l’allestimento e lo stoccaggio delle stesse, riordino e gestione dei resi e curano la relativa documentazione amministrativa.

      Esempio :
      - ricevitore responsabile merci di ipermercato.


      7. Lavoratori addetti agli uffici amministrativi, tecnici e commerciali che con sufficiente apporto di apprezzamento e di iniziativa propria nell’ambito di procedure operative definite svolgono attività e mansioni di concetto.

      Esempio :
      - impiegati di concetto.


      QUARTO LIVELLO

      Declaratoria

      Appartengono a questo livello i lavoratori che svolgono funzioni o lavori che richiedono adeguata preparazione professionale ac-quisita con la necessaria esperienza di lavoro.

      PARAMETRO 155

      Profili

      1. Lavoratori ai quali, oltre alle mansioni previste dal proprio profilo professionale o mansioni promiscue di equivalente conte-nuto, vengono attribuite con carattere di continuità, nell’ambito dell’organizzazione del lavoro in atto, mansioni di coordinamento di più lavoratori anche di pari livello e di raccordo con il superiore diretto.

      Esempio :
      - coordinatore; addetto cassa centrale ipermercato.


      Nota a verbale

      Le parti chiariscono che l’individuazione di tale profilo non comporta l’introduzione generalizzata, indipendente dai modelli organizzativi concordati tra le parti, bensì tale profilo viene riconosciuto in stretto rapporto a modelli di organizzazione del lavoro concordati che esplicitamente lo prevedano.

      2. Lavoratore in possesso di specifiche conoscenze professionali acquisite con adeguata esperienza lavorativa al banco salumi, gastronomia, pesce o carni, in grado di fornire utili indicazioni per il buon andamento dell’attività al banco e di porre la propria esperienza ai fini dell’affiancamento addestrativo con compiti di semplice coordinamento operativo di altri addetti, che svolge al suddetto banco in modo continuativo le seguenti operazioni:

      - uso delle macchine, attrezzature e strumenti di lavoro in dotazione al reparto;
      - lavorazione e taglio, riducendo al minimo scarti e dispersioni nonché pesature, confezionamento di prodotti sia al banco tradizionale che a libero servizio; lavorazione e taglio, eviscerazione e pulizia prodotto nonché pesatura e confezionamento;
      - applicazione di tecniche di servizio con particolare riferimento alla presentazione del prodotto ed alla fornitura di indicazione e consigli alla clientela;
      - conservazione dei prodotti o rotazione dei prodotti in assortimento, assicurando una buona presentazione degli stessi ed offrendo una costante immagine di freschezza e di pulizia, nell’assoluto rispetto delle norme igienico-sanitarie.

      Esempio :
      - salumiere banconiere; addetto qualificato al banco pesce; addetto qualificato al banco carni.


      PARAMETRO 144

      Profili

      1. Lavoratori addetti agli uffici amministrativi, tecnici e com-merciali che, nel rispetto delle procedure prestabilite, svolgono attività e mansioni d’ordine.

      2. Lavoratori addetti alle operazioni ausiliarie alla vendita: addetto all’insieme delle operazioni ausiliarie alla vendita intendendosi per tali l’esercizio promiscuo delle funzioni di incasso e relative registrazioni, di preparazione delle confezio-ni, di prezzatura, di marcatura, di segnalazione dello scoperto e di rifornimento merci dei banchi o scaffalature, di movimentazione fisica delle merci.

      3. Lavoratori addetti alla vendita al pubblico.

      4. Lavoratori di magazzino addetti alle operazioni di prepara-zione e movimentazione, trasporto e consegna delle merci.

      5. Lavoratori addetti all’insieme delle operazioni nei magazzini di smistamento, centri di distribuzione e/o depositi, con oltre diciotto mesi di servizio.

      Esempi :
      - impiegato e/o contabile d’ordine;
      - stenodattilografo e dattilografo;
      - centralinista telefonico;
      - perforatore/verificatore su schede;
      - registratore;
      - verificatore su supporti magnetici;
      - videista;
      - commesso alle vendite;
      - addetto alle operazioni ausiliarie di vendita;
      - operai specializzati: autista consegnatario; autisti non compresi nel III livello. Prepara-tore di commissioni; carrellista-mulettista.


      6. Lavoratori addetti al centro E.D.P. con funzioni esecutive:

      Esempi :
      - perforatore verificatore su schede;
      - registratore;
      - verificatore su supporti magnetici;
      - videista (perforazione), verifica e/o registra-zione su video;
      - addetto data-entry.

      QUINTO LIVELLO

      Declaratoria

      Appartengono a questo livello i lavoratori con capacità di com-piere lavori od operazioni che chiedono il possesso di normali conoscenze di lavoro comunque acquisite.


      Profili

      1. Lavoratori di primo impiego in attesa del tempo utile di formazione per l’inserimento nel IV livello.

      2. Addetti alle operazioni ausiliarie alla vendita nelle aziende a integrale libero servizio: addetti all’insieme delle operazioni ausiliarie alla vendita, intendendosi per tali l’esercizio promiscuo delle funzioni di incasso e relative registrazioni, di preparazione delle confezioni, di prezzatura, di marcatura, di segnalazione dello scoperto dei banchi, di rifornimento degli stessi, di movimentazione fisica delle merci, per i primi 18 mesi di servizio.

      Esempi:
      - commessi alla vendita per i primi 18 mesi di servizio per coloro che non hanno fatto l’appren-distato:
      - addetti alle operazioni ausiliarie alla vendita per i primi 18 mesi di servizio;
      - addetti all’insieme delle operazioni nei magazzini di smistamento, centri di distribuzione e/o depositi per i primi 18 mesi di servizio.


      3. Addetti alla vigilanza e/o sorveglianza diurna e not-turna.

      Esempi :
      - guardiano;
      - custode;
      - portiere;
      - usciere.


      4. Personale generico.

      Esempi :
      - addetto al confezionamento e/o prezzatura merci di magazzino;
      - addetto al carico e scarico.



      SESTO LIVELLO

      Declaratoria

      Appartengono a questo livello i lavoratori adibiti a semplici operazioni per la cui esecuzione non occorre alcuna preparazione professionale.

      Esempio :
      - Addetti alle pulizie anche con mezzi meccanici.


      Chiarimenti alla classificazione

      I gestori o gerenti, di cui al III livello, sono quei prestatori d’opera che hanno in consegna il negozio o lo spaccio tradizionale sotto la loro responsabilità e ne rispondono, a norma degli artt. 167, 169 e 176 del presente CCNL, ai fini della disciplina, dell’inventario e/o dell’andamento degli affari, ai diri-genti della cooperativa.

      Note alla classificazione

      I) Le parti si danno atto che l’assegnazione dei lavoratori al parametro superiore del medesimo livello di inquadramento avviene esclusivamente in relazione ai contenuti della declaratoria con-trattuale del livello stesso e che, con l’istituzione del doppio parametro retributivo suddetto, non hanno inteso istituire un livello superiore di mansioni.
      Pertanto, riconfermano il principio dell’equivalenza delle mansioni all’interno di ciascun livello a tutti gli effetti contrattuali e, principalmente, ai fini della eventuale mobilità aziendale che le parti non hanno inteso ulteriormente vincolare.

      II) Gli aumenti retributivi derivanti dalla differenza fra i nuovi parametri e quelli preesistenti nello stesso livello assorbono fino a concorrenza le indennità previste in sede aziendale a titolo equivalente, comunque denominato, per le relative figure professionali.
      Art. 49
      PASSAGGI DI QUALIFICA

      Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti al livello supe-riore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equi-valenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna dimi-nuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavora-tore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo non superiore a tre mesi.
      Art. 50
      ATTIVITA’ PREVALENTE

      1. Ad eccezione delle mansioni relative alle qualifiche di addetto alle operazioni ausiliarie alla vendita nelle aziende ad inte-grale libero servizio o di addetto all’insieme delle operazioni nei magazzini di smistamento, centri di distribuzione e/o deposi-ti (IV livello e V livello) in caso di mansioni promiscue si farà riferimento all’attività prevalente.

      2. Per attività prevalente si intende quella di maggiore valore professionale, sempre che venga abitualmente prestata, non si tratti di un normale periodo di addestramento e non abbia carat-tere accessorio e complementare.

      3. In tal caso, fermo restando le mansioni di fatto espletate, al lavoratore competerà l’inquadramento al livello superiore.

      Art. 51
      TRATTAMENTO ECONOMICO - ANZIANITA’

      1. Il lavoratore promosso a livello superiore ha diritto alla retri-buzione contrattuale del nuovo livello; qualora il lavoratore percepisca, all’atto della promozione, una retribuzione superiore al minimo tabellare del nuovo livello, manterrà la relativa eccedenza come assegno “ad personam” avente lo stesso titolo e caratteristiche originarie. In ogni caso, tale eccedenza non potrà essere assorbita dagli scatti di anzianità e dalla ex indennità di contingenza.

      2. Il lavoratore appartenente a qualifica non impiegatizia ai sensi di legge, in caso di passaggio a categoria impiegatizia, conserva l’anzianità maturata nelle rispettive qualifiche di impiegato e di lavoratore con mansioni non impiegatizie.
      T I T O L O XXI
      QUADRI

      Art. 52
      REQUISITI DI APPARTENENZA

      1. La categoria di quadro, prevista dalla legge 13 Maggio 1985 n.190, è attribuita a quei lavoratori subordinati che, senza appartenere alla categoria dei dirigenti, sono titolari delle posizioni orga-nizzative aziendali di maggior rilievo per ampiezza e natura che richiedono un elevato contenuto professionale ed esercitano, con carattere continuativo, mansioni nelle quali sono fortemente presenti facoltà di rappresentanza, funzioni di sovraintendenza e coordinamento di altri lavoratori, responsabilità e autonomia nella gestione delle risorse ovvero contenuti specialistici par-ticolarmente elevati delle mansioni svolte.
      Tali lavoratori svolgono un ruolo di fondamentale importanza ai fini del perseguimento degli obiettivi aziendali, in rapporto con la sovrastante struttura dirigenziale.

      2. All’interno dei criteri generali assumono particolare rilevanza quelli connessi:

      I) alle conoscenze specifiche elevate nel proprio campo di compe-tenza, accompagnate da una esperienza lavorativa in ruoli diret-tivi maturata nell’azienda, o in aziende similari, valide e temporalmente consolidate;
      II) all’istruzione o formazione di base buona e diversificata che consenta di rapportare le problematiche della posizione a quelle più ampie della gestione aziendale;
      III) alla capacità innovativa e/o all’attitudine a lavorare per obiettivi globali ed integrati;
      IV) alla capacità gestionale riferita, in particolare, alla uti-lizzazione delle risorse umane e strumentali e alla collabora-zione con altre unità organizzative.

      3. In sede aziendale tra la Direzione e la rappresentanza sindacale dei quadri si provvederà, se del caso, alla loro integrazione o specificazione, tenuta di conto la particolare struttura organizzativa dell’im-presa.

      Art. 53
      PROFILI
      1° Profilo

      Lavoratori che, in armonia con gli indirizzi e gli obiettivi generali stabiliti dalla direzione aziendale, programmano e organizzano le attività produttive e funzionali di unità organizzative molto rilevanti per dimensione e complessità, in funzione del raggiungimento degli obiettivi aziendali, sia in termini di efficacia che di efficienza, nell’area di responsabilità di ruolo attribuita e che sono chiamati a collaborare con un particolare contributo d’iniziative alla formulazione dei suddetti programmi.

      Esempio :
      - responsabili di strutture organizzative di rilevante complessità.


      2° Profilo.

      Lavoratori che, sulla base di direttive generali aziendali, nell’ambito del proprio campo di attività (amministrativo, tecnico, acquisti e vendite, ecc.) e con la necessaria conoscenza dei settori correlati, svolgono analisi ed elaborazioni complesse di problematiche finalizzate al conseguimento degli obiettivi della cooperativa, provvedendo alla loro impostazione e sviluppo e curandone le relative fasi di esecuzione. A tal fine possono avvalersi dell’apporto di altri lavoratori non gerarchicamente subordinati, realizzandone il coordinamento operativo.

      Esempio :
      - specialisti di settore aziendale.


      3° Profilo

      Lavoratori che, nell’ambito delle politiche aziendali e sotto la propria responsabilità, dirigono ed assicurano l’andamento funzionale ed organizzativo delle strutture di vendita cui sono preposti, composte dal supermercato alimentari e dal magazzino non alimentari a gamma merceologica completa, nonché lavoratori che dirigono ed assicurano l’andamento funzionale e organizzativo di strutture di vendita le quali, per i dati complessivi di dimensioni, numero di addetti, complessità e quantità delle attività, sono obiettivamente assimilabili alla struttura di vendita di cui sopra.

      Esempio :
      - responsabili di negozio.


      4° Profilo

      Lavoratori adibiti al centro elettronico di elaborazioni dati che studiano e definiscono le funzioni aziendali individuandone i flussi informativi e le correlazioni logiche, semplificandone le fasi di realizzazione; studiano il dimensionamento dell’hardware; studiano, sperimentano e gestiscono il software di base, coordinando altri analisti e/o programmatori.

      Esempio :
      - responsabili analisi del sistema.


      5° Profilo

      Lavoratori che, sulla base degli indirizzi e degli obiettivi generali stabiliti dalla direzione aziendale, sono preposti alla responsabilità di settori merceologici di rilevante importanza (per numero di merceologie, di referenze, di fornitori e per volume d’affari) e complessità (merceologiche, di mercato e procedurali), ed operano con elevata autonomia decisionale e margini di discrezionalità nella determinazione delle condizioni d’acquisto.

      Esempio :
      - capi settore con compiti di guida e coordinamento operativo dei compratori.


      6° Profilo

      Lavoratori in possesso di notevoli conoscenze nella/e disciplina/e di propria competenza che collaborano con la direzione aziendale, fornendo contributi originali e creativi alla elaborazione delle strategie dell’impresa e alla determinazione degli obiettivi nonché, nella fase realizzativa, all’elaborazione di programmi e/o di progetti e/o di sistemi di controllo, ad alta specializzazione e di notevole interesse aziendale.

      Esempio :
      - progettisti - ricercatori - responsabili di analisi e programmazione generale.


      7° Profilo

      Lavoratori che, in armonia con gli indirizzi e gli obiettivi generali, relativi all’area di loro competenza, stabiliti dalla Direzione Aziendale o dal Direttore dell’ipermercato, decidono sulle scelte di gestione commerciale dei reparti da loro coordinati (politica degli assortimenti, degli acquisti e delle vendite) e sono responsabili per l’area di competenza degli obiettivi concordati di vendita, servizio, costi, margine, sviluppo risorse umane nonché del coordinamento dei capi reparto e garantiscono l’applicazione di tutte le norme di legge.

      Esempio:
      - capi area ipermercato.

      Art. 54
      ATTRIBUZIONE DELLA CATEGORIA E PROCEDURE

      1. L’attribuzione della categoria di Quadro è operata dall’azienda sulla base della rispondenza della professionalità e delle responsabilità ai criteri sopra enunciati in relazione alla particolare struttura organizzativa aziendale. L’attribuzione della categoria di Quadro unitamente all’indicazione della funzione attribuita verrà comunicata dalla azienda ai lavoratori interessati e contemporaneamente alla rappresentanza sindacale dei quadri stessi.
      2. Fermo restando che le sottoindicate procedure non sospendono l’efficacia immediata del provvedimento di attribuzione, i lavoratori che ritengono di essere stati ingiustamente non inclusi nella categoria Quadro, potranno presentare direttamente o tramite la loro rappresentanza sindacale o l’organizzazione sindacale a cui sono iscritti o conferiscono mandato, motivato ricorso alla direzione aziendale, la quale, valutate le osservazioni, aprirà il confron-to di merito entro 15 giorni dal ricorso stesso allo scopo di dare definitiva risposta entro i successivi 10 giorni, salvo eventuali proroghe da concordarsi.

      NOTA

      La norma di cui al comma 3 dell’articolo 11 parte seconda del CCNL del 20.12.1990, che si riporta testualmente, ha esaurito la sua validità in quanto norma transitoria e di prima applicazione della legge 1 maggio 1985 n. 190:
      “In sede di prima applicazione l’individuazione di lavoratori a cui è attribuita la categoria di Quadro dovrà essere effettuata entro 60 giorni dalla sottoscrizione del presente accordo”.

      Art. 55
      TRATTAMENTO ECONOMICO

      1. Ai Quadri, oltre al trattamento retributivo stabilito dalla contrattazione collettiva, in considerazione dell’importanza e delle responsabilità connesse al loro ruolo nonché alle modalità di svolgimento della prestazione, viene riconosciuta una indennità di funzione determinata nella misura minima di L. 80.000 lorde mensili per 14 mensilità.

      2. Detta indennità di funzione unitamente ad altre indennità, quote salariali o emolumenti a titolo equivalente, erogati in sede aziendale, concorrerà a formare un’unica voce retributiva denominata indennità di funzione.

      3. In sede aziendale potranno essere concordate quote salariali aggiuntive aventi le caratteristiche di:

      I) incrementi della indennità di funzione eventualmente articolati in gradi, in ragione dei fattori specifici di cui ai punti da I), a IV) del comma 2 dell’art. 52;
      II) assegni variabili collegati ai risultati conseguiti in rapporto agli obiettivi.

      4. A decorrere dal 1° gennaio 1991 l’indennità di funzione di cui al 1° comma è incrementata di Lire 20.000 mensili.
      Tale aumento non è assorbibile.

      5. A decorrere dal 1° gennaio 1995 l’indennità medesima è ulteriormente incrementata di Lire 150.000 lorde, elevando, di conseguenza, l’indennità di funzione a L. 250.000 lorde mensili.
      Tale aumento è assorbibile al 50% da indennità similari, da eventuali superminimi individuali, nonché da elementi retributivi concessi con clausole espresse di assorbimento ovvero a titolo di acconto o di anticipazione sul presente contratto.

      Art. 56
      RESPONSABILITA’ CIVILE

      1. Le norme di attuazione dell’art. 5 della legge 13 maggio 1985 n. 190 sono definite all’art. 177 del presente CCNL.

      2. Fermo restando quanto previsto dall’art. 177, i Quadri sono comunque esonerati da corrispondere somme a titolo di risarcimento danni nei confronti di terzi in ottemperanza di quanto previsto dall’art. 5 della legge 13 maggio 1985 n. 190 in quanto a carico dell’impresa.

      Art. 57
      INFORMAZIONE

      1. Oltre a quanto previsto dall’art. 15, si riconosce per il Quadro il diritto ad essere informato circa le strategie, i progetti e gli obiettivi dell’impresa ed i risultati, nonché ad essere consultato sulla definizione degli obiettivi dell’area di attività di sua competenza.
      Art. 58
      FORMAZIONE

      1. In relazione all’art. 15, con particolare riferimento al comma 6, inclusi i punti 6 bis e 6 ter, si darà luogo ad un incontro annuale tra la direzione aziendale e la rappresentanza sindacale dei Quadri per esaminare congiuntamente i programmi formativi e di aggiornamento professionale nonché i relativi preventivi di spesa.

      2. Tali programmi comprenderanno iniziative a favore del personale femminile al fine di incrementare la presenza delle donne nell’area quadri nonché iniziative specifiche per la loro riqualificazione dopo le assenze di lungo periodo.

      3. Gli investimenti formativi saranno realizzati anche attraverso l’attivazione di progetti collegati ai programmi europei con particolare riferimento al dialogo sociale.




      Art. 59
      MUTAMENTO PROVVISORIO DI MANSIONI

      1. L’assegnazione temporanea del lavoratore a mansioni di Quadro, di cui agli artt. 52 e 53, sempreché non si tratti di sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, diverrà definitiva quando siano trascorsi 180 giorni di effettivo lavoro.

      2. Con riferimento all’art. 6 della legge 13 maggio 1985 n. 190 e alla legge 2 aprile 1986 n. 106, l’assegna-zione temporanea del Quadro a mansioni superiori alla qualifica di Quadro, ovvero dirigenziali, che non sia avvenuta per sosti-tuzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, non può essere di durata superiore a 180 giorni di effettivo lavoro.
      Trascorso tale periodo la predetta assegnazione temporanea diventa definitiva.

      3. In caso di assegnazione provvisoria a mansioni superiori agli interessati sarà corrisposta un’indennità pari alla differenza tra il trattamento economico contrattuale del sostituto e del sostituito con riferimento alla retribuzione di cui all’art. 141.

      Art. 60
      TRASFERIMENTO

      Il Quadro che abbia compiuto il 55° anno di età può opporsi al trasferimento disposto dalla cooperativa esclusivamente in caso di gravi e comprovati motivi.

      Art. 61
      ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA

      1. Con decorrenza dal 1° gennaio 1995 ai Quadri delle imprese rientranti nella sfera di applicazione del presente CCNL saranno garantite le prestazioni sanitarie integrative del Servizio Sanitario Nazionale di cui all’allegato n. 10.

      2. Tali prestazioni saranno attuate con un idoneo strumento operativo che sarà prescelto da ciascuna Associazione Cooperativa al quale si uniformeranno le cooperative associate. A cura di ciascuna Associazione Cooperativa verrà data informazione alle Organizzazioni Sindacali stipulanti e ai Quadri in merito allo strumento operativo prescelto.

      3. Il finanziamento delle prestazioni concordate che saranno usufruite dal Quadro, nei limiti dei massimali ed alle condizioni previste, è convenuto in L. 480.000 annue a carico dell’impresa.

      4. In caso di variazioni legislative riguardanti l’assistenza sanitaria le parti si impegnano ad apportare al presente articolo gli aggiornamenti e le modifiche che risultino opportune.
      Art. 62
      ORARIO DI LAVORO

      In considerazione delle particolari funzioni espletate dai Quadri l’orario di lavoro, fermo restando quanto previsto dal primo comma dell’art. 87, terrà conto delle oggettive esigenze di flessibilità connesse a tale funzione. Pertanto, ove ciò non contrasti con l’organizzazione del lavoro aziendale in atto, il Quadro potrà usufruire di orari giornalieri flessibili in entrata e in uscita periodicamente predeterminati e concordati con la Direzione competente.

      T I T O L O XXII
      APPRENDISTATO

      Art. 63
      FINALITA’ DELL’ISTITUTO

      1. L’apprendistato ha lo scopo di consentire ai giovani lavoratori di apprendere quelle mansioni per le quali occorre un certo tirocinio.
      Considerato il comune interesse a rivitalizzare l’istituto, le parti convengono che tale tipologia di impiego rientri nell’ambito del confronto sul mercato del lavoro previsto dal secondo livello di contrattazione.

      2. Ciò premesso le parti contraenti esprimono concordemente l’esi-genza di svolgere, anche nei confronti degli organi competenti, tutte le azioni necessarie affinché l’istituto dell’apprendistato sia tenuto nella massima considerazione, particolarmente ai fini dell’apprendistato professionale.

      3. Le organizzazioni contraenti si impegnano altresì a partecipare attivamente alla formulazione dei programmi rivolti alla prepara-zione professionale dei lavoratori, in collaborazione con i Mini-steri e con gli Enti competenti. Tale partecipazione e collabora-zione potrà essere oggetto di particolari determinazioni ed ini-ziative ai vari livelli. Viene confermato l’interesse e l’impegno delle parti per la realizzazione di adeguate politiche per l’ad-destramento professionale nel settore.
      Art. 64
      AMMISSIBILITA’

      1. L’apprendistato è ammesso per tutte le qualifiche e mansioni comprese nel quarto livello, con le seguenti eccezioni:

      I) Lavori di scrittura, archivio e protocollo (corrispon-denti alle qualifiche di “archivista” e “protocollista”);
      II) Lavori di dattilografia (corrispondenti alla qualifica di “dattilografo”), purché il relativo personale risulti in possesso di specifico diploma di scuola professionale di dattilografia, legalmente riconosciuta;
      III) mansioni per le quali è richiesta la patente di abilita-zione;

      2. L’apprendistato non è ammesso per i giovani in possesso di di-ploma di qualifica rilasciato dagli istituti professionali di Stato istituiti con Decreti Presidenziali in applicazione dell’art. 9, R.D.L. 21 settembre 1938 n. 2038, convertito nella legge 2 giugno 1939 n. 739 e dagli Istituti legalmente riconosciuti (parificati) ai sensi della legge 18 gennaio 1942 n. 86, ovvero di attestato di qualifica conseguito ai sensi dell’articolo 14 della legge 21 dicembre 1978 n. 845, limitatamente alle mansioni corrispondenti al diploma.
      Art. 65
      LIMITI NUMERICI

      1. Ai sensi dell’art. 2 della legge 19 gennaio 1955 n. 25, come modificato dalla legge 2 aprile 1968 n. 424, il numero degli apprendisti nelle singole aziende non potrà superare la proporzione di un apprendista per ogni tre lavoratori non apprendisti, comprendendo in tale numero anche quelli che appartengono a categorie per le quali l’apprendistato non è ammesso.

      2. Ai sensi del primo comma dell’art. 21 legge 28 febbraio 1987 n. 56 è tuttavia consentita l’assunzione fino a tre apprendisti, anche nelle coopera-tive che abbiano fino a otto lavoratori alle proprie dipendenze.

      3. Possono essere assunti come apprendisti i giovani di età non inferiore a 15 anni e non superiori a 20, salvo i divieti e le limitazioni previste dalla legge 17 ottobre 1967 n. 977 sulla tutela del lavoro dei fanciulli ed adolescenti.
      Art. 66
      DURATA DELL’APPRENDISTATO

      1. Il rapporto di apprendistato si estingue alla scadenza del termine di 24 mesi per le qualifiche comprese nel Quarto livello.
      Nelle aziende del settore alimentare o singoli reparti delle unità produttive di queste che trattano prodotti, freschi e non, da vendersi a taglio e peso, il periodo di apprendistato per il raggiungimento delle qualifiche di addetto al banco di gastronomia, salumeria, pescheria e carni, di cui al profilo 2 parametro 155, è fissato in 36 mesi.

      2. Trascorso tale periodo, l’apprendista, indipendentemente dall’età raggiunta e dalle mansioni effettivamente svolte, sarà assegnato alla qualifica per la quale ha compiuto l’apprendistato.

      3. Il periodo di apprendistato effettuato in precedenza presso altre aziende dello stesso settore merceologico e per le stesse mansio-ni sarà computato ai fini del completamento del periodo prescrit-to del presente contratto, purché non vi sia stata una inter-ruzione superiore ad un anno.
      Art. 67
      ASSUNZIONE

      1. Per l’assunzione di apprendisti il datore di lavoro deve ottenere l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente, al quale dovrà precisare le condizioni della prestazione richiesta agli apprendisti, il genere di addestramento cui saranno adibiti e la qualifica che essi potranno conseguire al termine del rapporto.

      2. Ai sensi dell’art. 21 legge 28 febbraio 1987 n. 56 per l’assunzione degli apprendisti è ammessa la richiesta nominativa.

      Art. 68
      PERIODO DI PROVA

      La durata massima del periodo di prova per gli apprendisti è fissata in 30 giorni durante i quali è reciproco il diritto di risolvere il rapporto di lavoro senza preavviso.

      Art. 69
      OBBLIGHI DELL’AZIENDA

      1. La cooperativa ha l’obbligo:
      I) di impartire o di fare impartire nell’azienda all’ap-prendista l’insegnamento necessario perché possa conse-guire la capacità di diventare lavoratore qualificato;
      II) di non sottoporre l’apprendista a lavorazioni retribuite a cottimo e ad incentivo, se non per il tempo strettamente necessario all’addestramento e previa comunicazione all’Ispettorato del Lavoro;
      III) di non adibire l’apprendista a lavori di manovalanza e a non sottoporlo comunque a lavori superiori alle sue forze fisiche;
      IV) di accordare all’apprendista, senza operare trattenuta alcuna sulla retribuzione, i permessi occorrenti per la frequenza obbligatoria dei corsi di insegnamento comple-mentare e per i relativi esami nei limiti di tre ore settimanali per non più di otto mesi all’anno;
      V) di informare periodicamente, comunque a intervalli non superiori a sei mesi, la famiglia dell’apprendista o chi esercita legalmente la patria potestà dei risultati dell’addestramento.

      2. Agli effetti di quanto richiamato al precedente punto III) non sono considerati lavori di manovalanza quelli attinenti alle attività nelle quali l’addestramento si effettua in aiuto ad un lavoratore qualificato, sotto la cui guida l’apprendista è adde-strato, quelli di riordino del posto di lavoro, sempre che lo svolgimento di tale attività non sia prevalente e, in ogni caso, rilevante in rapporto ai compiti affidati all’apprendista.
      Art. 70
      OBBLIGHI DELL’APPRENDISTA

      Oltre all’osservanza delle norme disciplinari generali pre-viste dal presente contratto e delle norme contenute negli eventuali regolamenti interni di azienda, l’apprendista ha l’obbligo:

      I) di attenersi alle istruzioni dei dirigenti delle coope-rative o delle persone da questi incaricate della sua formazione professionale e di seguire con il massimo impegno gli insegnamenti che gli vengono impartiti;
      II) di prestare la sua opera con la massima diligenza;
      III) di frequentare con la massima assiduità e diligenza i corsi di insegnamento complementare.
      Art. 71
      TRATTAMENTO NORMATIVO

      1. L’apprendista ha diritto, durante il periodo di apprendistato, allo stesso trattamento normativo previsto dal presente contratto per i lavoratori della qualifica per cui egli compie il tiroci-nio.
      2. Le ore di insegnamento complementare sono comprese nell’orario normale di lavoro.

      Art. 72
      TRATTAMENTO ECONOMICO

      La retribuzione degli apprendisti (allegato n. 2) risulta costituita dalle seguenti componenti:

      I) paga base nazionale conglobata:
      - per la prima metà del periodo di apprendistato, il 75% della paga base nazionale conglobata corrisposta ai lavoratori qualificati;
      - per la seconda metà del periodo di apprendistato, l’85% della paga base nazionale conglobata corrisposta ai lavoratori qualificati.

      II) Indennità di contingenza determinata in attuazione della legge 26 febbraio 1986 n. 38 e successive modifiche nonché dall’accordo interconfederale 31 luglio 1992.
      III) Elemento Distinto della Retribuzione (E.D.R.) di L. 20.000 mensili per 13 mensilità a norma del precitato accordo interconfederale del 31 luglio 1992.


      Art. 73
      ESTINZIONE DEL RAPPORTO

      1. Il rapporto di apprendistato si estingue alla scadenza del periodo di tirocinio comprendendo in esso il periodo dedicato alla forma-zione e all’addestramento professionale.

      2. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare entro dieci giorni alla competente Sezione Circoscrizionale i nominativi degli apprendisti ai quali sia stata attribuita la qualifica.

      3. Il datore di lavoro è tenuto altresì a comunicare alla competente Sezione Circoscrizionale i nominativi degli apprendisti, dei quali per qualunque motivo sia cessato il rapporto di lavoro entro il termine di cinque giorni dalla cessazione stessa.

      4. Ai sensi dell’art. 19 legge 19 gennaio 1965 n. 25, qualora al termine del periodo di apprendistato non sia data disdetta a norma dell’art. 2118 del Codice Civile, l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità e il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore.
      Art. 74
      DISPOSIZIONE FINALE

      Per quanto non disciplinato dal presente contratto in mate-ria di apprendistato o di istruzione professionale, le parti fanno espresso riferimento alle disposizioni di legge e regolamenti vigenti in materia (*)
      T I T O L O XXIII
      FORMAZIONE E LAVORO

      Art. 75

      Per quanto concerne i contratti di formazione e lavoro si rinvia alle norme di legge e all’accordo quadro allegato n. 4 al presente CCNL del quale è parte integrante (*) .








      T I T O L O XXIV
      LAVORO A TEMPO PARZIALE

      Art. 76
      PRINCIPI GENERALI

      1. Il rapporto a tempo parziale sarà disciplinato secondo i seguenti principi:

      I) volontarietà di entrambe le parti;
      II) reversibilità della prestazione da tempo parziale a tempo pieno in relazione alle esigenze aziendali e quando sia compa-tibile con le mansioni svolte e/o da svolgere, ferma restando la volontarietà delle parti;
      III) priorità nel passaggio da tempo pieno a tempo parziale o viceversa dei lavoratori già in forza rispetto ad eventuali nuove assunzioni, per le stesse mansioni;
      IV) applicabilità delle norme del presente contratto in quanto compatibile con la natura del rapporto stesso.

      2. L’accordo fra le parti per le trasformazioni del rapporto di lavoro a tempo pieno e il rapporto di lavoro a tempo parziale deve risultare da atto scritto convalidato dall’Ufficio Provinciale del Lavoro.

      Art. 77
      FINALITA’ DELL’ISTITUTO E NORMATIVA

      1. Per lavoro a tempo parziale si intende il rapporto di lavoro prestato con un orario ridotto rispetto a quello stabilito dal presente CCNL.

      2. Il rapporto di lavoro a tempo parziale ha la funzione di consen-tire:
      - flessibilità della forza lavoro in rapporto ai flussi di attività nell’ambito della giornata, della settimana, del mese e dell’anno;
      - risposta ad esigenze individuali dei lavoratori anche già occupati compatibilmente con le esigenze aziendali.

      3. L’utilizzo del lavoro a tempo parziale e le modalità di attua-zione saranno contrattate preventiva-mente tra le parti in sede aziendale assumendo a parametri di riferimento, l’organizzazione del lavoro, la definizione degli organici, la professionalità dei lavoratori, l’incremento di quota di occupazione giovanile con particolare riferimento alle occasioni di studio e di lavoro. In tale ambito la collocazione temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale sarà compresa nelle articolazioni dell’orario di lavoro di cui all’art. 84.

      4. La ricollocazione e/o la distribuzione temporale saranno possibili previa richiesta e/o consenso del lavoratore interessato.

      5. Compatibilmente con le esigenze aziendali, per i primi 2 anni di vita del bambino, il genitore può richiedere, secondo modalità e norme definite a livello aziendale, il passaggio a tempo parziale. A termine del periodo il genitore riprenderà il lavoro a tempo pieno.

      6. E’ ammesso il ricorso al lavoro supplementare quando sia richiesto da specifiche esigenze organizzative, l’esistenza delle quali sarà verificata preventivamente tra le parti, salvo imprevisti casi eccezionali purché il lavoratore vi acconsenta.

      7. Sulla eccezionalità potranno essere fornite indicazioni esemplificative a livello aziendale.

      8. Le ore di lavoro supplementari saranno retribuite con la quota oraria della retribuzione di fatto di cui all’art. 142, maggiorata del 35% comprensiva di tutti gli istituti contrattuali ad essa afferenti(*) .

      Art. 78
      CONTENUTI DEL CONTRATTO INDIVIDUALE

      1. L’instaurazione del rapporto a tempo parziale dovrà risultare da atto scritto, nel quale siano indicati:
      I) il periodo di prova per i nuovi assunti;
      II) le mansioni, la durata della prestazione lavorativa ridotta e la distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
      III) il trattamento economico e normativo secondo criteri di proporzionalità, in relazione all’entità della prestazione lavo-rativa e all’anzianità di servizio, rispetto a quello dei dipen-denti dello stesso livello contrattuale che effettuano l’orario completo, con esclusione della riduzione dell’orario di lavoro che riguarda unicamente i lavoratori a tempo pieno qualunque sia la riduzione attuata fermo restando l’adozione di diversi divisori convenzionali per la determinazione della paga oraria stabiliti dall’art. 145;

      2. Fermo restando che la prestazione lavorativa con orario giornaliero fino a 4 ore non potrà essere frazionata nella stessa giornata, salvo espressa richiesta del lavoratore, le modalità di svolgimento della prestazione individuale saranno fissate tra cooperativa e lavoratore, di norma, entro le seguenti fasce:

      I) nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario setti-manale da 16 a 25 ore;
      II) nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario mensile da 48 a 120 ore;
      III) nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario annuale da 400 a 1.300 ore;
      3. copia del contratto deve essere inviata entro 30 giorni al competente Ispettorato Provinciale del Lavoro.

      Dichiarazione congiunta

      Le parti congiuntamente si impegnano ad intervenire presso l’INPS affinché si chiarisca che in caso di malattia, di infortunio e di maternità, al personale a part-time misto, il riproporzionamento tenga conto, anche ai fini del trattamento economico, del rapporto fra giornate lavorative a full-time e quelle a part-time.
      T I T O L O XXV
      CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO

      Art. 79
      FINALITA’ DELL’ISTITUTO - AMMISSIBILITA’ - LIMITI

      1. Ai sensi dell’art. 23 della legge 28 febbraio 1987 n. 56 le parti individuano ipotesi per le quali sono consentite assunzioni con contratti di lavoro a termine di durata non inferiore a un mese e non superiore a dodici mesi, comunque prorogabili, ai sensi della legge 18 aprile 1962 n. 230.

      2. Le assunzioni ai sensi del precedente paragrafo potranno aver luogo in presenza di:

      I) incrementi di attività produttiva in dipendenza di ordini, commesse o progetti straordinari;
      II) periodi di più intensa attività non ricorrenti nell’arco dell’anno, derivati da richieste di mercato alle quali non si riesca a far fronte con i normali organici aziendali;
      III) assunzione per sostituzione di lavoratori assenti per ferie;
      IV) aspettative diverse da quelle già previste dall’art. 1, lettera b, legge 18 aprile 1962 n. 230;
      V) assunzioni per integrazione di orario di cui all’art. 77, punto 5 riferite ai lavoratori temporaneamente passati da tempo pieno a tempo parziale.

      3. Ai lavoratori assunti ai sensi del presente articolo si applica il diritto di priorità di cui all’art. 8 bis, legge 25 marzo 1983 n. 79.

      4. Le imprese non potranno avere contemporaneamente alle loro dipendenze lavoratori assunti per le predette ipotesi di contratto a termine in numero superiore al 10% dell’organico in forza in ogni unità produttiva. La quota di contratti a termine derivante da tale calcolo non contempla i contratti a termine utilizzabili secondo quanto previsto al Titolo XXXV - Aspettative non retribuite - che pertanto vanno considerati aggiuntivi. Nelle singole unità produttive che abbiano meno di 30 dipendenti é consentita in ogni caso la stipulazione dei predetti contratti per tre lavoratori. Ai fini della percentuale predetta non si computano le assunzioni effettuate con contratto a termine nelle ipotesi previste direttamente dalla legge (legge n. 230/62; D.L. 876/77 convertito nella legge 18/78 e successive proroghe) né con contratto di formazione e lavoro.
      Nell’ambito della contrattazione aziendale possono essere realizzate intese per il superamento dei limiti di cui al precedente comma.

      Art. 80
      PROCEDURE

      1. L’azienda che intende avvalersi della normativa di cui al precedente art. 79 è tenuta, pena la decadenza, a darne preventiva comunicazione scritta al Comitato Misto competente e, su richiesta di questo, a fornire indicazione analitica delle tipologie dei contratti a termine intervenuti per effetto di norme diverse da quelle del presente contratto. Il Comitato Misto, ove ritenga che con la richiesta venga a configurarsi un quadro di utilizzo anomalo dell’istituto del contratto a termine, ha facoltà di segnalare i casi alle parti stipulanti il presente contratto. Queste, valutati anche in contraddittorio con l’impresa i programmi occupazionali e le prospettive di consolidamento dei contratti a termine, potranno, quando traggano conferma della anomalia segnalata, procedere alla sospensione anche temporanea dell’efficacia delle norme del presente articolo nei confronti delle imprese interessate.

      2. All’atto della comunicazione alla sezione circoscrizionale per l’impiego delle assunzioni di cui al presente punto, l’azienda dovrà esibire una dichiarazione relativa all’applicazione del presente CCNL ed all’assolvimento degli obblighi in materia di contribuzione sociale e di legislazione sul lavoro.

      3. Gli accordi territoriali e aziendali in materia già in atto all’entrata in vigore del contratto sono confermati.

      T I T O L O XXVI
      ORARIO DI LAVORO

      Art. 81
      DURATA SETTIMANALE - LAVORO EFFETTIVO

      1. L’orario di lavoro effettivo è:

      - 40 ore settimanali fino al 30.06.1989;
      - 38 ore e mezzo settimanali dal 01.07.1989 fino al 31.12.1989;
      - 38 ore settimanali dal 01.01.1990.

      2. Per lavoro effettivo s’intende ogni lavoro che richieda un’applicazione assidua e continuativa; non sono considerati come lavoro effettivo il tempo per recarsi al posto di lavoro, i riposi intermedi presi sia all’interno che all’esterno delle aziende, le soste comprese tra l’inizio e la fine dell’orario giornaliero.
      3. L’orario di lavoro dei fanciulli e degli adolescenti non può durare senza interruzione più di quattro ore e mezza. (*)

      Nota a verbale

      Il passaggio dalle 38 ore e mezzo alle 38 ore potrà essere derogato previo accordo in sede aziendale. In tale caso le ore residue di cui ai punti III e IV dell’art. 83 comma 3 saranno utilizzate come stabilito dall’ultimo comma dello stesso artico-lo. Resta comunque inteso che la determinazione della paga oraria sarà effettuata con i divisori convenzionali di cui all’art. 145 riferiti all’orario effettivo settimanale di lavoro.
      (Es. ore 38 = 165)

      Art. 82
      LAVORO FUORI SEDE

      1. Qualora il lavoratore sia comandato per lavoro fuori dalla sede ove egli presta normalmente servizio, l’orario di lavoro avrà inizio sul posto indicatogli.

      2. In tale ipotesi, ove gli venga richiesto di rientrare in sede alla fine della giornata lavorativa, il lavoro cesserà tanto tempo prima della fine del normale orario di lavoro, quanto è necessario al lavoratore - in rapporto alla distanza e al mezzo di locomozione - per raggiungere la sede.

      3. Le spese di trasporto, di vitto e di pernottamento, quando necessario, saranno rimborsate dalla cooperativa.
      Art. 83
      MONTE ORE DI RIDUZIONE - CRITERI DI APPLICAZIONE

      1. Il monte ore di riduzione d’orario in ragione di anno (**) è determinato come segue:

      I) - ore 88 per il periodo dalla data di decorrenza del CCNL fino al 31.12.1988;
      II) - ore 96 (88 + 8) per il periodo dal 01.01.1989 al 30.06.1989 (ore 48 per il I° semestre 1989);
      III) - ore 104 (96 + 8) dal 01.07.1989 (ore 52 per il II° semestre 1989).

      2. Tale riduzione è comprensiva delle 32 ore relative alle ex 4 festività abolite dalla legge 5 marzo 1977 n. 54, con esclusione quindi della festività dell’Epifania reintrodotta con D.P.R. 28 dicembre 1985 n. 792, e delle ore di riduzione di cui all’art. 22 del CCNL 1 febbraio 1983.

      3. La riduzione dell’orario di lavoro settimanale come stabilito dall’art. 81 avverrà con le seguenti modalità:

      I) dalla data di decorrenza del CCNL al 30.06.1989 la riduzione di orario di lavoro sarà attuata secondo quanto stabilito in sede aziendale previa utilizzazione delle 88 ore di cui al primo comma, punto I), che dal 01.01.1989 salgono a 96 ore per effetto di otto ore annue di nuova riduzione di orario;
      II) dal 01.07.1989 al 31.12.1989 la riduzione dell’orario di lavoro settimanale a 38 ore e mezzo sarà attuata mediante assorbimento di 36 ore dal monte ore di cui al primo comma punto III); (52 - 36 = 16 ore residue per il secondo semestre 1989);
      III) dal 01.01.1990 con l’adozione dell’orario settimanale di 38 ore e mezzo residuano 32 ore;
      IV) dal 01.01.1990 con l’adozione dell’orario di lavoro settimanale a 38 ore saranno assorbite 96 ore dal monte ore di cui al primo comma punto III) (104 - 96 = 8 ore residue).

      4. Le 32 ore residue o le 8 ore residue, di cui ai precedenti punti III) e IV) saranno utilizzate come permessi individuali o con diverse modalità tra cui quelle stabiliti dal successivo art. 84.

      5. Le ore di incremento del monte ore di cui al primo comma (8 ore dal 01.01.1989 e ulteriori otto ore dal 01.07.1989) non troveranno applicazione o saranno applicate fino a concorrenza laddove le riduzioni d’orario in essere effettuate con destinazione di ore aggiuntive a carico delle aziende rispetto a quelle stabilite dal precedente CCNL siano, rispettivamente, superiori o inferiori a quelle stabilite dalla presente regolamentazione.

      6. In caso di prestazione lavorativa ridotta, dovuta ad inizio o cessazione del rapporto di lavoro, nel corso dell’anno di calendario, al lavoratore verrà corrisposto un dodicesimo dei permessi di cui al presente articolo per ogni mese intero di anzianità di servizio non computandosi a tal fine, i periodi in cui non è dovuta, a carico del datore di lavoro, retribuzione secondo norma di legge o di contratto.

      7. La presente regolamentazione unitamente a quella dei successivi articoli in materia sostituisce a tutti gli effetti quella prevista dall’accordo interconfederale 10 maggio 1977, sulle festività abolite, fermo restando quanto previsto dall’art. 81.

      8. Le parti convengono che nelle unità produttive delle aziende minori che occupino stabilmente un numero di addetti non superiore a 8, riferiti al tempo pieno, l’orario di lavoro settimanale potrà essere di 40 ore o di 44 ore per i lavoratori di cui al successivo art. 88 qualora sussistano fondati motivi che la riduzione settimanale di orario possa determinare una dequalificazione del servizio, una contrazione delle vendite, o ingiustificati appesantimenti gestionali.

      9. Le ore eccedenti l’orario normale contrattuale e fino alle 40 ore o di 44 per i lavoratori di cui all’art. 88 saranno recuperate con le modalità di seguito stabilite.

      10. Le ore intercorrenti fra l’orario normale di lavoro settimanale contrattuale e le 40 ore o le 44 ore per i lavoratori di cui all’art. 88 non sono da considerarsi lavoro straordinario a nessun effetto contrattuale.

      11. Le ore di cui sopra e quelle derivanti dal monte ore di riduzione di orario stabilite dal primo comma del presente articolo saranno utilizzate, previa contrattazione aziendale e comunque in accordo tra le parti, a titolo di permesso individuale ovvero con diverse modalità, tra le quali quelle stabilite dall’art. 84. Ciò in contemperanza tanto con le esigenze dei lavoratori quanto con quelle della cooperativa.

      12. Nel caso di permessi individuali il lavoratore ne farà richiesta con almeno 24 ore di preavviso.

      13. Di norma tali permessi dovranno essere goduti entro l’anno di maturazione e comunque non oltre il 30 giugno dell’anno successivo; a tale data, se non usufruiti, decadranno e le corrispondenti ore saranno pagate con la retribuzione in atto al momento della scadenza.

      14. Le ore residue di cui al presente articolo e all’art. 88 sono incrementate di 16 ore annue per le imprese con oltre 15 dipendenti con il seguente scaglionamento:
      - 4 ore a decorrere dall’1.01.1992
      - 4 ore a decorrere dall’1.01.1993
      - 8 ore a decorrere dall’1.01.1994.
      Tali 16 ore non sono assorbibili.
      Art. 84
      DISTRIBUZIONE DELL’ORARIO

      1. La distribuzione dell’orario di lavoro sarà concordata in sede aziendale, sulla base di quanto previsto dall’art. 13, al fine di realizzare, nella sua articolazione e tenendo conto degli orari di apertura, i seguenti obiettivi:
      - la migliore utilizzazione dei fattori produttivi e della forza lavoro, per incrementare la competitività e la produttività aziendale;
      - il miglioramento del servizio ai consumatori;
      - il miglioramento delle condizioni complessive di lavoro dei dipendenti, da conseguire anche attraverso il tendenziale restringimento del nastro orario.

      2. Per il conseguimento degli obiettivi di cui sopra le parti convengono che:
      - la distribuzione dell’orario di lavoro di cui al primo comma si realizzerà, con articolazioni dell’orario di lavoro essenzialmente riscontrabili in turni unici continuati, fasce orarie differenziate e orari spezzati anche diversamente combinati tra loro;
      - si contratteranno in sede aziendale forme di flessibilità dell’orario di lavoro.

      3. A tal fine potranno essere attuate, anche in via sperimentale nell’ambito dell’esercizio della contrattazione aziendale, forme diversificate di orario di lavoro anche per gruppi di dipendenti e/o per aree professionali in rapporto alle diverse tipologie strutturali. Le articolazioni dell’orario di lavoro, di cui sopra, saranno attuate in modo da far fronte più efficacemente anche ai periodi di maggiore attività produttiva ed agli orari di maggiore concentrazione delle vendite e dei servizi.

      4. In questo ambito si potranno realizzare periodi ed ore programmati di superamento dell’orario contrattuale settimanale con conseguenti periodi compensativi di riduzione, previa verifica qualitativa e quantitativa degli organici, sino al limite di 42 ore settimanali, per un massimo di 16 settimane.
      Diversi limiti dell’orario settimanale e periodi di durata potranno essere convenuti sempre nell’ambito di tale livello di contrattazione, a fronte di specifiche esigenze organizzative.
      Resta inteso che, per quanto riguarda il lavoro straordinario, nel caso di ricorso a regimi di orario plurisettimanale, esso decorre dalla prima ora successiva all’orario definito.

      5. Il lavoratore deve prestare la sua opera nelle ore e nei turni concordati anche se questi siano predisposti soltanto per determinati reparti od uffici.

      6. Nel caso in cui il lavoro sia organizzato in turni, questi devono risultare da apposita tabella collocata in posizione ben visibile a tutto il personale interessato.

      7. Sempre nei limiti dell’orario settimanale si potranno concordare prestazioni giornaliere eccedenti le 8 ore.

      8. Si darà luogo alla distribuzione dell’orario settimanale su 5 giornate laddove non sussistano obiettivi impedimenti di carattere tecnico, organizzativo o produttivo.
      Nota a verbale

      I lavoratori interessati percepiranno la retribuzione relativa all’orario settimanale sia nei periodi di superamento che in quelli di corrispondente riduzione dell’orario contrattuale senza aumento o decurtazioni retributive, tranne nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro per i quali saranno effettuati i relativi conguagli in ragione degli orari effettuati nel periodo di riferimento.

      Art. 85
      LAVORO ORDINARIO NOTTURNO

      Il lavoro effettuato nelle ore notturne (dalle ore 22.00 alle ore 06.00) dovrà essere retribuito con la quota oraria delle retribuzione di fatto di cui all’art. 142 e con la maggiorazione del 25% calcolata sulla retribuzione di cui all’art. 141(*).

      Art. 86
      ORARIO IPERMERCATI

      1. Le parti considerano acquisita la compatibilità, in termini organizzativi, tra l’attività di vendita al pubblico negli ipermercati - intendendosi per tali le strutture di vendita al pubblico con una superficie di vendita superiore a 4.500 mq. - e l’interesse dei lavoratori a fruire dell’orario di lavoro settimanale di 37 ore nonché a migliorare le modalità della prestazione, in quanto tali strutture di vendita consentono interventi organizzativi coordinati e finalizzati ad assicurare il miglioramento della produttività nonché recuperi nella qualità del lavoro e del servizio, ciò anche tenendo conto delle esigenze di competitività sul mercato.

      2. La sede appropriata per la valutazione delle migliori condizioni atte a realizzare l’incontro tra i diversi interessi rappresentati è pertanto quella aziendale e a tal fine la materia è demandata dal presente CCNL alla contrattazione di secondo livello.

      3. Tutto ciò premesso e alla luce di quanto sopra, negli ipermercati delle aziende di cui alla sfera di applicazione che realizzeranno la settimana lavorativa di 37 ore, ricorrendo agli strumenti previsti dal presente CCNL in materia di distribuzione degli orari e flessibilità di cui all’art 84, la pratica attuazione di questa avverrà a partire dal 1 gennaio 1994, utilizzando anche le 8 ore di permessi di cui all’art. 83, e le ulteriori 16 ore di cui al CCNL del 20 dicembre 1990.
      Nota a verbale

      In relazione a quanto sopra, gli Accordi Integrativi Aziendali in essere, migliorativi della presente normativa, mantengono la loro validità.
      Art. 87
      PERSONALE CON FUNZIONI DIRETTIVE

      1. Il personale:

      I) preposto alla direzione tecnica o amministrativa della cooperativa o di una parte di essa, con la diretta responsabilità dell’andamento del servizio affidato;
      II) le cui funzioni richiedono un autonomo e discrezionale uso dell’orario di lavoro;
      è tenuto a prestare servizio anche dopo l’orario di lavoro per il tempo strettamente necessario per il regolare svolgi-mento delle funzioni, senza compenso per il lavoro straordi-nario.

      2. Qualora in via del tutto eccezionale, previa autorizzazione della Direzione Aziendale, si verifichino prestazioni lavorative notturne e festive (ristrutturazioni, innovazioni tecniche, organizzative; ecc.) si procederà al pagamento delle stesse con le relative maggiorazioni.

      3. Tuttavia, in casi eccezionali, quando per le funzioni ed i compiti ad esso assegnati il suddetto personale sia soggetto a svolgerli in maniera non quantificabile e non controllabile, purché autorizzato espressamente dalla Direzione Aziendale, potrà essere istituita una particolare indennità economica.

      4. L’individuazione dei casi in questione e la misura dell’indennità predetta sarà definita tra le parti in sede azien-dale.

      5. Ai gerenti o gestori e ai capi negozio di cui al livello terzo, nonché ai capi reparto, tenuti a prestare servizio anche dopo l’orario normale di lavoro per il tempo necessa-rio al regolare funzionamento dei servizi ad essi affida-ti, compete, nel caso in cui partecipino alla vendita, il com-penso per il lavoro straordinario prestato.








      Art. 88
      LAVORO DISCONTINUO

      1. L’orario normale settimanale di lavoro per gli addetti ai lavori discontinui e di semplice attesa e custodia è fissato in:
      - 44 ore fino al 30.06.1988;
      - 42 ore e mezzo dal 01.07.1989 al 31.12.1989;
      - 42 ore dal 01.01.1990.

      2. Non sono considerati addetti a lavori discontinui e di semplice attesa e custodia, di cui alla tabella approvata con R.D. 6 dicembre 1923 n.2657, i lavoratori aventi le qualifiche e le attribuzioni sotto elencate:

      - i magazzinieri;
      - gli addetti ai centralini telefonici;
      - gli autisti che compiono anche operazioni di carico e scarico;
      - i fattorini;
      - i commessi di negozio o spaccio nei comuni con più di 5 mila abitanti (in caso di contestazione si farà ricorso ai dati forniti dal Sindaco dei rispettivi comuni).

      3. Nelle cooperative che abbiano in prevalenza negozi e spacci ove non è applicabile il comma precedente del presente articolo, potranno essere esaminate in sede aziendale even-tuali soluzioni atte a eliminare ingiustificate sperequazio-ni.

      4. L’orario di lavoro non potrà comunque superare: le sette ore giornaliere e le trentacinque ore settimanali, fermo restando che non potrà durare senza interruzione più di 4 ore e 30 minuti per i minori che non abbiano compiuto i quindici anni; le 8 ore e le 40 ore settimanali per i minori tra i quindici ed i diciotto anni compiuti.
      Restano ferme le condizioni di miglior favore in atto.

      5. Il monte ore di riduzione di orario, stabilito in 112 ore annue dal CCNL 1984, viene elevato a 116 ore in ragione di anno.

      6. L’incremento del monte ore, gli assorbimenti dal medesimo per l’attuazione delle riduzione dell’orario settimanale di cui al primo comma e l’utilizzazione delle ore residue saranno attuate con le stesse decorrenze e modalità stabilite dal precedente art. 83, per gli altri lavoratori.

      T I T O L O XXVII
      LAVORO STRAORDINARIO

      Art. 89
      DECORRENZA

      1. E’ considerato lavoro straordinario, ai soli fini contrattuali, il lavoro prestato oltre l’orario di lavoro settimanale ad eccezione dei periodi di superamento di orario di cui al quarto comma dell’art. 84.

      2. Le mansioni di ciascun lavoratore debbono essere svolte durante il normale orario di lavoro fissato dal presente contratto. Il ricorso al lavoro straordinario deve avere carattere eccezionale e deve trovare obiettiva giustifica-zione in necessità di ordine tecnico-organizzativo.

      3. Il lavoratore non può compiere lavoro straordinario ove non sia autorizzato dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci.

      4. Le necessità di ordine tecnico-organizzativo che giustificano il ricorso al lavoro straordinario, saranno preventivamente esaminate tra la Direzione della Cooperativa e la R.S.U., quando il ricorso ad esso non sia causato da necessità impreviste ed indifferibili.
      Le prestazioni di lavoro straordinario saranno comunque contenute nei limiti di 150 ore annue riferite al singolo dipendente.
      La prestazione straordinaria, su richiesta del lavoratore, potrà essere recuperata in riposi compensativi, compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive, fermo restando il diritto alla maggiorazione.

      Per la gestione dei riposi compensativi si fa riferimento all’art. 83 comma 13 del presente CCNL.

      Art. 90
      MAGGIORAZIONI

      1. Le ore di lavoro straordinario, intendendosi come tali quelle eccedenti l’orario normale di lavoro previsto dagli artt. 81 e 88 del presente contratto, verranno retribuite con la quota oraria della retribuzione di fatto, di cui all’art. 142 e con le seguenti maggiorazioni da calcolare sulla quota oraria della retribuzione normale di cui all’art. 141:

      - del 20% per la prestazione di lavoro fino alla 48° ora settimanale;
      - del 25% per le prestazioni eccedenti la 48° ora settimanale.

      2. Le ore straordinarie di lavoro prestato nei giorni festivi verranno retribuite con la quota oraria della retribuzione di fatto di cui all’art. 142 e con la maggiorazione del 35% sulla retribuzione normale di cui all’art. 141(*) .

      3. Le ore straordinarie di lavoro prestato la notte - intendendo-si per tali quelle effettuate dalle ore 22 alle ore 6 del mat-tino, sempre che non si tratti di turni regolari di servizio - verranno retribuite con la quota oraria della retribuzione di fatto di cui all’art. 142 e con la maggiorazione del 55% sulla quota oraria della normale retribuzione di cui all’art. 141.

      4. Per i lavoratori retribuiti in tutto o in parte a provvi-gioni, la maggiorazione del compenso per lavoro straordina-rio verrà computata sulla quota oraria della retribuzione di fatto di cui all’art. 142, tenendo conto, per il calcolo delle provvigioni, della media dell’ultimo semestre solare o del periodo di lavoro prestato, qualora questo sia inferiore a sei mesi.

      5. Le varie maggiorazioni previste dal presente articolo non sono cumulabili tra loro.
      Art. 91
      PAGAMENTO

      1. La liquidazione del lavoro straordinario dovrà essere effettuata non oltre il mese successivo a quello in cui il lavoro è stato prestato.

      2. Le ore di lavoro straordinario saranno cronologicamente annotate, a cura dell’azienda, su apposito registro, la cui tenuta è obbligatoria, e che dovrà essere esibito in visione, a richiesta delle organizzazioni sindacali territoriali e/o delle R.S.U., presso la sede della cooperativa. Il registro di cui sopra può essere sostituito da altra idonea documentazione nelle aziende che abbiano la contabilità mecca-nizzata autorizzata.
      T I T O L O XXVIII
      RIPOSO SETTIMANALE E FESTIVITA’

      Art. 92
      RIPOSO SETTIMANALE

      1. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale nei modi previsti dalle vigenti disposizioni di legge alle quali il presente contratto fa esplicito riferimento (* ).

      2. Qualora le cooperative siano autorizzate all’apertura dome-nicale dei negozi o degli spacci - limitatamente alla vendi-ta al minuto di generi alimentari - ai sensi dell’art. 7 della legge 22 febbraio 1934 n. 370 esse sono tenute a dare il riposo settimanale ai propri dipendenti addetti a tale vendita, in conformità dell’ultimo comma del suddetto art. 7, senza corresponsione di maggiorazione straordinaria per le ore normali di lavoro prestate la domenica.
      Art. 93
      FESTIVITA’

      Le festività che dovranno essere retri-buite, sono quelle appresso indicate (**):

      I) Festività Nazionali
      1) 25 Aprile - Ricorrenza della Liberazione.
      2) 1° Maggio - Festa dei Lavoratori.
      II) Festività infrasettimanali
      1) il primo giorno dell’anno;
      2) il 6 gennaio - Epifania;
      3) il giorno di lunedì dopo Pasqua;
      4) il 15 agosto - festa dell’Assunzione;
      5) il 1° novembre - Ognissanti;
      6) l’8 dicembre - Immacolata Concezione;
      7) il 25 dicembre - S. Natale;
      8) il 26 dicembre - S. Stefano;
      9) la solennità del Patrono del luogo ove si svolge il lavoro (per le unità produttive situate nel comune di Roma il 29 giugno - SS. Pietro e Paolo).
      Art. 94
      LAVORO FESTIVO

      1. Le ore di lavoro, a qualsiasi titolo richieste, prestate nei suddetti giorni dovranno essere retribuite come lavoro straordinario festivo nella misura e con le modalità previ-ste dagli artt. 90 e 145 del presente contratto.

      2. Nel caso di coincidenza di una delle festività infrasettima-nali o nazionali con una domenica, in aggiunta alla retribu-zione mensile sarà corrisposta ai lavoratori retribuiti in misura fissa, e cioè non variabile in relazione alle festività cadenti nel periodo di paga, un ulteriore importo pari alla quota giornaliera della retribuzione di fatto di cui all’art. 142.

      3. Tale trattamento sarà applicato anche alle festività del 2 giugno e 4 novembre le cui celebrazioni sono state spostate alla prima domenica del mese relativo, in base alla legge del 5 marzo 1977 n. 54.
      Art. 95
      LAVORO NEI GIORNI DI RIPOSO SETTIMANALI

      Le ore di lavoro prestate nei giorni di riposo settimanale di cui alla legge 22 febbraio 1934 n. 370, dovranno essere retribuite con la sola maggiorazione del 35% sulla quota oraria della retribuzione normale di cui all’art. 141, fermo restando il diritto del lavoratore di godere il riposo compensativo nel giorno suc-cessivo, avuto riguardo alle disposizioni di legge vigenti in materia(*) .

      T I T O L O XXIX
      FERIE

      Art. 96
      COMPUTO DEI GIORNI

      1. A decorrere dal 1° gennaio 1980 e in concomitanza col godimento delle ferie dello stesso anno, il personale di cui al presente contratto ha diritto ad un periodo annuale di ferie nella misura di ventisei giorni lavorativi, fermo restando che la settimana lavorativa - quale che sia la distribuzione dell’orario di lavoro settimanale - è comunque considerata di sei giorni lavorativi - da lunedì a sabato - agli effetti del computo delle ferie.

      2. Dal computo del predetto periodo di ferie vanno escluse le domeniche e le festività nazionali e infrasettimanali cadenti nel periodo stesso e, pertanto, il periodo di ferie sarà prolungato di tanti giorni quante sono le domeniche e le festività nazionali e infrasettimanali in esso comprese.

      Dichiarazione a verbale

      1. Le parti si danno atto reciprocamente che la nuova disciplina della misura e del computo delle ferie di cui al presente articolo costituisce un complesso normativo inscindibile migliorativo della precedente disciplina in materia.

      2. Nei confronti dei lavoratori che alla data del 1° gennaio 1974 già usufruivano di un periodo di ferie di trenta giorni lavorativi (anzianità di servizio oltre 20 anni) verranno mantenute le condizioni di miglior favore.
      Art. 97
      DETERMINAZIONE DEL PERIODO DELLE FERIE

      1. Il periodo delle ferie sarà fissato dalla cooperativa compatibilmente con le esigenze della cooperativa stessa, sentite le istanze dei lavoratori e tenuto conto degli usi e consuetudini locali.

      2. Le ferie potranno essere frazionate in non più di due periodi.

      3. Il godimento delle ferie è sospeso in caso di sopravvenienza di malattia regolarmente denunciata e riconosciuta dall’Istituto competente.
      Art. 98
      COMPUTO DELLA RETRIBUZIONE

      1. Durante il periodo di ferie decorre a favore del lavoratore la retribuzione di fatto di cui all’art. 142.

      2. Al lavoratore retribuito in tutto o in parte a provvigione il datore di lavoro corrisponderà, durante il periodo di ferie, una quota pari alla media delle provvigioni percepite dagli altri colleghi del negozio o del reparto.

      3. Nelle aziende con un solo dipendente spetterà al dipendente stesso, durante il periodo di ferie, la media mensile delle provvigioni degli ultimi sei mesi.

      4. Se il dipendente retribuito a provvigione è in ferie e viene sostituito da un altro dipendente estraneo al reparto, il lavoratore in ferie avrà diritto ad una quota di provvigioni, a carico del datore di lavoro, pari a quella spettante al suo sostituto.
      Art. 99
      RATEI FERIE

      1. In caso di risoluzione del rapporto di lavoro spetteranno al lavoratore tanti dodicesimi del periodo di ferie al quale ha diritto quanti sono i mesi di effettivo servizio prestati per l’anno di competenza, computandosi per mese intero le frazioni di mese superiori ai quindici giorni.

      2. L’indennità sostitutiva delle ferie si calcola dividendo per ventisei la retribuzione mensile di fatto di cui all’art. 142.

      3. Le ferie non possono essere concesse durante il periodo di preavviso.

      Art. 100
      INTERRUZIONE DELLE FERIE

      1. Per ragioni di servizio la cooperativa potrà richiamare il lavoratore prima del termine del periodo di ferie, fermi restando il diritto del lavoratore a completare detto periodo in epoca successiva e il diritto al rimborso delle spese sostenute sia per l’anticipato rientro, quanto per tornare eventualmente al luogo dal quale il dipendente sia stato richiamato.
      Art. 101
      IRRINUNCIABILITA’ DELLE FERIE

      1. Le ferie sono irrinunciabili e nessuna indennità è dovuta al lavoratore che spontaneamente si presenti in servizio durante il turno di ferie assegnategli.

      2. Per le ferie verrà istituito presso le aziende apposito registro con le stesse garanzie e modalità previste dall’art. 91 secondo comma per il lavoro straordinario.

      3. Il registro di cui al precedente capoverso può essere sostituito da altra idonea documentazione nelle aziende che abbiano la contabilità meccanizzata autorizzata.

      T I T O L O XXX
      PERMESSI - CONGEDI

      Art. 102
      PERMESSI INDIVIDUALI VARI

      A. Permessi retribuiti
      1. In casi speciali e giustificati, la cooperativa potrà concedere, in qualunque epoca dell’anno, permessi retribuiti con facoltà di dedurli da quelli individuali di cui agli articoli 83 e 88, ovvero, ove esauriti, dalle ferie.
      2. In caso di decesso di familiari legati da un vincolo di parentela fino al 2° grado, sia in linea retta che collaterale, e di affinità di 1° grado(*), nonché del coniuge o del convivente “more uxorio” risultanti dallo stato civile, il lavoratore avrà diritto a 2 giorni di permessi retribuiti uno dei quali sarà dedotto dai permessi individuali di cui al primo comma, ovvero, ove esauriti, dalle ferie.
      B. Permessi non retribuiti

      I dipendenti che per gravi e comprovati motivi familiari dovessero recarsi in altri Stati esteri, possono su loro richiesta ricorrere, compatibilmente con l’esigenza dell’azienda, all’utilizzo di permessi non retribuiti e di continuità delle ferie maturate.

      Art. 103
      PERMESSI ELETTORALI

      1. I permessi elettorali sono regolamentati dall’art. 11 della legge 21 marzo 1990 n. 53 che così recita:
      “L’articolo 119 del testo unico n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente: “Art. 119 - 1. In occasione di tutte le consultazioni elettorali disciplinate da leggi della Repubblica o delle regioni, coloro che adempiono funzioni presso gli uffici elettorali, ivi compresi i rappresentanti di lista o di gruppo di candidati nonché, in occasione di referendum, i rappresentanti dei partiti o gruppi politici e dei promotori del referendum, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo corrispondente alla durata delle relative operazioni. 2. I giorni di assenza dal lavoro compresi nel periodo di cui al comma 1 sono considerati, a tutti gli effetti, giorni di attività lavorativa.”

      2. Detti lavoratori dovranno produrre alle aziende, oltre alla copia del certificato di chiamata al seggio (o di nomina a rappresentante di lista o, in occasione di referendum, di rappresentante dei partiti o gruppi politici rappresentati in Parlamento e dei promotori dei referendum), anche di un secondo attestato firmato dal Presidente, di effettiva presenza al seggio e dell’orario di chiusura delle operazioni elettorali. Per coloro che svolgono l’incarico di Presidente la certificazione potrà essere vistata dal Vice Presidente.
      Art. 104
      PERMESSI DI CONSIGLIERE DI PARITA’

      Il lavoratore nominato consigliere di parità ai sensi ed agli effetti dell’art. 8 della legge 10 aprile 1991 n. 125 (Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro) ha diritto a permessi non retribuiti per l’espletamento del suo mandato. Quando intenda esercitare questo diritto, deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro, di regola, tre giorni prima.
      Art. 105
      PERMESSI PER CORSI REGOLARI DI STUDIO

      1. I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e qualificazione professionale statali, parificate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli legali di studio, saranno immessi, su loro richiesta, in turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami. Sempre su loro richiesta saranno esonerati dal prestare lavoro straordinario e durante i riposi settimanali.

      2. I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame possono usufruire, su richiesta, di permessi retribuiti. Sono riconosciuti permessi retribuiti tutti i giorni di esami (compresi quelli di settembre) e due giorni precedenti gli esami stessi per un massimo di cinque esami l’anno.

      3. Inoltre i lavoratori studenti potranno richiedere nel corso dell’anno solare 120 ore di permesso non retribuito il cui uso verrà programmato trimestralmente pro-quota, compatibilmente con le esigenze produttive ed organizzative aziendali.

      4. I permessi non saranno retribuiti per gli esami universitari che siano stati sostenuti per più di due volte nello stesso anno accademico.

      5. Per usufruire dei permessi di cui al precedente comma il lavoratore dovrà esibire la documentazione ufficiale degli esami sostenuti (certificato, dichiarazione, libretti ed ogni altro idoneo mezzo di prova).

      6. Rimangono salve le condizioni di migliore favore stabilite da accordi aziendali.
      Art. 106
      DIRITTO ALLO STUDIO: PERMESSI DELLE 150 ORE

      1. I lavoratori che, fuori dalle ipotesi di cui al precedente art 105, volendo migliorare la propria cultura anche in relazione alla attività aziendale, intendano frequentare, presso istituti pubblici, parificati o riconosciuti, corsi istituiti in base a disposizione di legge, anche monografici e professionali, o comunque nel quadro delle facoltà attribuite dall’ordinamento scolastico a tali istituti, possono usufruire di permessi retribuiti a carico di un monte-ore triennale messo a disposizione di tutti i dipendenti, che sarà determinato all’inizio di ogni triennio, a decorrere dal 1.2.84, moltiplicando le 150 ore per un fattore pari al decimo del numero totale dei dipendenti occupati presso ciascuna azienda o unità produttiva a tale data.

      2. I lavoratori che contemporaneamente potranno assentarsi dal lavoro non devono superare il 2% del totale della forza occupata; inoltre dovrà essere garantito in ogni reparto lo svolgimento dell’attività produttiva. I permessi retribuiti potranno essere richiesti per un massimo di 150 ore pro-capite per triennio, utilizzabili anche in un solo anno, sempreché il corso al quale il lavoratore intende partecipare si svolga per un numero di ore almeno il doppio di quelle richieste come permesso.

      3. I lavoratori interessati inoltreranno domanda alla Direzione nei termini e con le modalità che saranno concordati a livello aziendale.
      Tali termini, di norma, non saranno inferiori al semestre.
      4. Qualora il numero dei richiedenti comporti il superamento di 1/3 del monte-ore triennale o determini l’insorgere di situazioni contrastanti con le condizioni di cui al primo comma, la Direzione e la R.S.U. stabiliranno, tenendo presenti le istanze espresse dai lavoratori in ordine alla frequenza dei corsi, i criteri obiettivi per l’identificazione dei beneficiari dei permessi, fermo restando quanto previsto al primo comma.

      5. Saranno ammessi ai corsi coloro che siano in possesso dei necessari requisiti e sempreché ricorrano le condizioni oggettive indicate ai commi precedenti. L’interessato dovrà far pervenire all’azienda un certificato di iscrizione al corso e, successivamente, certificati con l’indicazione delle ore di frequenza.

      6. Eventuali divergenze circa l’osservanza delle condizioni specificate dal presente articolo, saranno oggetto di esame congiunto tra la Direzione e la R.S.U.

      7. Le aziende erogheranno, durante la frequenza dei corsi, acconti mensili conguagliabili, commisurati alle ore di permesso usufruite, fermo rimanendo che il presupposto per il pagamento di dette ore, nei limiti ed alle condizioni indicate al secondo comma, è costituito dalla regolare frequenza all’intero corso.

      8. Qualora siano promossi da istituti e/o enti pubblici corsi specifici per la scolarizzazione e l’approfondimento della lingua in favore di lavoratori extracomunitari questi potranno usufruire dei permessi di cui al presente articolo con i limiti e le modalità di cui ai commi precedenti.

      9. I permessi retribuiti di cui al presente articolo non sono cumulabili con quelli previsti dal precedente art. 105.
      Art. 107
      CONGEDI E PERMESSI PER HANDICAP

      1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di persona con handicap in situazione di gravità accertata possono usufruire delle agevolazioni previste dall’art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, e dall’art. 2 della legge 27 ottobre 1993 n. 423, e cioè:

      I) il periodo di astensione facoltativa post-partum fruibile fino ai tre anni di età del bambino;
      II) in alternativa al punto I), due ore di permesso giornaliero retribuito fino ai tre anni di età del bambino, indennizzate a carico dell’INPS;
      III) dopo il terzo anno di età del bambino, tre giorni di permesso ogni mese, indennizzati a carico dell’INPS anche per colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente.

      2. Le agevolazioni di cui ai punti I), II), e III), sono fruibili a condizione che il bambino o la persona con handicap non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.

      3. Il genitore, parente o affine convivente di handicappato può scegliere la sede di lavoro più vicina e non può essere trasferito senza il proprio consenso.

      4. La persona maggiorenne con handicap in situazione di gravità accertata può usufruire dei permessi di cui ai punti II) e III) e delle agevolazioni di cui al comma precedente.

      Art. 108
      CONGEDO MATRIMONIALE

      1. Al lavoratore che non sia in periodo di prova compete, per contrarre matrimonio, un congedo straordinario della durata di 15 giorni di calendario.

      2. Compatibilmente con le esigenze della cooperativa, questa dovrà concedere il congedo straordinario nell’epoca scelta dal lavoratore. In ogni caso, se richiesto, la cooperativa dovrà concedere il congedo non frazionabile, con decorrenza dal terzo giorno antecedente alla celebrazione del matrimonio.

      3. Il lavoratore ha l’obbligo di esibire alla cooperativa, alla fine del congedo, regolare documentazione dell’atto di matrimonio.
      4. Durante il periodo del congedo straordinario per matrimonio, il lavoratore è considerato ad ogni effetto in attività di servizio conservando il diritto alla retribuzione di fatto di cui all’art. 142.

      T I T O L O XXXI
      CHIAMATA E RICHIAMO ALLE ARMI E SERVIZIO CIVILE

      Art. 109
      OBBLIGHI DI LEVA - SERVIZIO CIVILE

      1. La chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva è disciplinata dal D.L.C.P.S. 13 settembre 1946 n. 303, a norma del quale il rapporto di lavoro non viene risolto, ma si considera sospeso per il periodo militare di leva, con diritto alla conservazione del posto.

      2. I giorni trascorsi dal lavoratore a disposizione del distretto militare (nella misura massima di tre giorni) per adempiere alle prove attitudinali vanno retribuiti, a completo carico della cooperativa, con la retribuzione di fatto di cui all’art. 142.

      3. Al termine del servizio militare di leva, per congedo o per invio in licenza illimitata in attesa di congedo, il lavoratore, entro 30 giorni dal congedo o dall’invio in licenza, deve porsi a disposizione della cooperativa per riprendere servizio, in mancanza di che il rapporto di lavoro si intende risolto senza diritto ad alcuna indennità.

      4. Il periodo trascorso in servizio militare va computato nell’anzianità di servizio ai soli effetti dell’indennità di anzianità, in vigore fino alla data del 31 maggio 1982, nonché degli scatti di anzianità e del preavviso.

      5. A decorrere dal 1 giugno 1982, e fino al 31 marzo 1987 il periodo trascorso in servizio militare, è considerato utile per il trattamento di fine rapporto, ai soli fini dell’applicazione del tasso di rivalutazione di cui all’art. 2120 Codice Civile, come modificato dalla legge 19 maggio 1982 n. 297.

      6. Ai sensi e per gli effetti del secondo comma dell’art. 2120 Codice Civile, come modificato dalla legge 29 maggio 1982 n. 297, a decorrere dal 1.4.1987, durante il periodo trascorso in servizio militare, deve essere computato nella retribuzione, utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto l’equivalente della normale retribuzione, di cui all’art. 141, alla quale il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

      7. Non saranno, invece, computati a nessun effetto i periodi di ferma volontaria eccedenti la durata del normale servizio di leva.

      8. Le norme di cui al presente articolo si applicano, per effetto dell’art. 7 della legge 15 dicembre 1982 n. 772 sul riconoscimento dell’obiezione di coscienza anche ai lavoratori che prestano servizio civile sostitutivo, nonché per effetto della legge 9 febbraio 1978 n. 38 sulla cooperazione dell’Italia con i paesi in via di sviluppo, anche ai lavoratori ai quali sia riconosciuta la qualifica di volontario in servizio civile, ai sensi della legge stessa.
      Art. 110
      RICHIAMO ALLE ARMI

      1. In caso di richiamo alle armi il lavoratore, sia impiegato che operaio, ha diritto, per il periodo in cui rimane sotto le armi alla conservazione del posto(*). Tale periodo va computato nell’anzianità di servizio ai soli effetti dell’indennità di anzianità in vigore fino alla data del 31 maggio 1982, nonché degli scatti di anzianità e del preavviso.

      2. A decorrere dal 1 giugno 1982, fino al 31.3.1987, il periodo di richiamo alle armi è considerato utile per il trattamento di fine rapporto, ai soli fini dell’applicazione del tasso di rivalutazione di cui all’art. 2120 Codice Civile, come modificato dalla legge 29 maggio 1982 n. 297.

      3. Ai sensi e per gli effetti del secondo comma dell’art. 2120 Codice Civile, come modificato dalla legge 29 maggio 1982 n. 297, a decorrere dal 1.4.1987, durante il periodo di richiamo alle armi deve essere computato nella retribuzione utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto l’equivalente della normale retribuzione di all’art. 141 alla quale il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

      4. Durante il periodo di richiamo alle armi il personale:
      - con mansioni impiegatizie ha diritto al trattamento previsto dalla legge 10 giugno 1940 n. 653 (**) ;
      - con mansioni non impiegatizie ha diritto al seguente trattamento a carico dell’azienda:

      I) per il primo mese, all’intera retribuzione di fatto di cui all’art. 142;
      II) per il secondo e terzo mese, alla metà della retribuzione di fatto di cui sopra.

      5. Ai sensi dell’art. 2120 Codice Civile, come modificato dalla legge 29 maggio 1982 n. 297, gli importi indicati al comma precedente sono utili ai fini del trattamento di fine rapporto.

      6. Il trattamento previsto dalle norme di legge e contrattuali a favore dei richiamati ha termine con la cessazione della attività dell’azienda.

      7. Nei confronti del lavoratore richiamato alle armi:

      I) in caso di contratto a termine, la decorrenza del termine è sospesa;
      II) in caso di rapporto stagionale, il posto è conservato limitatamente alla durata del contratto;
      III) in caso di richiamo durante il periodo di prova, il rapporto di lavoro resta sospeso fino alla fine del richiamo, e il periodo trascorso in servizio militare non è computato agli effetti dell’anzianità di servizio;
      IV) in caso di richiamo durante il periodo di preavviso di licenziamento, il posto è conservato fino al termine del richiamo alle armi e il relativo periodo è computato agli effetti dell’anzianità di servizio.

      T I T O L O XXXII
      MISSIONI E TRASFERIMENTI

      Art. 111
      MISSIONI

      1. La cooperativa ha facoltà di inviare il personale in missione temporanea fuori dalla propria residenza.
      In tal caso al personale compete:

      I) il rimborso delle spese effettive di viaggio;
      II) il rimborso delle spese effettive per trasporto del bagaglio;
      III) il rimborso delle spese postali, telegrafiche ed altre, sostenute in esecuzione del mandato e nell’interesse della cooperativa;
      IV) una diaria che verrà stabilita in sede aziendale in misura non inferiore al doppio della retribuzione di fatto di cui all’art. 142. Qualora non vi sia pernottamento fuori sede la diaria verrà ridotta di un terzo.

      2. Per le missioni di durata superiore al mese la misura della diaria potrà essere oggetto di particolari accordi in sede aziendale.

      3. Analogamente si procederà quando le attribuzioni del lavoratore comportino viaggi abituali.

      4. In luogo delle diarie di cui al punto IV) del primo comma il datore di lavoro e il lavoratore potranno concordare di optare per il rimborso a piè di lista delle spese di vitto e alloggio, con trattamento uniforme per tutto il personale.


      5. Per ottenere i rimborsi e la diaria di cui al presente articolo il lavoratore dovrà attenersi alle disposizioni in materia impartite dall’azienda.
      Art. 112
      BREVI TRASFERTE

      1. Per brevi trasferte in località vicine verrà rimborsata la spesa effettiva del viaggio e quella del soggiorno.

      2. A quei lavoratori che per ragioni di necessità aziendali (ristrutturazioni, concentrazioni e fusioni) sono comandati temporaneamente a prestare la loro attività in località diverse dal luogo di lavoro (spaccio, magazzino, ecc.) ove prestano abitualmente servizio, la Direzione aziendale rimborserà le spese di trasporto e vitto, graduate secondo le distanze, la durata della trasferta ed il tempo impiegato per recarsi in servizio.

      3. I suddetti rimborsi saranno stabiliti in sede aziendale a seconda dei casi specifici e saranno corrispondenti alle maggiori spese sostenute dal dipendente.
      Art. 113
      TRASFERIMENTI CON CAMBIO DI RESIDENZA

      1. Modalità di comunicazione
      Il trasferimento dei lavoratori che determini il cambiamento di residenza verrà di norma comunicato per iscritto agli inte-ressati con un preavviso di 45 giorni ovvero di 70 giorni per coloro che abbiano familiari a carico.

      2. Trattamento
      Nell’ipotesi di cui al precedente comma ai lavoratori sarà riconosciuto, per un periodo massimo di nove mesi, il rimborso dell’eventuale differenza del canone effettivo di locazione per un alloggio dello stesso tipo di quello occupato nella località di provenienza.

      3. Indennità
      I trasferimenti di residenza danno diritto al pagamento delle indennità qui di seguito specificate:

      3.1) A chi non abbia familiari a carico:

      I) il rimborso della spesa effettiva di viaggio secondo la via più breve;
      II) il rimborso della spesa effettiva per il trasporto del mobilio e del bagaglio;
      III) il rimborso dell’eventuale perdita di pigione qualora non sia stato possibile sciogliere la locazione o far luogo a subaffitto; tale rimborso va corrisposto per un massimo di sei mesi;
      IV) una diaria nella misura fissata per il personale in missione temporanea.
      3.2) A chi abbia famiglia propria o conviva con parenti verso cui abbia obblighi di alimenti:

      I) il rimborso delle spese effettive di viaggio secondo la via più breve, per sé e per le persone della sua famiglia;
      II) il rimborso delle spese effettive per il trasporto del mobilio e del bagaglio;
      III) il rimborso per l’eventuale perdita di pigione ove non sia stato possibile sciogliere la locazione o far luogo al subaffitto; tale rimborso va corrisposto per un massi-mo di sei mesi;
      IV) una diaria nella misura fissata per il personale di missione temporanea, per sé e per ciascun convivente a suo carico; per i figli conviventi a carico la diaria è ridotta a 3/5.

      3.3) Le diarie di cui ai punti IV di 3.1) e 3.2) saranno corrisposte per il tempo strettamente necessario al trasloco. Quando il trasferimento comporta anche il trasporto del mobilio, il lavoratore avrà diritto a percepire le diarie suddette fino a otto giorni dopo l’arrivo del mobilio.

      Art. 114
      TRASFERIMENTI SENZA CAMBIO DI RESIDENZA

      Quando per ragioni di ristrutturazione, concentrazione, ecc. il lavoratore venga assegnato in altre località a prestare stabilmente la sua opera, la possibilità o meno di applicare le disposizioni di cui al precedente articolo, comma 3, punti 3.1) e 3.2), sarà esaminata in sede aziendale tra la Direzione dell’impresa e la R.S.U.

      Art. 115
      CONDIZIONI E LIMITI DEL TRASFERIMENTO

      1. A norma dell’art. 13 della legge 20 maggio 1970 n. 300, il lavoratore non può essere trasferito da una unità aziendale ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

      2. Qualora il lavoratore non accetti il trasferimento ai sensi del comma precedente, fermo restando il diritto a tutte le indennità previste dal presente contratto, potrà essere soggetto al licenziamento solo dopo che siano state esperite le procedure previste dalla legge 15 luglio 1966 n. 604 e della legge 20 maggio 1970 n. 300 come modificate dalla legge 11 maggio 1990 n. 108(*).

      3. Il personale trasferito avrà diritto, in caso di successivo licenziamento, al rimborso delle spese per il ritorno suo e della famiglia nel luogo di provenienza, purché il rientro sia effettuato entro sei mesi dal licenziamento, salvo i casi di forza maggiore.
      T I T O L O XXXIII
      MALATTIA E INFORTUNIO
      Art. 116
      ISCRIZIONE AL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

      Nell’ambito della normativa del Servizio Sanitario Nazionale il datore di lavoro ha l’obbligo di rilasciare ai propri dipendenti, all’atto dell’assunzione, la certificazione eventualmente prescritta dalle vigenti disposizioni di legge o di regolamento ai fini dell’iscrizione del lavoratore stesso al Servizio Sanitario Nazionale.
      Art. 117
      DEFINIZIONE DI MALATTIA

      Agli effetti di quanto previsto nei successivi articoli del presente titolo, si intende per “malattia” ogni alterazione dello stato di salute, qualunque sia la causa da cui dipen-de, che comporti la incapacità al lavoro specifico al quale il lavoratore è addetto o che comunque comporti la necessità di assistenza medica o la somministrazione di sussidi terapeutici.

      Art. 118
      COMUNICAZIONE E CERTIFICAZIONE MEDICA

      1. Salvo i casi di giustificato e comprovato impedimento, in caso di malattia o infortunio nonché in caso di prosecuzione della malattia stessa, il lavoratore ha l’obbligo di dare immediata notizia alla cooperativa da cui dipende; in caso di mancata comunicazione, trascorso un giorno dall’inizio dell’assenza, l’assenza stessa sarà con-siderata ingiustificata con le conseguenze previste dagli artt. 168 e 169 del presente contratto.

      2. Il lavoratore ammalato è tenuto altresì:

      I) a far recapitare alla cooperativa o a trasmettere, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, il regolare certificato medico, entro due giorni dal relativo rilascio, contenente l’attestazione sull’inizio e la durata presunta della malattia, nonché i successivi certificati nel caso di prolungamento della malattia stessa;
      II) a sottoporsi ad eventuale visita di controllo da parte degli istituti previdenziali competenti, nel rispetto dell’art. 5 della legge 20 maggio 1970 n. 300.

      3. In caso di ritardo nell’invio e nella presentazione del certificato medico attestante la denuncia o la continuazione della malattia non sarà corrisposta alcuna indennità per i giorni di ritardo.

      4. Ogni mutamento di domicilio o dimora, anche se temporaneo, nel corso del periodo di assenza per malattia o infortunio non sul lavoro, deve essere comunicato tempestivamente dal lavoratore all’azienda.
      Art. 119
      DOVERI DEL LAVORATORE AMMALATO

      1. Il lavoratore assente per malattia è tenuto a rispettare scrupolosamente le prescrizioni mediche inerenti la permanenza presso il proprio domicilio.

      2. Il lavoratore è altresì tenuto a trovarsi nel proprio domicilio dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00, al fine di consentire l’effettuazione delle visite di controllo.

      3. Nel caso in cui a livello nazionale o territoriale le visite di controllo siano effettuate, a seguito di un provvedimento amministrativo o su decisione dell’ente preposto ai controlli di malattia, in orari diversi da quelli indicati al secondo comma del presente articolo, questi ultimi saranno adeguati ai nuovi criteri organizzativi.

      4. Salvo i casi di giustificata e comprovata necessità di assentarsi dal domicilio per le visite, le prestazioni e gli accertamenti specialistici nonché le visite ambulatoriali di controllo, e salvo i casi di forza maggiore, dei quali il lavoratore ha l’obbligo di dare immediata notizia all’azienda da cui dipende, il mancato rispetto da parte del lavoratore dell’obbligo di cui al secondo comma del presente articolo comporta comunque l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 5 della legge 11 novembre 1983 n. 638, 14° comma. La mancata reperibilità del lavoratore e l’inosservanza dell’obbligo di cui al primo comma dell’art. 125 del presente CCNL, salvo i casi di giustificata e comprovata necessità per i quali incombe sul lavoratore l’onere della prova, darà luogo all’applicazione delle sanzioni disciplinari previste dagli artt. 168 e 169 del CCNL, con l’osservanza delle procedure stabilite dall’art. 170.

      Art. 120
      DIRITTI DEL LAVORATORE AMMALATO

      1. Il lavoratore ammalato non in prova o infortunato sul lavoro ha diritto alla conservazione del posto per tutto il periodo di malattia o di infortunio fino ad avvenuta guarigione clinica purché:

      I) non si tratti di malattie croniche;
      II) siano esibiti dal lavoratore regolari certificati medici;
      III) il periodo eccedente i 180 giorni, per anno solare, sia considerato di aspettativa senza retribuzione.

      2. Tuttavia il periodo stesso è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio in caso di prosecuzione del rapporto o di decesso del lavoratore.
      Art. 121
      T.B.C.

      1. I lavoratori affetti da tubercolosi, che siano ricoverati in istituti sanitari o case di cura a carico dell’assicurazione obbligatoria TBC o dello Stato, delle Provincie e dei Comuni o a proprie spese, hanno diritto alla conservazione del posto fino a diciotto mesi dalla data di sospensione del lavoro a causa della malattia tubercolare; oppure, in caso di ricovero, fino a sei mesi dopo la data di dimissione dal luogo di cura per avvenuta guarigione o stabilizzazione.

      2. Il diritto alla conservazione del posto cessa comunque ove sia dichiarata l’inidoneità fisica permanente al posto occupato prima della malattia; in caso di contestazione in merito alla inidoneità stessa decide in via definitiva il direttore del Consorzio provinciale antitubercolare assistito, a richiesta, da sanitari indicati dalle parti interessate, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 10 della legge 28 febbraio 1953 n. 86.

      3. Tanto nei casi di ricovero in luogo di cura quanto negli altri casi, al lavoratore affetto da malattia tubercolare sarà riconosciuta nell’anzianità di servizio un periodo massimo di 18 mesi.
      Art. 122
      TRATTAMENTO ECONOMICO

      1. Per quanto concerne l’assistenza e il trattamento economico di malattia ai lavoratori valgono le norme di legge che regolano la materia e/o le eventuali altre norme emanate dagli enti preposti e dagli istituti assicurativi competenti.

      2. La cooperativa corrisponderà agli aventi diritto ai sensi dell’art. 1 del D.L. 30 dicembre 1979 n. 633, convertito con modificazioni in legge 29 febbraio 1980 n. 33, le indennità di malattia e di maternità a carico dell’INPS, ponendo a conguaglio l’importo complessivo di detto trattamento con quello dei contributi e delle altre somme dovute all’INPS, seguendo in ogni caso le modalità stabilite dall’Istituto medesimo.

      3. La cooperativa corrisponderà altresì al lavoratore assente per malattia, nell’ambito della conservazione del posto, una integrazione di quanto il lavoratore percepisce dall’INPS, in base alle norme vigenti, fino al raggiungimento del normale trattamento economico complessivo netto che il lavoratore avrebbe percepito effettuando la normale prestazione lavorativa, operando i relativi conguagli al termine del periodo di trattamento contrattuale.
      4. Se l’indennità di malattia è corrisposta dall’INPS in misura ridotta la cooperativa non è tenuta ad integrare la parte di indennità non corrisposta dell’Istituto.

      5. Ferma restando la corresponsione della normale retribuzione per i primi tre giorni di malattia (periodo di carenza), l’integrazione a carico della cooperativa non è dovuta per i giorni in cui l’INPS non corrisponda, per qualsiasi motivo, l’indennità di malattia da esso dovuta.

      6. Il trattamento di malattia di cui sopra è esteso anche al lavoratore affetto da TBC nel limite massimo di 180 giorni, dopo di che avrà diritto solo ad una indennità integrativa di L. 30.000 (trentamila) mensili per tutto il periodo in cui si mantiene il diritto del lavoratore stesso alla con-servazione del posto.

      7. In caso di malattia compete all’apprendista l’intera retribuzione a completo carico della cooperativa dal 1° al 180° giorno.

      8. Al momento della risoluzione del rapporto di lavoro la cooperativa è tenuta a rilasciare una dichiarazione di responsabilità dalla quale risulti il numero di giornate di malattia indennizzate nel periodo precedente alla data di risoluzione del rapporto di lavoro relativo all’anno di calendario in corso.

      Art. 123
      ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

      1. Le aziende sono tenute ad assicurare presso l’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il personale dipendente soggetto all’obbligo assicurativo secondo le vigenti norme legislative e regolamentari.

      2. Il lavoratore deve dare immediata notizia di qualsiasi in-fortunio, anche di lieve entità, alla propria cooperativa; quando il lavoratore abbia trascurato di ottemperare all’obbligo predetto e la cooperativa, non essendo venuta altrimenti a conoscenza dell’infortunio, non abbia potuto inoltrare la prescritta denuncia all’INAIL, la cooperativa medesima resta esonerata da ogni e qualsiasi responsabilità derivante dal ritardo stesso.

      Art. 124
      TRATTAMENTO ECONOMICO PER INFORTUNIO

      1. L’integrazione a carico della cooperativa di cui al terzo, quarto e quinto comma dell’art. 122 è estesa anche ai lavoratori colpiti da infortunio, ivi compresi gli apprendisti, sempre nel limite massimo di 180 giorni e con le stesse modalità di erogazione.

      2. La cooperativa anticiperà sotto forma di prestito, in ogni caso infruttifero, al termine del periodo di trattamento contrattuale, le indennità di infortunio dovute dall’INAIL per gli infortuni le cui infermità superino i sette giorni consecutivi.

      3. Il periodo di anticipazione è limitato a due mesi, salvo migliori condizioni da stabilirsi in sede aziendale.

      4. Il lavoratore ha l’obbligo di consegnare alla cooperativa le somme erogate dall’INAIL in data immediatamente successiva a quella del ricevimento.

      5. Le erogazioni di cui sopra costituiscono anticipi di cassa e saranno soggette a conguaglio in sede di corresponsione delle competenze spettanti ai lavoratori tenendo conto dell’entità delle indennità corrisposte dal predetto istituto assicuratore.
      Art. 125
      RIPRESA DEL LAVORO

      1. Il lavoratore, dichiarato dagli Istituti previdenziali ed assicurativi in grado di riprendere servizio, dovrà presentarsi al lavoro il giorno immediatamente successivo alla accertata guarigione, salvo il caso di legittimo impedimento. Ove il lavoratore non ottemperi a quanto sopra e la giusti-ficazione del ritardo non sia sufficiente, la cooperativa resta esonerata dall’obbligo della conservazione del posto e il lavoratore sarà considerato dimissionario, a meno che non abbia impugnato l’accertamento dell’Istituto richiedendo il giudizio di un collegio medico.

      2. Il lavoratore addetto alla preparazione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari di cui alla legge 30 aprile 1962 n. 283 ha l’obbligo, in caso di malattia di durata superiore a 5 giorni, di presentare all’azienda, al rientro in servizio, il certificato medico dal quale risulta che il lavoratore non presenta pericolo di contagio dipendente dalla malattia medesima.

      3. La ripresa del lavoro da parte del lavoratore determina di diritto lo scioglimento, senza preavviso, del rapporto di lavoro della persona eventualmente assunta in sua sostituzione, purché a questa sia stata data notizia per iscritto, all’atto dall’assunzione, del carattere provvisorio del rapporto stesso.

      Dichiarazione a verbale

      Le parti contraenti convengono che, nel caso di disposizioni di legge modificative delle prestazioni economiche degli Istituti previdenziali, si riuniranno per un riesame dell’indennità a carico delle cooperative. In ogni caso l’ammontare complessivo delle indennità a carico degli Istituti e delle imprese non potrà superare il 100% del normale trattamento economico complessivo netto che il lavoratore avrebbe percepito effettuando la normale prestazione lavorativa.
      Art. 126
      NORME DI RINVIO

      1. Per quanto non previsto dal presente contratto in materia di malattia e infortuni valgono le norme di legge e regolamentari vigenti.

      2. Restano ferme le norme previste dagli ordinamenti speciali regionali.

      T I T O L O XXXIV
      GRAVIDANZA E PUERPERIO

      Art. 127
      ASTENSIONE DAL LAVORO E TRATTAMENTO ECONOMICO

      1. Durante lo stato di gravidanza e puerperio la lavoratrice ha diritto di astenersi dal lavoro:

      I) per i due mesi precedenti la data presunta del parto indicata nel certificato medico di gravidanza;
      II) per il periodo intercorrente tra la data presunta del parto ed il parto stesso;
      III) per i tre mesi dopo il parto;
      IV) per un ulteriore periodo di sei mesi dopo il periodo di cui al punto III).

      2. La lavoratrice ha diritto alla conservazione del posto per tutto il periodo di gestazione, attestato da regolare certificato medico, e fino al compimento di un anno di età del bambino, salvo le eccezioni previste dalla legge (licenziamento per giusta causa, cessazione dell’attività dell’azienda, ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice era stata assunta o cessazione del rapporto di lavoro per scadenza del termine per il quale era stato stipulato).

      3. Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e puerperio e la lavoratrice licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto ha diritto di ottenere il ripristino del rapporto di lavoro mediante presentazione, entro 90 giorni dal licenziamento, di idonea certificazione dalla quale risulti l’esistenza, all’epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.

      4. Ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 25 novembre 1976 n. 1026, la mancata prestazione di lavoro durante il periodo di tempo intercorrente tra la data di cessazione effettiva del rapporto di lavoro e la presentazione della certificazione non dà luogo a retribuzione. Il periodo stesso è tuttavia computato nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie, alle mensilità supplementari e al trattamento di fine rapporto.

      5. In caso di malattia prodotta dallo stato di gravidanza nei mesi precedenti il periodo di divieto di licenziamento, la cooperativa è obbligata a conservare il posto alla lavoratrice alla quale è applicabile il divieto stesso. I periodi di assenza obbligatoria, indicati ai punti I), II) e III) del primo comma, devono essere compu-tati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti contrattuali, compresi quelli relativi alle mensilità supplementari, alle ferie e al trattamento di fine rap-porto.

      6. Il periodo di assenza facoltativa di cui al punto IV) del primo comma è computato nella anzianità di servizio esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alle mensilità supplementari.

      7. Durante il periodo di assenza obbligatoria e facoltativa la lavoratrice ha diritto ad una indennità pari rispet-tivamente all’80% ed al 30% della retribuzione, posta a carico dell’INPS dall’art. 94 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, secondo le modalità stabilite, e anticipa-ta dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 1 della legge 29 febbraio 1980 n. 33. L’importo anticipato dal datore di lavoro è posto a conguaglio con i contributi dovuti all’INPS, secondo le modalità di cui agli artt. 1 e 2 della legge 29 febbraio 1980 n. 33.

      8. Nei confronti delle lavoratrici assunte a tempo determinato per i lavori stagionali l’INPS provvede direttamente al pagamento delle prestazioni di maternità agli aventi diritto, ai sensi del sesto comma dell’art. 1 della legge 29 febbraio 1980 n. 33.

      9. Nei confronti delle lavoratrici che abbiano adottato bambini o che li abbiano ottenuti in affidamento preadottivo si applica l’art. 6 della legge 9 dicembre 1977 n. 903.

      Art. 128
      PERIODI DI RIPOSO E DI ASSENZA

      1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili, durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore.

      2. Il diritto di cui al comma precedente è riconosciuto, in alternativa alla madre, al padre lavoratore, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 21 febbraio 1993.
      La concessione dei riposi giornalieri al padre lavoratore è subordinata in ogni caso all’esplicito consenso scritto della madre. Inoltre il diritto ai riposi giornalieri retribuiti non può esercitarsi durante i periodi in cui il padre lavoratore o la madre lavoratrice godano già dei periodi di astensione obbligatoria o di assenza facoltativa o quando, per altre cause, l’obbligo della prestazione lavorativa sia interamente sospeso.

      3. I periodi di riposo di cui al primo comma hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata del lavoro e della retribuzione; essi comportano il diritto della lavoratrice ad uscire dall’azienda.

      4. Per detti riposi è dovuta dall’INPS un’indennità pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi medesimi (*) .

      5. L’indennità è anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti all’ente assicuratore ai sensi dell’art. 8 della legge 9 dicembre 1977 n. 903.

      6. I riposi di cui ai precedenti commi sono indipendenti da quelli previsti dagli artt. 18 e 19 della legge 26 aprile 1934 n. 653 sulla tutela del lavoro delle donne.

      7. La lavoratrice ha diritto, altresì, ad assentarsi dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a tre anni, dietro presentazione di certificato medico.

      8. I periodi di assenza di cui al penultimo e terzultimo comma sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie, alle mensilità sup-plementari e al trattamento di fine rapporto, ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, della legge 30 dicembre 1971 n. 1204.
      Art. 129
      ASTENSIONE DAL LAVORO DEL PADRE

      In base all’art. 7 della legge 9 dicembre 1977 n. 903, ed alle condizioni da esso stabilite, il diritto di assentarsi dal lavoro e il trattamento economico previsto rispettivamente dall’art. 7 e dal secondo comma dell’art. 15 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204, sono riconosciuti anche al padre lavoratore, anche se adottivo o affidatario ai sensi della vigente legislazione, in alternativa alla madre lavoratrice ovvero quando i figli siano affidati al solo padre.
      Art. 130
      CERTIFICAZIONE DI GRAVIDANZA - DIMISSIONI

      1. La lavoratrice in stato di gravidanza è tenuta ad esibire alla cooperativa il certificato medico rilasciato da un ufficiale sanitario o da un medico del Servizio Sanitario Nazionale ed il datore di lavoro è tenuto a darne ricevuta.

      2. Per usufruire dei benefici connessi col parto e il puerperio la lavoratrice è tenuta ad inviare alla cooperativa, entro il 15° giorno successivo al parto, il certificato di nascita del bambino rilasciato dall’Ufficio di Stato Civile ed il certificato di assistenza al parto, vidimato dal Sindaco, previsto dal R.D.L. 15 ottobre 1936 n. 2128.

      3. Per il trattamento spettante alla lavoratrice che rasse-gni le dimissioni durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, si osserva la disciplina stabilita dall’art. 160.

      4. Per le festività cadenti nel periodo di assenza obbligatoria o puerperio, la lavoratrice ha diritto ad una indennità integrativa di quella a carico dell’INPS, da corrispondersi a carico della cooperativa in modo da raggiungere complessivamente l’intera quota giornaliera della retribuzione di fatto di cui all’art. 142.

      5. Per quanto non previsto dal presente contratto in materia di gravidanza e puerperio valgono le norme di legge e regolamentari vigenti.
      T I T O L O XXXV
      ASPETTATIVE NON RETRIBUITE

      Art. 131
      TOSSICODIPENDENTI

      1. I lavoratori tossicodipendenti, assunti a tempo indeterminato, che accedano ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle Unità Sanitarie Locali o di altre strutture terapeutico- riabilitative e socio-assistenziali, hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo in cui la sospensione della prestazione lavorativa è dovuta all’esecuzione del trattamento riabilitativo e, comunque, per un periodo non superiore a tre anni.

      2. Per la sostituzione dei lavoratori di cui sopra è consentito il ricorso all’assunzione a tempo determinato, ai sensi dell’art. 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962 n. 230.

      3. I lavoratori familiari di un tossicodipendente possono a loro volta essere posti, a domanda, in aspettativa per concorrere al programma terapeutico e socio-riabilitativo del tossicodipendente qualora il competente servizio ne attesti la necessità.
      Art. 132
      ETILISTI

      1. L’azienda, compatibilmente con le esigenze di servizio concederà, a richiesta, ai lavoratori etilisti un periodo di aspettativa non retribuita per documentata necessità di terapie riabilitative da eseguire presso il Servizio Sanitario Nazionale o presso strutture specializzate riconosciute dalle competenti Istituzioni.

      2. L’aspettativa non potrà essere superiore ai 12 mesi.
      Art. 133
      MATERNITA’ ED ESIGENZE PERSONALI E FAMILIARI

      Alle lavoratrici che abbiano terminato il periodo di assenza facoltativa per maternità nonché ai dipendenti a tempo indeterminato che abbiano maturato in azienda un’anzianità di servizio non inferiore a due anni che ne facciano richiesta per comprovate necessità familiari e per riconosciute esigenze personali, può essere concesso un periodo di aspettativa non su-periore a mesi sei, con diritto alla conservazione del posto, sempreché l’aspettativa richiesta sia compatibile con le esigenze di servizio.

      Art. 134
      OBBLIGHI DEL LAVORATORE IN ASPETTATIVA

      I lavoratori in aspettativa sono tenuti ad osservare gli obblighi derivanti dall’art. 2105 Codice Civile e non dovranno prestare attività lavorativa presso altri datori di lavoro.

      Art. 135
      PROCEDURE - LIMITI - SOSTITUZIONI

      1. I lavoratori interessati all’aspettativa di cui al presente Titolo avanzeranno formale richiesta alla direzione dell’azienda dalla quale dipendono, con un preavviso di almeno sei giorni dalla data d’inizio dell’aspettativa stessa, fornendo la necessaria documentazione probatoria.

      2. Per l’accoglimento della richiesta sarà seguito l’ordine di presentazione, dando priorità ai casi con motivazione di ordine sociale.

      3. I lavoratori in aspettativa presso ciascuna azienda non potranno superare il 2% del numero dei lavoratori in forza al momento della presentazione della richiesta, salvo diversa disposizione di legge.

      4. Detta percentuale non comprende i casi derivanti da aspettative non retribuite per maternità.

      5. Tutte le assenze di lungo periodo di cui al presente Titolo sono considerate a tutti gli effetti contrattuali e previdenziali come aspettative non retribuite e, come tali, non danno luogo alla maturazione dell’anzianità di servizio.

      6. Al termine del periodo di aspettativa di cui agli artt. 131 e 132, le aziende, compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive, favoriranno il reinserimento lavorativo dei dipendenti, alla luce delle indicazioni delle strutture sanitarie specializzate, secondo quanto disposto dalla vigente legislazione, anche attraverso la loro temporanea utilizzazione in idonei orari di lavoro.

      7. I trattamenti di cui al presente Titolo non sono cumulabili con quanto eventualmente già previsto in sede aziendale.

      8. I lavoratori in aspettativa di cui al presente Titolo potranno essere sostituiti con lavoratori assunti con contratto a ter-mine ai sensi dell’art. 79.

      T I T O L O XXXVI
      SOSPENSIONE DEL LAVORO

      Art. 136

      1. In caso di sospensione del lavoro per fatto dipendente dalla cooperativa e indipendente dalla volontà del lavoratore, questi ha diritto alla retribuzione di fatto di cui all’art. 142 per tutto il periodo della sospensione.

      2. La norma di cui al precedente comma non si applica nel caso di pubbliche calamità, eventi atmosferici straordinari e altri casi di forza maggiore.
      T I T O L O XXXVII
      ANZIANITA’ DI SERVIZIO
      Art. 137
      DECORRENZA

      1. L’anzianità di servizio decorre dal giorno in cui il lavoratore è entrato a far parte del personale della cooperativa, quali che siano le mansioni ad esso affidate.

      2. Sono fatti salvi criteri diversi di decorrenza dell’anzianità espressamente prevista, per singoli istituti contrattuali, ai fini della maturazione dei relativi diritti.

      3. L’interruzione del servizio, avvenuta per effetto della partecipazione del lavoratore ad operazioni belliche, sarà considerata agli effetti dell’anzianità come non avvenuta, fermi restando i maggiori diritti riconosciuti ad ex combattenti per effetto dell’art. 139.

      Chiarimento a verbale

      Tutte le norme contrattuali relative all’anzianità di servizio non si riferiscono comunque al trattamento di fine rapporto che trova regolamentazione specifica nell’art. 163 del presente contratto e nelle disposizioni della legge 29 maggio 1982 n. 297.
      Art. 138
      FRAZIONI DI ANNO

      1. Ad eccezione degli effetti derivanti dalla normativa sugli scatti di anzianità, le frazioni di anno saranno computate, a tutti gli effetti contrattuali, per dodicesimi computandosi come mese intero le frazioni di mese superiori o eguali a 15 giorni.

      2. Per mesi si intendono quelli del calendario civile (gennaio, febbraio, marzo, ecc.).

      T I T O L O XXXVIII
      ANZIANITA’ CONVENZIONALI

      Art. 139

      1. Ai lavoratori che si trovino nelle condizioni appresso indicate verrà riconosciuta, agli effetti del preavviso o della relativa indennità sostitutiva, una maggiore anzianità convenzionale commisurata come segue:

      I) mutilati ed invalidi di guerra e del lavoro con pensione a vita: 1 anno;
      II) decorati al valore ed insigniti di ordini militari, promossi per meriti di guerra e feriti di guerra: sei mesi per ogni titolo di benemerenza;
      III) ex combattenti ed ad essi equiparati a norma di legge(*) che abbiano prestato servizio presso reparti mobilitati in zona di operazioni: sei mesi per ogni anno di campagna e tre mesi per le frazioni di anno superiori ad almeno sei mesi.
      2. Le predette anzianità sono cumulabili fino al limite di 36 mesi.

      3. L’anzianità convenzionale può essere fatta valere una sola volta. Il lavoratore di nuova assunzione, dovrà comunicare a pena di decadenza, alla cooperativa i pro-pri titoli validi ad ottenere il diritto alle predette anzianità all’atto dell’assunzione e comunque non oltre il termine del periodo di prova, impegnandosi a fornire la relativa documentazione entro sei mesi.

      4. Si prescinde dai suddetti termini per quei prestatori di opera i quali abbiano presentato domanda di concessione di pensione di guerra ai sensi di legge 6 dicembre 1961 n. 1241.

      5. La cooperativa, ricevuta la comunicazione e la documentazione dei titoli, dovrà computare a favore del lavoratore il periodo di anzianità convenzionale cui egli ha diritto.

      Chiarimento a verbale

      Le parti si danno atto che, per i lavoratori in forza al 31 maggio 1982 che abbiano presentato le necessarie documentazioni, l’anzianità convenzionale riconosciuta anche agli effetti dell’indennità di anzianità è calcolata secondo la disciplina vigente sino alla predetta data.
      T I T O L O XXXIX
      SCATTI DI ANZIANITA’
      Art. 140

      1. Per l’anzianità di servizio maturata, a decorrere dal 21° anno di età, presso la stessa azienda o gruppo aziendale (intendendosi per tale il complesso commerciale facente capo alla stessa società), il personale avrà diritto a dieci scatti triennali.

      2. I lavoratori in età superiore ai 18 anni e che non abbiano compiuto il 21° anno, trascorso un triennio in cooperativa a far data dal 1° luglio 1975, hanno diritto alla maturazione del primo scatto di anzianità con decorrenza del relativo godimento il mese successivo al 30 giugno 1978.

      3. Gli importi degli scatti sono determinati in cifra fissa, per ciascun livello di inquadramento, nelle seguenti misure e con la seguente decorrenza:

      LivelloDal 1° Aprile 1987

      QUADRI53.863
      I 51.574
      II47.486
      III42.196
      IV38.592
      V36.485
      VI31.961

      4. Gli appartenenti all’ex 1° Super cui non sarà attribuita la qualifica di quadro conserveranno il parametro 242 con valore dello scatto di anzianità di lire 52.793 mensili.

      5. In occasione del nuovo scatto l’importo degli scatti maturati successivamente al 1° gennaio 1974 è calcolato in base ai valori indicati nella tabella di cui al presente articolo, senza liquidazione di arretrati per gli scatti maturati per il periodo pregresso.

      6. L’importo degli scatti, determinati secondo i criteri di cui ai commi precedenti, viene corrisposto con decorrenza dal primo giorno del mese immediatamente successivo a quello in cui si compie il triennio di anzianità.

      Nota a verbale

      1. Le parti convengono di superare il congelamento degli scatti stabiliti al quinto comma del presente articolo e di adeguare gradualmente il loro importo ai valori normali indicati nell’apposita tabella opportunamente rivalutata.
      2. Tale adeguamento sarà effettuato con le seguenti modalità:
      2.1) Al momento della maturazione del nuovo scatto sarà operato il calcolo complessivo moltiplicando il numero degli scatti maturati per il relativo importo previsto in tabella. Da tale prodotto sarà sottratto l’importo degli scatti maturati successivamente al 1° gennaio 1974 opportunamente rivalutati in base ai presenti valori e quello degli scatti bloccati.
      2.2) La differenza sarà corrisposta gradualmente con quote semestrali pari ad un 1/3 della differenza stessa a far data dal sesto mese successivo a quello in cui è maturato l’ultimo scatto.
      2.3) Analogamente si procederà per coloro che hanno già maturato il 10° scatto. In tal caso le differenze saranno corrisposte alla maturazione del triennio di anzianità successivo a quello di maturazione del decimo scatto.
      Nel caso in cui anche detto triennio sia già trascorso le quote semestrali di cui al precedente punto 2.2) decorreranno dall’entrata in vigore del presente CCNL.

      Norma transitoria
      Le parti si danno atto della opportunità di provvedere, a livello aziendale, ad anticipare i benefici previsti dalla nota a verbale di cui sopra ai lavoratori per quali non si verifichi il compimento del triennio per risoluzione del rapporto di lavoro dovuto al raggiungimento dell’età pensionabile.

      T I T O L O XXXX
      TRATTAMENTO ECONOMICO

      Art. 141
      RETRIBUZIONE NORMALE

      1. La retribuzione normale del lavoratore è distinta nelle seguenti voci:
      I) paga base nazionale conglobata di cui all’art. 143, comprensiva dell’indennità di caro pane prevista dalla legge, dei punti di indennità di contingenza scattati fino al 31 gennaio 1977, degli elementi autonomi di cui all’art. 6 dell’accordo interconfederale 14 febbraio 1975 e da tutti gli aumenti contrattuali a questo titolo;
      II) indennità di contingenza (scala mobile) determinata in attuazione della legge 26 febbraio 1986 n. 38 e successive modificazioni, nonché dell’accordo interconfederale 31 luglio 1992 (allegato n. 12) (*) ;
      III) terzi elementi nazionali o provinciali dove esistenti;
      IV) eventuali scatti di anzianità per gli aventi diritto ai sensi del precedente art. 140;
      V) altri elementi derivanti dalla contrattazione collettiva.

      2. A decorrere dal 1° gennaio 1995, l’importo di lire ventimila corrisposto a titolo di elemento distinto della retribuzione ai sensi dell’accordo interconfederale 31 luglio 1992 è conglobato nella indennità di contingenza di cui alla legge 26 febbraio 1986 n. 38, così come modificata dalla legge 13 luglio 1990 n. 91.
      Conseguentemente, alla data del 1° gennaio 1995, l’importo dell’indennità di contingenza spettante al personale qualificato alla data del 1° novembre 1991 sarà aumentato di lire ventimila per tutti i livelli. Contestualmente, le aziende cesseranno di corrispondere il predetto elemento distinto della retribuzione.

      Art. 142
      RETRIBUZIONE DI FATTO

      La retribuzione di fatto è costituita dalle voci di cui al precedente art. 141 nonché da tutti gli altri elementi retributivi aventi carattere continuativo ad esclusione dei rimborsi spese, dei compensi per lavoro straordinario, delle gratificazioni straordinarie o una tantum e di ogni elemento espressamente escluso dalle parti dal calcolo di singoli istituti contrattuali ovvero esclusi dall’imponibile contributivo a norma di legge.

      Dichiarazione a verbale agli art. 141 e 142

      Eccettuate le prestazioni occasionali o saltuarie, la retribuzione mensile, sia normale che di fatto, è in misura fissa e cioè non variabile in relazione alle festività, ai permessi retribuiti e alle giornate di riposo settimanale di legge cadenti nel periodo di paga e si riferisce pertanto a tutte le giornate del mese di calendario.


      Art. 143
      AUMENTI E MINIMI TABELLARI

      1. A decorrere dalle scadenze appresso indicate a tutto il personale qualificato verranno erogati i seguenti aumenti salariali:

      LIVELLIDAL 1.1.95DAL 1.1.96TOTALE

      QUADRI136.354123.958260.313
      I124.056112.778236.833
      II108.01498.194206.208
      III96.25087.500183.750
      III89.29981.181170.479
      IV82.88275.347158.229
      IV77.00070.000147.000
      V69.51463.194132.708
      VI53.47248.611102.083


      2. Di conseguenza, a decorrere dal 1° gennaio 1995 e dalle date successivamente indicate, la paga base nazionale conglobata lorda per ciascun livello d’inquadramen-to, è la seguen-te:

      LIVELLIDAL 1.1.95DAL 1.1.96PARAMETRO

      QUADRI1.395.8081.519.766255
      I1.269.9131.382.691232
      II1.105.6991.203.893202
      III985.2761.072.776180
      III914.118995.299167
      IV848.432923.779155
      IV788.221858.221144
      V711.589774.783130
      VI547.375595.986100

      3. Gli appartenenti all’ex 1° Super cui non è attribuita la qualifica di quadro, conserveranno il parametro 242 con i seguenti aumenti retributivi:

      DAL 1.1.95DAL 1.1.96TOTALE

      Ex 1° Super 129.403117.639247.042

      Di conseguenza, a decorrere dal 1° gennaio 1995 e dalle date successivamente indicate, la paga base nazionale conglobata lorda per l’ex 1° Super, è la seguen-te:

      DAL 1.1.95DAL 1.1.96PARAMETRO

      Ex 1° Super1.324.6491.442.288242 (*)

      4. Per i minori la suddetta paga base nazionale conglobata lorda dovrà essere ragguagliata al minore orario di lavoro effettuato a norma dell’art. 18 della legge 17 ottobre 1967 n. 977.

      5. Gli aumenti salariali di cui al presente articolo verranno corrisposti agli apprendisti nelle misure percentuali previste dall’art. 72 (**) .

      6. Per l’indennità di contingenza spettante al 1° gennaio 1995 vedi allegato n. 1.

      UNA TANTUM

      1. A tutto il personale in forza alla data del 1° dicembre 1994 - compresi i giovani assunti con C.F.L. - verrà erogato un importo “una tantum”.

      2. Tale importo, pari a L. 350.000 lorde per i lavoratori qualificati ed a L. 250.000 per gli apprendisti, spetta in relazione all’intero periodo di nove mesi intercorrenti dal 1° aprile 1994 al 31 dicembre 1994.

      3. Per i casi di anzianità inferiore ai 9 mesi gli importi di cui sopra verranno erogati pro quota in rapporto ai mesi di anzianità di servizio maturata durante il periodo indicato al comma precedente, secondo i criteri previsti dagli articoli 137 e 138 del presente contratto. Analogamente si procederà per i casi in cui non sia dato luogo a retribuzione nello stesso periodo a norma di legge e di contratto ad eccezione dell’assenza obbligatoria per maternità.

      4. Al personale con rapporto a tempo parziale l’erogazione avverrà con criteri di proporzionalità.

      5. Con i medesimi criteri di cui al comma precedente l’una tantum verrà erogata al personale assunto con contratto a termine.

      6. L’importo “una tantum” di L. 350.000 verrà corrisposto in due rate successive. La prima rata, pari a Lire 200.000 verrà corrisposta con la retribuzione del mese di dicembre 1994. La seconda, corrispondente al restante importo verrà erogata con la retribuzione del mese di febbraio 1995.

      7. Per gli apprendisti l’importo “una tantum” spettante verrà erogato per L. 150.000 con la retribuzione del mese di dicembre 1994 e per L. 100.000 con la retribuzione del mese di febbraio 1995.

      8. Gli importi dell’una tantum di cui sopra si intendono comprensivi dell’incidenza della stessa su qualsiasi istituto retributivo legale e contrattuale e non vanno computati nella retribuzione utile ai fini del calcolo del T.F.R..

      9. Le suddette erogazioni, nel loro complessivo importo, saranno riconosciute in sostituzione dell’indennità di vacanza contrattuale di cui al Protocollo del 23 luglio 1993 e comporteranno perciò l’assorbimento, sino a concorrenza, da effettuarsi sull’importo della prima rata, degli importi già versati dalle imprese a titolo di indennità di vacanza contrattuale o di anticipazione sul rinnovo del CCNL.

      10. Ai lavoratori che, in forza alla data di stipulazione del presente contratto, godano dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di riduzione dell’orario di lavoro per contratti di solidarietà, le quote mensili di una tantum o le sue frazioni, saranno erogate dall’Istituto competente secondo le disposizioni vigenti in materia.

      11. In caso di risoluzione del rapporto intervenuto antecedentemente alle scadenze indicate al sesto comma, tali importi verranno erogati sulla base dei criteri di cui al terzo comma.

      Art. 144
      ECCEDENZE COLLETTIVE

      1. Le eccedenze collettive preesistenti all’entrata in vigore del CCNL 1° gennaio 1974 e quelle derivanti dal nuovo assetto salariale nazionale rimangono congelate e saranno corrisposte come elemento collettivo anche ai lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore del sopra citato CCNL.

      2. Per eccedenze collettive preesistenti si intendono quegli elementi salariali derivanti dalla contrattazione in aggiunta al salario nazionale.

      3. Per eccedenze collettive derivanti dall’assetto salariale nazionale (1° gennaio 1974) si intendono quelle che verranno a formarsi dopo il raggiungimento del salario tabellare nazionale.

      4. Tali eccedenze saranno considerate elementi aggiuntivi ai minimi tabellari nazionali e fanno parte integrante della retribuzione di fatto ad eccezione di quanto e-spressamente previsto dalle specifiche norme contrattua-li.

      5. Ai dipendenti da cooperative operanti in province nelle quali non siano in atto eccedenze collettive, comunque determinate ai sensi dei precedenti commi, saranno corrisposte, in aggiunta alle lire 2.000 (duemila) mensili previste dall’art. 75 del CCNL 1° ottobre 1976, lire 2.000 (duemila) mensili dal 1° luglio 1981 e ulteriori lire 2.000 (duemila) mensili dal 1° gennaio 1982, fino a raggiungere un minimo di eccedenze collettive (terzo elemento) di lire 6.000 (seimila) mensili.

      Art. 145
      DIVISORI CONVENZIONALI

      1. La quota giornaliera della retribuzione, sia normale che di fatto, si ottiene dividendo l’importo mensile per 26.
      2. La quota oraria della retribuzione, sia normale che di fatto, si ottiene dividendo l’importo mensile per i seguenti divisori convenzionali:

      184 - per il personale la cui durata normale di lavoro è di 42 ore e mezzo settimanali e fino a 44 ore settimanali;
      182 - per il personale la cui durata normale di lavoro è di 42 ore settimanali;
      173 - per il personale la cui durata normale di lavoro è di 40 ore settimanali;
      169 - per il personale la cui durata normale di lavoro è di 39 ore settimanali;
      167 - per il personale la cui durata normale di lavoro è di 38 ore e mezza settimanali;
      165 - per il personale la cui durata normale di lavoro è di 38 ore settimanali.

      Chiarimento a verbale

      Le parti si danno atto che con l’adozione del divisore convenzionale di cui al presente articolo hanno inteso stabilire l’equivalenza di trattamento sia per le trattenute sia per il pagamento delle prestazioni lavorative.
      Resta confermato che alla determinazione della quota oraria di retribuzione di cui al presente articolo nonché agli articoli 141 e 142 non concorrono i ratei di mensilità supplementari di cui all’art. 150. Tale criterio di determinazione della quota oraria di retribuzione è utile ai fini dell’applicazione delle maggiorazioni per lavoro straordinario di cui all’art. 90 e delle maggiorazioni per lavoro supplementare nel lavoro a tempo parziale di cui all’art. 77, comma 8.

      Art. 146
      SPACCI DI PICCOLE DIMENSIONI - TRATTAMENTO ECONOMICO

      1. Per gli spacci delle cooperative nei quali le varie mansioni necessarie al loro funzionamento sono affidate ad una sola persona - anche se autorizzata dalla cooperativa a farsi sostituire dai familiari, nonché ad attendere ad altre occupazioni compatibili con le esigenze dello spaccio, ferma restando la sua responsabilità nei confronti della cooperativa stessa - in deroga al disposto di cui agli artt. 141 e 148, il trattamento economico spettante al lavoratore di cui sopra sarà determinato caso per caso, con accordi aziendali. La figura del lavoratore, come descritta, non resta modificata - e pertanto non decade la deroga - qualora lo spaccio fruisca dei servizi della cooperativa da cui dipenda per l’approvvigionamento, la contabilità ed il controllo.

      2. Qualora la determinazione del trattamento economico di cui al primo capoverso avvenga in forma percentuale, verrà fissato comunque un minimo garantito di retribuzione mensile.

      3. Le norme del presente articolo si applicano anche agli spacci che, oltre alla persona di cui sopra, occupino un apprendista che non dovrà, però, essere assunto dopo aver compiuto il 17° anno di età, fermo restando che il trattamento dell’apprendista è regolato dalle norme generali del presente contratto.

      4. Le norme del presente articolo continueranno ad avere applicazione nei centri fino a 3.000 abitanti, purché il volume delle vendite dello spaccio non superi la somma che sarà stabilita in sede aziendale.

      Art. 147
      RETRIBUZIONE A PROVVIGIONE

      1. Per il personale addetto alla vendita, retribuito in tutto o in parte a provvigione, la parte fissa della retribuzioni ed il tasso di provvigione dovranno essere determinati dalla Cooperativa caso per caso sulla base media annuale delle vendite e comunicati per iscritto. Con tale sistema dovrà essere assicurata al personale una media mensile, riferita al periodo non eccedente l’anno, che sia superiore almeno del 5% (cinque per cento) alla paga base nazionale conglobata di cui al-l’art. 141 del presente contratto.

      2. Dovrà essere comunque effettuato mensilmente il versamento di una somma pari al minimo come sopra stabilito, tutte le volte che tale minimo, tra stipendio e provvigione, non sia raggiunto, fermo restando il conguaglio alla fine del periodo di cui sopra.
      Art. 148
      INDENNITA’ DI CASSA

      Senza pregiudizio di eventuali procedimenti penali e delle sanzioni disciplinari, al seguente personale normalmente adibito ad operazioni di cassa con carattere di continuità - cassiere comune non di negozio, cassiere di negozio - quando detto personale abbia la piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con l’obbligo di accollarsi eventuali differenze - compete una “indennità di cassa o di maneggio di denaro” nella misura del 5% (cinque per cento) della paga base nazionale conglobata per le rispettive qualifiche.
      Art. 149
      CORRESPONSIONE DELLA RETRIBUZIONE

      Le retribuzioni dovranno essere corrisposte a mezzo busta paga o foglio paga ove dovrà essere chiaramente specificato il periodo di lavoro a cui la retribuzione si riferisce, l’importo della retribuzione stessa, la misura e l’importo dell’eventuale lavoro straordinario e di tutti gli altri elementi che concorrono a formare la somma globale contenuta nella busta paga stessa nonché tutte le ritenute effettuate (*). Il prospetto paga deve recare la firma, sigla o timbro del datore di lavoro o di chi ne fa le veci.
      T I T O L O XXXXI
      MENSILITA’ SUPPLEMENTARI (13a E 14a)

      Art. 150

      1. In coincidenza con la vigilia di Natale di ogni anno, le cooperative dovranno corrispondere al personale un im-porto pari ad una mensilità della retribuzione di fatto di cui all’art. 142 (esclusi gli assegni familiari) nella misura dovuta al lavoratore nel mese di novembre ad eccezione di quanto non dovuto ai sensi di legge (**) .

      2. Nel caso di inizio o di cessazione del rapporto di lavoro durante il corso dell’anno, il lavoratore avrà diritto a tanti dodicesimi dell’ammontare della 13a mensilità, per quanti sono i mesi interi di servizio prestati nella cooperativa intendendosi per tali le frazioni di mese superiori ai 15 giorni.
      3. Ai lavoratori retribuiti in tutto o in parte con provvigioni o percentuale il calcolo dell’importo della 13a mensilità dovrà essere effettuato sulla base della media delle provvigioni o delle percentuali maturate nell’anno corrente o nel periodo di minor servizio prestato presso la cooperativa.

      4. Detto importo non potrà, in ogni caso, essere inferiore a quello previsto dal primo comma del presente articolo.

      5. Dall’ammontare della 13a mensilità saranno detratti i ratei relativi ai periodi in cui non sia stata corrispo-sta dal datore di lavoro la retribuzione per una delle cause previste dal presente contratto.

      6. Entro il 30 giugno di ogni anno le cooperative dovranno corrispondere al personale dipendente una 14a mensilità con le stesse norme e modalità previste per la 13a mensilità, di cui al presente articolo, da calcolarsi con la retribuzione corrispondente a quella in vigore nel mese di giugno.
      T I T O L O XXXXII
      RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

      a) RECESSO

      Art. 151
      GIUSTA CAUSA

      1. Ai sensi dell’art. 2119 del Codice Civile ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro prima della scadenza del termine se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.

      2. La comunicazione del recesso deve essere effettuata da parte dell’interessato per iscritto a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o con altro mezzo idoneo a certificare la data di ricevimento, contenente l’indicazione dei motivi.

      3. A titolo esemplificativo, rientrano fra le cause di cui al primo comma del presente articolo:

      I) l’irregolare, grave e dolosa scritturazione o timbra-tura di schede di controllo delle presenze di lavoro;
      II) l’appropriazione nel luogo di lavoro di beni aziendali o di terzi;
      III) il danneggiamento volontario di beni dell’azienda e/o di terzi;
      IV) l’esecuzione, senza permesso, di lavoro nell’azienda per conto proprio o di terzi.

      4. Se il contratto è a tempo indeterminato al prestatore che recede per giusta causa compete l’indennità di cui all’art. 162.
      Art. 152
      MOTIVAZIONE DEL LICENZIAMENTO

      1. La legge 15 luglio 1966 n. 604 è estesa a tutti i dipendenti occupati presso le imprese rientranti nella sfera di applicazione del presente CCNL.

      2. Con riferimento alla legge 11 maggio 1990 n. 108 la cooperativa deve comunicare il licenziamento per iscritto a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o con altro mezzo idoneo a certificare la data di ricevimento da parte dell’interessato, che può chiedere per iscritto, entro quindici giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso; in tal caso la cooperativa è tenuta ad indicarli per iscritto entro sette giorni dalla richiesta.

      3. Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle norme di cui al precedente comma è inefficace.

      4. Sono esclusi dalla sfera di applicazione del presente articolo i lavoratori:

      I) in periodo di prova;
      II) che siano in possesso di requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia e che non abbiano esercitato il diritto di opzione previsto dalla legge(*);
      III) che abbiano superato il 65° anno di età e maturato il requisito dell’anzianità contributiva minima per la pensione di vecchiaia.
      Art. 153
      LICENZIAMENTO SIMULATO

      1. Il licenziamento del lavoratore seguito da nuova assunzione presso la stessa cooperativa deve considerarsi improduttivo di effetti giuridici quando sia rivolto alla violazione delle norme protettive dei diritti del lavoratore e sempre che sia provata la simulazione.

      2. Il licenziamento si presume comunque simulato - salvo prova contraria - se la nuova assunzione venga effettuata entro un mese dal licenziamento.
      Art. 154
      NULLITA’ DEL LICENZIAMENTO

      1. Ai sensi dell’art. 4 della legge 15 luglio 1966 n. 604, il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato o dalla partecipazione ad attività sindacali è nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata.

      2. E’ nullo altresì il licenziamento determinato da motivi razziali, di lingua o di sesso in base al combinato disposto dagli artt. 15 e 13, rispettivamente della legge 20 maggio 1970 n. 300 e della legge 9 dicembre 1977 n. 903.
      Art. 155
      NULLITA’ DEL LICENZIAMENTO A CAUSA DI MATRIMONIO

      1. Ai sensi dell’art. 1 della legge 9 gennaio 1963 n. 7, è nullo il licenziamento della lavoratrice attuato a causa di matrimonio; a tali effetti si presume disposto per causa di matrimonio il licenziamento intimato alla lavoratrice nel periodo intercorrente fra il giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, e la scadenza di un anno dalla celebrazione stessa.

      2. La cooperativa ha facoltà di provare che il licenziamento della lavoratrice verificatosi nel periodo indicato nel comma precedente non è dovuto a causa di matrimonio, ma per una delle ipotesi previste dalle lettere a), b) e c) del secondo comma dell’articolo 2 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204, e cioè: il licenziamento per giusta causa, cessazione dell’attività dell’azienda, l’ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine per il quale è stato stipulato.

      3. Per quanto attiene alla disciplina delle dimissioni rassegnate dalla lavoratrice nel periodo specificato nel primo comma del presente articolo, si rinvia al successivo art. 159.

      Art. 156
      CONSULTAZIONE DELLA R.S.U.

      La cooperativa, sia nel caso di adozione di un provvedimento di licenziamento ordinario nei confronti di un dipendente, purché non si tratti di licenziamento per giusta causa, sia nel caso di riduzione del perso-nale per ristrutturazione azien-dale, consulterà la rap-presentanza sindacale unitaria prima che la decisione sia adotta-ta dagli Organi competenti della cooperativa stessa.
      b) DIMISSIONI

      Art. 157
      TRATTAMENTO ECONOMICO

      In caso di dimissioni, sarà corrisposto al lavoratore dimissionario il trattamento di fine rapporto previsto dall’art. 163 del presente contratto.
      Art. 158
      MODALITA’ DELLE DIMISSIONI E DEL PREAVVISO

      1. Le dimissioni devono essere rassegnate per iscritto con lettera raccomandata e con rispetto dei termini di preavviso stabiliti dall’art. 161 del presente contratto.

      2. Ove il dipendente non abbia dato preavviso la cooperativa ha facoltà di ritenergli una somma corrispondente alla retribuzione del periodo di mancato preavviso.

      3. Su richiesta del dimissionario la cooperativa può rinunciare al preavviso, facendo in tal caso cessare subito il rapporto di lavoro.

      4. Ove invece la cooperativa intenda di sua iniziativa far cessare il rapporto prima della scadenza del preavviso ne avrà facoltà, ma dovrà corrispondere al lavoratore l’indennità sostitutiva per il periodo di anticipata risoluzione del rapporto di lavoro.
      Art. 159
      MODALITA’ DELLE DIMISSIONI A CAUSA DI MATRIMONIO

      1. In conformità della norma contenuta nel quarto comma dell’art. 1 della legge 9 gennaio 1963 n. 7, le dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo intercorrente fra il giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, e la scadenza di un anno dalla celebrazione stessa, sono nulle se non risultano confermate entro un mese all’Ufficio del Lavoro.

      2. La lavoratrice che rassegni le dimissioni per contrarre matrimonio ha diritto al trattamento di fine rapporto previsto dall’art. 163 con esclusione dell’indennità sostitutiva del preavviso.

      3. Anche in questo caso le dimissioni debbono essere rassegnate per iscritto con l’osservanza dei termini di preavviso di cui all’art. 161 e confermate, a pena di nullità, all’Ufficio del Lavoro entro il termine di un mese.

      Art. 160
      CONVALIDA DELLE DIMISSIONI DELLA LAVORATRICE MADRE

      1. Ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 25 novembre 1976 n. 1206 (regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971 n. 1204), le dimissioni della lavoratrice presentate durante il periodo in cui è previsto il divieto di licenziamento non sono valide se non sono convalidate dall’Ispettorato del Lavoro.

      2. La lavoratrice dimissionaria di cui sopra ha diritto al trattamento di fine rapporto previsto dall’art. 163 e ad una indennità pari a quella di preavviso, secondo i termini stabiliti dall’art. 161 del presente contratto.

      c) PREAVVISO

      Art. 161
      TERMINI DEL PREAVVISO

      1. I termini di preavviso sono i seguenti:
      I) fino a cinque anni di servizio compiuti:

      Quadri e I livello60 giorni
      II e III livello30 giorni
      IV e V livello20 giorni
      VI livello15 giorni

      II) oltre i cinque anni e fino a dieci anni di servizio compiuti:

      Quadri e I livello90 giorni
      II e III livello45 giorni
      IV e V livello30 giorni
      VI livello20 giorni

      III) oltre i dieci anni di servizio compiuti:

      Quadri e I livello120 giorni
      II e III livello60 giorni
      IV e V livello45 giorni
      VI livello20 giorni

      2. I giorni di cui ai punti I), II) e III) del primo comma si intendono di calendario.

      3. I termini di preavviso di cui sopra decorrono dal primo o dal sedicesimo giorno di ciascun mese.

      Art. 162
      EFFETTI DEL MANCATO PREAVVISO

      Ai sensi del secondo comma dell’art. 2118 del Codice Civile, in caso di mancato preavviso, al lavoratore sarà corrisposta una indennità equivalente all’importo della retribuzione di fatto di cui all’art. 142, corrispondente al periodo di preavviso di cui all’articolo precedente, comprensiva dei ratei di 13a e 14a mensilità.
      d) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

      Art. 163
      DETERMINAZIONE DEL TRATTAMENTO

      1. In ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro il lavoratore ha diritto ad un trattamento di fine rapporto determinato secondo le norme della legge 29 maggio 1982 n. 297, e secondo le norme del presente articolo.

      2. Per i periodi di servizio prestato sino al 31 maggio 1982 il trattamento di fine rapporto è calcolato con le modalità e con le misure previste dall’art. 97 del CCNL 19 dicembre 1979 e dalla relativa norma transitoria.

      3. Ai sensi e per gli effetti del 2° comma dell’art. 2120 Codice Civile, come modificato dalla legge 29 maggio 1982 n. 297, sono escluse dalla quota annua della retribuzione utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto le somme corrisposte ai seguenti titoli:
      I) i rimborsi spese;
      II) le somme concesse occasionalmente a titolo di “una tantum”, gratificazioni straordinarie non contrattuali e simili;
      III) i compensi per lavoro straordinario e per lavoro festivo;
      IV) le indennità sostitutive di preavviso;
      V) le indennità sostitutive di ferie;
      VI) le indennità di trasferta e diarie non aventi carattere continuativo nonché, quando le stesse hanno carattere continuativo, una quota di esse pari all’ammontare esente dall’IRPEF;
      VII) le indennità economiche corrisposte dagli (o per conto degli) istituti assistenziali (*);
      VIII) le prestazioni in natura, quando si prevede un corrispettivo a carico del lavoratore;
      IX) gli elementi espressamente esclusi dalla contrattazione collettiva di secondo livello.

      Art. 164
      DECESSO

      In caso di decesso del dipendente il trattamento di fine rapporto e l’indennità sostitutiva del preavviso saranno corrisposte agli aventi diritto secondo le norme di legge vigenti in materia.
      Art. 165
      CORRESPONSIONE DEL T.F.R.

      1. Il trattamento di fine rapporto deve essere corrisposto all’atto della cessazione del servizio, dedotto quanto eventualmente fosse dovuto dal dipendente, nei tempi tecnici necessari alla elaborazione del tasso di rivalutazione, di cui alla legge 29 maggio 1982 n. 297, e comunque non oltre trenta giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

      2. In caso di ritardo dovuto a contestazione o ad altre cause non imputabili al lavoratore, sarà conteggiato l’interesse legale con decorrenza dal giorno dell’effettiva cessazione dal servizio.

      Nota a verbale

      1. Le parti si danno atto che, giusto quanto previsto dalla legge 29 maggio 1982 n. 297 in materia di anticipazioni sul T.F.R., a livello aziendale sono operative apposite normative.

      2. Nelle aziende in cui tali normative non siano state ancora definite le parti si incontreranno a quel livello per provvedervi.
      T I T O L O XXXXIII
      DOVERI DEI LAVORATORI - NORME DISCIPLINARI

      Art. 166
      RAPPORTI FRA I LAVORATORI

      1. I rapporti tra i lavoratori saranno improntati alla reciproca correttezza. I rapporti tra questi ed i rappresentanti legali ed i dirigenti della cooperativa saranno improntati ai sensi di reciproca correttezza, nello spirito di una comune costante collaborazione al buon andamento della cooperativa e allo sviluppo del movimento cooperativo.

      2. Comportamenti riconducibili a forme di molestia sessuale, ai sensi dell’art. 23, saranno sottoposti a provvedimenti disciplinari adeguati e graduati secondo la gravità della mancanza, salva la facoltà del soggetto destinatario di adire le vie legali.
      Art. 167
      OBBLIGHI DEI LAVORATORI

      1. Il lavoratore, nello svolgimento della sua attività nella cooperativa, deve compiere il suo dovere ed osservare le disposizioni impartite dalla Direzione e le norme contrattuali specificatamente per quanto riguarda: la presenza, l’orario di lavoro, la diligente conservazione del materiale e della merce affidatagli, l’esecuzione in genere delle proprie mansioni.

      2. Il lavoratore deve usare modi cortesi con i clienti e non divulgare i segreti di ufficio; è altresì responsabile moralmente e materialmente della esecuzione delle mansioni affidategli e risponde in proprio dei danni arrecati alla cooperativa, nei limiti ad esso imputabili.

      3. Il lavoratore dovrà comunicare immediatamente all’azienda ogni mutamento della propria dimora sia durante il servizio che durante i congedi.
      Art. 168
      GIUSTIFICAZIONE DELLE ASSENZE

      1. Salvo i casi di legittimo impedimento, di cui sempre incombe al lavoratore l’onere della prova, le assenze devono essere giustificate per iscritto presso la cooperativa entro le 24 ore per gli eventuali accertamenti.

      2. Nel caso di assenze non giustificate sarà operata la trattenuta di tante quote giornaliere della retribuzione di fatto di cui all’art. 142 quante sono le giornate di assenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni previste dal successivo art. 169.
      Art. 169
      PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI

      1. La inosservanza dei doveri da parte del personale, ivi compreso quanto previsto dal 2° comma dell’art. 166, comporta i seguenti provvedimenti che saranno deliberati dalla cooperativa in relazione alla entità delle mancanze e alle circostanze che le accompagnano:

      I) biasimo inflitto verbalmente per le mancanze più lievi;
      II) biasimo inflitto per iscritto nei casi di recidiva;
      III) multa nella misura non eccedente l’importo di quattro ore di retribuzione;
      IV) sospensione dalla retribuzione e dal servizio per un massimo di 10 giorni;
      V) licenziamento disciplinare, con esclusione del preavviso e con le altre conseguenze di ragione e di legge (licenziamento in tronco).

      2. Il provvedimento della multa si applica nei confronti del lavoratore che:

      2.1) ritardi nell’inizio del lavoro senza giustificazione;
      2.2) esegua con negligenza il lavoro affidatogli;
      2.3) si assenti dal lavoro fino a tre giorni nell’anno solare senza comprovata giustificazione;
      2.4) non dia immediata notizia all’azienda di ogni mutamento della propria dimora sia durante il servizio che durante i congedi;
      2.5) non osservi le norme sulla prevenzione antinfortunistica;
      2.6) commetta recidiva nelle mancanze pur lievi che hanno comportato biasimo scritto.

      3. Il provvedimento della sospensione dalla retribuzione e dal servizio si applica nei confronti del lavoratore che:

      3.1) arrechi danno alle cose ricevute in dotazione ed uso, con dimostrata responsabilità;
      3.2) si presenti in servizio in stato di manifesta ubriachezza;
      3.3) si assenti dal lavoro fino a quattro giorni senza giustificazione;
      3.4) commetta recidiva oltre la terza volta nell’anno solare in qualunque delle mancanze che prevedono o hanno comportato la multa, salvo i casi dell’assenza ingiustificata.

      4. Salva ogni altra azione legale, il provvedimento di cui al punto V (licenziamento disciplinare) si applica per le seguenti mancanze:

      4.1) assenza ingiustificata superiore a 4 giorni o recidiva oltre la terza volta nell’anno solare;
      4.2) grave mancanza degli obblighi di cui all’art. 167;
      4.3) recidiva nei ritardi oltre la terza volta nell’anno solare dopo formale diffida per iscritto;
      4.4) l’abuso di fiducia, la concorrenza, la violazione del segreto di ufficio;
      4.5) infrazione alle norme di legge circa la sicurezza per la lavorazione, depositi, vendite e trasporti;
      4.6) l’esecuzione, in concorrenza con l’attività dell’azienda, di lavoro per conto proprio o di terzi anche fuori dall’orario di lavoro;
      4.7) nei casi di ammanchi di inventario che per la loro entità o per la loro recidività siano imputabili a colpa grave del lavoratore, fermo restando, in tal caso, l’obbligo di osservare la procedura di contestazione di cui all’art. 176 del presente CCNL.

      5. I provvedimenti di cui ai punti III), IV) e V) del primo comma del presente articolo devono essere comunicati per iscritto e motivati.

      6. In caso di licenziamento disciplinare la cooperativa informerà del provvedimento la R.S.U.

      7. L’importo delle multe sarà destinato al fondo pensioni dei lavoratori dipendenti presso l’INPS. Il lavoratore ha facoltà di prendere visione della documentazione relativa al versamento.
      Art. 170
      CONTESTAZIONE DEGLI ADDEBITI

      1. I provvedimenti disciplinari di cui all’art. 169 non possono essere adottati nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.

      2. In ogni caso i provvedimenti disciplinari, ad eccezione del biasimo verbale, non possono essere applicati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che ne ha dato causa.

      3. Il lavoratore colpito da provvedimento disciplinare, il quale intenda impugnare la legittimità del provvedimento, ha facoltà di avvalersi delle norme di legge o del contratto.

      4. Per quanto non specificatamente previsto dal presente articolo si fa riferimento all’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300.

      5. L’eventuale adozione del provvedimento disciplinare di cui all’art. 7 della legge 300 - Statuto dei lavoratori - dovrà essere comunicato al lavoratore con lettera raccomandata entro 21 giorni dalla scadenza del termine assegnato al lavoratore stesso per presentare le sue controdeduzioni.

      6. Per esigenze dovute a difficoltà nella fase di valutazione delle controdeduzioni e di decisione nel merito, il termine di cui sopra può essere prorogato di 30 giorni, purché l’azienda ne dia preventiva comunicazione scritta al lavoratore interessato.
      Art. 171
      PROCEDIMENTO PENALE

      1. Ove il dipendente sia sottoposto a procedimento penale(*) la cooperativa ha facoltà di sospenderlo dal servizio e dalla retribuzione fino al giudizio definiti-vo.
      2. Salva l’ipotesi di cui al successivo comma, dopo il giudicato definitivo la cooperativa deciderà sull’eventuale riammissione in servizio, fermo restando che, comunque, il periodo di sospensione non sarà computato agli effetti dell’anzianità del lavoratore.

      3. Nella ipotesi di sentenza definitiva di assoluzione con formula piena il lavoratore ha diritto in ogni caso alla riammissione in servizio.

      4. Qualora il dipendente sia condannato per reato commesso fuori dalla azienda, ove non sia riammesso in servizio, spetterà il trattamento previsto dal presente contratto per il caso di dimissioni; il rapporto di lavoro si intenderà invece risolto di pieno diritto, e con gli effetti del licenziamento senza preavviso, qualora la condanna risulti motivata per reato commesso nei riguardi della cooperativa o in servizio.
      T I T O L O XXXXIV
      CAUZIONI
      Art. 172
      NORME GENERALI

      1. La cooperativa stabilirà per iscritto di volta in volta, sentita la rappresentanza sindacale unitaria, l’ammontare della cauzione che dovrà essere prestata da quei lavoratori ai quali essa ritiene di doverla chiedere.

      2. La cauzione sarà costituita da titoli dello Stato depositati presso un Istituto bancario o presso la Cassa Aziendale che eserciti attività similari - qualora esista - e vincolati alla cooperativa, oppure potrà essere versata in libretto di risparmio parimenti vincolato alla cooperativa, la quale lascerà regolare ricevuta con gli estremi dei titoli e del libretto che le vengono consegnati.

      3. Gli interessi e gli eventuali premi restano a disposizione del lavoratore il quale ha sempre diritto a prelevarli senza alcuna formalità.

      4. La cauzione potrà essere prestata su richiesta del lavoratore, con il consenso della cooperativa, mediante polizza di garanzia costituita presso un istituto assicuratore o con fidejussione bancaria. In tal caso la cooperativa avrà facoltà di provvedere al pagamento dei relativi premi, rivalendosi sulla retribuzione del prestatore di opera.

      5. La cauzione rimane di proprietà del lavoratore o dei suoi aventi diritto e non può, comunque, confondersi con i beni della cooperativa.
      Art. 173
      RIVALSA

      1. La cooperativa ha diritto di rivalersi sulla cauzione per gli eventuali danni subiti, previa contestazione al prestatore d’opera.

      2. In caso di disaccordo dovrà essere esperito un tentativo di componimento attraverso l’Organizzazione Sindacale competente ai sensi dell’art. 38.
      Art. 174
      RECUPERO

      All’atto della cessazione del rapporto di lavoro, ove non esistono valide ragioni di contestazione da parte della cooperativa, il prestatore d’opera dovrà essere posto in condizioni di poter ritirare senz’altro la cauzione prestata entro il termine di quindici giorni dalla data di cessazione del servizio.

      T I T O L O XXXXV
      CALO MERCI E INVENTARIO

      Art. 175
      CALO MERCI

      1. Le merci affidate ai gerenti o gestori di negozi o di spacci di generi alimentari devono essere poste a loro carico al netto dei cali, delle tare e delle perdite per cottura a cui le merci stesse siano soggette rispetto all’effettivo peso di consegna.

      2. Le merci stesse saranno poste a carico dei gerenti o gestori al prezzo fissato dalla cooperativa per la vendita al pubblico o segnate negli appositi bollettini di carico.

      3. I gerenti o gestori hanno diritto di controllare il peso, il calo, la tara, il valore e la qualità delle merci assunte in carico.

      4. In considerazione della variabilità dei cali, delle tare e delle perdite per cottura, in rapporto alle condizioni di ambiente, di clima, di trasporto, di manipolazione e preparazione delle merci, la determinazione dell’entità di detti cali, tare e perdite per cottura, sarà fissata al momento dell’assunzione, fermo restando il diritto reciproco delle parti di chiedere la eventuale revisione.
      Art. 176
      INVENTARIO

      1. Gli inventari dei negozi o spacci affidati ai gerenti o gestori saranno effettuati dalla cooperativa o da chi per essa, in qualsiasi momento; in ogni caso però dovranno essere effettuati almeno due inventari per ogni esercizio annuale.

      2. Copia di ogni inventario, controfirmata dalle due parti, dovrà essere rilasciata al lavoratore.

      3. Ogni eventuale deficienza, emergente dalle risultanze contabili, dovrà essere contestata per iscritto, entro il mese successivo alla effettuazione dell’inventario, all’interessato, il quale entro otto giorni dovrà comunicare per iscritto alla cooperativa le eventuali eccezioni.

      4. La cooperativa dovrà tenere conto delle contestazioni formulate dal gerente o gestore, specie quando queste si riferiscono a cali, tare, perdite per cottura, deterioramento delle merci, ecc., comuni all’esercizio del negozio o spaccio. Le deficienze non giustificate, emergenti dopo tale controllo, saranno comunicate per iscritto all’interessato, che avrà l’obbligo di rifonderle nel termine massimo di otto giorni dalla ricevuta comunicazione.

      5. Nel caso in cui dall’inventario emergono diversità di valutazioni sull’esito delle risultanze contabili, il gerente o gestore ha facoltà di richiedere, con motivata domanda, un immediato inventario di verifica con la procedura di cui sopra.

      6. La mancata verifica inventariale nei termini sopra spe-cificati esonera il gestore o il gerente dalla responsabilità di eventuali differenze riscontrate tardivamente, salvo i casi perseguibili per legge.
      T I T O L O XXXXVI
      RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI

      Art. 177

      Ai lavoratori con funzioni di carattere direttivo e a quelli con responsabilità di direzione esecutiva, nei casi in cui le norme di legge o di regolamento attribuiscano loro specifiche responsabilità civili o penali, anche in presenza di apposite deleghe nei rapporti con terzi, è riconosciuta l’assistenza legale e la copertura di eventuali spese connesse, in caso di procedimenti civili o penali per cause non dipendenti da colpa grave o dolo e relative a fatti direttamente connessi con l’esercizio delle funzioni svolte.

      T I T O L O XXXXVII
      COABITAZIONE, VITTO E ALLOGGIO;
      CONCESSIONI CREDITI AI CLIENTI
      Art. 178
      MODALITA’ DELLA COABITAZIONE, VITTO E ALLOGGIO

      L’eventuale disciplina della coabitazione, vitto e alloggio è demandata in sede aziendale. Resta inteso comunque che se la retribuzione viene in parte corrisposta attraverso la concessione di un alloggio, i locali di abitazione sono dati in uso e non in affitto e per la sola durata del rapporto di lavoro.

      Art. 179
      NORME PER I CREDITI AI CLIENTI

      1. Quando gli spacci siano affidati ai responsabili dei punti di vendita, la cooperativa è tenuta a stabilire precise norme scritte circa la concessione del credito ai clienti ed ai soci.

      2. Dette norme dovranno essere affisse nei punti di vendita e comunicate ai responsabili degli stessi che ne dovranno rilasciare ricevuta.

      3. Quando siano affisse nei locali della cooperativa, dovranno portare la firma del rappresentante legale della cooperativa ed essere controfirmate dal responsabile del punto di vendita.

      4. Qualora la vendita a credito sia consentita, sentita la rappresentanza sindacale unitaria, la cooperativa dovrà fissare precise norme in proposito e specialmente:
      I) i limiti del credito concesso ai clienti ed ai soci;
      II) i limiti della responsabilità del responsabile del punto di vendita;
      III) il comportamento del responsabile del punto di vendita quando si trovi di fronte ai limiti del credito consentito ai clienti ed ai soci nei casi di insolvibilità di questi per i debiti contratti;
      IV) tutte le norme che in materia saranno ritenute più opportune in conformità con la legge.

      5. In mancanza di tali norme la vendita a credito deve intendersi vietata. Quando la vendita a credito è auto-rizzata dalla cooperativa questa è tenuta, contemporaneamente alla verifica dell’inventario, a controllare la posizione dei clienti e soci debitori ed impartire in proposito opportune disposizioni scritte al responsabile del punto di vendita.

      6. Nel caso in cui per qualche cliente o qualche socio debba essere superato il limite di credito stabilito, la cooperativa dovrà impartire per iscritto apposite disposizioni al responsabile del punto di vendita; contrariamente, questi dovrà opporre rifiuto ad ogni richiesta di maggior credito.

      7. Le spese per ogni eventuale azione privata o legale inerente al recupero dei crediti autorizzati, saranno a carico della cooperativa. Saranno invece a carico del responsabile del punto di vendita i danni e le spese derivanti dalla concessione di credito non autorizzato o superante i limiti stabiliti dalla cooperativa.

      8. In questi casi la cooperativa potrà farsi rimborsare dal dipendente, tuttavia essa è sempre tenuta a prestarsi per il recupero di tali crediti a favore del responsa-bile del punto di vendita.

      9. Gli interessi sui crediti non potranno essere posti a carico del responsabile del punto di vendita, salvo il caso in cui si tratti di crediti concessi in violazione delle disposizioni ricevute dalla cooperativa.
      T I T O L O XXXXVIII
      DIVISE

      Art. 180

      1. Quando viene fatto obbligo al personale di indossare divise o abiti da lavoro o grembiuli le spese relative sono a carico della cooperativa.

      2. E’ parimenti a carico della cooperativa la spesa relativa agli indumenti che i lavoratori sono tenuti ad usare per ragioni di carattere igienico-sanitario o per particolari lavorazioni.

      3. Le spese relative agli indumenti di cui al primo comma del presente articolo possono essere sostituite con una indennità aggiuntiva della retribuzione, che sarà fissata in sede aziendale.

      4. La cooperativa è tenuta a fornire, salvo ulteriori necessità relative agli addetti a reparti particolari, almeno due divise l’anno al personale dipendente. Il dipendente avrà buona cura degli indumenti stessi messi a sua disposizione.
      T I T O L O XXXXIX
      DECORRENZA E DURATA

      Art. 181

      1. In applicazione di quanto previsto dal Protocollo 23 luglio 1993, il contratto collettivo nazionale di lavoro ha durata quadriennale per la parte normativa e biennale per la parte retributiva.

      2. Salve le decorrenze particolari previste per singoli istituti, il presente contratto decorre dal 1° gennaio 1995 ed avrà vigore fino a tutto il 31 dicembre 1998; per la parte economica il primo biennio scadrà il 31 dicembre 1996.

      3. Il contratto si intenderà rinnovato secondo la durata di cui al primo comma se non disdetto 6 mesi prima della scadenza con raccomandata a.r.. In caso di disdetta il presente contratto resterà in vigore fino a che non sia stato sostituito dal successivo contratto nazionale.



      Allegato 1

      Indennità di contingenza determinata in attuazione della Legge 26 febbraio 1986 n. 38 e successive modificazioni spettante al personale qualificato alla data del 1° gennaio 1995 in riferimento all’art. 141, 1° comma, punto II del presente CCNL:


      LIVELLIImporto dal
      1° gennaio 1995

      Quadri1.049.168
      I1.043.318
      II1.033.669
      III (par. 180)1.026.175
      III (par. 167)1.022.900
      IV (par. 155)1.018.328
      IV (par. 144)1.015.556
      V1.011.072
      VI1.001.544
      Ex 1° Super1.046.973



      Allegato 2
      ELEMENTI RETRIBUTIVI RIFERITI AGLI APPRENDISTI

      Livello IV (par. 144) primi dodici mesiLivello IV (par. 144) successivi dodici mesi

      - Paga base nazionale conglobata- Paga base nazionale conglobata 729.488
      - Dal 1° gennaio 1995591.166
      - Dal 1° gennaio 1996643.666

      - Indennità di contingenza918.177- Indennità di contingenza992.798

      - E.D.R. (1)20.000- E.D.R. (1)20.000



      Livello IV (par. 155) primi diciotto mesiLivello IV (par. 155) successivi diciotto mesi

      - Paga base nazionale conglobata- Paga base nazionale conglobata 785.212
      - Dal 1° gennaio 1995636.324
      - Dal 1° gennaio 1996692.834

      - Indennità di contingenza920.255- Indennità di contingenza925.152

      - E.D.R. (1)20.000- E.D.R. (1)20.000



      Allegato 3

      REGOLAMENTO PER LE TRATTENUTE DEL
      CONTRIBUTO DI SERVIZIO CONTRATTUALE


      Art. 1

      Il contributo di servizio contrattuale di cui all’art. 43 del presente CCNL viene fissato nella misura dello 0,10% sull’ammontare delle retribuzioni mensili lorde e sono tenuti a corrisponderlo tanto le cooperative che i propri dipendenti cui si applica il predetto contratto.

      Il contributo a carico delle cooperative aderenti alla Federconsumo-CCI, ANCD-Lega e AGCI, sarà pari allo 0,20%.
      Art. 2

      La ritenuta ai lavoratori sarà effettuata dalle aziende rientranti nella sfera di applicazione del CCNL in coincidenza con il pagamento delle retribuzioni mensili, le quali provvederanno a versare i relativi importi alle Organizzazioni Sindacali stipulanti entro il mese in cui avviene la ritenuta mediante accredito sul c/c bancario intestato alla Federazione Filcams-CGIL, Fisascat-CISL, Uiltucs-UIL, che sarà indicato dalle stesse organizzazioni sindacali.
      Art. 3

      I contributi a carico delle aziende di cui al precedente art. 1 saranno versati alle rispettive associazioni nazionali con le modalità indicate dalle Associazioni medesime, entro lo stesso periodo di cui al precedente articolo.
      Art. 4

      Le cooperative, tramite le rispettive Associazioni Nazionali, invieranno semestralmente alle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente contratto un resoconto statistico inerente l’attuazione del presente regolamento, specificando il numero dei dipendenti e gli altri dati riferiti all’esazione del contributo di servizio contrattuale.

      Le parti si incontreranno una volta l’anno per la verifica di quanto previsto nel presente regolamento.



      Roma, 3 dicembre 1994


      Allegato 4

      ACCORDO QUADRO SUI CONTRATTI DI FORMAZIONE E LAVORO

      PREMESSA

      1. Le Associazioni Cooperative e le Organizzazioni Sindacali Filcams-CGIL, Fisascat-CISL, Uiltucs-UIL, stipulanti il CCNL 3.12.94 della distribuzione cooperativa, ciascuna per la propria competenza, convengono di attuare gli strumenti contrattuali e legislativi atti a favorire l’inserimento dei giovani nelle imprese rientranti nella sfera di applicazione del contratto (in seguito definite semplicemente imprese). A questo scopo esprimono la volontà di utilizzare le norme di legge in materia di contratti di Formazione e Lavoro, al fine di favorire la preparazione dei giovani alla vita professionale mediante una regolamentazione tipo dei contratti stessi con la quale esse intendono definire consensualmente la disciplina applicativa dell’istituto, snellire le procedure di avviamento al lavoro ed effettuare verifiche periodiche circa l’andamento delle relative assunzioni.

      2. Le parti stipulanti - fermo restando il diritto delle aziende che intendono avvalersi della facoltà di presentare i progetti di formazione e lavoro alla Commissione Regionale per l’Impiego, così come previsto dalle leggi vigenti in materia - considerato che sono inefficaci le procedure di approvazione dei progetti concordati al di fuori del presente accordo, nel comune intento di realizzare la massima rapidità delle assunzioni di giovani, concordano quanto segue.
      PROCEDURE
      Art. 1

      1. Le imprese aderenti alle Associazioni Cooperative firmatarie del presente accordo presenteranno alle commissioni paritetiche regionali di cui al successivo art. 4 (o nazionali per i progetti che interessano più ambiti regionali), progetti conformi alla regolamentazione prevista dal presente accordo.

      2. Detti progetti saranno inviati dalle imprese interessate (mediante lettera raccomandata A.R.) ai componenti la Commissione Paritetica Regionale presso l’Associazione territoriale delle Cooperative interessata, affinché la Commissione esprima il parere di conformità entro i 10 giorni successivi alla data di ricevimento attestata dal timbro postale.
      A tal fine copia dei progetti sarà inviata alle rispettive Associazioni competenti per territorio ed alle Organizzazioni Sindacali sopra specificate di pari livello territoriale.
      Art. 2

      1. Le parti stipulanti concordano che il parere di conformità espresso dalla commissione paritetica sui progetti presentati sulla base della presente regolamentazione costituisce la condizione per procedere direttamente alle relative assunzioni entro i tempi previsti dai progetti medesimi.

      2. Le assunzioni dovranno essere comunicate alla sezione circoscrizionale per l’impiego, entro i tempi stabiliti dalle norme di legge. La comunicazione conterrà il parere di conformità della Commissione, l’indicazione del nominativo del lavoratore assunto, la data di assunzione, nonché gli altri elementi richiesti dalla normativa vigente e la dichiarazione di responsabilità del datore di lavoro di avere effettuato l’assunzione medesima in presenza dei presupposti di legge.
      Art. 3

      1. I contratti richiesti dovranno essere attivati, ove non siano già pianificati i tempi di assunzione, entro tre mesi dalla data di assenso della commissione. In caso contrario la procedura dovrà essere riattivata.

      2. I contratti di formazione e lavoro devono essere notificati dal datore di lavoro, all’atto dell’assunzione, all’Ispettorato Provinciale del Lavoro competente per territorio.
      Art. 4

      1. Le Commissioni paritetiche nazionale e regionale di cui al precedente art. 1 sono composte da 6 membri nominati, 3 dalla Associazione Cooperativa, di volta in volta singolarmente interessata dall’impresa associata, e uno da ciascuna delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente CCNL.

      2. La riunione della commissione è valida a condizione che sia presente la maggioranza dei suoi componenti. Il parere della commissione è valido se espresso all’unanimità dei membri presenti e dovrà tenere conto della conformità del progetto al presente accordo.

      3. I membri della commissione in rappresentanza delle parti possono variare di volta in volta. Essi dovranno comunque figurare sull’apposito verbale della riunione col quale viene espresso il parere della commissione. Eventuali voti contrari dovranno essere puntualmente motivati nel verbale della riunione.

      4. Una copia del verbale dovrà essere immediatamente inoltrata all’impresa richiedente.

      Art. 5

      1. Le imprese dichiarano la volontà di trasformare i contratti di formazione e lavoro in stabile occupazione, anche a tempo parziale, compatibilmente con la realizzazione dei programmi aziendali. A tal fine le parti si incontreranno con periodicità semestrale per verificare lo stato di attuazione dei progetti e dei percorsi formativi.

      2. L’impresa comunicherà agli interessati con periodicità semestrale la valutazione sull’andamento del rapporto di formazione e lavoro.

      3. I contratti cessati o non trasformati saranno comunicati dalla Direzione Aziendale alle R.S.U.
      Art. 6

      Alla scadenza del contratto di formazione e lavoro di cui al comma 2, lettera a), art. 16 della legge 451/94, il datore di lavoro trasmette alla sezione circoscrizionale per l’impiego competente per territorio idonea certificazione dei risultati conseguiti dal lavoratore interessato utilizzando il modello predisposto dal Ministero del Lavoro. Alla scadenza del contratto di formazione e lavoro di cui alla lettera b), comma 2, art. 16 della legge stessa, il datore di lavoro rilascia al lavoratore un attestato sull’esperienza svolta.
      PROGETTI DI FORMAZIONE E LAVORO

      Art. 7

      1. I progetti di formazione e lavoro devono rispettare i principi di non discriminazione diretta e indiretta di cui alla legge 10 aprile 1991 n. 125.

      2. I progetti devono indicare:
      •l’attività svolta dall’impresa;
      •l’organico attuale, nonché quello in forza al 31 dicembre dei due anni precedenti;
      •l’unità produttiva e la località di svolgimento del contratto;
      •il numero degli assumendi;
      •il periodo di vigenza del progetto di formazione e lavoro;
      profili professionali nei quali il lavoratore sarà inserito;
      l’inquadramento d’ingresso e quello finale da conseguire al termine del C.F.L.;
      •la durata dei contratti, nonché l’informazione relativa all’eventuale utilizzo precedente i contratti di formazione e lavoro del Fondo Sociale Europeo;
      •la dichiarazione di non avere proceduto a licenziamenti per riduzione di personale di lavoratori per gli stessi livelli professionali di cui al progetto, nei dodici mesi precedenti la presentazione del progetto stesso e di non avere in corso per gli stessi lavoratori sospensioni dal lavoro ai sensi dell’art. 2 della legge 12 agosto 1988 n. 675 e successive modificazioni e integrazioni;
      •l’attestato di adesione ad una delle Associazioni Cooperative stipulanti;
      la dichiarazione - qualora l’impresa abbia già attivato i contratti di formazione e lavoro, - che al momento della richiesta del parere di conformità è stato mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui C.F.L. sia già venuto a scadere nei 24 mesi precedenti ai sensi dell’art. 8 della legge 19 luglio 1994 n. 451. A tal fine non si computano i lavoratori che si siano dimessi, quelli licenziati per giusta causa e quelli che, al termine del rapporto di lavoro, abbiano rifiutato la proposta di rimanere in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Tale limitazione non si applica quando nel biennio precedente sia venuto a scadere un solo C.F.L.;
      la descrizione dell’attività formativa, teorica e pratica, che si intende svolgere”.
      Art. 8

      1. L’impresa assicurerà la formazione teorica e pratica con personale qualificato che fornirà le conoscenze necessarie per l’apprendimento del processo produttivo e delle mansioni alle quali il lavoratore viene avviato, coerentemente con il progetto di formazione.

      2. La formazione sarà realizzata mediante:
      •lo svolgimento delle mansioni stesse, sotto la guida di personale esperto;
      •la trasmissione di norme teoriche necessarie per il completamento della formazione, con l’eventuale uso di strumenti e attrezzature da parte di personale esperto, direttamente nel corso delle attività lavorative;
      •la conoscenza delle realtà aziendali e dei diritti dei lavoratori e il ruolo delle Organizzazioni Sindacali e della Cooperazione.

      CONTRATTI DI FORMAZIONE E LAVORO
      Art. 9

      1. Il contratto di formazione e lavoro è stipulato in forma scritta e conterrà quanto previsto dall’art. 44, nonché il periodo di prova nei termini previsti dall’art. 46 del CCNL 3.12.94 della distribuzione cooperativa. Copia del C.F.L. e del relativo progetto vengono consegnate al lavoratore all’atto dell’assunzione.

      2. Ai lavoratori assunti con C.F.L. si applicano le disposizioni legislative che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato nonché le disposizioni contrattuali vigenti nelle aziende per la generalità dei lavoratori di pari livello.

      3. Durante il periodo del contratto di formazione e lavoro i trasferimenti da una unità produttiva all’altra, fermo restando quanto previsto dall’art. 2103 del Codice Civile, dovranno essere coerenti con le finalità formative.

      4. Le cause di sospensione legale del rapporto comportano la prorogabilità del termine finale per un periodo di durata pari alla effettiva sospensione, secondo i criteri e con le modalità previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 149 del 1° Aprile 1993.

      5. Durante i periodi di conservazione del posto di lavoro saranno corrisposti i trattamenti previsti a carico degli istituti assicurativi e le integrazioni a carico dell’azienda stabiliti dal C.C.N.L. per la generalità dei lavoratori.

      6. Ai sensi e per gli effetti della legge 11 maggio 1990 n. 108, i lavoratori con Contratto di Formazione e Lavoro rientrano nel computo del personale.
      Art. 10

      1. In base alla vigente legislazione i soggetti di età compresa tra i 16 e i 32 anni possono essere assunti con Contratto di Formazione e Lavoro che sarà definito secondo le seguenti tipologie:
      a) contratto di formazione e lavoro mirato alla:
      1) acquisizione di professionalità intermedie;
      2) acquisizione di professionalità elevate;
      b) contratto di formazione e lavoro mirato ad agevolare l’inserimento professionale mediante un’esperienza lavorativa che consenta un adeguamento delle capacità professionali al contesto produttivo ed organizzativo.

      2. I lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro di cui alle lettere a) e b) del comma precedente possono essere inquadrati ad un livello inferiore a quello di destinazione.

      3. La durata del contratto di formazione e lavoro é di ventiquattro mesi per i contratti di cui alla lettera a) del comma 1 e di dodici mesi per i contratti di cui alla lettera b) del medesimo comma.

      4. - Nei contratti di tipo a) n. 1, rientrano le professionalità comprese nei livelli III - IV e V del primo profilo;
      - nei contratti di tipo a) n. 2 rientrano le professionalità comprese nei livelli Quadri, I e II;
      - nei contratti di tipo b), date le sue finalità, possono rientrare tutte le professionalità dei livelli d’inquadramento di cui all’art. 48 del presente CCNL con l’esclusione del VI livello.

      5. I contratti di cui alla lettera a), n. 1) e 2), del comma 1 devono prevedere rispettivamente almeno ottanta e centotrenta ore di formazione da effettuarsi in luogo della prestazione lavorativa. Il contratto di cui alla lettera b) del comma 1 deve prevedere una formazione minima non inferiore a venti ore di base relativa alla disciplina del rapporto di lavoro, all’organizzazione del lavoro, nonché alla prevenzione ambientale e antinfortunistica.

      6. Per i contratti di cui alla lettera a) del comma 1 continuano a trovare applicazione i benefici contributivi previsti dalle disposizioni vigenti in materia. Per i contratti di cui alla lettera b) del predetto comma 1 i medesimi benefici trovano applicazione subordinatamente alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e successivamente ad essa, per una durata pari a quella del contratto di formazione e lavoro così trasformato e in misura correlata al trattamento retributivo corrisposto nel corso del contratto di formazione medesimo.
      Art. 11

      Le parti si danno atto che per quanto riguarda la regolamentazione dei contratti di formazione e lavoro nelle province di Trento e Bolzano, la normativa di cui sopra sarà armonizzata con quella in atto nelle predette province.

      DECORRENZA E DURATA

      Art. 12

      Le disposizioni contenute nel presente accordo quadro entrano in vigore dal momento in cui verranno recepite dal Ministro del Lavoro in applicazione della nuova normativa di legge in materia di Contratti di Formazione e Lavoro ed avranno la stessa durata del CCNL.

      Le parti si impegnano a trasmettere al Ministero del Lavoro copia del presente accordo quadro, per un sollecito recepimento.

      Norma transitoria
      Le disposizioni contenute nel presente accordo quadro entrano in vigore dal momento in cui verranno recepite dal Ministro del Lavoro in applicazione della nuova normativa di legge in materia di Contratti di Formazione e Lavoro.

      In attesa del recepimento di cui sopra, ai sensi dell’art. 16, comma 14, del D.L. n. 299/94 convertito dalla legge n. 451/94 come modificata dall’art. 6, comma 1, del D.L. 7 ottobre 1994 n. 572, continueranno ad applicarsi, fino al 31/12/94, le richieste di approvazione dei progetti dei Contratti di Formazione e Lavoro alla C.R.I., oppure, le richieste del parere di conformità della Commissione Paritetica Regionale, come stabilito dall’accordo quadro, all. 1 al CCNL 20/12/90, con possibilità, quindi, di stipulare i contratti di Formazione e Lavoro fino a tutto il 31/3/1995.

      Roma, 3 dicembre 1994


      Nota a verbale

      Le parti si danno atto che in data 30 Maggio 1995 il Ministero del Lavoro, a firma del Sottosegretario di Stato pro-tempore, ha recepito il presente accordo - quadro sui contratti di formazione e lavoro.


      Allegato 5
      PROTOCOLLO PER LE ACQUISIZIONI


      L’Associazione Nazionale delle Cooperative di Consumatori (Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue) - la Federazione Nazionale Cooperative di Consumo e della Distribuzione (Confederazione Cooperative Italiane) - l’Associazione Italiana Cooperative di Consumo (Associazione Generale Cooperative Italiane)
      e

      FILCAMS-C.G.I.L.; FISASCAT-C.I.S.L.; UILTuCS - U.I.L.

      stipulanti il CCNL 3.12.1994 per le imprese della distribuzione cooperativa, firmatarie del presente Protocollo, convengono che le imprese o rilevanti rami di azienda acquisiti da parte di cooperative del settore medesimo o da società da esse controllate continueranno, per un periodo di 42 mesi, a dare applicazione al CCNL ed alla contrattazione aziendale in atto al momento della acquisizione, assicurandone il rispetto dei cicli negoziali.

      Trascorso il periodo di cui sopra si darà applicazione al CCNL per i lavoratori dipendenti da imprese della distribuzione cooperativa.




      Roma, 3 dicembre 1994


      Allegato 6
      PROTOCOLLO PER AVVIO DISCOUNT

      Tenuto conto di quanto previsto dal punto C dell’art. 3 del CCNL 3.12.94, tra la Associazione Nazionale delle Cooperative di Consumatori (Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue) - la Federazione Nazionale Cooperative di Consumo e della Distribuzione (Confederazione Cooperative Italiane) - l’Associazione Italiana Cooperative di Consumo (Associazione Generale Cooperative Italiane)
      e

      FILCAMS-C.G.I.L.; FISASCAT-C.I.S.L.; UILTuCS - U.I.L.

      si conviene che ai lavoratori operanti nelle strutture Discount, in deroga a quanto stabilito dal CCNL 3.12.1994 della distribuzione cooperativa, si applicheranno, a far data dal 1° gennaio 1995 e fino alla sua scadenza, i seguenti trattamenti:

      1) ORARIO DI LAVORO

      I) L’orario di lavoro settimanale sarà di 40 ore.
      A fronte di tale orario saranno riconosciute a ciascun lavoratore 120 ore di permessi retribuiti su base annua, comprensive delle ore di cui all’art. 83 del CCNL, comma 14, che saranno utilizzate secondo quanto stabilito dal medesimo articolo contrattuale.

      II) Per le catene di discount che occupino più di 400 dipendenti, l’orario di lavoro di 38 ore settimanali avverrà con le seguenti gradualità:

      - dal 1° luglio 1996 distribuzione dell’orario medio di lavoro settimanale su 39 ore attraverso l’assorbimento di 48 ore di permessi retribuiti di cui al punto I) (residuano 27 ore su base annua).
      - dal 1° luglio 1997 distribuzione dell’orario di lavoro su 38 ore attraverso l’assorbimento di ulteriori 48 ore di permessi retribuiti di cui al punto I) (residuano 24 ore su base annua).

      Lo straordinario decorrerà dopo la 40° ora di lavoro e ciò fino al raggiungimento dell’orario normale di lavoro settimanale di 38 ore. Da tale data lo straordinario decorrerà dopo la 38° ora.

      2) LAVORO STRAORDINARIO

      Le prestazioni di lavoro straordinario saranno contenute nei limiti di 200 ore annue riferite al singolo dipendente.

      3) PART-TIME E LAVORO SUPPLEMENTARE

      Per i lavoratori a part-time il lavoro supplementare si intende quello prestato fino al raggiungimento dell’orario di lavoro del personale a tempo pieno.
      Ai sensi del quarto comma dell’art. 5, legge 19 dicembre 1984 n. 863, sono autorizzate, quando vi sia accordo tra datore di lavoro e lavoratore, prestazioni di lavoro supplementare, rispetto a quello individuale concordato, nella misura di 72 ore annue con riferimento alle seguenti specifiche esigenze organizzative:

      - per la compilazione degli inventari e dei bilanci o di analoghe brevi necessità di intensificazione dell’attività lavorativa aziendale;

      - per particolari difficoltà organizzative derivanti da concomitanti assenze per malattia o infortunio di altri dipendenti.

      Per i lavoratori che svolgono un rapporto di lavoro a tempo parziale in ragione di anno con una prestazione che si articola per uno o più mesi a tempo pieno è consentita, durante tali periodi, la effettuazione di lavoro straordinario.

      Saranno valide altresì intese a livello aziendale o di unità che, alla luce di ulteriori esigenze organizzative, similari a quelle di cui sopra, prevedono quantità superiori a quelle indicate al II comma del presente articolo.

      4) ACCORDI DI AVVIO

      Le parti avvieranno un confronto preventivo aziendale in fase di avvio delle nuove società sulle materie di cui all’art. 3, punto C) del CCNL 3.12.94.

      5) CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO

      La contrattazione di secondo livello nelle società di discount controllate dalle imprese della distribuzione cooperativa potrà avvenire solo dopo il termine dell’accordo di avvio di cui all’articolo successivo.

      6) DECORRENZA E DURATA

      Il presente accordo decorrerà dal 1° gennaio 1995 e scadrà il 31 dicembre 1997.

      Al termine dell’accordo le parti convengono sulla opportunità di incontrarsi per verificare le condizioni realizzate.
      Per quanto non previsto dal presente Protocollo valgono le norme di cui al CCNL per i dipendenti da imprese della distribuzione cooperativa.

      Roma, 3 dicembre 1994


      Allegato 7
      ACCORDO PER LA COSTITUZIONE DELLE
      RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE

      Realizzato
      tra
      la ANCC, ANCD, Confcooperative/Federconsumo e AGCI
      e
      FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL e UILTuCS-UIL

      In Roma, addì 12 ottobre 1995


      PREMESSA

      Il presente Protocollo assume integra e modifica la disciplina generale in materia di Rappresentanze Sindacali Unitarie, contenuta nel Protocollo del 13.09.1994 stipulato tra Centrali Cooperative e CGIL, CISL e UIL.

      Esso soddisfa l’esigenza di adeguare le regole generali alle specificità e peculiarità delle imprese della distribuzione cooperativa.
      Art. 1
      Sistema Elettivo
      (sostituisce l’art. 2 del Protocollo del 13.09.94)

      A suffragio universale ed a scrutinio segreto sono eletti 2/3 dei seggi.
      Alle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente CCNL è riservato il terzo residuo dei seggi mediante elezione in proporzione ai voti ricevuti nell’ambito dei 2/3.

      Nella definizione dei collegi elettorali, al fine della distribuzione dei seggi le Organizzazioni Sindacali terranno conto anche delle categorie professionali.

      Nella composizione delle liste si perseguirà una adeguata rappresentanza di genere attraverso una coerente applicazione della norma antidiscriminatoria.
      Art. 2
      Durata e sostituzione nell’incarico

      I componenti della R.S.U. restano in carica per tre anni, al termine dei quali decadono automaticamente. In caso di dimissioni di componente elettivo, lo stesso sarà sostituito dal primo dei non eletti appartenente alla medesima lista.
      Le dimissioni dei componenti le R.S.U. non possono superare il 50% degli stessi, pena la decadenza della R.S.U. con conseguente obbligo di procedere al suo rinnovo, secondo le modalità previste dal presente accordo.
      Art. 3
      Modalità per indire le elezioni

      Almeno tre mesi prima della scadenza del mandato della R.S.U., le Organizzazioni Sindacali di cui all’art. 1, titolo I, del presente accordo, o la R.S.U. uscente, provvederanno ad indire le elezioni mediante comunicazione da affiggere nell’apposito albo che l’azienda metterà a disposizione della R.S.U., e da inviare alla Direzione aziendale. Il termine per la presentazione delle liste è di 15 giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui sopra: l’ora di scadenza si intende fissata alla mezzanotte del quindicesimo giorno.

      Nei casi di elezione di R.S.U. interaziendali o di bacino o di area territoriale, l’iniziativa sarà assunta dalle Organizzazioni Sindacali competenti per territorio con le modalità di cui al comma precedente.

      Il seggio elettorale interaziendale o di bacino o di area territoriale sarà unico ed ubicato presso una delle unità produttive interessate. L’apertura del seggio sarà regolata in modo da consentire l’afflusso di tutti i lavoratori interessati.
      Art. 4
      Permessi sindacali e monte ore

      Le R.S.U. per l’espletamento dei loro compiti usufruiranno di una quota del monte ore dei permessi sindacali di cui al punto 3 dell’art. 29 del presente CCNL, pari al 70% di cui il 10% sarà utilizzato per il funzionamento dei coordinamenti unitari compresi quelli femminili, se esistenti.

      Il 30% sarà utilizzato per l’attività proprie delle singole Organizzazioni FILCAMS, FISASCAT, UILTuCS in base ad intese da definirsi tra le parti sindacali a livello territoriale, che dovranno essere comunicate alla Direzione Aziendale interessata.
      Il diritto di cui al 2° comma dell’art. 29 è esercitabile tramite le R.S.U. o direttamente dalle rispettive Organizzazioni Sindacali.
      Art. 5
      Revoca delle R.S.U.

      A maggioranza assoluta (50% + 1) del collegio elettorale i lavoratori possono revocare il mandato a componenti o alla totalità della R.S.U.. La revoca deve essere formalizzata con voto a scrutinio segreto in assemblea ove partecipino almeno i due terzi dei lavoratori del collegio interessato. La convocazione dell’assemblea del collegio, nei limiti del monte ore previsto dalle norme contrattuali, deve essere richiesta da non meno di 1/3 dei lavoratori componenti il medesimo collegio.
      Art. 6
      Assemblee

      In tutte le unità produttive in cui è costituita la R.S.U. il monte ore per le assemblee dei lavoratori viene così ripartito: il 70% a disposizione delle R.S.U., il restante 30% sarà utilizzato pariteticamente da FILCAMS, FISASCAT e UILTuCS tramite la R.S.U., o direttamente dalle singole Organizzazioni Sindacali.
      Art. 7
      Attribuzione dei seggi

      Ai fini dell’elezione dei due terzi dei componenti della R.S.U., il numero dei seggi sarà ripartito secondo il criterio proporzionale puro in relazione ai voti conseguiti dalle singole liste concorrenti.
      Il residuo terzo dei seggi sarà attribuito in base al criterio di composizione della R.S.U. previsto dall’art. 1 del presente Protocollo.

      Nell’ambito delle liste che avranno conseguito voti i seggi saranno attribuiti in relazione ai voti di preferenza ottenuti dai singoli candidati.

      Qualora due o più liste ottengano lo stesso numero di preferenze e, attraverso il sistema di calcolo non sia possibile attribuire il seggio o i seggi, si procederà al ballottaggio con nuova votazione del collegio elettorale e risulterà attribuito il/i seggio/i alla/e lista/e che avrà/avranno ottenuto il maggior numero di voti.

      Qualora due o più candidati della stessa lista ottengano lo stesso numero di voti di preferenza, la designazione sarà data al candidato che abbia maggiore anzianità di iscrizione al sindacato presso l’azienda.

      Ove una delle tre federazioni confederali che abbia partecipato alla competizione elettorale non abbia un proprio rappresentante nella R.S.U., la stessa potrà partecipare all’attività sindacale aziendale con propri dirigenti esterni; possibilità comunque riconosciuta ad ogni Organizzazione Sindacale firmataria del CCNL applicato e che abbia propri esponenti in seno alle R.S.U..

      Art. 8
      Clausole per la provincia autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta

      Il presente accordo è valido per tutto il territorio nazionale con l’esclusione della provincia autonoma di Bolzano e della Valle d’Aosta, nelle parti riguardanti i sindacati extra-confederali, in base alle disposizioni di leggi vigenti in tali territori.
      Art. 9
      Permessi per le funzioni elettorali

      I membri del Comitato elettorale, gli scrutatori, i componenti del seggio elettorale, i componenti sindacali del Comitato dei garanti, nel caso in cui siano in forza all’unità produttiva, dovranno espletare i loro incarichi al di fuori dell’orario di lavoro, nonché durante l’orario di lavoro utilizzando in via eccezionale, previa richiesta, i permessi retribuiti di cui all’art. 29 del CCNL.

      Resta inteso che ai suddetti soggetti non sono riconosciuti i diritti, i poteri e le tutele già previste dalla legge e dal contratto collettivo nazionale di lavoro a favore dei dirigenti delle R.S.A., e ora trasferite ai componenti le R.S.U. in forza del presente accordo.
      Art. 10
      Rappresentanza dei quadri

      Ai fini di una specifica rappresentanza dei Quadri nell’ambito delle R.S.U., in ogni singola azienda, potrà essere costituito un collegio elettorale in cui i lavoratori con la qualifica di quadro possano eleggere la propria rappresentanza. La procedura per la presentazione delle liste e per la votazione e per l’attribuzione dei seggi è quella prevista dal presente accordo.

      Il comitato elettorale concorderà con la Direzione aziendale le procedure atte a consentire l’esercizio del diritto di voto ad ogni quadro operante nelle unità produttive aziendali, che eserciterà il proprio diritto in unico collegio elettorale.

      Resta inteso che la rappresentanza dei quadri sarà costituita da almeno n. 1 rappresentante e comunque sarà ricompresa nel numero complessivo dei componenti delle R.S.U. eleggibili nelle varie unità produttive che compongono l’azienda.

      Nell’ambito del monte ore dei permessi sindacali retribuiti spettanti complessivamente alle R.S.U. si definirà a livello aziendale la quota parte di loro competenza.
      Art. 11
      Elettorato attivo e passivo

      Hanno diritto di votare tutti gli operai, gli impiegati ed i quadri non in prova, in forza all’unità produttiva alla data delle elezioni.

      Ferma restando l’eleggibilità degli operai, degli impiegati e dei quadri non in prova, in forza all’unità produttiva possono essere candidati nelle liste elettorali e quindi eleggibili, lavoratori non a tempo indeterminato il cui contratto di assunzione consente, alla data delle elezioni, una durata residua di rapporto di lavoro non inferiore a 6 mesi.
      La nomina, a seguito di elezione dei componenti della R.S.U., una volta definiti gli eventuali ricorsi, sarà comunicata per iscritto alla Direzione e, p.c. alla locale Associazione Cooperativa d’appartenenza a cura delle Organizzazioni Sindacali di rispettiva appartenenza dei componenti.

      Clausola finale
      Per quanto non previsto dal presente Protocollo valgono le norme contenute in quello interconfederale del 13.09.1994.


      Allegato 8
      Roma, 12 Ottobre 1995


      Tra

      la ANCD rappresentata dal Segretario Generale Roberto Dessì
      e da Federico Genitoni

      La FILCAMS-CGIL rappresentata da Luigi Coppini
      La FISASCAT-CISL rappresentata da Maria Pantile
      La UILTuCS-UIL rappresentata da Antonio Zilli

      si é convenuto quanto segue:

      le parti, in relazione al numero dei componenti le Rappresentanze Sindacali unitarie nelle imprese cooperative fra dettaglianti - fermo restando quanto previsto dal vigente CCNL in materia di R.S.U., diritti, permessi, libertà sindacali, tutele e modalità di esercizio, ivi comprese quelle derivanti dagli accordi aziendali - convengono che:

      tenuto conto della complessità dei processi di ristrutturazione in atto, transitoriamente e per un periodo di due anni, a partire dal 1 ottobre 1995, la elezione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie avverrà avendo a riferimento il numero dei componenti previsto dall’art. 3 del protocollo interconfederale Centrali Cooperative AGCI, CCI, LNCeM e Confederazioni Sindacali CGIL, CISL, UIL del 13 settembre 1994.
      Al termine dei due anni, tale accordo transitorio decade ed in tutte le Aziende che ricadono nella sfera di applicazione del presente accordo verrà data applicazione alla normativa prevista dal vigente CCNL in materia. Ciò a far data dal 30 settembre 1997.


      La ANCDla FILCAMS-CGIL
      la FISASCAT-CISL
      la UILTuCS-UIL


      Allegato 9
      REGOLAMENTO DELL’OSSERVATORIO
      Art. 1

      L’osservatorio della distribuzione cooperativa, art. 6 (prima parte) del CCNL per i dipendenti della distribuzione cooperativa, è costituito nell’ambito dell’osservatorio nazionale interconfederale sulla cooperazione, di cui al punto 5 del protocollo di relazioni industriali del 5 aprile 1990.
      Art.2

      L’osservatorio della distribuzione cooperativa è l’organismo paritetico fra le parti firmatarie del CCNL per l’analisi e lo studio sui temi di cui all’art. 6, parte prima, del CCNL della distribuzione cooperativa.
      Esso elaborerà progetti di analisi, di ricerca, di monitoraggio e di confronto sui temi di comune interesse scelti di volta in volta dalle parti stipulanti il CCNL
      Tale iniziative saranno inoltre comunicate all’osservatorio nazionale interconfederale dal momento della sua costituzione.
      Art. 3

      Le elaborazioni dell’osservatorio sulla distribuzione cooperativa saranno trasmesse alle parti stipulanti il CCNL per consentire le opportune valutazioni ed il loro eventuale utilizzo.
      Per le iniziative di cui sopra, l’osservatorio della distribuzione cooperativa si avvarrà dell’eventuale apporto dì qualificate strutture esistenti all’interno delle associazioni firmatarie e/o esterne per le singole iniziative o esistenti nell’osservatorio interconfederale.
      Art. 4

      Tutti i progetti che saranno presentati dall’osservatorio della distribuzione cooperativa alle parti stipulanti il CCNL e all’osservatorio nazionale interconfederale dovranno essere corredati da budget di spesa.
      I finanziamenti delle iniziative di studio e di ricerca adottate, qualora queste non siano esaudibili dalle normali strutture associative delle parti, dovranno essere ripartiti fra le stesse secondo le modalità che saranno concordate di volta in volta.
      Art. 5

      Annualmente, entro ottobre, l’osservatorio della distribuzione cooperativa dovrà presentare alle parti stipulanti il CCNL le proposte di iniziative di studio e di analisi, di cui all’art. 2 del presente regolamento, con i tempi previsti di realizzazione e i relativi budget di spesa per singola cooperativa.
      Art. 6

      I componenti dell’osservatorio esprimeranno un coordinatore, scelto fra i componenti a rotazione annuale avendo cura di alternare le nomine fra i componenti espressi dalle Associazioni Cooperative con quelli espressi dalle Organizzazioni Sindacali.
      Le riunioni dell’osservatorio saranno indette dal coordinatore con la specificazione dell’ordine del giorno e si concluderanno con la redazione di una nota da trasmettere a ciascuna delle parti a cura del coordinatore.
      Il coordinatore resterà in carica per un periodo di dodici mesi con inizio dal mese di novembre fino al 31 ottobre dell’anno successivo.
      Al termine del mandato il coordinatore predisporrà un rendiconto dell’attività svolta e delle spese sostenute che sarà trasmesso alle parti per le opportune verifiche.
      Nessun compenso è dovuto ai componenti dell’osservatorio, nemmeno a titolo di rimborso spese, per l’espletamento delle sue funzioni di cui al secondo capoverso dell’art. 2 del presente regolamento.
      Art. 7

      I componenti dell’osservatorio sono tenuti al mantenimento della riservatezza relativamente alle eventuali informazioni tutelate ai sensi dell’art. 2105 C.C. acquisite nell’ambito dell’attività dell’osservatorio. Questo obbligo è esteso a tutte le persone aventi accesso alle informazioni suddette.
      Art. 8

      L’osservatorio sulla distribuzione cooperativa ha sede in Roma provvisoriamente presso la sede dell’organizzazione che esprime annualmente il coordinatore.



      Roma, 3 dicembre 1994


      Allegato 10

      GARANZIE DI ASSISTENZA SANITARIA PER I QUADRI DIPENDENTI
      DA IMPRESE DELLA DISTRIBUZIONE COOPERATIVA
      ai sensi dell’art. 15 Quater dell’ipotesi di accordo siglata il
      3 Dicembre ’94 per il rinnovo del CCNL 20.12.90



      1. Contraente:
      A.N.C.C., A.N C.D., C.C.I., A.G.C.I. (distintamente)
      in nome e per conto delle imprese cooperative associate.

      2. Associati:
      L’assicurazione è prestata a favore del solo personale avente la qualifica di Quadro e si intende valida:
      - durante il permanere del rapporto di lavoro con una delle imprese associate alla contraente e fino alla prima scadenza annuale dell’assicurazione dopo la cessazione del rapporto stesso;
      - indipendentemente dalle condizioni fisiche degli assicurati.

      3. Prestazioni:
      A) - Ospedaliere
      La Società, per le malattie e gli infortuni verificatisi nell’anno assicurativo, rimborsa le spese per:
      1) in caso di intervento chirurgico e parto cesareo in istituto di cura(*) o anche ambulatoriale:
      - onorari del chirurgo, dell’aiuto, dell’assistente, dell’anestesista e di ogni altro soggetto partecipante all’intervento, per i diritti di sala operatoria ed il materiale di intervento;
      - l’ assistenza medica ed infermieristica, le cure, gli accertamenti diagnostici, trattamenti fisioterapici e rieducativi, i medicinali e gli esami post-intervento riguardanti il periodo di ricovero;
      - rette di degenza;
      - accertamenti diagnostici, compresi gli onorari medici, effettuati anche al di fuori dell’istituto di cura nei 100 giorni precedenti il ricovero; per esami, medicinali, prestazioni mediche ed infermieristiche, per trattamenti fisioterapici e rieducativi, cure termali (escluse le spese alberghiere) effettuate nei 100 giorni successivi al termine del ricovero e rese necessarie dall’intervento chirurgico.

      2) in caso di ricovero in istituto di cura che non comporti intervento chirurgico:
      - rette di degenza
      - accertamenti diagnostici, assistenza medica (compresi gli onorari medici) e infermieristici, cure, medicinali, riguardanti il periodo di ricovero.
      Per le rette di degenza, di cui ai punti A1 e A2 precedenti, il rimborso viene effettuato fino a concorrenza di lire 300.000 giornaliere ed al 50% sull’eccedenza di detto importo.

      3) in caso di parto non cesareo ed aborto: rette di degenza, onorari medici, esami ed accertamenti diagnostici, medicinali, riguardanti il periodo di ricovero, fino alla concorrenza di lire 2.000.000 per anno assicurativo.
      La garanzia di cui al presente articolo è prestata fino a concorrenza della somma di lire 200.000.000, da intendersi come disponibilità unica per ciascun anno assicurativo e per ciascun Quadro.
      Nel caso in cui l’Assicurato subisca un “grande intervento chirurgico” il massimale di cui sopra deve intendersi raddoppiato. Si considerano “grandi interventi chirurgici” quelli di cui all’allegato elenco.

      Il rimborso delle spese verrà ammesso solo se queste siano superiori a lire 4.000.000.
      Qualora le spese sostenute dall’Assicurato superino le lire 4.000.000, verranno rimborsate al 90%. Comunque la decurtazione prodotta dall’aliquota di franchigia non sarà superiore a lire 3.000.000.

      B) - Anticipo
      In caso di ricovero in Istituto di cura l’Assicurato può chiedere un anticipo sulla liquidazione, anche a titolo di cauzione, fino alla concorrenza delle spese effettivamente sostenute e documentate, purché nei limiti del massimale di polizza previa esibizione di certificazione medica provvisoria dell’Istituto di cura in cui si attesti il tipo ricovero, nonché la natura della malattia e dell’infortunio; tale anticipo verrà corrisposto a condizione che non sorgano contestazioni sulla risarcibilità delle spese di ricovero; al termine si procederà al conguaglio, attivo o passivo, in base alle spese effettivamente sostenute.

      C) - Accompagnatore - Trasporto - Servizio Sanitario Nazionale - Trasformabilità della prestazione
      La Società, nell’ambito delle spese di cui alla lettera A, punti 1 e 2 del presente Art. 3 nonché del massimale e scoperto previsti, rimborsa inoltre:
      - vitto e pernottamento in istituto di cura, per un accompagnatore dell’Assicurato col limite giornaliero di lire 100.000 e con un massimo di giorni 30 per ricovero;
      - trasporto dell’Assicurato in ambulanza (autoambulanza, unita coronarica, aereo, elicottero sanitario) all'Istituto di cura col massimo di lire 1.000.000;
      - trasporto dell’Assicurato e dell’eventuale accompagnatore all’estero, in treno o con aereo, col massimo di lire 2.000.000.
      L’assicurazione di cui alla presente polizza si intende prestata indipendentemente e ad integrazione del Servizio Sanitario Nazionale.
      Qualora l’Assicurato non richieda alcun rimborso (sia per il ricovero, sia per ogni altra prestazione sanitaria connessa con il ricovero stesso), la Società corrisponderà un’indennità per ogni giorno di ricovero di lire 150.000 per persona per un massimo per ciascuna persona di 100 giorni per anno. Tale indennità viene corrisposta a partire dall’undicesimo giorno successivo a quello di ricovero.

      D) -Specialistiche extraospedaliere
      La Società rimborsa anche le spese extraospedaliere per le seguenti prestazioni sanitarie e specialistiche purché richieste dal medico curante:
      - ecografia
      - TAC
      - elettrocardiografia
      - doppler
      - diagnostica radiologica
      - elettroencefalografia
      - risonanza magnetica nucleare
      - scintigrafia
      - cobaltoterapia
      - chemioterapia
      - telecuore
      - dialisi.

      La garanzia di cui al presente titolo viene accordata fino a concorrenza di lire 5 000.000 per anno assicurativo e per ogni assicurato con applicazione di uno “scoperto” sulle spese effettivamente sostenute e documentate, nella misura del 25% con il minimo di lire 100.000 per ogni prestazione, scoperto che rimarrà a carico dell’Assicurato.

      4. Limiti delle prestazioni
      Sono escluse dal rimborso le spese relative a:
      - intossicazioni conseguenti ad abuso di alcolici o ad uso di allucinogeni nonché ad uso non terapeutico di psicofarmaci o stupefacenti;
      - chirurgia plastica a scopo estetico salvo quella a scopo ricostruttivo da infortunio;
      - infortuni sofferti sotto l’influenza di sostanze stupefacenti o simili (non assunte a scopo terapeutico);
      - infortuni sofferti in conseguenza di proprie azioni delittuose;
      - cure dentarie, paradentarie e protesi dentarie non rese necessarie da infortunio;
      - le conseguenze dirette od indirette di trasmutazione del nucleo dell’atomo, come pure di radiazioni provocate dall’accelerazione artificiale di particelle atomiche.

      5. Estensione territoriale
      L’assicurazione vale per il mondo intero.

      6. Decorrenza e durata
      L’assicurazione ha effetto dalle ore 24 del 31.12.1994 fino al 31.12.1996.


      Roma, 3 dicembre 1994


      Elenco grandi interventi chirurgici

      - Craniotomia per lesioni traumatiche intracerebrali
      - Operazioni demolitrici per tumori del massiccio facciale con svuotamento orbitario
      - Tiroidectomia totale per neoplasie maligne
      - Resezioni polmonari segmentarie e lobectomia
      - Pneumectomia polmonare
      - Interventi per fistole del moncone bronchiale dopo exeresi
      - Interventi per fistole bronchiali - cutanee
      - Pericardietectomia parziale
      - Pericardietectomia totale
      - Sutura del cuore per ferite
      - Interventi per corpi estranei nel cuore
      - Interventi per malformazioni congenite del cuore e dei grossi vasi endotoracici
      - Commisurotomia per stenosi mitralica
      - Legatura e resezione del dotto di Botallo
      - Operazione per embolia dell’arteria polmonare
      - Interventi nell’esofagite, nell’ulcera esofagea e nell’ulcera peptica post-operatoria
      - Operazioni sull’esofago per stenosi benigne
      - Operazioni sull’esofago per tumori: resezioni totali e resezioni parziali basse e alte
      - Esofagoplastica
      - Resezione gastrica
      - Gastrectomia totale
      - Resezione gastro-digiunale per ulcera paptica post-anastomotica
      - Intervento per fistola gastro-digiuno-colica
      - Colectomia totale
      - Amputazione del retto per via addomino-perineale in uno o più tempi
      - Resezione epatica
      - Epatico o coledoctomia
      - Papillotomia per via trans-duodenale
      - Interventi per la ricostruzione delle vie biliari
      - Interventi di necrosi acuta del pancreas
      - Interventi per cisti e pseudo cisti pancrreatiche (enucleazione della ciste e marsupializzazione)
      - Interventi per fistole pancreatiche
      - Interventi demolitivi sul pancreas (totale, della testa o della coda)
      - Splenectomia
      - Anastomosi porto-cava e spleno-renale
      - Asportazioni di neoplasie endocraniche o di aneurismi o per correzione di altre condizioni patologiche
      - Operazioni endocraniche per ascesso ed ematoma intracranico
      - Interventi per derivazione liquorale diretta ed indiretta
      - Operazioni per encefalo-meningocele
      - Logotomia ed altri interventi di psicochirurgia
      - Talamotomia, pallidotomia ed altri interventi similari
      - Interventi per epilessia focale
      - Interventi endorachidei per asportazione di neoplasie, cordotomie, radiocotomie ed altre affezioni meningomidollari
      - Neurotomia retrogasseriana, sezione intracranica di altri nervi
      - Interventi associati sul simpatico toracico e sui nervi splacnici
      - Surrenalectomia ed altri interventi sulla capsula surrenale
      - Interventi per aneurismi su vasi arteriosi arteria carotide, vertebrale, succlavia, tronco branchio-cefalico ed iliaca
      - Operazione sull’aorta toracica e sull’aorta addominale
      - Cranio bifido con meningocele e meningoncefalocele
      - Idrocefalo ipersecretivo
      - Polmone cistico e policistico (lobectomia e pneumonectomia pediatrica)
      - Cisti e tumori tipici del bambino (simpatoblastoma)
      - Atresia congenita dell’esofago
      - Fistola congenita dell’esofago
      - Torace ad imbuto e torace carenato
      - Ileo meconiale: resezione con anastomosi primitiva
      - Atresia dell’ano semplice: abbassamento addomino-perineale
      - Atresia dell’ano con fistola retto-ureterale o retto-vulvare: abbassamento addomino-perineale
      - Megauretere: resezione con reimpianto e resezione con sostituzione di ansa intestinale
      - Megacolon: operazione addomino-perineale di Duhamel o Jwenson
      - Disarticolazione interscapolo-toracica
      - Emipelvectomia
      - Cistectomia totale con ureterosigmoidostomia
      - Nefrectomia allargata per tumore
      - Nefro ureterectomia totale
      - Orchiectomia per neoplasie maligne con linfoadenectomia
      - Pannisterectomia radicale per via addominale per tumori maligni
      - Intervento sull’ipofisi per via transfenoidale
      - Laringectomia totale
      - Faringolaringectomia

      Si considerano Grandi Interventi Chirurgici anche:

      - Il trapianto degli organi per il quale sono comprese altresì le spese relative al prelievo
      - L’artroprotesi.


      Allegato 11

      L’ASSOCIAZIONE GENERALE COOPERATIVE ITALIANE (A.G.C.I.),
      LA CONFEDERAZIONE COOPERATIVE ITALIANE (C.C.I.),
      LA LEGA NAZIONALE COOPERATIVE E MUTUE (L.N.C.e M.)

      e

      CGIL - CISL - UIL


      Condividono l’obiettivo di consolidare e sviluppare il sistema delle imprese cooperative di fronte alla prospettiva del mercato unico europeo, alle trasformazioni dello stato sociale ed infine ai mutamenti in atto nelle tecnologie, nell’organizzazione del lavoro.

      Nel mercato unico europeo dei prodotti e del lavoro l’impresa cooperativa potrà contribuire con la sua esperienza storica ed istituzionale alla costruzione di un modello di maggiore democrazia economica, che lo stesso statuto dell’impresa europea attualmente in discussione intende promuovere.

      A fronte della crisi di funzionamento e della necessità di riforma dello stato sociale matura la convinzione dell’opportunità di una riorganizzazione dei servizi sociali e collettivi. In tale direzione le parti ritengono che l’impresa cooperativa può offrire, oltre ad efficienza e funzionalità dei servizi, forme adeguate di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini utenti, anche dal lato della loro gestione.

      L’impresa cooperativa può dare una risposta significativa sia alla richiesta quantitativa e qualitativa di occupazione, anche con la promozione di nuova imprenditorialità soprattutto nel Mezzogiorno.
      La cooperazione, infatti, per realizzare i suoi obiettivi sociali e di sviluppo deve promuovere il coinvolgimento attivo ed intelligente dei lavoratori nei processi aziendali e nell’organizzazione del lavoro.

      La partecipazione professionale ai diversi livelli se coniugata con l’organizzazione efficiente ed efficace dei diversi ruoli aziendali è condizione per l’impresa di competitività sui mercati, così come per i lavoratori è condizione per concorrere attivamente alle trasformazioni dei sistemi organizzativi e professionali.

      Le parti riconoscono che la democrazia economica è un valore connaturato all’impresa cooperativa che ha nell’autogestione dei soci e nella partecipazione dei lavoratori i perni essenziali del suo esercizio.

      Il sistema di relazioni sindacali, definito nel presente Protocollo si propone di rendere più compiuta la democrazia economica attraverso rapporti più partecipativi.

      A tale proposito le relazioni sindacali fra le parti si ispireranno ai seguenti criteri:

      1) il reciproco riconoscimento delle parti ed il relativo ruolo contrattuale;

      2) L’instaurazione di un sistema di rapporti che organizzi con regolarità e sistematicità il confronto fra le parti su temi di interesse comune;

      3) la definizione di un sistema di informazioni e di consultazione preventiva che preveda adeguati strumenti di partecipazione dei lavoratori, anche al fine di rendere fisiologica la dialettica fra le parti sociali;

      4) la riorganizzazione degli assetti contrattuali estendendo la contrattazione autonoma ai settori scoperti ed assicurando certezza circa lo svolgimento della contrattazione integrativa negli ambiti, nei tempi ed ai livelli concordati;

      5) la definizione di nuove regole e procedure di ricorso volte a prevenire e raffreddare il conflitto;

      6) la definizione di un quadro di impegni congiunti - oggetto di un documento specifico - per lo sviluppo e la promozione specie nel Mezzogiorno di nuove imprese cooperative sia nei settori a maggiore tradizione cooperativa, sia nei settori nuovi quali i servizi sociali, i servizi alle imprese, il terziario avanzato, che rivestono particolare interesse per il Paese e nei quali la forma cooperativa offre soluzioni efficienti e razionali.

      1. Rapporti tra le Centrali Cooperative A.G.C.I., C.C.I., L.N.C.e M. e CGIL - CISL - UIL

      A. Livello interconfederale nazionale

      Le parti convengono di confrontarsi annualmente e comunque ogni qualvolta una delle parti ne faccia richiesta, a livello confederale nazionale, sui temi di interesse comune, quali:

      - le problematiche connesse al mercato del lavoro;
      - le politiche di formazione professionale;
      - le pari opportunità;
      - le politiche occupazionali;
      - lo sviluppo della cooperazione e la relativa legislazione di sostegno;
      - le strategie imprenditoriali e sociali della cooperazione;
      - i processi di ristrutturazione, innovazione e riorganizzazione;
      - la competitività del settore cooperativo nei mercati nazionali e internazionali;
      - l’andamento delle relazioni sindacali e le linee di riforma degli assetti contrattuali;
      - l’analisi delle dinamiche retributive e del costo del lavoro;
      - lo sviluppo del Mezzogiorno;
      - la tutela dell’ambiente.

      A.1 Conferenza Nazionale sulla Cooperazione

      Le parti concordano di realizzare con periodicità biennale la Conferenza Nazionale sullo stato e lo sviluppo della Cooperazione in Italia.

      La Conferenza sarà organizzata dalle parti avvalendosi del contributo dell’osservatorio nazionale sulla cooperazione di cui al successivo punto 5 nonché con l’apporto di autorevoli esperti della cooperazione, delle relazioni sindacali e delle politiche economiche e produttive.

      La conferenza dovrà richiamare un’attenzione maggiore sui problemi della cooperazione e del lavoro, nella prospettiva del mercato unico europeo. In tale sede saranno posti in risalto i problemi propri del mondo della cooperazione (legislazione, investimenti, innovazione tecnologica, mercato, ecc.) e gli aspetti salienti delle relazioni sindacali (occupazione e problematiche del mercato del lavoro; contrattazione collettiva).

      B. Livello territoriale

      Di norma annualmente o su richiesta di una delle parti, a livello regionale, verranno attivate consultazioni tra le organizzazioni regionali delle Centrali Cooperative e delle Confederazioni Sindacali sulle materie di cui al precedente punto A, riferite allo specifico territorio regionale, secondo metodologie e strumenti definiti a tale livello.

      C. Livello settoriale

      Le parti si danno atto che sistemi di consultazione e di informazione che regolano i rapporti sindacali sono previsti dai C.C.N.L. stipulati dalle associazioni cooperative di settore e dalle federazioni sindacali di categoria. La sede di rinnovo contrattuale sarà occasione di verifica di tali sistemi anche alla luce della presente intesa.

      2. Democrazia d’impresa e partecipazione dei lavoratori

      A. Le parti ribadiscono l’importanza e la validità delle procedure di informazione e consultazione preventiva basate sul principio della richiesta di un parere formale obbligatorio non vincolante, così come previsto dai C.C.N.L. stipulati dalle associazioni cooperative di settore e dalle federazioni sindacali di categoria.

      La stipula dei prossimi C.C.N.L. costituirà occasione per una verifica di tali procedure al fine di estenderne e favorirne l’applicazione.

      B. Le parti, fermo restando le loro specifiche autonomie e responsabilità nonché la peculiarità delle imprese cooperative si sentono impegnate a favorire nelle imprese stesse la ricerca di forme di partecipazione dei lavoratori ai processi di sviluppo aziendale nel quadro di una comune concezione di valori di democrazia industriale.
      Inoltre le parti convengono sulla utilità di pervenire ad intese aziendali che prevedano, sperimentalmente e con le opportune verifiche, forme di corresponsabilizzazione dei lavoratori al processo produttivo, attraverso nuove modalità di partecipazione diretta dei lavoratori medesimi ai micro-processi produttivi.

      3. Formazione professionale

      Le parti, ritenendo che la valorizzazione delle risorse umane riveste importanza strategica ai fini dello sviluppo del sistema delle imprese cooperative e dell’occupazione, convengono che la formazione professionale permanente indirizzata all’acquisizione di una cultura adeguata alla diffusione delle nuove tecnologie è uno strumento utile, negli attuali processi di innovazione tecnologica, per contribuire a riqualificare il lavoro e sviluppare la professionalità, nonché per facilitare la mobilità dei lavoratori.

      Le parti condividono la necessità di un impegno per contribuire a dare una nuova identità all’attuale sistema di formazione professionale per renderlo più adeguato alle esigenze espresse dal mondo del lavoro e della cooperazione.

      Ciò premesso le parti si impegnano a definire entro 3 mesi organismi paritetici a cui demandare i seguenti compiti:

      A) promuovere e stimolare la realizzazione, da parte degli Enti competenti, di strumenti funzionali all’adeguamento dell’offerta formativa ai fabbisogni di professionalità espressi dal mercato del lavoro, nonché il miglioramento della qualità e dell’efficienza dell’offerta formativa;
      B) promuovere la domanda di formazione permanente dei lavoratori progettando la tipologia dei corsi;
      C) individuare e proporre modelli base di formazione teorica per i giovani assunti con contratto di formazione lavoro e per i giovani apprendisti e per le fasce deboli del mercato del lavoro;
      D) progettare e promuovere iniziative volte alla intensificazione e al miglioramento dell’orientamento professionale anche attraverso iniziative-pilota.

      Le parti definiranno le forme più opportune di intervento comune a livello territoriale sulle problematiche sopra citate.

      Quanto sopra concordato fa salvi il ruolo e le competenze delle rispettive strutture formative esistenti.

      4. Pari opportunità

      A Specificità femminile

      Le parti riconoscono la necessità di assumere la specificità femminile e di garantire il superamento di ogni eventuale forma di discriminazione nel lavoro e nello sviluppo professionale.

      B Fasce deboli del mercato del lavoro

      Nel quadro di iniziative per la valorizzazione delle risorse umane le parti si danno atto della necessità di sviluppare interventi specifici di promozione dell’occupazione e dello sviluppo professionale delle fasce deboli del mercato del lavoro (cassa integrati, handicappati, ultraventinovenni, extra-comunitari) anche eliminando gli eventuali ostacoli che precludono il pieno dispiegarsi delle professionalità in rapporto agli avanzamenti di responsabilità e di carriera. Nei settori della cooperazione, si opererà per favorire l’inserimento di lavoratori extra-comunitari in coerenza con quanto disposto dalla legge n. 39 del 28/2/1990.

      5. Osservatorio Nazionale sulla Cooperazione

      Le parti convengono di costituire un Osservatorio Nazionale sulla Cooperazione.

      L’Osservatorio Nazionale è l’organismo paritetico di consultazione permanente fra le parti a livello orizzontale sui temi delle relazioni sindacali e dello sviluppo della cooperazione. Esso progetterà iniziative di analisi, di ricerca, di monitoraggio e di confronto sui temi di comune interesse scelti di volta in volta dalle parti.
      Per la realizzazione delle iniziative di cui sopra, l’Osservatorio si avvarrà dell’apporto di qualificate strutture esistenti all’interno delle associazioni firmatarie ed anche esterne individuando le fonti di finanziamento di ogni singola iniziativa.

      L’Osservatorio sarà costituito da un Consiglio paritetico di 12 componenti designati entro tre mesi dalle parti contraenti. Il Consiglio ha il compito di elaborare entro i successivi tre mesi un regolamento per il funzionamento dell’osservatorio, il programma di attività è di individuare le fonti di finanziamento.

      Il progetto complessivo sarà sottoposto all’approvazione delle parti.

      6. Linea per la contrattazione collettiva

      Le parti convengono sulla opportunità di affermare un nuovo sistema di relazioni sindacali in grado di conferire certezza e programmabilità ai loro rapporti e di favorire forme di partecipazione alla vita e alle scelte di impresa.

      6.1 In questo quadro le parti individuano le linee di riordino degli assetti contrattuali che guideranno le rispettive associazioni di settore e le federazioni di categoria nello svolgimento della contrattazione collettiva ai vari livelli.

      Tali linee riguardano:

      - comportamenti contrattuali coerenti con la necessità di non concorrere a determinare tensioni inflazionistiche, al fine anche di diminuire il differenziale rispetto agli altri paesi industrializzati e di salvaguardare la competitività delle imprese cooperative rispetto alle imprese concorrenti;

      - il riconoscimento di due livelli negoziali: quello nazionale di categoria (o di comparto per grandi settori della cooperazione) e quello integrativo;

      - l’impegno a non riproporre allo stesso titolo, nelle piattaforme integrative, le materie che hanno già ottenuto soluzioni negoziali nei C.C.N.L., purché non espressamente rinviati al livello integrativo;

      - l’impegno a disporre di un intervallo di tempo per lo svolgimento della contrattazione integrativa che dovrà realizzarsi in tempi intermedi tra un rinnovo e l’altro del C.C.N.L. onde evotare sovrapposizioni anche prevedendo l’allungamento della durata degli stessi C.C.N.L.

      6.2 Le materie e il livello della contrattazione integrativa nonché le relative modalità e tempi di svolgimento saranno individuati dalle rispettive associazioni di settore e federazioni sindacali di categoria nell’ambito del rinnovo o della stipula dei C.C.N.L.. Gli incrementi retributivi al livello aziendale verranno commisurati a parametri oggettivi e verificabili di produttività, redditività delle singole imprese e saranno utilizzati anche al fine di valorizzare la professionalità.

      6.3 Le parti convengono sulla opportunità che tutti i settori ove sono presenti imprese cooperative siano coperti da contrattazione collettiva nazionale. Pertanto, per i settori non coperti da C.C.N.L. autonomi della Cooperazione, le parti definiranno congiuntamente alle rispettive associazioni di settore e federazioni di categoria le modalità per pervenire ad idonee soluzioni negoziali.
      7. Socio lavoratore

      Premesso che l’adesione alla cooperativa pone il socio lavoratore nel diritto-dovere di disporre collettivamente dei mezzi di produzione e di direzione, di partecipare alla elaborazione ed alla realizzazione dei processi produttivi e di sviluppo dell’azienda, di partecipare al rischio di impresa e quindi ai risultati economici ed alle decisioni ad essi conseguenti, di contribuire economicamente alla formazione del capitale sociale, mettendo nel contempo a disposizione il proprio lavoro e le proprie capacità professionali, le Centrali cooperative e CGIL-CISL-UIL, riaffermando il loro comune impegno per una sempre più ampia diffusione di cultura cooperativa e di democrazia nella gestione di tale impresa, convengono sulla necessità che, all’atto della stipula di nuovi contratti collettivi autonomi interessanti comparti o settori caratterizzati da presenza di cooperative di produzione-lavoro e di lavoro vengano disposte norme ispirate ai principi di cui sopra e - ferme restando le prerogative statutarie e le delibere delle assemblee sociali - riferite, per quanto attiene al trattamento economico complessivo dei soci lavoratori delle cooperative, a quanto previsto dai C.C.N.L..

      8. Procedure per la prevenzione del conflitto

      In coerenza con lo spirito del presente accordo, volto a migliorare le relazioni reciproche ai vari livelli, Centrali Cooperative e CGIL-CISL-UIL convengono le seguenti procedure per una rapida soluzione delle controversie:

      a) Controversie economiche collettive

      Alle richieste dei lavoratori, formalizzate in piattaforme rivendicative, presentate dalle Organizzazioni Sindacali di CGIL-CISL-UIL a livello della contrattazione nazionale di settore ed a livello integrativo, sarà dato riscontro dalle controparti entro 20 giorni dalla formulazione delle richieste medesime, attraverso un incontro fra le delegazioni delle parti.

      Allo scopo di favorire il buon esito del negoziato, durante tale periodo di tempo, le parti non assumeranno iniziative unilaterali, né procederanno ad azioni dirette.

      b) Controversie relative all’applicazione del presente accordo

      Le eventuali controversie riguardanti la interpretazione ed applicazione delle norme del presente accordo verranno sottoposte per iscritto alle organizzazioni confederali firmatarie le quali, tramite un’apposita Commissione paritetica, sono impegnate ad esaminarle e ad emettere il proprio parere entro 20 giorni dal ricevimento della comunicazione.


      Qualora il parere sia espresso concordemente avrà valore vincolante per le parti in causa.

      c) Controversie relative alle parti obbligatorie dei contratti

      Per le eventuali controversie relative alle parti obbligatorie dei C.C.N.L., si adirà ad un primo tentativo di conciliazione tra le parti, al livello in cui insorge la controversia, da concludersi entro 15 giorni dalla data di notifica scritta. In caso di esito negativo si esperirà un secondo tentativo di conciliazione fra le parti, ai livelli immediatamente superiori delle rispettive organizzazioni, entro i successivi 15 giorni. Per tutta la durata delle procedure di conciliazione entrambe le parti si asterranno da azioni dirette e dall’adottare decisioni unilaterali sulla materia in esame.

      d) Controversie individuali e plurime

      Le controversie individuali e plurime sorte a seguito di discordanti interpretazioni degli accordi e dei contratti collettivi intercorsi tra le parti firmatarie del presente Protocollo e le Organizzazioni ad esse aderenti, saranno esaminate e possibilmente risolte secondo la procedura che segue:

      - un primo tentativo di conciliazione diretto tra le parti a livello aziendale da effettuarsi entro 15 giorni dall’insorgere della controversia;

      - qualora le parti constatino l’impossibilità di comporre la controversia, il tentativo di conciliazione passa ad una commissione paritetica istituita dalle parti preferibilmente a livello regionale;

      - in caso di esito negativo delle procedure conciliative, le suddette Commissioni saranno integrate da un componente con le funzioni di arbitro. La decisione dovrà essere emessa entro 15 giorni dall’inizio del provvedimento arbitrale.

      A tale fine, insorta la controversia, le parti richiederanno ai soggetti interessati il mandato a conciliare e a transigere, così da porre in essere una conciliazione o una transazione non impugnabile ex artt. 2113 Cod. Civ. e 410 e 411 C.P.C..

      L’esaurimento della procedura di conciliazione costituisce condizione di percettibilità dell’azione giuridiziaria.

      Durante lo svolgimento delle procedure concordate, entro i termini suddetti, le parti si asterranno da azioni dirette.

      I C.C.N.L. armonizzeranno le loro normative ai principi convenuti con la presente intesa.
      Roma, 5 Aprile 1990

      Oneri Sociali

      AGCI, CCI, LNCeM e CGIL, CISL, UIL convengono sulla necessità di ridurre il divario, oggi eccessivo, tra l’ammontare del costo del lavoro ed il livello delle retribuzioni, constatando che ciò determina difficoltà nella definizione delle dinamiche retributive e costituisce un elemento di riduzione della competitività che si aggiunge ad altri, quali la inefficienza dei servizi, nella penalizzazione delle imprese italiane.

      Rilevando inoltre le negative conseguenze che determinano le ricorrenti incertezze e la variabilità nell’adozione di misure di fiscalizzazione degli oneri sociali, concordano sulla urgenza dell’adozione di provvedimenti che prevedano il passaggio, anche graduale, alla fiscalità generale di oneri oggi gravanti sul costo del lavoro ma destinati a finanziare forme di assistenza a disposizione di tutti i cittadini (assistenza sanitaria, assicurazione t.b.c., asili nido, assistenza malattia pensionati, enaoli).

      Considerato inoltre che il sistema degli oneri sociali, totalmente gravante sulle retribuzioni lorde, tende a penalizzare le imprese a più alta densità del fattore lavoro e pertanto la stragrande maggioranza delle imprese cooperative, valutano con interesse ed attenzione l’ipotesi di assumere a parziale riferimento per la contribuzione previdenziale altri indicatori economici in misura tale da non scoraggiare né l’innovazione di processo né l’occupazione e la valorizzazione delle professionalità.

      Le parti assumono l’impegno a condurre verso tali obiettivi un azione concertata nei confronti dei pubblici poteri, nonché per un comune intervento nelle sedi competenti al fine di rimuovere le cause del costante appesantimento della contribuzione previdenziale che rende particolarmente difficile la situazione economica delle cooperative di produzione e lavoro. Concordano altresi di incontrarsi per analizzare le particolari problematiche di vari settori della cooperazione in materia di normative previdenziali.

      In relazione a quanto previsto dalla lettera B. di pag. 4 “Livello territoriale” del Protocollo di nuove relazioni industriali del 5/4/1990, le Centrali Cooperative confermano che il testo convenuto non preclude la possibilità di consultazioni tra le parti anche al livello di singoli territori provinciali, in quanto demanda al livello regionale la definizione delle modalità e degli strumenti della consultazione.


      Allegato 12

      Presidenza del Consiglio dei Ministri

      Verbale di intesa

      Addì 31 luglio 1992, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio On.le Giuliano Amato, con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale On.le Nino Cristofori, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Sen. Fabio Fabbri, e il Sottosegretario al Ministero del Tesoro On.le Maurizio Sacconi, si è incontrato con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro:

      CGIL - Segr. Gen. B. Trentin
      CISL- Segr. Gen. S. D’Antoni
      UIL - Segr. Gen. P. Larizza
      CONFINDUSTRIA - Pres. L. Abete
      INTERSIND - Pres. A. Paci
      ASAP - Pres. Bazzoli
      CONFAPI - Pres. Cocirio
      CONFCOMMERCIO - Pres. F. Colucci
      CONFESERCENTI - Pres. G. Bonino
      ASSICREDITO - Pres. T. Bianchi
      CISPEL - Pres. R. Santini
      CONFETRA - Pres. G. Cremonese
      AGENS - Pres. F. Mortillaro
      FED. TERZIARIO AVANZATO - Pres. Faletti
      LEGA COOPERATIVE - Pres. G. Pasquini
      CONFCOOPERATIVE - Pres. Marino
      CONFCOLTIVATORI - Pres. Avolio
      CGIA - Pres. I. Spalanzani
      CNA - Pres. F. Minotti
      CASA - Pres. G. Guarino
      CLAAI - Pres. M. Dubini

      Al termine della riunione le parti hanno sottoscritto l’allegato protocollo sulla politica dei redditi, la lotta all’inflazione e il costo del lavoro.


      Protocollo sulla politica dei redditi,
      la lotta all’inflazione e il costo del lavoro

      A seguito dell’accordo tra Governo e Parti sociali del 6 luglio 1990 e delle trattative avviate il 2 giugno 1992 in applicazione del Protocollo tra Governo e Parti sociali del 10 dicembre 1991, sulla base del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 23 luglio 1992 è stato definito il seguente protocollo.
      In una situazione economica e finanziaria che rischia di aggravarsi ulteriormente, accentuando elementi già forti di debolezza e di instabilità, il Governo ritiene essenziali una immediata azione di freno dell’inflazione e una significativa riduzione del disavanzo statale. L’obiettivo non è solo quello di riconvergere verso i parametri del trattato di Maastricht. E’ - ed appare oggi - quello di salvare le nostre potenzialità di sviluppo, di non cadere in una spirale incontrollabile che metterebbe a repentaglio, per lungo tempo, quanto ha costruito in questi decenni il lavoro italiano e le prospettive di sicurezza economica di larga parte della comunità nazionale.
      Appaiono dunque necessarie, e non eludibili, coerenti politiche del Governo e comportamenti degli operatori economici e sociali che consolidino l’efficacia della svolta da compiere per uscire dalle difficoltà attuali, riprendere un sentiero di sostenuto sviluppo economico e occupazionale, recuperare piena credibilità sul piano internazionale, in un clima di certezze.
      In nome di questa prospettiva ardua, ma ancora possibile, il Governo assume gli impegni che seguono e rivolge alle parti sociali un fermissimo e responsabile appello.
      L’azione di politica dei redditi sarà correlata ai parametri di riferimento per la politica economica e di bilancio, approvati nel Documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio ’93-’95 e, in particolare, ai seguenti:

      199319941995

      Prodotto interno lordo1,6%2,4%2,6%
      Prezzo al consumo3,5%2,5%2,0%

      Il Governo ha inoltre ritenuto necessario attivare misure immediate di risanamento economico-finanziario ed abbassare quanto più possibile il tasso tendenziale di inflazione alla fine del 1992. Auspica, pertanto, che le intese tra le parti abbiano anch’esse immediata efficacia e risultino coerenti con tali indirizzi.

      Il Governo ritiene che, per conseguire apprezzabili risultati nell’abbattimento dell’inflazione, rafforzare la competitività dei nostri prodotti sui mercati internazionali e garantire la sensibilità del cambio, occorra rendere coerente la dinamica delle retribuzioni unitarie e del costo del lavoro con l’inflazione programmata.

      Le parti sociali prendono atto delle dichiarazioni del Governo sulle scelte di politica economica e condividono l’obiettivo di ricondurre l’inflazione al 2% a fine 1994.
      Le parti esprimono consapevolezza della necessità che le imprese recuperino competitività; assumono l’obiettivo di un adeguato rilancio occupazionale con particolare riguardo alle aree del Mezzogiorno. Le parti riconoscono il valore determinante dei loro comportamenti rispetto all’attuazione di una politica di tutti i redditi che assuma come obiettivo centrale la drastica riduzione del tasso d’inflazione.
      Tale valore determinante è altresì ricondotto dal Governo - così com’è scritto nel programma su cui esso ha avuto la fiducia del Parlamento - “all’obiettivo del mantenimento del valore reale delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici”.

      Conseguentemente, al fine della gestione delle dinamiche salariali per il 1992 ed il 1993, le parti concordano sui seguenti punti:

      in riferimento all’accordo del 10 dicembre 1991, la definitiva presa d’atto dell’intervenuta cessazione del sistema di indicizzazione dei salari di cui alla legge 3 luglio 1990, n. 191, già scaduta il 31 dicembre 1991;
      l’erogazione di una somma forfettaria a titolo di Elemento Distinto dalla Retribuzione, di lire 20.000 mensili per 13 mensilità, a partire dal mese di gennaio 1993, a copertura dell’intero periodo 1992-93, che resterà allo stesso titolo acquisita per il futuro nella retribuzione;

      adesione all’invito del Presidente del Consiglio a non procedere, durante il medesimo periodo, a erogazioni unilaterali collettive e ad altre ad esse assimilabili anche a negoziati a livello d’impresa, fatte salve le procedure relative a crisi o strutturazioni aziendali, dai quali negoziati possano derivare incrementi retributivi per le imprese. Il Governo assume coerentemente l’impegno di non proporre particolari erogazioni a dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni non convenute nell’ambito di accordi di comparto.

      L’erogazione forfettaria da definire per il pubblico impiego costituirà contenuto necessario degli accordi di comparto.

      Il Governo e le parti sociali, a seguito degli incontri tenutisi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ritengono che il negoziato sulla revisione degli assetti contrattuali a regime e sulla riforma del salario possa concludersi, come indicato nel comunicato della Presidenza del 23 luglio 1992, entro il prossimo 15 settembre. Il negoziato si svolgerà intorno ai seguenti principi guida, bisognosi di approfondimenti sia nei loro contenuti sia nelle loro reciproche relazioni:

      - previsione di livelli contrattuali non sovrapposti e distinti e perciò da definire in azione alle materie, ai tempi, alle procedure:
      - previsione di una parziale difesa del potere d’acquisto dei salari per i tempi di prolungata discontinuità contrattuale, che valga anche come incentivo al normale svolgimento delle trattative.

      Il Governo svolgerà un ruolo attivo al fine di portare le parti alla positiva conclusione del negoziato.

      In relazione all’obiettivo concordamente assunto di produrre gradualmente l’omologazione formale e sostanziale del lavoro pubblico con il lavoro privato, (secondo i principi convenuti nell’ambito delle intese del 29 gennaio u.s.), si conviene di promuovere le condizioni più idonee per una ampia disciplina contrattuale dei rapporti di lavoro riferiti alle Pubbliche Amministrazioni.
      A tal fine il Governo promuoverà dal mese di settembre una sede di confronto e negoziazione con le con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative avente tali obiettivi la disciplina dei tempi e dei modi di transizione alle regole del diritto comune, la delegificazione funzionale alla apertura di spazi contrattuali, la struttura della retribuzione, l’organizzazione dei livelli della contrattazione in relazione anche alle componenti della retribuzione stessa.
      Contemporaneamente a quanto sopra, la ripresa o l’avvio delle trattative relative ai diversi comparti assumerà l’obiettivo di definire, oltre agli aspetti retributivi in coerenza con i vincoli posti dalla politica dei redditi, con riferimento anche ai tempi di erogazione, contenuti di ammodernamento delle pubbliche amministrazioni - con particolare riguardo alla essenziale riqualificazione della gestione delle risorse umane - in linea con gli obiettivi generali individuati nella sede avente oggetto il complesso delle Pubbliche Amministrazioni.

      Il Governo conferma la decisione di dare effettivo corso ad una politica di tutti i redditi mediante le seguenti aree di intervento:

      1. Interventi su prezzi e tariffe

      Nei limiti consentiti dalla normativa comunitaria, il Governo indica la necessita di impostare una politica tariffaria per i pubblici servizi coerente con gli obiettivi di disinflazione, predeterminando, in un quadro di recuperi di produttività e miglioramento della qualità dei servizi offerti, la dinamica delle tariffe su base pluriennale, anche attraverso specifici contratti di programma. Ulteriori misure di contenimento e di controllo saranno assunte per il complesso dei prezzi pubblici anche per quanto riguarda quelli sottoposti a competenza regionale e locale.
      Quanto ai prezzi liberi, il Governo promuoverà, d’intesa con le categorie interessate alla formazione dei prezzi, un programma di monitoraggio e autoregolamentazione. Impartirà inoltre le opportune direttive alle Amministrazioni dello Stato in modo da evitare l’acquisto di servizi e beni i cui incrementi di prezzo non siano in linea con i tassi programmati di inflazione. Per conseguire con maggiore facilità l’obiettivo indicato, dovranno essere rimossi tutti gli ostacoli alla concorrenza tra fornitori, anche in coordinamento con l’Autorità anti-trust. Anche le autorità locali saranno impegnate in una politica diretta ad accrescere la concorrenzialità nel ruolo degli operatori presenti sul mercato.
      Per questi compiti il Governo si avvarrà della Segreteria del C.I.P. che, opportunamente riordinata, predisporrà mensilmente, e renderà pubblica, una relazione sull’andamento dei prezzi. Nel caso in cui i fenomeni osservati siano ritenuti di carattere eminentemente speculativo, il C.I.P. ne informerà il C.I.P.E. per eventuali proposte di passaggio del bene o servizio in argomento dal regime libero a quello di sorveglianza e, nei casi più gravi e in via eccezionale, all’amministrazione del prezzo per un periodo di tempo limitato.

      2. Politica fiscale e contributiva

      Il Governo intende mantenere nel suo insieme costante la pressione fiscale, a parità dei servizi erogati, nel 1993 e opererà per il recupero della base imponibile evasa o erosa. L’intervento normativo sarà finalizzato alla semplificazione e al riordino in pochi T.U. di quella che appare una vera e propria giungla fiscale; ad una drastica riduzione del numero dei livelli delle agevolazioni fiscali, secondo scale di priorità che terranno ovviamente conto della diversa rilevanza e qualità degli interessi coinvolti; alla maggiore responsabilizzazione di Regioni ed Enti locali sotto il profilo delle entrate.
      Il processo di razionalizzazione del sistema tributario deve subire, pertanto, una precisa accelerazione per il raggiungimento dei predetti obiettivi, nel quadro di una equa distribuzione del prelievo sulla generalità dei cittadini, espungendo dal sistema stesso aree di elusione e contrastando efficacemente i comportamenti evasivi.
      Le linee di forza di questo processo sono:
      a) revisione delle agevolazioni, tenendo conto delle finalità di incentivazione delle attività economiche in particolari settori e aree, e la riconsiderazione delle deduzioni dall’imponibile per assicurare ai contribuenti una equilibrata fruizione dei benefici;
      b) la rimodulazione delle discipline tributarie delle piccole imprese e del lavoro autonomo, in un quadro di più adeguati livelli di imposizione, associati alla semplificazione degli oneri e degli adempimenti formali, attraverso l’attività dei Centri di Assistenza Fiscale;
      c) lo sviluppo e il potenziamento della attività accertatrice, anche attraverso l’affinamento dei coefficienti presuntivi di reddito che rendano più immediato lo svolgersi dell’azione dell’Amministrazione.

      Il sistema contributivo sanitario dovrà subire una profonda ristrutturazione prevedendo, ad esempio, l’armonizzazione delle aliquote entro un’ ampia fascia di reddito eguale per tutti i lavoratori pubblici, privati ed autonomi: nell’ambito di tale ristrutturazione potrà trovare ulteriore sviluppo il processo di revisione degli oneri impropri di malattia.

      Il sistema fiscale e contributivo sarà anche utilizzato per la correzione di andamenti dei redditi difformi dagli obiettivi antinflazionistici.

      3. Interventi per l’occupazione e per il mercato del lavoro

      Il Governo, per affrontare la nuova fase di ristrutturazione dell’economia italiana e le negative ripercussioni sul mercato del lavoro, intende adottare un programma accelerato di piena e mirata attuazione della recente legge n. 223/1991 riguardante la cassa integrazione e la mobilità, anche apportando ad essa eventuali necessarie integrazioni.
      Le linee guida di tale programma, con la partecipazione attiva delle parti sociali, saranno le seguenti:
      - ruolo attivo del Ministero del Lavoro nel promuovere opportunità di nuova occupazione, anche giovanile, con la messa a punto, la gestione e/o il controllo di strumenti innovativi, anche da definire legislativamente, di rapporto di lavoro flessibili in sintonia con quanto già avviene negli altri paesi comunitari;
      - ruolo attivo del Ministero del Lavoro per il raggiungimento di intese sindacali nei processi di ristrutturazione, riorganizzazione o gestione di crisi, valorizzando la funzione della cassa integrazione, promuovendo l’uso flessibile del lavoro, al fine di contenere le riduzioni di personale;
      - adozione degli opportuni provvedimenti affinché le Regioni realizzino il dettato legislativo in materia di formazione professionale per i lavoratori in mobilità, studiando l’opportunità di destinare a tale scopo parte del Fondo Sociale Europeo;
      - potenziamento e indirizzo delle attività delle agenzie dell’impiego, per concretizzare, in sinergia con le forze sociali, le opportunità previste dalla legge di una mobilità da posto a posto (passaggio alla pubblica amministrazione, contratti di reinserimento, assunzioni a termine agevolate, lavori in opere e servizi di pubblica utilità, intrapresa di lavoro autonomo).

      Il Governo ritiene inoltre che sia indispensabile porre mano alla riforma del sistema di formazione professionale, in modo che esso sia effettivamente posto in grado di realizzare un servizio di formazione permanente, non ripetitivo dell’istruzione di base, bensì capace di sintonizzarsi con le innovazioni organizzative e tecnologiche.

      Infine, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, sarà creata un’apposita “task-force” per interventi a sostegno dell’occupazione e a tutela del patrimonio professionale nelle aree più toccate da crisi. Nel quadro dei suoi compiti, che saranno messi a punto di concerto con le parti sociali, la predetta struttura dovrà realizzare il coordinamento e l’effettivo utilizzo integrato delle risorse e delle agenzie disponibili a livello nazionale per la creazione di posti di lavoro.

      4. Politiche a favore degli investimenti

      Il Governo richiama gli impegni già assunti nel programma a favore di una più diretta e diffusa canalizzazione del risparmio verso gli investimenti, promuovendo il ricorso capitale di rischio adottando a tal fine gli strumenti necessari a dare maggiore solidità e respiro alla Borsa: più elevato pluralismo, promozione di investitori istituzionali quali i fondi pensione, fondi chiusi, borse locali, in vista di più ampie possibilità di accesso diretto al risparmio soprattutto per le piccole e medie imprese.
      Nell’ambito delle future allocazioni di bilancio avranno carattere prioritario gli stanziamenti per l’innovazione tecnologica, la ricerca e sviluppo.

      5. Procedure di verifica e controllo

      Le parti concordano di stabilire, quali sistematici di verifica degli interventi e delle politiche delineate, due incontri annuali, prima della elaborazione del Documento di programmazione economico-finanziaria e prima della elaborazione della Relazione previsionale e programmatica e della Legge Finanziaria.


      Roma 31 luglio 1992


      Allegato 13

      PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

      VERBALE DI INTESA
      (estratto)


      Il giorno 3 luglio 1993, a seguilo dell’accordo tra Governo e Parti sociali del 31 luglio 1992, e sulla base di un lungo e approfondito confronto, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio dei Ministri dott. Carlo Azeglio Ciampi, con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale sen. Gino Giugni, si è incontrato con i rappresentanti delle seguenti organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro:

      CGILSegr. Gen. B. TRENTIN
      CISLSegr. Gen. S. D’ANTONI
      UILSegr. Gen. P. LARIZZA
      CONFINDUSTRIAPres. L. ABETE
      INTERSINDPres. A. PACI
      ASAPPres. F. BAZZOLI
      CONFAPIPres. A. COCIRIO
      CONFCOMMERCIOPres. F. COLUCCI
      CONFESERCENTIPres. G. BONINO
      ASSICREDlTOPres. T. BIANCHI
      CISPELPres. R. SANTINI
      CONFETRAPres. G. CREMONESE
      FED. TERZIARIO AVANZATOPres. C.M. MASI
      LEGA COOPERATIVEPres. G. PASQUINI
      CONFCOOPERATIVEPres. L. MARINO
      CNAPres. F. MINOTTI
      CASAPres. G. GUARINO
      CLAAIPres. G. FACCINI
      UNCIPres. L. D’ULIZIA
      AGCIPres. L. ZlGNANI
      ANIAPres. A. LONGO
      ACRIPres. R. MAZZOTTA


      AI termine della riunione le parti sociali hanno espresso un giudizio complessivamente positivo sui contenuti dell’allegato Protocollo in ordine alla politica dei redditi e dell’occupazione, agli assetti contrattuali, alle politiche del lavoro, al sostegno al sistema produttivo, ed hanno dichiarato la loro disponibilità a sottoscrivere l’accordo il giorno 22 luglio prossimo venturo.
      PROTOCOLLO SUI LA POLITICA DEI REDDITI
      E DELL’OCCUPAZIONE,
      SUGLI ASSETTI CONTRATTUALI, SULLE POLITICHE DEL LAVORO
      E SUL SOSTEGNO AL SISTEMA PRODUTTIVO.
      (2 luglio 1993)


      1. POLITICA DEI REDDITI E DELL’OCCUPAZIONE

      La politica dei redditi è uno strumento indispensabile della politica economica, finalizzato a conseguire una crescente equità nella distribuzione del reddito attraverso il contenimento dell’inflazione e dei redditi nominali, per favorire lo sviluppo economico e la crescita occupazionale mediante l’allargamento della base produttiva e una maggiore competitività del sistema delle imprese.

      In particolare il Governo, d’intesa con le parti sociali, opererà con politiche di bilancio tese:
      a) all’ottenimento di un tasso di inflazione allineato alla media dei Paesi comunitari economicamente più virtuosi;
      b) alla riduzione del debito e del deficit dello Stato ed alla stabilità valutaria.

      L’attuale fase d’inserimento nell’Unione Europea sottolinea la centralità degli obiettivi indicati e la necessità di pervenire all’ampliamento delle opportunità di lavoro attraverso il rafforzamento dell’efficienza e della competitività delle imprese, con particolare riferimento ai settori non esposti alla concorrenza internazionale, e della Pubblica Amministrazione.

      Una politica dei redditi così definita unitamente all’azione di riduzione dell’inflazione, consente di mantenere l’obiettivo della difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici.

      Le parti ritengono che azioni coerenti di politica di bilancio e di politica dei redditi, quali quelle sopraindicate, concorreranno ad allineare il costo del denaro in Italia con quello del resto d’Europa.

      Il Governo dichiara di voler collocare le sessioni di confronto con le parti sociali sulla politica dei redditi in tempi coerenti con i processi. decisionali in materia di politica economica, in modo da tener conto dell’esito del confronto nell’esercizio dei propri poteri e delle proprie responsabilità.

      Sessione di maggio-giugno

      Saranno indicati, prima della presentazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, gli obiettivi della politica di bilancio per il successivo triennio.
      La sessione punterà a definire, previa una fase istruttoria che selezioni e qualifichi gli elementi di informazione necessari comunicandoli preventivamente alle parti, con riferimento anche alla dinamica della spesa pubblica, obiettivi comuni sui tassi d’inflazione programmati, sulla crescita del PIL e sull’occupazione.

      Sessione di settembre

      Nell’ambito degli aspetti attuativi della politica di bilancio, da trasporre nella legge finanziaria, saranno definite le misure applicative degli strumenti di attuazione della politica dei redditi, individuando le coerenze dei comportamenti delle parti nell’ambito dell’autonomo esercizio delle rispettive responsabilità.

      Impegni nelle parti

      A partire dagli obiettivi comuni sui tassi di inflazione programmati, il Governo e le parti sociali individueranno i comportamenti da assumere per conseguire i risultati previsti.

      I titolari d’impresa, tra cui lo Stato e i soggetti pubblici gestori di imprese, perseguiranno indirizzi di efficienza, innovazione e sviluppo delle proprie attività che, nelle compatibilità di mercato, siano tali da poter contenere i prezzi entro livelli necessari alla politica dei redditi.

      Il Governo come datore di lavoro terrà un coerente comportamento anche nella contrattazione delle retribuzioni dei pubblici dipendenti e nelle dinamiche salariali non soggette alla contrattazione.

      Le parti perseguiranno comportamenti, politiche contrattuali e politiche salariali coerenti con gli obiettivi di inflazione programmata.

      Nell’ambito delle suddette sessioni il Governo definirà i modi ed i tempi di attivazione di interventi tempestivi di correzione di comportamenti difformi dalla politica dei redditi. Il Governo opererà in primo luogo nell’ambito della politica della concorrenza attivando tutte le misure necessarie ad una maggiore apertura al mercato. Il Governo dovrà altresì disporre di strumenti fiscali e parafiscali, con particolare riferimento agli oneri componenti il costo del lavoro, atti a dissuadere comportamenti difformi.

      Si ribadisce l’opportunità di creare idonei strumenti per l’accertamento delle reali dinamiche dell’intero processo di formazione dei prezzi. E’ perciò necessaria la costituzione di uno specifico Osservatorio dei prezzi, che verifichi le dinamiche sulla base di appositi studi economici di settore.



      Rapporto annuale sull’occupazione

      Nella sessione di maggio il Governo predisporrà un rapporto annuale sull’occupazione, corredato di dati aggiornati per settori ed aree geografiche, nel quale saranno identificati gli effetti sull’occupazione del complesso delle politiche di bilancio, dei redditi e, monetarie, nonché dei comportamenti dei soggetti privati.

      Sulla base di tali dati, il Governo sottoporrà alle parti le misure, rientranti nelle sue responsabilità, capaci di consolidare o allargare la base occupazionale. Tra esse, con particolare riguardo alle aree di crisi occupazionale e con specifica attenzione alla necessità di accrescere l’occupazione femminile così come previsto dalla legge 125/91
      a) la programmazione e, quando necessaria, l’accelerazione degli investimenti pubblici, anche di concerto con le amministrazioni regionali;
      b) la programmazione coordinata del Fondo per l’occupazione e degli altri Fondi aventi rilievo per l’occupazione, compresa la definizione e finalizzazione delle risorse destinate all’attivazione di nuove iniziative produttive economicamente valide;
      c) la definizione di programmi di interesse collettivo, predisposti dallo Stato d’intesa con le Regioni, nei quali avvalersi di giovani disoccupati di lunga durata e di lavoratori in Cigs o in mobilità, affidando la realizzazione di tali programmi a soggetti qualificati e verificandone costantemente l’efficacia e gli effetti occupazionali attraverso gli organi preposti.
      d) la programmazione del Fondo per la formazione professionale e dell’utilizzo dei fondi comunitari, d’intesa con le Regioni.


      2. ASSETTI CONTRATTUALI

      1. Gli assetti contrattuali prevedono:
      - un contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria;
      - un secondo livello di contrattazione, aziendale o alternativamente territoriale, laddove previsto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori.

      2. Il CCNL ha durata quadriennale per la materia normativa e biennale per la materia retributiva.
      La dinamica degli effetti economici del contratto sarà coerente con i tassi di inflazione programmata assunti come obiettivo comune.
      Per la definizione di detta dinamica sarà tenuto conto delle politiche concordate nelle sessioni di politica dei redditi e dell’occupazione, dell’obiettivo mirato alla salvaguardia del potere d’acquisto delle retribuzioni, delle tendenze generali dell’economia e del mercato del lavoro, del raffronto competitivo e degli andamenti specifici del settore. In sede di rinnovo biennale dei minimi contrattuali, ulteriori punti di riferimento del negoziato saranno costituiti dalla comparazione tra l’inflazione programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente biennio, da valutare anche alla luce dell’eventuali variazioni delle ragioni di scambio del Paese, nonché dall’andamento delle retribuzioni.

      3. La contrattazione aziendale riguarda materie e istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del CCNL. Le erogazioni del livello di contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità ed altri elementi di competitività di cui le imprese dispongano, compresi i margini di produttività, che potrà essere impegnata per accordo tra le parti eccedente quella eventualmente già utilizzata per riconoscere gli aumenti retributivi a livello di CCNL, nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa.
      Le parti prendono atto che, in ragione della funzione specifica ed innovativa degli istituti della contrattazione aziendale e dei vantaggi che da essi possono derivare all’intero sistema produttivo attraverso il miglioramento dell’efficienza aziendale e dei risultati di gestione, ne saranno definiti le caratteristiche ed il regime contributivo-previdenziale mediante un apposito provvedimento legislativo promosso dal Governo, tenuto conto dei vincoli di finanza pubblica e della salvaguardia della pressazione previdenziale dei lavoratori.

      La contrattazione aziendale o territoriale è prevista secondo le modalità e negli ambiti di applicazione che saranno definiti dal contratto nazionale di categoria nello spirito dell’attuale prassi negoziale con particolare riguardo alle piccole imprese. Il contratto nazionale di categoria stabilisce anche la tempistica, secondo il principio dell’autonomia dei cicli negoziali, le materie e le voci nelle quali essa si articola.

      Al fine dell’acquisizione di elementi di conoscenza comune per la definizione degli obiettivi della contrattazione aziendale, le parti valutano le condizioni dell’impresa e del lavoro, le sue prospettive di sviluppo anche occupazionale, tenendo conto dell’andamento e delle prospettive della competitività e delle condizioni essenziali di redditività.

      L’accordo di secondo livello ha durata quadriennale. Nel corso della sua vigenza le parti, nei tempi che saranno ritenuti necessari, svolgeranno procedure di informazione, consultazione, verifica o contrattazione previste dalle leggi, dai CCNL, dagli accordi collettivi e dalla prassi negoziale vigente, per la gestione degli effetti sociali connessi alle trasformazioni aziendali quali le innovazioni tecnologiche, organizzative ed i processi di ristrutturazione che influiscono sulle condizioni di sicurezza, di lavoro e di occupazione, anche in relazione alla legge sulle pari opportunità.

      4. Il CCNL di categoria definisce le procedure per la presentazione delle piattaforme contrattuali nazionali, aziendali o territoriali, nonché i tempi di apertura dei negoziati al fine di minimizzare i costi connessi ai rinnovi contrattuali ed evitare periodi di vacanze contrattuali.
      Le piattaforme contrattuali per il rinnovo dei CCNL saranno presentate in tempo utile per consentire l’apertura delle trattative tre mesi prima della scadenza dei contratti. Durante tale periodo, e per il mese successivo alla scadenza, le parti non assumeranno iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette. La violazione di tale periodo di raffreddamento comporterà come conseguenza a carico della parte che vi avrà dato causa, l’anticipazione o lo slittamento di tre mesi del termine a partire dal quale decorre l’indennità di vacanza contrattuale.

      5. Il Governo si impegna a promuovere, entro la fine del 1997, un incontro di verifica tra le parti finalizzato alla valutazione del sistema contrattuale previsto dal presente protocollo al fine di apportare, ove necessario, gli eventuali correttivi.

      Indennità di vacanza contrattuale

      Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla data di scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio della retribuzione.
      L’importo di tale elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa la ex indennità di contingenza.
      Dopo 6 mesi di vacanza contrattuale, detto importo sarà pari al 30% dell’inflazione programmata. Dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo del contratto l’indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata.
      Tale meccanismo sarà unico per tutti i lavoratori.

      Rappresentanze sindacali

      Le parti, al fine di una migliore regolamentazione del sistema di relazioni industriali e contrattuali, concordano quanto segue:
      a) le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente protocollo riconoscono come rappresentanza sindacale aziendale unitaria nelle singole unità produttive quella disciplinata dall’intesa quadro tra CGIL-CISL-UIL sulle Rappresentanze sindacali unitarie, sottoscritta in data 1 marzo 1991. Al fine di assicurare il necessario raccordo tra le organizzazioni stipulanti i contratti nazionali e le rappresentanze aziendali titolari delle deleghe assegnate dai contratti medesimi, la composizione delle rappresentanze deriva per 2/3 da elezione da parte di tutti i lavoratori e per 1/3 da designazione o elezione da parte delle organizzazioni stipulanti il CCNL, che hanno presentato liste, in proporzione ai voti ottenuti;

      b) il passaggio dalla disciplina delle RSA a quello delle RSU deve avvenire a parità di trattamento legislativo e contrattuale, nonché a parità di costi per l’azienda in riferimento a tutti gli istituti;

      c) la comunicazione all’azienda e all’organizzazione imprenditoriale di appartenenza dei rappresentanti sindacali componenti le RSU ai sensi del punto a) sarà effettuata per iscritto a cura delle organizzazioni sindacali;

      d ) le imprese, secondo modalità previste nei CCNL, metteranno a disposizione delle organizzazioni sindacali quanto è necessario per lo svolgimento delle attività strumentali all’elezione delle predette rappresentanze sindacali unitarie, come, in particolare, l’elenco dei dipendenti e gli spazi per l’effettuazione delle operazioni di voto e di scrutinio;

      e) la legittimazione a negoziare al secondo livello le materie oggetto di rinvio da parte del CCNL è riconosciuta alle rappresentanze sindacali unitarie ed alle organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori aderenti alle organizzazioni stipulanti il medesimo CCNL, secondo le modalità determinate dal CCNL;

      f) le parti auspicano un intervento legislativo finalizzato, tra l’altro, ad una generalizzazione dell’efficacia soggettiva dei contratti collettivi aziendali che siano espressione della maggioranza dei lavoratori, nonché alla eliminazione delle norme legislative in contrasto con tali principi. Il Governo si impegna ad emanare un apposito provvedimento legislativo inteso a garantire l’efficacia “erga omnes” nei settori produttivi dove essa appaia necessaria al fine di normalizzare le condizioni concorrenziali delle aziende.

      Nota. Il presente capitolo sugli assetti contrattuali contiene principi validi per ogni tipo di rapporto di lavoro. Per il rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione resta fermo il D.L. 29/1993.

      Nota. CGIL-CISL-UIL e CNA CASA e CLAAI dichiarano che per quanto riguarda la struttura contrattuale e retributiva l’Accordo interconfederale 3 agosto / 3 dicembre 1992 tra le Organizzazioni dei lavoratori e le Organizzazioni artigiane per il comparto dell’artigianato è compatibile con il presente protocollo, fatta salva la clausola di armonizzazione prevista dall’Accordo interconfederale stesso nella norma transitoria.


      3. POLITICHE DEL LAVORO

      Il Governo predisporrà un organico disegno di legge per modificare il quadro normativo in materia di gestione del mercato del lavoro e delle crisi occupazionali, al fine di renderlo più adeguato alle esigenze di un governo attivo e consensuale e di valorizzare le opportunità occupazionali che il mercato del lavoro può offrire se dotato di una più ricca strumentazione che lo avvicini agli assetti in atto negli altri paesi europei.
      Il disegno di legge verrà redatto, attraverso un costruttivo confronto con le parti sociali, sulla base delle linee guida di seguito indicate.
      Il Governo si impegna, inoltre, a completare la disciplina del mercato del lavoro operata con la legge n. 223/91, integrandola con la nuova normativa sul collocamento obbligatorio per gli invalidi già in discussione in Parlamento.

      Gestione delle crisi occupazionali

      a) revisione della normativa della Cassa Integrazione per crisi aziendale onde renderla più funzionale al governo delle eccedenze di personale e delle connesse vertenze. Si dovrà mirare, in particolare, alla semplificazione ed accelerazione delle procedure di concessione dell’intervento, prevedendo un termine massimo di 40 giorni. Nell’ambito dei limiti finanziari annuali stabiliti dal CIPI, il Ministro del Lavoro gestisce l’intervento con l’ausilio degli organi collegiali, periferici e centrali, di governo del mercato del lavoro.
      L’intervento della Cigs per crisi può essere richiesto dall’impresa anche durante le procedure iniziate ai sensi dell’art. 24 della legge 223/91 quando sia intervenuto accordo sindacale in vista dell’obiettivo di ricercare soluzioni funzionali al reimpiego dei lavoratori eccedenti con la collaborazione degli organismi periferici del Ministero del Lavoro ed in particolare delle Agenzie per l’Impiego, della Regione, delle associazioni imprenditoriali e dei lavoratori o degli enti bilaterali da esse costituiti;

      b) previsione delle modalità per la valorizzazione del contributo che le Ragioni e gli Enti locali possono offrire alla composizione delle controversie in materia di eccedenze del personale attraverso l’utilizzazione delle competenze in materia di formazione professionale e di tutte le altre risorse di cui essi dispongono;

      c) con la gradualità richiesta dalle condizioni della finanza pubblica, elevazione del .trattamento ordinario di disoccupazione, sino al 40%, per consentire un suo più efficiente impiego sia da un punto di vista generale, per soddisfare in maniera adeguata le esigenze di protezione del reddito e le esigenze di razionale governo del mercato del lavoro, sia, in particolare. con riferimento ai settori che non ricadono nel campo di applicazione della Cigs nonché alle forme di lavoro discontinuo e stagionale;

      d) adozione di misure legislative che fino al 31 dicembre 1995 consentano alle imprese che occupano fino a 50 dipendenti e rientrano nel campo di applicazione della Cigo, di usufruire di quest’ultimo trattamento in termini più ampi degli attuali.
      Modificazione della disciplina della Cigo, prevedendo che nel computo della durata del predetto trattamento il periodo settimanale venga determinato con riferimento ad un monte ore correlato al numero di dipendenti occupati nell’impresa;

      e) al fine di conseguire il mantenimento e la crescita occupazionale nel settore dei servizi, si ritiene ormai matura una riconsiderazione del sistema degli sgravi contributivi concessi in alcune aree del Paese, del sistema di fiscalizzazione degli oneri sociali, nonché degli ammortizzatori sociali, al fine dell’approntamento di una disciplina di agevolazione e di gestione delle crisi che tenga conto delle peculiarità operative del settore terziario. Si prevede pertanto la istituzione di un tavolo specifico, coordinato dal Ministero del Lavoro, con le parti sociali del settore, e delle diverse categorie in esso incluse, per la predisposizione dei necessari provvedimenti di legge, in armonia con la politica della concorrenza a livello comunitario, e nel quadro delle compatibilità finanziarie del bilancio dello Stato.

      Occupazione giovanile e formazione

      a) il contratto di apprendistato va mantenuto nella funzione tradizionale di accesso teorico-pratico a qualifiche specifiche di tipo tecnico. Ne va comunque valorizzata la funzione di sviluppo della professionalità, anche mediante l’intervento degli enti bilaterali e delle Regioni, e la certificazione dei risultati. I programmi di insegnamento complementare potranno essere presentati alle Regioni per il successivo inoltro al Fondo sociale europeo. In relazione all’ampliamento dell’obbligo scolastico sarà consentito, attraverso la contrattazione collettiva, uno spostamento della soglia di età;

      b) la disciplina del contratto di formazione-lavoro va ridefinita prevedendo una generalizzazione del limite di età a 32 anni, ed individuando due diverse tipologie contrattuali, che consentano di modularne l’intervento formativo e la durata in funzione delle diverse esigenze.
      Ferme rimanendo le attuali disposizioni in materia di durata massima del contratto, per le professionalità medio-alte sarà previsto un potenziamento ed una migliore programmazione degli impegni formativi.
      Per le professionalità medio-basse ovvero per quelle più elevate che richiedano solamente un’integrazione formativa, il contratto di formazione-lavoro per il primo anno di durata sarà caratterizzato da formazione minima di base (informazione sul rapporto di lavoro, sulla specifica organizzazione del lavoro e sulla prevenzione ambientale ed anti-infortunistica) e da un’acquisizione formativa derivante dalla esperienza lavorativa e dall’affiancamento. I contratti collettivi potranno inquadrare i giovani assunti con questa tipologia di contratto a livelli inferiori rispetto a quelli cui esso è finalizzato.
      Non potranno aver luogo assunzioni con il contratto di formazione-lavoro presso imprese nelle quali non siano stati convertiti a tempo indeterminato almeno il 60% dei contratti di formazione-lavoro stipulati precedentemente.
      Va inoltre prevista una verifica dei risultati formativi raggiunti, da compiere, con la partecipazione degli enti bilaterali, secondo la classificazione Cee delle qualifiche, e che potrà consistere, per le qualifiche medio-alte, in un’apposita certificazione. Le Regioni dovranno disciplinare, secondo criteri uniformi, le modalità di accesso dei progetti formativi ai finanziamenti del Fondo sociale europeo. L’armonizzazione con il sistema formativo avverrà nella riforma della legge 845/1978.

      Riattivazione del mercato del lavoro

      a) nell’ambito delle iniziative previste nella sezione “politica dei redditi e dell’occupazione”, oltre ai programmi di interesse collettivo a favore dei giovani disoccupati del Mezzogiorno ivi previsti, per agevolare l’insediamento di nuove iniziative produttive nelle aree deboli, di cui alla legge 488/92, le parti sociali potranno contrattare appositi pacchetti di misure di politica attiva, di flessibilità e di formazione professionale, con la collaborazione delle Agenzie per l’impiego e delle Regioni. Tali pacchetti potranno prevedere una qualifica di base e la corresponsione di un salario corrispondente alle ore di lavoro prestato, escluse le ore devolute alla formazione;

      b) saranno definite le azioni positive per le pari opportunità uomo-donna che considerino l’occupazione femminile come una priorità nei progetti e negli interventi, attraverso la piena applicazione delle leggi n. 125 e n. 215, un ampliamento del loro finanziamento, una loro integrazione con gli altri strumenti legislativi e contrattuali, con particolare riferimento alla politica attiva del lavoro;

      c) ferme restando le misure già approntate sui contratti di solidarietà, si procederà ad una modernizzazione della normativa vigente in materia di regimi di orario, valorizzando pienamente le acquisizioni contrattuali del nostro Paese e sostenendone l’ulteriore sviluppo, nella tutela dei diritti fondamentali alla sicurezza, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dell’occupazione e l’incremento della competitività delle imprese;

      d) per rendere più efficiente il mercato del lavoro va disciplinato anche nel nostro Paese il lavoro interinale. La disciplina deve offrire garanzie idonee ad evitare che il predetto istituto possa rappresentare il mezzo per la destrutturazione di lavori stabili.
      In particolare, il ricorso al lavoro interinale sarà consentito alle aziende del settore industriale e terziario, con esclusione delle qualifiche di esiguo contenuto professionale. Il ricorso al lavoro interinale sarà ammesso nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi dell’azienda, nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti nonché nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali applicati dall’azienda utilizzatrice.
      La disciplina deve prevedere: che l’impresa fornitrice sia munita di apposita autorizzazione pubblica; che i trattamenti economici e normativi del rapporto di lavoro alle dipendenze delle dette imprese siano disciplinati da contratti collettivi; che si agevoli la continuità del rapporto con l’impresa fornitrice; che quest’ultima si impegni a garantire un trattamento minimo mensile; che il lavoratore abbia diritto, per i periodi lavorati presso l’impresa utilizzatrice, ad un trattamento non inferiore a quello previsto per i lavoratori dipendenti da quest’ultima.
      Trascorsi sei mesi senza che sia intervenuta la stipula del contratto collettivo, la disciplina che sarebbe stata di competenza dello stesso, sarà emanata con regolamento del Ministro del Lavoro, sentite le parti sociali.
      Dopo due anni di applicazione, va prevista una verifica tra le parti, promossa dal Governo, mirante a valutare la possibilità di un ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto;

      e) forme particolari di lavoro a tempo determinato, gestite da organismi promossi o autorizzati dalle Agenzie per l’impiego, possono essere previste in funzione della promozione della ricollocazione e riqualificazione dei lavoratori in mobilità o titolari di trattamenti speciali di disoccupazione.
      Il Ministro del Lavoro si impegna ad approfondire la possibilità di una riforma delle Agenzie per l’impiego mirata a consentire ad esse di operare nel predetto campo, escludendo comunque l’ipotesi dell’instaurazione di un rapporto di lavoro con le stesse;

      f) il Ministro del Lavoro si impegna a predisporre attraverso il confronto con le parti sociali, una riforma degli strumenti di governo del mercato del lavoro agricolo, mirata favorire l’occupazione ed un uso più efficiente e razionale delle risorse pubbliche;

      g) il Ministro del Lavoro si impegna a ridefinire l’assetto organizzativo degli Uffici periferici del Ministero del Lavoro perché questi possano adempiere ai necessari compiti di politica attiva del lavoro e di esprimere il massimo di sinergie con la Regione e le parti sociali. Si impegna inoltre perché ne risulti un rafforzamento della funzione ispettiva.



















      Allegato 14
      Protocollo di intesa per la costituzione delle
      Rappresentanze Sindacali Unitarie

      LEGA NAZIONALE COOPERATIVE E MUTUE
      CONFEDERAZIONE COOPERATIVE ITALIANE
      ASSOCIAZIONE GENERALE COOPERATIVE ITALIANE

      CGIL
      CISL
      UIL

      In base a quanto è convenuto nel protocollo del 23 luglio 1993 firmato dalle Parti Sociali e dal Governo si conviene alla seguente disciplina Generale, come da accordo quadro, delle Rappresentanze Sindacali Unitarie nelle cooperative e loro società collegate.
      Titolo I
      Costituzione e funzionamento
      Art. 1
      Ambito e iniziativa per la costituzione delle RSU

      Le Rappresentanze Sindacali Unitarie possono essere costituite su iniziative delle Associazioni Sindacali firmatarie del Protocollo del 23 luglio 1993 nelle unità produttive nelle quali le imprese cooperative abbiano più di 15 lavoratori e nelle unità produttive delle imprese cooperative agricole secondo quanto previsto dall’art. 35 della Legge 300/1970.
      Anche le Organizzazioni Sindacali firmatarie del CCNL applicato nella impresa cooperativa possono assumere l’iniziativa, ovvero quelle abilitate alla presentazione delle liste elettorali e che hanno formalmente aderito al presente accordo.
      L’iniziativa deve essere esercitata da parte delle Organizzazioni Sindacali possibilmente entro il 31.12.1994.
      Il rinnovo potrà avvenire anche su iniziative delle stesse R.S.U. e l’iniziativa dovrà essere esercitata almeno tre mesi prima della scadenza del mandato.
      Art. 2
      Sistema elettivo

      A suffragio universale ed a scrutinio segreto sono eletti 2/3 dei seggi.
      Alle Organizzazioni Sindacali firmatarie del CCNL di lavoro applicato nell’unità produttiva è riservato il terzo residuo dei seggi mediante elezione o designazione in proporzione dei voti ricevuti.

      Nella definizione dei collegi elettorali, al fine della distribuzione dei seggi le Organizzazioni Sindacali terranno conto anche delle categorie professionali (operai, impiegati e quadri) con dimensioni significative.

      Nella composizione delle liste si perseguirà una adeguata rappresentanza di genere, attraverso una coerente applicazione della norma antidiscriminatoria.
      Art. 3
      Numero dei componenti

      Fermo restando quanto previsto nel Protocollo d’intesa del 23 luglio 1993, sotto il titolo rappresentanze sindacali, al punto B (vincolo della parità dei costi per le aziende), salvo clausole più favorevoli dei contratti o accordi collettivi di lavoro, il numero dei componenti le R.S.U. sarà pari almeno a:

      a) 3 componenti per la R.S.U.. costituita nelle unità produttive che occupano fino a 200 lavoratori;
      b) 3 componenti ogni 300 o frazione di 300 dipendenti nelle unità produttive che occupano fino a 3000 lavoratori;
      c) 3 componenti ogni 500 o frazione di 500 lavoratori nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero di cui alla precedente lett. b).
      Art. 4
      Diritti, permessi, libertà sindacali, tutele e modalità di esercizio

      I componenti delle R.S.U.. subentrano ai dirigenti delle R.S.A. nella titolarità dei diritti, permessi, libertà sindacali e tutele già loro spettanti per effetto delle disposizioni di cui al titolo 3 della legge n. 300/1970.

      Sono fatte salve le condizioni di miglior favore eventualmente già previste nei confronti delle associazioni sindacali dai C.C.N.L. o accordi collettivi di diverso livello, in materia di numero dei dirigenti della R.S.A., diritti, permessi e libertà sindacali.

      Nelle stesse sedi negoziali si procederà, a parità di costi, all’armonizzazione nell’ambito dei singoli istituti contrattuali, anche in ordine alla quota eventualmente da trasferire ai componenti della R.S.U.

      In tale occasione, sempre nel rispetto dei principi sopra concordati, le parti definiranno in via prioritaria soluzioni in base alle quali le singole condizioni di miglior favore dovranno permettere alle organizzazioni sindacali con le quali si erano convenute, di mantenere una specifica agibilità sindacale.

      In tale ambito sono fatti salvi in favore delle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il C.C.N.L. applicato nell’unità produttiva, i seguenti diritti:
      a) diritto ad indire, singolarmente o congiuntamente l’assemblea dei lavoratori durante l’orario di lavoro, per 3 delle 10 ore annue retribuite, spettanti a ciascun lavoratore ex art. 20 legge n. 300/1970;

      b) diritto ai permessi non retribuiti di cui all’art. 24 legge n. 300/1970;

      c) diritto di affissione di cui all’art. 25 della legge n. 300/1970.
      Art. 5
      Compiti e funzioni

      Le R.S.U. subentrano alle R.S.A. ed ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni ad essi spettanti per effetto di disposizioni di legge.

      La R.S.U. e le competenti strutture territoriali delle associazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro, possono stipulare il contratto collettivo aziendale di lavoro nelle materie, con le procedure, modalità e limiti stabiliti dal contratto collettivo nazionale applicato nell’unità produttiva.
      Art. 6
      Durata e sostituzione nell’incarico

      I componenti della R.S.U. restano in carica per tre anni al termine dei quali decadono automaticamente. In caso di dimissioni di componente elettivo, lo stesso sarà sostituito dal primo dei non eletti appartenente alla medesima lista.

      Il componente dimissionario, che sia stato nominato su designazione delle associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’unità produttiva, sarà sostituito mediante nuova designazione da parte delle stesse associazioni.

      Le dimissioni e conseguenti sostituzioni dei componenti le R.S.U. non possono superare il 50% degli stessi, pena la decadenza della R.S.U. con conseguente obbligo di procedere al suo rinnovo, secondo le modalità previste dal presente accordo.

      Art. 7
      Decisioni

      Le decisioni relative a materie di competenza delle R.S.U. sono assunte dalle stesse in base ai criteri previsti da intese definite dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente accordo.
      Art. 8
      Clausola di salvaguardia

      Le organizzazioni sindacali, dotate dei requisiti di cui all’art. 19, legge 20 maggio 1970, n. 300, che siano firmatarie del presente accordo o, comunque, aderiscano alla disciplina in esso contenuta, partecipando alla procedura di elezione della R.S.U. rinunciano formalmente ed espressamente a costituire R.S.A. ai sensi della norma sopra menzionata.
      Titolo II
      Disciplina della elezione della R.S.U.

      Art. 9
      Modalità per indire le elezioni

      Almeno tre mesi prima della scadenza del mandato della R.S.U., le associazioni sindacali di cui all’art. 1, titolo I, del presente accordo, congiuntamente o disgiuntamente, o la R.S.U. uscente, provvederanno ad indire le elezioni mediante comunicazione da affiggere nell’apposito albo che l’azienda metterà a disposizione della R.S.U. e da inviare alla Direzione aziendale. Il termine per la presentazione delle liste è di 15 giorni dalle data di pubblicazione dell’annuncio di cui sopra; l’ora di scadenza si intende fissata alla mezzanotte del quindicesimo giorno.
      Art. 10
      Quorum per la validità delle elezioni

      Le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente accordo favoriranno la più ampia partecipazione dei lavoratori alle operazioni elettorali.

      Le elezioni sono valide ove alle stesse abbia preso parte più della metà dei lavoratori aventi diritto al voto.

      Nei casi in cui il quorum non sia stato raggiunto, la Commissione elettorale e le organizzazioni sindacali determineranno le modalità per una eventuale nuova consultazione nell’unità produttiva.
      Art. 11
      Elettorato attivo e passivo

      Hanno diritto di votare tutti gli operai, gli impiegati e i quadri non in prova in forza all’unità produttiva alla data delle elezioni.

      Ferma restando l’eleggibilità degli operai, impiegati e quadri non in forza all’unità produttiva, candidati nelle liste di cui al successivo articolo 12, la contrattazione di categoria regolerà limiti di esercizio del diritto di elettorato passivo dei lavoratori non a tempo indeterminato.
      Art. 12
      Presentazione delle liste

      All’elezione della R.S.U. possono concorrere liste elettorali presentate dalle:

      a) associazioni sindacali firmatarie del presente accordo e del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’unità produttiva;
      b) associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto ed atto costitutivo a condizione che:
      1) accettino espressamente e formalmente la presente regolamentazione;
      2) la lista sia correlata da un numero di firme di lavoratori dell’unità produttiva pari al 5% egli aventi diritto al voto.

      Non possono essere candidati coloro che abbiano presentato la lista ed i membri della Commissione elettorale.
      Ciascun candidato può presentarsi in una sola lista. Ove, nonostante il divieto di cui al precedente comma, un candidato risulti compreso in più di una lista, la Commissione elettorale di cui all’art. 13, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle liste e prime di procedere alla affissione delle liste stesse ai sensi dell’art. 15, inviterà il lavoratore interessato a optare per una delle liste. Dovrà scegliere a quale lista candidarsi pena la decadenza.
      Il numero dei candidati per ciascuna lista non può superare di oltre 1/3 il numero dei componenti la R.S.U. da eleggere nel collegio.

      Art. 13
      Commissione elettorale

      Al fine di assicurare un ordinato e corretto svolgimento della consultazione, nelle singole unità produttive viene costituita una Commissione elettorale.
      Per la composizione della stessa ogni organizzazione abilitata alla presentazione di liste potrà designare un lavoratore appartenente all’unità produttiva, non candidato.
      Art. 14
      Compiti della Commissione

      La Commissione elettorale ha il compito di:

      a) ricevere la presentazione delle liste, rimettendo a immediatamente dopo la sua completa integrazione ogni contestazione relativa alla rispondenza delle liste stesse ai requisiti previsti dal presente accordo;
      b) verificare la valida presentazione delle liste;
      c) costituire i seggi elettorali, presiedendo alle operazioni di voto che dovranno svolgersi senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale;
      d) assicurare la correttezza delle operazioni di scrutinio dei voti;
      e) esaminare e decidere su eventuali ricorsi proposti nei termini di cui al presente accordo;
      f) proclamare i risultati delle elezioni, comunicando gli stessi a tutti i soggetti interessati, ivi comprese le associazioni sindacali presentatrici di liste.
      Art. 15
      Affissioni

      Le liste dei candidati dovranno essere portate a conoscenza dei lavoratori a cura della Commissione elettorale, mediante affissione nell’albo di cui all’art. 9, almeno otto giorni prima della data fissata per le elezioni.
      Art. 16
      Scrutatori

      E’ in facoltà dei presentatori di ciascuna lista di designare uno scrutatore per ciascun seggio elettorale, scelto fra i lavoratori elettori non candidati.

      La designazione degli scrutatori deve essere effettuata non oltre le 24 ore che precedono l’inizio delle votazioni.
      Art. 17
      Segretezza del voto

      Nelle elezioni il voto è segreto e diretto e non può essere espresso per lettera né per interposta persona.
      Art. 18
      Schede elettorali

      La votazione ha luogo a mezzo di scheda unica, comprendente tutte le liste disposte in ordine di presentazione e con la stessa evidenza.

      In caso di contemporaneità della presentazione l’ordine di precedenza sarà estratto a sorte.

      Le schede devono essere firmate da almeno due componenti del seggio; la loro preparazione e la votazione devono avvenire in modo da garantire la segretezza e la regolarità del voto.

      La scheda deve essere consegnata a ciascun elettore all’atto della votazione dal Presidente del seggio.

      Il voto di lista sarà espresso mediante crocetta tracciata sulla intestazione della lista.

      Il voto è nullo se la scheda non è quella predisposta o se presenta tracce di scrittura o analoghi segni di individuazione.
      Art. 19
      Preferenze

      L’elettore può manifestare la preferenza solo per un candidato della lista da lui votata.

      Il voto preferenziale sarà espresso dall’elettore mediante una crocetta apposta a fianco del nome del candidato preferito, ovvero scrivendo il nome del candidato preferito nell’apposito spazio della scheda.

      L’indicazione di più preferenze date alla stessa lista, vale unicamente come votazione della lista, anche se non sia stato espresso il voto della lista. Il voto apposto a più di una lista, o l’indicazione di più preferenze date a liste differenti, rende nulla la scheda.

      Nel caso di voto apposto ad una lista e di preferenza data a candidati di liste differenti, si considera valido solamente il voto di lista e nullo il voto di preferenza.
      Art. 20
      Modalità della votazione

      Il luogo e il calendario di votazione saranno stabiliti dalla Commissione elettorale, previo accordo con la Direzione aziendale, in modo tale da permettere a tutti gli aventi diritto l’esercizio del voto, nel rispetto delle esigenze della produzione. Qualora l’ubicazione degli impianti e il numero dei votanti lo dovessero richiedere, potranno essere stabiliti più luoghi di votazione, evitando peraltro eccessivi frazionamenti anche per conservare, sotto ogni aspetto la segretezza del voto.

      Nelle aziende con più unità produttive le votazioni avranno luogo di norma contestualmente.

      Luogo e calendario di votazione dovranno essere portati a conoscenza di tutti i lavoratori, mediante comunicazione nell’albo esistente presso le aziende, almeno 8 giorni prima del giorno fissato per le votazioni.
      Art. 21
      Composizione del seggio elettorale

      Il seggio elettorale è composto dagli scrutatori di cui all’art. 16 parte seconda, del presente accordo e da un Presidente, nominato dalla Commissione elettorale.
      Art. 22
      Attrezzatura del seggio elettorale

      A cura della Commissione elettorale ogni seggio sarà munito di un’urna elettorale, idonea ad una regolare votazione, chiusa e sigillata sino alla apertura ufficiale della stessa per l’inizio dello scrutinio.

      Il seggio deve inoltre poter disporre di un elenco completo degli elettori aventi diritto al voto presso di esso.
      Art. 23
      Riconoscimento degli elettori

      Gli elettori, per essere ammessi al voto, dovranno esibire al Presidente del seggio un documento di riconoscimento personale. In mancanza di documento personale essi dovranno essere riconosciuti da almeno due degli scrutatori del seggio; di tale circostanza deve essere dato atto nel verbale concernente le operazioni elettorali.
      Art. 24
      Compiti del Presidente

      Il Presidente farà apporre all’elettore, nell’elenco di cui al precedente art. 22 la firma accanto al suo nominativo.
      Art. 25
      Operazioni di scrutinio

      Le operazioni di scrutinio avranno inizio subito dopo la chiusura delle operazioni di tutti i seggi dell’unità produttiva.

      Al termine dello scrutinio, a cura del Presidente del seggio, il verbale dello scrutinio, su cui dovrà essere dato anche delle eventuali contestazioni, verrà consegnato - unitamente al materiale della votazione (schede, elenchi, ecc..) - alla Commissione elettorale che, in caso di più seggi, procederà alle operazioni riepilogative di calcolo dandone atto nel proprio verbale.

      La Commissione elettorale al termine delle operazioni di cui al comma precedente provvederà a sigillare in un unico plico tutto il materiale (esclusi i verbali) trasmesso dai seggi; il plico sigillato, dopo la definitiva convalida della R.S.U. sarà conservato secondo accordi tra la Commissione elettorale e la Direzione aziendale in modo da garantire la integrità e ciò almeno per tre mesi. Successivamente sarà distrutto alla presenza di un delegato della Commissione elettorale e di un delegato della Direzione.

      Art. 26
      Attribuzione dei seggi

      Ai fini dell’elezione dei due terzi dei componenti della R.S.U., il numero dei seggi sarà ripartito, secondo il criterio proporzionale, in relazione ai voti conseguiti dalle singole liste concorrenti.
      Il residuo terzo dei seggi sarà attribuito in base al criterio di composizione della R.S.U. previste dall’art. 2.1 comma, parte I del presente accordo.

      Nell’ambito delle liste che avranno conseguito voti i seggi saranno attribuiti in relazione ai voti di preferenza ottenuti dai singoli candidati, e in caso di parità di voti di preferenza, in relazione all’ordine nella lista.
      Art. 27
      Ricorsi alla Commissione elettorale

      La Commissione elettorale, sulla base dei risultati di scrutinio, procede alla assegnazione dei seggi e alla redazione di un verbale sulle operazioni elettorali, che deve essere sottoscritto da tutti i componenti della Commissione stessa.

      Trascorsi 5 giorni dalla affissione dei risultati degli scrutini senza che siano presentati ricorsi da parte dei soggetti interessati, si intende confermata l’assegnazione dei seggi di cui al primo comma e la Commissione ne dà atto nel verbale di cui sopra.

      Ove invece siano stati presentati ricorsi nei termini suddetti, la Commissione deve provvedere al loro esame entro 48 ore, inserendo nel verbale suddetto la conclusione alla quale è pervenuta.

      Copia di tale verbale e dei verbali di seggio dovrà essere notificata a ciascun rappresentante delle associazioni sindacali che abbiano presentato liste elettorali, entro 48 ore dal compimento delle operazioni di cui al comma precedente e notificata a mezzo raccomandata con ricevuta, nel termine stesso, sempre a cura della Commissione elettorale, alla Associazione Cooperativa territoriale, che, a sua volta, ne darà pronta comunicazione all’azienda.
      Art. 28
      Comitato dei garanti

      Contro le decisioni della Commissione elettorale è ammesso ricorso entro 10 gg. ad apposito Comitato dei garanti. Tale Comitato è composto, a livello provinciale, da un membro designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali, presentatrici di liste, interessate al ricorso, da un rappresentante della Associazione Cooperativa locale di appartenenza, ed è presieduto dal Direttore dell’Uplmo o da un suo delegato.

      Il Comitato si pronuncerà entro il termine di 10 giorni.
      Art. 29
      Comunicazione della nomina dei componenti della R.S.U.

      La nomina a seguito di elezione o designazione dei componenti della R.S.U., una volta definiti gli eventuali ricorsi, sarà comunicata per iscritto alla Direzione aziendale per il tramite della locale organizzazione cooperativa d’appartenenza a cura delle organizzazioni sindacali di rispettiva appartenenza dei componenti.
      Art. 30
      Adempimenti della Direzione aziendale

      La Direzione aziendale metterà a disposizione della Commissione elettorale l’elenco dei lavoratori aventi diritto al voto nella singola unità produttiva e quanto necessario a consentire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali.
      Art. 31
      Clausola finale

      Il presente accordo potrà costituire oggetto di disdetta ad opera delle parti firmatarie previo preavviso di quattro mesi.


      LEGA NAZIONALE

      CONFEDERAZIONE COOPERATIVE ITALIANE

      ASSOCIAZIONE GENERALE ITALIANA

      CGIL-CISL-UIL.


      Roma, 13 settembre 1994
      Allegato 15

      PROTOCOLLO D’INTESA SULLE POLITICHE FORMATIVE
      FRA ASSOCIAZIONI COOPERATIVE E CGIL-CISL-UIL


      Associazioni Cooperative AGCI, CCI, LNCeM e CGIL, CISL, UIL convengono che la formazione professionale debba svolgere un ruolo di primo piano nella valorizzazione delle risorse umane e nello sviluppo delle capacità personali dei lavoratori, nonché per la loro sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
      L’assunzione di questi obiettivi costituisce la condizione necessaria sia per la miglior tutela della condizione di lavoro che per un rafforzamento della competitività ed efficienza del sistema di imprese e dei servizi.
      Le parti, nel rilevare che la vigente legislazione in materia e la gestione effettiva dell’offerta formativa non assicurano una formazione professionale adeguata a tali obbiettivi, ritengono che la formazione professionale rappresenti non solo un fattore di sviluppo economico, ma anche sociale di primaria importanza;

      - si impegnano, in questa fase di riforma, a contribuire alla riqualificazione del sistema formativo innanzitutto con la definizione di intese sulla materia;

      - sottolineano l’importanza di intervenire congiuntamente sulle pubbliche istituzioni per ottenere la revisione dell’attuale sistema normativo che regola la formazione professionale.

      In questo contesto è decisivo un impegno comune di potenziamento della cultura e degli strumenti della bilateralità al fine di:

      - rafforzare il ruolo e le capacità di interlocuzione del mondo del lavoro, imprese e sindacati, nei confronti delle istituzioni competenti, a livello nazionale e territoriale;

      - dar vita ad un sistema di formazione continua dei lavoratori adeguamente sostenuto in termini normativi ed economici che abbia il suo perno nella domanda formativa del mondo del lavoro;

      - promuovere e progettare congiuntamente le azioni formative necessarie alla qualificazione professionale dei lavoratori, alla realizzazione degli obiettivi di qualità delle imprese, al governo del mercato del lavoro;

      - promuovere e progettare iniziative anche formative sulle tematiche dell’Ambiente, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro anche in attuazione del D. Lgs. 626/1994.

      A tale scopo saranno attuate le necessarie collaborazioni e sinergie tra Enti Bilaterali ed Osservatorio sulla Cooperazione.

      Questi impegni sono particolarmente urgenti in relazione alla gestione delle Leggi 223/91 e 236/93 ed all’importanza che in esse assumono i processi di reimpiego.

      1. RIFORME LEGISLATIVE E PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI

      Nel quadro delle indicazioni suesposte le parti ritengono urgente dare rapida e concreta attuazione a quanto in materia contenuto nell’intesa 23 luglio 1993 di Palazzo Chigi:

      a) realizzare un raccordo sistematico tra il mondo dell’istruzione ed il mondo del lavoro, anche tramite la partecipazione delle parti sociali negli organismi istituzionali dello Stato e delle Regioni, dove vengono definiti gli orientamenti ed i programmi e le modalità di valutazione e controllo del sistema formativo;

      b) realizzare un sistematico coordinamento interistituzionale tra i soggetti protagonisti del processo formativo (Ministero del Lavoro, Ministero della Pubblica Istruzione, Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, Regioni), al fine di garantire una effettiva gestione integrata nel sistema;

      c) istituire il Consiglio Nazionale della Formazione Professionale, presso il Ministero del Lavoro, con i rappresentanti dei Ministeri suindicati, del Ministero dell’Industria, delle Regioni e delle parti sociali;

      d) realizzare prontamente l’adeguamento del sistema di formazione professionale con la revisione della Legge quadro 845/78 secondo le linee già prefigurate, tenuto conto dell’apporto che può essere fornito dal sistema scolastico:
      - rilievo dell’orientamento professionale come fattore essenziale;
      - definizione di standards formativi unici nazionali coerenti con l’armonizzazione in atto in sede comunitaria;
      - ridefinizione delle responsabilità istituzionali tra il Ministero del Lavoro (potere di indirizzo e ruolo di garanzia sulla qualità della formazione e sulla validazione dei suoi risultati) e Regioni (ruolo di progettazione dell’offerta formativa coerentemente con le priorità formative individuate nel territorio). In questo ambito alla conferenza Stato-Regioni dovrà essere affidato il compito di ricondurre ad un processo unitario di programmazione e valutazione le politiche formative;
      - ruolo decisivo degli osservatori della domanda di professionalità istituiti bilateralmente dalle parti sociali, in raccordo con le istituzioni competenti;
      - specifica considerazione degli interventi per i soggetti deboli del mercato del lavoro;
      - sistema gestionale pluralistico e flessibile;
      - avvio della formazione continua;
      - stabilire criteri rigorosi per l’accreditamento dei Centri di Formazione Professionale convenzionati con le pubbliche istituzioni, onde favorirne la trasformazione in agenzie formative raccordate con il mercato del lavoro;

      e) elevare l’età dell’obbligo scolastico a 16 anni, mediante iniziativa legislativa che, fra l’altro, valorizzi gli apporti che al sistema scolastico possono essere offerti da interventi di formazione professionale; per assicurare la maggiore efficacia sociale a tale obiettivo, esso dovrà essere accompagnato dalla messa a punto di strumenti idonei alla prevenzione ed al recupero della dispersione scolastica, individuando tra l’altro in tale attività uno dei possibili campi di applicazione dei programmi di interesse collettivo;

      f) portare a termine la riforma della scuola secondaria superiore, nell’ottica della costruzione di un sistema per gli anni 2000, integrato e flessibile tra sistema scolastico nazionale e formazione professionale ed esperienze formative sul lavoro sino a 18 anni di età.

      g) valorizzare l’autonomia degli istituti scolastici ed universitari e delle sedi qualificate di formazione professionale, per allargare e migliorare l’offerta formativa post-qualifica, post-diploma e post-laurea, con particolare riferimento alla preparazione di quadri specializzati nelle nuove tecnologie, garantendo il necessario sostegno legislativo a tali percorsi formativi ed il coordinamento tra le istituzioni competenti;

      h) finalizzare le risorse finanziarie derivanti dal prelievo dello 0,30 % a carico delle imprese (Legge 845/78) alla formazione continua, al di là di quanto previsto nella L. 236/93, privilegiando tale asse di intervento anche in rapporto all’utilizzo del Fondo Sociale Europeo;

      i) prevedere un piano straordinario triennale di riqualificazione e aggiornamento del personale, ivi compresi i docenti della scuola e della formazione professionale, per accompagnare il decollo delle linee di riforma suindicate;

      l) avviare un piano di intervento specificatamente, mirato a superare i gravi ritardi dei sistemi formativi nel Mezzogiorno.


      2. OCCUPAZlONE E FORMAZIONE

      2.1 FORMAZIONE IN ALTERNANZA, STAGES FORMATIVI, ORIENTAMENTO

      2.1.1 Il contratto di apprendistato va mantenuto nella funzione tradizionale di accesso teorico-pratico a qualifiche specifiche di tipo tecnico. Ne va comunque valorizzata la funzione di sviluppo della professionalità, anche mediante l’intervento degli enti bilaterali e delle Regioni. Se ne deve quindi incentivare la parte formativa attraverso moduli stabiliti da parte degli organismi bilaterali, i quali contribuiranno alla certificazione da parte delle regioni della realizzazione dell’attività formativa, quale condizione per la fiscalizzazione degli oneri sociali.
      I programmi di insegnamento complementare potranno essere presentati alle Regioni per il successivo inoltro al Fondo Sociale Europeo. In relazione all’innalzamento dell’obbligo scolastico sarà consentito, attraverso la contrattazione collettiva, uno spostamento della soglia di età.

      2.1.2 La normativa prevista dalla L. 451/94 sui contratti di formazione-lavoro è condivisibile nell’impianto generale che distingue fra diverse forme di CFL in rapporto all’acquisizione di professionalità più o meno elevate.
      Le parti ritengono che tale normativa debba essere integrata e modificata attraverso:

      - la differenziazione degli incentivi, elevandoli per i CFL delle fasce medio-alte, che prevedono un maggior numero di ore di formazione;
      - la certificazione dei risultati formativi da parte delle istituzioni competenti, le Regioni, con il coinvolgimento degli Organismi Bilaterali costituiti fra le parti sociali; la certificazione deve essere la condizione dei maggiori benefici contributivi di cui sopra;

      2.1.3 Per gli stages formativi le parti ritengono che la Legge 236/93 e la circolare ministeriale applicativa contengano una definizione normativa dell’istituto condivisibile, a condizione di prevedere un adeguato sistema di sostegno economico per i soggetti in stage, in particolare per i disoccupati senza reddito, e di attribuzione, per gli stages destinati agli studenti, della responsabilità della convenzione scuola/impresa ai presidi ed ai direttori di CFP, nell’ambito dei criteri-quadro definiti dai Provveditorati e dalle Regioni e previa concertazione con le parti sociali.

      2.1.4 Per l’orientamento le parti sociali ritengono necessario che le istituzioni preposte ed i privati coinvolti contribuiscano concretamente al riassetto di un sistema più omogeneo e funzionale alla formazione ed all’informazione orientativa. In particolare l’alternanza costituisce una modalità valida per costruire un reale ponte tra il mondo della formazione e quello dell’impresa. Per l’orientamento, quindi, le parti richiedono una nuova !legge quadro che valorizzi in un contesto integrato sia l’orientamento scolastico che quello professionale, con un loro attivo coinvolgimento.

      2.2 RIATTIVAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO

      Nelle aree deboli, di cui alla legge 488/92, oltre ai programmi di interesse collettivo a favore di giovani disoccupati nel Mezzogiorno per favorire l’insediamento di nuove iniziative produttive, le parti sociali potranno contrattare appositi pacchetti di politica attiva del lavoro, di flessibilità e formazione professionale, in collaborazione con le Agenzie dell’Impiego e le Regioni.

      3. FORMAZIONE CONTINUA

      Le parti si impegnano a sostenere la valorizzazione del dialogo sociale e la valorizzazione delle risorse anche per la formazione continua nel nuovo regolamento dei Fondi Strutturali della Cee e si impegnano a concordare posizioni comuni sulle procedure dei fondi strutturali e dei programmi comunitari.
      Preso atto della rapidità delle trasformazioni dell’organizzazione del lavoro e delle professionalità, le parti intendono favorire lo sviluppo di capacità più vicine alle esigenze delle aziende cooperative con un sistema di formazione che adegui le professionalità dei lavoratori alle nuove tecnologie introdotte nelle aziende ed alle strategie organizzative finalizzate ad una nuova qualità dei prodotti e dei servizi.
      A tale riguardo diventa significativa la realizzazione di un vero e proprio sistema integrato della formazione continua per:
      - monitorare le dinamiche professionali ed i fabbisogni formativi;
      - aggiornare i modelli formativi nell’ambito del diversi contesti territoriali, professionalità e di classi di utenza;
      - conoscere i punti di incontro tra domanda ed offerta formativa dei lavoratori occupati, favorendo inoltre gli interventi di politica attiva in tal senso;
      - promuovere interventi formativi nei confronti delle fasce deboli, delle donne, dei lavoratori in cassa integrazione e mobilità.

      4. ORGANISMI BILATERALI

      Si concorda di costituire, ai livelli nazionali e regionali, Organismi Bilaterali Paritetici, che operino nel comparto cooperativo al fine di sviluppare e favorire la formazione professionale, in un quadro di relazioni sindacali coerenti tanto con gli obiettivi di sviluppo e di qualificazione produttiva che occupazionale delle imprese cooperative.
      Questo sistema di strutture paritetiche avrà le seguenti finalità e compiti:
      - stabilire rapporti permanenti di confronto con le istituzioni e gli enti competenti su tutte le tematiche della formazione professionale;
      - partecipare attivamente alle politiche formative della Comunità Europea, sia attraverso i programmi e le azioni comunitarie, sia promuovendo il ruolo del dialogo sociale e delle strutture paritetiche;
      - promuovere il confronto a livello europeo con le organizzazioni europee dei sindacati e delle organizzazioni della cooperazione, per l’elaborazione di eventuali iniziative comuni per una più incisiva azione della Commissione CEE;
      - sviluppare ricerche sui fabbisogni formativi delle aziende cooperative e dei lavoratori addetti;
      - progettare standards e moduli formativi sperimentali, a partire dai moduli per i CFL;
      - promuovere attivamente la formazione continua, anche attraverso la progettazione e sperimentazione di moduli e tipologie di corsi; le parti si impegnano inoltre a definire congiuntamente progetti di formazione continua ai vari livelli, a partire da quelli aziendali, anche al fine di utilizzare i contributi pubblici previsti dalla Legge 236/93;
      - favorire le pari opportunità, promuovendo e progettando formazione volta alla valorizzazione del lavoro femminile e alla diffusione di azioni positive;
      - progettare, promuovendone anche la sperimentazione, modelli formativi mirati ai soggetti deboli del mercato del lavoro e a rischio di esclusione sociale;
      - progettare, promuovendone anche la sperimentazione, modelli formativi per i soggetti in cerca di prima occupazione con difficoltà di inserimento lavorativo superabile attraverso adeguata formazione professionale;
      - promuovere formazione professionale degli operatori delle cooperative sociali e progettare e sperimentare specifici modelli formativi con particolare riguardo alle cooperative sociali con finalità terapeutiche e di recupero sociale.
      Tali compiti saranno suddivisi fra Organismi Nazionali a Regionali, in rapporto alla diversità degli interlocutori pubblici (CEE, Ministeri, Regioni, Enti Locali) e ai rispettivi ambiti di intervento.
      In particolare sarà compito dell’Organismo paritetico nazionale promuovere la nascita delle strutture regionali e di coordinarne l’attività, allo scopo di ottenere una migliore funzionalità dei compiti; mentre sarà compito delle strutture paritetiche regionali promuovere e mettere in funzione attività di orientamento e “counselling” per favorire azioni di reimpiego in collaborazione con le Agenzie Regionali, con le quali vanno stipulate apposite convenzioni (vedi art. 9 comma 2 della Legge 236).
      In vista della costituzione degli organismi bilaterali regionali di cui sopra, anche al fine di operare con il massimo dell’efficienza e dell’efficacia e per evitare duplicazione di funzioni ed oneri aggiuntivi, andranno valorizzate e armonizzate, laddove esistano, le esperienze e le competenze degli Organismi di emanazione sia della cooperazione che delle organizzazioni sindacali.
      Il finanziamento degli Organismi Bilaterali avverrà:
      - attraverso una quota minima a carico delle Organizzazioni cooperative per le spese d’impianto a livello nazionale e regionale, utilizzando le sedi delle Associazioni cooperative stesse;
      - attraverso il finanziamento pubblico per i progetti finalizzati riferiti all’utilizzo dei Fondi Comunitari e di Fondi nazionali e regionali previsti dalle leggi, in particolare per la formazione continua e la formazione in alternanza.

      Le parti si impegnano a costituire i suddetti Organismi a livello nazionale entro due mesi dalla firma dell’accordo, a livello regionale con le gradualità relative alle specificità locali, e comunque non oltre sei mesi dalla firma dell’accordo.
      Nel frattempo le parti costituiscono un gruppo di esperti al fine di realizzare un progetto di analisi dei fabbisogni di professionalità e competenza nel settore cooperativo, anche al fine di contribuire all’attuazione di quanto fissato dall’art. 9, comma 1, della legge 236/93.

      Note della seconda parte

      (*) In mancanza di atto scritto il periodo di prova si intende non pattuito (art. 2096 Codice Civile)
      (**) Legge 10 gennaio 1935 n. 112 (Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 1935). Sono eccettuati: la moglie, i parenti e gli affini conviventi a carico, non oltre il terzo grado; il personale con funzioni direttive; i lavoratori esclusivamente a compartecipazione. Il libretto di lavoro è rilasciato dal Comune a richiesta dell’interessato; agli stranieri è rilasciato dall’Ispettorato del Lavoro a richiesta del datore di lavoro. Durante il periodo di occupazione il libretto resta depositato presso il datore di lavoro.

      (*) Corte Costituzionale: sentenza del 22 dicembre 1980 n. 189
      (**) Art. 2096, Codice Civile.

      (*) L’attribuzione del parametro superiore annulla e sostituisce l’indennità di funzione disposta dalla nota del profilo 4. livello III, del CCNL 1.2.1983

      (*)Nota a verbale
      In relazione alla legislazione vigente e alla precedente contrattazione in materia di apprendistato e di contratti di formazione lavoro, la normativa del presente contratto riferita a tale istituto sarà armonizzata nelle province autonome di Trento e Bolzano mediante opportuni incontri tra le parti a livello territoriale.

      (*)Nota a verbale
      La percentuale di cui sopra decorre dal 01.04.1987.

      (*) Art. 20, legge 17 ottobre 1967 n. 977.
      (**)Nota a verbale
      Le parti si danno atto che i criteri di determinazione del monte ore di riduzione dell’orario di lavoro in ragione di anno, come determinato dal presente articolo è in armonia con la determinazione del monte ore di cui ai commi 1-2-3 dell’articolo 22 del CCNL 1984, ovvero le 32 ore e mantengono il carattere originario di ex festività.

      (*)Nota
      Il nuovo sistema di computo decorre dal 1 settembre 1984 mentre la percentuale di cui sopra ha effetto dal 1 aprile 1987.

      (*)Nota a verbale
      Il nuovo sistema di computo di cui al presente articolo decorre dal 1° settembre 1984.
      Le percentuali di cui sopra decorrono dal 1° aprile 1987.

      (*) Codice Civile, art. 2109, legge 22 febbraio 1934 n. 370; legge 17 ottobre 1967 n. 977.
      (**) Per quanto riguarda le quattro festività abolite si rimanda all’art. 83.

      (*)Nota a verbale agli artt. 94 e 95
      Il nuovo sistema di calcolo decorre dal 1° settembre 1984.
      Le percentuali di cui agli artt. 94 e 95 decorrono dal 1° aprile 1987.

      (*)Sono da intendersi:
      a) parenti fino al 2° grado in linea retta: i figli, i nipoti (figli dei figli), i genitori e i nonni;
      b) parenti di 2° grado in linea collaterale: i fratelli e le sorelle;
      c) affini di 1° grado: i suoceri e i figli del coniuge d’altro letto.

      (*) Legge 3 maggio 1955 n. 370 Gazzetta Ufficiale n. 112 del 16 maggio 1955.
      (**) L’intera retribuzione di fatto di cui all’art. 142, per i primi due mesi, e per il restante periodo la differenza tra il trattamento militare e quello civile, attraverso la speciale Cassa impiegati richiamati dall’INPS.

      (*) Legge riportata in appendice

      (*) Tale indennità è posta a carico dell’INPS dal 1.1.1980, mentre, con effetto dal 1 gennaio 1979, era dovuta dall’ente assicuratore di malattia presso il quale la lavoratrice era assicurata ai sensi dell’art. 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

      (*)Militarizzati e partigiani (D.L. 4 marzo 1948 n.137). I prigionieri non sono considerati “mobilitati in zona operazione”.

      (*) Nota:
      Si riportano di seguito i valori della contingenza al 30.04.1986:
      L. 681.342 per tutti i lavoratori;
      L. 621.368 per gli apprendisti ed i minori di anni 18.
      Per l’indennità di contingenza in vigore alla data del 1° gennaio 1995 si rinvia all’allegato n. 1

      (*) Il minimo retributivo comprende l’assegno ad personam di 11.000 lire erogato a fare data dal 1° aprile 1989.
      (**) Le tabelle retributive degli apprendisti sono riportate nell’allegato 2

      (*) La busta paga è obbligatoria: legge 5 gennaio 1953 n. 4.
      (**) Per i periodi di assenza obbligatoria per gravidanza e puerperio la lavoratrice ha diritto a percepire dalla cooperativa la 13a mensilità limitatamente all’aliquota corrispondente al 20% della retribuzione di fatto di cui all’art. 142. Tale retribuzione non è dovuta per il periodo di assenza facoltativa. Anche nel caso di malattia la corresponsione del rateo di 13a mensilità deve essere effettuata limitatamente all’aliquota non corrisposta dall’INPS.

      (*)Art. 6 del DL 22 dicembre 1981 n. 791, convertito con modificazione nella legge 26 febbraio 1982 n. 54; art. 6 della legge 29 dicembre 1990 n. 407.

      (*) Si applica il terzo comma all’art. 2120 del Codice Civile come modificato dalla legge 29 maggio 1982 n. 297:
      “In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una causa di cui all’art. 2110 del Codice Civile, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al 1° comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro”.

      (*) Vedi art. 7 legge 20 maggio 1970 n. 300 per la parte che riguarda il procedimento penale promosso dalla cooperativa.

      (1) Elemento Distinto della Retribuzione (E.D.R.) di Lire 20.000 mensili per 13 mensilità, a norma dell’accordo interconfederale del 31 luglio 1992

      (*) - Per istituto di cura si intende ospedale, clinica, casa di cura; regolarmente autorizzati al ricovero dei malati, esclusi comunque stabilimenti termali, case di convalescenza e di soggiorno.
      - Per ricovero si intende la degenza in istituto di cura che comporti il pernottamento o degenza diurna (Day Hospital) di almeno sei ore continuative.


      Leggi e Regolamenti

      Legge 20 maggio 1970, n. 300.
      Norme sulla tutela della libertà e della dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.
      (G.U. 27 maggio 1970, n. 131)
      TITOLO I
      Della libertà e dignità del lavoratore

      Art. 1 Libertà di opinione
      I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della costituzione e delle norme della presente legge.

      Art. 2 Guardie giurate
      Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773', soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale.
      Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.
      E’ fatto divieto al datore di lavoro di adibire ala vigilanza sull’attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.
      In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l’Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi gravi.

      Art. 3 Personale di vigilanza
      I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.

      Art. 4 Impianti audiovisivi
      E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per la finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
      Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richieste da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.
      Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna. L’Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, dettando all’occorrenza le prescrizioni per l’adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
      Contro i provvedimenti dell’Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.

      Art. 5 Accertamenti sanitari
      Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
      Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
      Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.

      Art. 6 Visite personali di controllo
      Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti. In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano eseguite all’uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l’applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.
      Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’ispettorato del lavoro.
      Contro i provvedimenti dell’Ispettorato del lavoro di cui al presente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.

      Art. 7 Sanzioni disciplinari
      Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazioni alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano.
      Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
      Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
      Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la mutua non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione del servizio e della retribuzione per più di dieci giorni.
      In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
      Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisce mandato, la costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
      Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l’autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
      Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.

      Art. 8 Divieto di indagini sulle opinioni
      E’ fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.

      Art. 9 Tutela della salute e della integrità fisica
      I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.


      Art. 10 Lavoratori studenti
      I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
      I lavoratori studenti compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
      Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all’esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.

      Art. 11 Attività culturali, ricreative e assistenziali e controlli sul servizio di mensa
      Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse dall’azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori.
      Le rappresentanze sindacali aziendali, costituisce a norma dell’articolo 19, hanno diritto di controllare la qualità del servizio di mensa secondo modalità stabilite dalla contrattazione collettiva.

      Art. 12 Istituti di patronato
      Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l’adempimento dei compiti di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804 hanno diritto di svolgere, su un piano di parità, la loro attività all’interno dell’azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi aziendali.

      Art. 13 Mansioni del lavoratore
      L’articolo 2013 del codice civile è sostituito dal seguente:
      2013. Mansioni del lavoratore - Il prestatore di servizio deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
      Ogni patto contrario è nullo.
      TITOLO II
      Della libertà sindacale

      Art. 14 Diritto di associazione e di attività sindacale
      I diritto di costruire associazioni sindacali, di aderirvi, e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro.

      Art. 15 Atti discriminatori
      E’ nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
      a) subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
      b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
      Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso.

      Art. 16 Trattamenti economici collettivi discriminatori
      E’ vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio a mente dell’articolo 15.
      Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo (adeguamento pensioni), di una somma pari all’importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.

      Art. 17 Sindacati di comodo
      E’ fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.

      Art. 18 Integrazione nel posto di lavoro1
      Ferme restando l’esperibilità delle procedure previste dall’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell’art. 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell’ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro.
      Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui al primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale.
      Il computo dei limiti occupazionali in cui al secondo comma non indice su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
      Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l’inefficacia o l’invalidità stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione: in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto.
      Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell’indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti.
      La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
      Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
      L’ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l’ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell’articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
      L’ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
      Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all’ordinanza di cui al (quarto comma), non impugnata o confermata dal giudice che l’ha pronunciata, è tenuto anche per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo (adeguamento pensioni) di una somma al pari all’importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
      TITOLO III
      Dell’attività sindacale

      Art. 19 Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali
      Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito:
      a) (delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale)(1).
      b) delle associazioni sindacali, (non affiliate alle predette confederazioni), che siano firmatarie di contratti collettivi (nazionali o provinciali) di lavoro applicati nell’unità produttiva(2).
      Nell’ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.

      Art. 20 Assemblea
      I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell’orario di lavoro, nonché durante l’orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva.
      Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell’unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l’ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro.
      Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale.
      Ulteriori modalità per l’esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.

      Art. 21 Referendum
      Il datore di lavoro deve consentire nell’ambito aziendale lo svolgimento, fuori dell’orario di lavoro, di referendum, sia generali che per categoria, su materie inerenti all’attività sindacale, indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva o alla categoria particolarmente interessata.
      Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.

      Art. 22 Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali
      Il trasferimento dall’unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.
      Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi (quarto, quinto, sesto e settimo) dell’articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell’anno successivo a quello in cui è cessato l’incarico per tutti gli altri.

      Art. 23 Permessi retribuiti
      I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19 hanno diritto, per l’espletamento del loro mandato, a premessi retribuiti.
      Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
      a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
      b) un dirigente ogni 300 o fazione di 300 dipendenti per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
      c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero minimo di cui alla precedente lettera b).
      I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un’ora all’anno per ciascun dipendente.
      Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.

      Art. 24 Permessi non retribuiti
      I dirigenti sindacali aziendali di cui all’articolo 23 hanno diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all’anno.
      I lavoratori che intendono esercitare il diritto di cui al comma precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.

      Art. 25 Diritto di affissione
      Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno dell’unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.

      Art. 26 Contributi sindacali
      I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale.
      Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di percepire, tramite ritenuta sul salario nonché sulle prestazioni erogate per conto degli enti previdenziali, i contributi sindacali che i lavoratori intendono loro versare, con modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro, che garantiscono la segretezza del versamento effettuato dal lavoratore a ciascuna associazione sindacale.
      Nelle aziende nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato da contratti collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il versamento del contributo sindacale all’associazione da lui indicata.

      Art. 27 Locali delle rappresentanze sindacali aziendali
      Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali, per l’esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all’interno dell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
      Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
      TITOLO IV
      Disposizioni varie e generali

      Art. 28 Repressione della condotta antisindacale
      Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
      L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
      Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni dagli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.
      Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale.
      L’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’articolo 36 del codice penale.
      Se il comportamento di cui al primo comma è posto in essere da una amministrazione statale o da un altro ente pubblico non economico, l’azione è proposta con ricorso davanti al pretore competente per territorio.
      Qualora il comportamento antisindacale si a lesivo anche di situazioni soggettive inerenti al rapporto di impiego, le organizzazioni sindacali di cui al primo comma, ove intendano ottenere anche la rimozione dei provvedimenti lesivi delle predette situazioni, propongono il ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via di urgenza con le modalità di cui al primo comma. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti allo stesso tribunale che decide con sentenza immediatamente esecutiva.

      Art. 29 Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali
      Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19 si siano costituite nell’ambito di due o più associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’articolo predetto, nonché nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti dall’articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna delle associazioni sindacali unitariamente rappresentate nella unità produttiva.
      Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in applicazioni dell’articolo 23, secondo comma, ovvero del primo comma del presente articolo restano immutati.

      Art. 30 Permessi e dirigenti provinciali e nazionali
      I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all’articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.

      Art. 31 Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali
      I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo o di assembli regioni ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato.
      La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciale e nazionali.
      I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta dell’interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione predetta, o che comportino comunque l’esonero.
      Durante i periodi di aspettativa l’interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
      Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per malattia in relazione all’attività espletata durante il periodo di aspettativa.

      Art. 32 Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive
      I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario all’espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione della retribuzione.
      I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale, ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale, hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore mensili.
      TITOLO V
      Norme sul collocamento

      Art. 33 Collocamento
      La commissione per il collocamento, di cui all’articolo 26 della legge 29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni zonale, comunali e frazionali degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, quando ne facciano richiesta le organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative.
      Alla nomina della commissione provvede il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, tiene conto del grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e assegna loro un termine di quindici giorni, decorso il quale provvede d’ufficio.
      La commissione è presieduta dal dirigente della sezione zonale, comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e delibera a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale i voto del presidente.
      La commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l’avviamento al lavoro, secondo i criteri di cui al quarto comma dell’articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
      Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione di collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve uniformarsi alla graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere esposta al pubblico presso la sezione medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura dell’ufficio con la indicazione degli avviati.
      Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che pervengono dalle ditte.
      La commissione ha anche i compito di rilasciare il nulla osta per l’avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro. Nei casi di motivata urgenza, l’avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione di collocamento e deve essere convalidato dalla commissione di cui al primo comma del presente articolo entro dieci giorni. Dei dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta nominativa deve essere data motivazione scritta su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la sezione di collocamento e l’altra presso il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente.
      Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci entro venti giorni dalla data della comunicazione di avviamento, gli interessati possono inoltrare ricorso al direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro, il quale decide in via definitiva, su conforme parere della commissione di cui all’articolo 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
      I turni di lavoro di cui all’articolo 16 della legge 29 aprile 1949, n. 264, sono stabiliti dalla commissione i in nessun caso possono essere modificati dalla sezione.
      Il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro annulla d’ufficio i provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro è ammesso ricorso al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
      Per il passaggio del lavoratore dall’azienda nella quale è occupato ad un’altra occorre il nulla osta della sezione di collocamento competente.
      Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste dall’articolo 38 della presente legge.
      Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in vigore in quanto non modificate dalla presente legge.

      Art. 34 Richieste nominative di manodopera
      A decorrere dal novantesimo giorno dall’entrata in vigore della presente legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al lavoro sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore di lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette categorie di lavoratori altamente specializzati, da stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.
      TITOLO VI
      Disposizioni finali e penali

      Art. 35 Campo di applicazione
      Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni dall’articolo 18 e 19 del Titolo III, ad eccezione del primo comma dell’articolo 27, della presente legge si applicano a ciascuna sede stabilimento, filiale, ufficio e reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti.
      Le norme suddette si applicano, altresì alle imprese industriali e commerciali che nell’ambito delle stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti.
      Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9 , 14 , 15 , 16, e 17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante.
      Art. 36 Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo stato e degli appaltatori di opere pubbliche
      Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dello Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinate l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultati dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona.
      Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l’imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.
      Ogni infrazione al suddetto obbligo sia accertata dall’Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai Ministri nella cui amministrazione si a stata disposta la concessione del beneficio e dell’appalto. Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca del beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva, potranno decidere l’esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto.
      Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali l’Ispettorato del lavoro comunica direttamente le infrazioni per l’adozione delle sanzioni.

      Art. 37 Applicazione ai dipendenti da enti pubblici
      Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali.

      Art. 38 Disposizioni penali
      Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8, e 15, primo comma, lettera a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l’ammenda da lire trecentomila a lire tre milioni o con l’arresto da quindici giorni ad un anno.
      Nei casi più gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda da lire trecentomila a lire tre milioni o con l’arresto da quindici giorni ad un anno.
      Nei casi più gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente.
      Quando, per le condizioni economiche del reo, l’ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
      Nei casi previsti dal secondo comma, l’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’articolo 36 del codice penale.

      Art. 39 Versamento delle ammende al Fondo (adeguamento pensioni)
      L’importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei lavoratori.

      Art. 40 Abrogazione delle disposizioni contrastanti
      Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente legge è abrogata.
      Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.

      Art. 41 Esenzioni fiscali
      Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della presente legge e per l’esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse.


      Legge 15 luglio 1966, n. 604.
      Norme sui licenziamenti individuali
      (G.U. 6 agosto 1966, n. 195)

      Art. 1
      Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intercedente con datori di lavoro privati o con enti pubblici, ove la stabilità non sia assicurata da norme di legge, di regolamento e di contratto collettivo o individuale, il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai senti dell’articolo 2119 del Codice civile o per giustificato motivo.

      Art. 2 (1)
      Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.
      Il prestatore di lavoro può chiedere, entro quindici giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso: in tal caso il datore deve, nei sette giorni dalla richiesta, comunicarli per iscritto.
      Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficacie.
      Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all’art. 9 si applicano anche ai dirigenti.

      Art. 3
      Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

      Art. 4
      Il licenziamento determinato da ragioni di credito politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali è nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata.

      Art. 5
      L’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro.

      Art. 6
      Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.
      Il termine di cui al comma precedente decorre dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento.
      A conoscere delle controversie derivanti dall’applicazione della presente legge è competente il pretore.

      Art. 7
      Quando il prestatore di lavoro non possa avvalersi delle procedure previste dai contratti collettivi o dagli accordi sindacali, può promuovere, entro venti giorni dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento, il tentativo di conciliazione presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.
      Le parti possono farsi assistere dalle associazioni sindacali a cui sono iscritte o alle quali conferiscono mandato.
      Il relativo verbale di conciliazione, in copia autenticata dal direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del pretore.
      Il termine di cui al primo comma dell’articolo precedente è sospeso dal giorno della richiesta all’Ufficio provinciale del lavoro e della comunicazione del deposito in cancelleria del decreto del pretore, di cui al comma precedente o, nel caso di fallimento del tentativo di conciliazione, fino alla data del relativo verbale.
      In caso di esito negativo del tentativo di conciliazione di cui al primo comma le parti possono definire consensualmente la controversia mediante arbitrio irrituale.

      Art. 8 (2)
      Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.

      Art. 9
      L’indennità di anzianità è dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro.

      Art. 10
      Le norme della presente legge si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell’articolo 2095 del Codice civile e, per quelli assunti in prova, si applicano dal momento in cui l’assunzione diviene definitiva e, in ogni caso, quando sono decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro.

      Art. 11
      Le disposizioni della presente legge non si applicano ai datori di lavoro che occupano fino a trentacinque dipendenti e nei riguardi dei prestatori di lavoro che siano in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia o che abbiano comunque superato il 65° anno di età, fatte salve le disposizioni degli artt. 4 e 9.(3)
      La materia dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale è esclusa dalle disposizioni della presente legge.

      Art. 12
      Sono fatte salve le disposizioni di contratti collettivi e accordi sindacali che contengano, per la materia disciplinata dalla presente legge, condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro.

      Art. 13
      Tutti gli atti e documenti relativi ai giudizi o alle procedure di conciliazione previsti dalla presente legge sono esenti da bollo, imposta di registro e da ogni altra tassa o spesa.

      Art. 14
      Omissis.

      Legge 11 maggio 1990, n. 108.
      Disciplina dei licenziamenti individuali.
      (G.U. 11 Maggio 1990, n. 108)

      Art. 1 Reintegrazione
      1. I primi due commi dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono sostituiti dai seguenti:

      “Ferme restando l’esperibilità delle procedure previste dall’articolo, della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell’articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo. ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori, non imprenditori che nell’ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro.

      Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale.

      Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.

      Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l’inefficacia o l’invalidità stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione: in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto.

      Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell’indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti”.

      Art. 2 Riassunzione o risarcimento del danno
      1. I datori di lavoro privati, imprenditori non agricoli e non imprenditori, e gli enti pubblici di cui all’articolo 1 della legge 15 luglio 1966, n. 604, che occupano alle loro dipendenze fino a quindici lavoratori ed i datori di lavoro imprenditori agricoli che occupano alle loro dipendenze fino a cinque lavoratori computati con il criterio di cui all' articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’articolo 1 della presente legge, sono soggetti all’applicazione delle disposizioni di cui alla legge 15 luglio 1966, n. 604, così come modificata dalla presente legge. Sono altresì soggetti all’applicazione di dette disposizioni i datori di lavoro che occupano fino a sessanta dipendenti, qualora non sia applicabile il disposto dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’articolo 1 della presente legge.

      2. L articolo 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:

      “Art. 2. - 1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.

      2. Il prestatore di lavoro può chiedere, entro quindici giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso: in tal caso il datore di lavoro deve, nei sette giorni dalla richiesta comunicarli per iscritto.

      3. Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace.
      4. Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all’articolo 9 si applicano anche ai dirigenti”.

      3. L’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:

      “Art. 8. - Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro”.

      Art. 3 Licenziamento discriminatorio
      I . Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n 604, e dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’articolo 13 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente legge.

      Tali disposizioni si applicano anche ai dirigenti.

      Art. 4 Area di non applicazione
      1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, le disposizioni degli articoli 1 e 2 non trovano applicazione nei rapporti disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339.

      La disciplina di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’articolo 1 della presente legge, non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.

      2. Le disposizioni di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’articolo 1 della presente legge, e dell’articolo 2 non si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro ultrasessantenni, in possesso dei requisiti pensionisti, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54. Sono fatte salve le disposizioni dell’articolo 3 della presente legge e dell’articolo 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

      Art. 5 Tentativo obbligatorio di conciliazione, arbitrato e spese processuali
      1 La domanda in giudizio di cui all’articolo 2 della presente legge non può essere proposta se non è preceduta dalla richiesta di conciliazione avanzata secondo le procedure previste dai contratti e accordi collettivi di lavoro, ovvero dagli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile.

      2. L’improcedibilità della domanda è rilevabile anche d’ufficio nella prima udienza di discussione.

      3. Ove il giudice rilevi l’improcedibilità della domanda a norma del comma 2 sospende il giudizio e fissa alle parti un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la proposizione della richiesta del tentativo di conciliazione.

      4 Il processo deve essere riassunto a cura di una delle parti nel termine perentorio di cent’ottanta giorni, che decorre dalla cessazione della causa di sospensione.

      5. La comunicazione al datore di lavoro della richiesta di espletamento della procedura obbligatoria di conciliazione avvenuta nel termine di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, impedisce la decadenza sancita nella medesima norma.

      6. Ove il tentativo di conciliazione fallisca, ciascuna delle parti entro il termine di venti giorni può promuovere, anche attraverso l’associazione sindacale a cui e iscritta o conferisca mandato, il deferimento della controversia al collegio di arbitrato previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile o, in mancanza, ad un collegio composto da un rappresentante scelto da ciascuna parte e da un presidente scelto di comune accordo o, in difetto, dal direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione. Il collegio si pronuncia entro trenta giorni e la sua decisione acquista efficacia di titolo esecutivo osservate le disposizioni dell’articolo 411 del codice di procedura civile.

      7. Il comportamento complessivo delle parti viene valutato dal giudice per l’applicazione degli articoli 91, 92, 96 del codice di procedura civile.

      Art. 6 Abrogazioni
      1. Nel primo comma dell’articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono soppresse le parole “dell’articolo 18 e”.

      2. Il primo comma dell’articolo 11 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è abrogato.

      La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

      Legge 29 dicembre 1990, n. 428.
      Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee
      (G.U. 12 Gennaio 1991, n. 10) (articolo estratto)


      Art. 47 Trasferimenti di azienda
      1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori, l’alienante e l’acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite, a norma dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell’associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L’informazione deve riguardare: a) i motivi del programmato trasferimento d’azienda; b) le sue conseguenze giuridiche economiche e sociali per i lavoratori; c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

      2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, l’alienante e l’acquirente sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. Il mancato rispetto, da parte dell’acquirente o dell’alienante, dell’obbligo di esame congiunto previsto nel presente articolo costituisce condotta antisindacale ai sensi dell’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

      3. I primi tre commi dell’articolo 2112 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:

      “In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

      L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione dell’alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

      L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa dell’acquirente”.

      4. Ferma restando la facoltà dell’alienante di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento.

      5. Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell’articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante.
      6. I lavoratori che non passano alle dipendenze dell’acquirente, dell’affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi.

      Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall’acquirente, dall’affittuario o dal subentrante in un momento successivo al trasferimento d’azienda, non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile.

      Legge 30 dicembre 1971, n. 1204.
      Tutela delle lavoratrici madri.
      (G.U. 18 gennaio 1972, n. 14)


      TITOLO I
      Norme protettive

      Art. 1
      Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici, comprese le apprendiste, che prestano la loro opera alle dipendenze di privati datori di lavoro, nonché alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli altri enti pubblici e dalle società cooperative, anche se soce di queste ultime.

      Alle lavoratrici a domicilio si applicano le norme del presente titolo di cui agli articoli 2. 4. 6 e 9.

      Alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari si applicano le norme del presente titolo di cui agli articoli 4, 5, 6, 8 e 9.

      Sono fatte salve, in ogni caso, le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti, e da ogni altra disposizione.

      Art. 2
      Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gestazione fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall’art. 4 della presente legge, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.

      Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e puerperio, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, ha diritto di ottenere il ripristino del rapporto di lavoro mediante presentazione, entro novanta giorni dal licenziamento, di idonea certificazione dalla quale risulti l’esistenza, all’epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietano.
      Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:

      a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;

      b) di cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta.

      c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.

      Le lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a disoccupazione stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30 novembre 1964 e successive modificazioni le quali siano licenziate a norma della lettera b) del terzo comma del presente articolo, hanno diritto, per tutto il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, alla ripresa dell’attività lavorativa stagionale e, sempreché non si trovino in periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, alla precedenza nelle riassunzioni.
      Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale.

      Art. 3
      E’ vietato adibire al trasporto e al sollevamento di pesi nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. In attesa della pubblicazione del regolamento di esecuzione della presente legge, i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri restano determinati dalla tabella annessa al decreto del Presidente della Repubblica 21 maggio 1953, n. 568.

      Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto di cui al comma precedente.

      Le lavoratrici saranno, altresì, spostate ad altre mansioni durante la gestazione e fino a sette mesi dopo il parto nei casi in cui l’ispettore del lavoro accerti che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.

      Le lavoratrici che vengano adibite a mansioni inferiori a quelle abituali conservano la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale. Si applicano le norme di cui all’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora le lavoratrici vengano adibite a mansioni equivalenti o superiori.

      Art. 4
      E’ vietato adibire al lavoro le donne:

      a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;


      b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

      c) durante i tre mesi dopo il parto.

      L’astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all’avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.

      Tali lavori sono determinati con propri decreti dai Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali.

      Art. 5
      L’Ispettorato del lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico, l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al periodo di astensione di cui alla lettera a) del precedente articolo, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dall’Ispettorato stesso, per i seguenti motivi:

      a) nel caso di gravi complicanze della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;

      b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;

      c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo il disposto del precedente art. 3.

      Art. 6
      I periodi di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli articoli 4 e 5 della presente legge devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.

      Art. 7
      La lavoratrice ha diritto di assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di astensione obbligatoria di cui alla lettera c) dell’art. 1 della presente legge, per un periodo, entro il primo anno di vita del bambino, di sei mesi, durante il quale le sarà conservato il posto. La lavoratrice ha diritto, altresì ad assentarsi dai lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a tre anni, dietro presentazione di certificato medico.

      I periodi di assenza di cui ai precedenti commi sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.

      Art. 8
      Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non possono essere godute contemporaneamente ai periodi di astensione obbligatoria dal lavoro di cui agli articoli 4 e 5, nonché a quelli di assenza facoltativa di cui all’art. 7 della presente legge.

      Art. 9
      Alle lavoratrici spetta l’assistenza di parto da parte dell’istituto presso il quale sono assicurate per il trattamento di malattia, anche quando sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza abbia avuto inizio quando tale rapporto era ancora sussistente.
      Alle lavoratrici spetta, altresì, l’assistenza ospedaliera anche nei casi di parto normale nelle forme e con le modalità previste dalle norme vigenti.

      Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi a visite sanitarie periodiche gratuite a cura dell’istituto presso il quale sono assicurate.

      Le norme di cui al presente articolo si applicano anche alle familiari dei lavoratori aventi diritto all’assistenza sanitaria.
      Art. 10
      Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.

      I periodi di riposo di cui al precedente comma hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.

      I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno, e in tal caso non comportano il diritto di uscire dall’azienda, quando la lavoratrice voglia usufruire della camera di allattamento o dell’asilo nido, istituiti dal datore di lavoro nelle dipendenze dei locali di lavoro.

      I riposi di cui ai precedenti commi sono indipendenti da quelli previsti dagli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653, sulla tutela del lavoro delle donne.

      Art. 11
      In sostituzione delle lavoratrici assenti dal lavoro, in virtù delle disposizioni della presente legge, il datore di lavoro può assumere personale con contratto a tempo determinato in conformità al disposto dell’art. 1, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e con l’osservanza della legge stessa.

      Art. 12
      In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma del precedente art. 2, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.


      TITOLO II
      Trattamento economico

      Art. 13
      Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici di cui all’art. 1, comprese le lavoratrici a domicilio e le addette ai servizi domestici e familiari, salvo quanto previsto dal successivo comma.

      Alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti pubblici si applica il trattamento economico previsto dai relativi ordinamenti salve le disposizioni di maggior favore risultanti dalla presente legge.

      Art. 14
      A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, al fine di consentire, nel periodo immediatamente precedente e seguente il parto, l’astensione delle lavoratrici mezzadre e colone dal lavoro dei campi e la buona coltivazione del fondo, il mezzadro e il concedente, nei casi di provata necessità, sono tenuti a concordare l’assunzione di una unità lavorativa, la cui spesa sarà ripartita a metà tra mezzadro e concedente.

      A partire dalla stessa data, alle lavoratrici mezzadre e colone spetta, per tutto il periodo di astensione obbligatoria precedente e successivo al parto previsto per le salariate e braccianti agricole, una indennità giornaliera, che verrà erogata dall’INAM in misura pari all’80 per cento del reddito medio giornaliero colonico. Tale reddito viene stabilito, in via presuntiva, per ogni due anni, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali di categoria; per la prima applicazione della presente legge tale reddito è fissato in lire 1.300 giornaliere.

      Trova applicazione anche nei confronti delle colone e mezzadre la norma di cui all’art. 9 della presente legge.

      Art. 15
      Le lavoratrici hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della presente legge. Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.

      A partire dal 1° gennaio 1973, le lavoratrici, escluse quelle a domicilio e quelle, addette ai servizi domestici e familiari, hanno diritto, altresì ad una indennità giornaliera pari al 30 per cento della retribuzione per tutto il periodo di assenza facoltativa dal lavoro prevista dal primo comma dell’art. 1 della presente legge.

      Le indennità di cui ai commi precedenti sono corrisposte con gli stessi criteri previsti per la erogazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie dall’ente assicuratore di malattia presso il quale la lavoratrice è assicurata e non sono subordinate a particolari requisiti contributivi o di anzianità assicurativa.

      Art. 16
      Agli effetti della determinazione della misura delle indennità previste nell’articolo precedente, per retribuzione s’intende la retribuzione media globale giornaliera percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità.

      Al suddetto importo va aggiunto, eccezion fatta per l’indennità di cui al secondo comma dell’articolo precedente, il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità eventualmente erogati alla lavoratrice.

      Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie.

      Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione media globale s’intende:

      a) nei casi in cui o per contratto di lavoro o per la effettuazione di ore di lavoro straordinario, l’orario medio effettivamente praticato superi le otto ore giornaliere, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero dei giorni lavorati o comunque retribuiti;

      b) nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell’azienda o per particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice, l’orario medio effettivamente praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro della categoria l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso. Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell’ambito di una settimana, un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della settimana e un orario ridotto per il sesto giorno, l’orario giornaliero è quello che si ottiene dividendo per sei il numero complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;

      c) in tutti gli altri casi, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti dal periodo stesso.

      Comma 6 abrogato dall’art. 3 legge 8 agosto 1972 n. 457.

      Nei confronti delle impiegate, per retribuzione media globale giornaliera si intende l’importo che si ottiene dividendo per trenta l’importo totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione.

      L’indennità di cui al primo comma dell’art. 15 è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall’art. 2, lettere b) e c) che si verifichino durante i periodi di interdizione dal lavoro previsti dagli articoli 4 e 5 della presente legge.

      Le lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero disoccupate, sono ammesse al godimento dell’indennità giornaliera di maternità di cui al primo comma dell’art. 15 purché tra l’inizio della sospensione, dell’assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di 60 giorni. Ai fini del computo dei predetti 60 giorni, non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali.

      Qualora l’astensione obbligatoria dal lavoro abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all’inizio della astensione obbligatoria disoccupata e in godimento dell’indennità di disoccupazione, essa ha diritto all’indennità giornaliera di maternità anziché all’indennità ordinaria di disoccupazione. La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel precedente comma ma che non è in godimento dell’indennità di disoccupazione perché nell’ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di

      Art. 18
      Omissis.

      Art. 19
      Omissis.

      Art. 20
      L’interruzione della gravidanza, spontanea o terapeutica esclusa quella procurata, è considerata a tutti gli effetti come malattia, salvo quanto disposto dall’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 25 maggio 1953, n. 568.

      Art. 21
      Omissis.


      Art. 22
      Omissis.

      TITOLO III
      Corresponsione di un assegno di natalità alle coltivatrici dirette, alle lavoratrici artigiane e alle lavoratrici esercenti attività commerciale.

      Art. da 23 a 27 abrogati dall’art. 9, 2° comma legge 29/12/1987 n. 546.

      TITOLO IV
      Disposizioni varie. Vigilanza e penalità

      Art. 28
      Prima dell’inizio dell’astensione obbligatoria dal lavoro di cui all’art. 4, lettera a), della presente legge, le lavoratrici di cui all’art. 1 della presente legge dovranno consegnare al datore di lavoro e all’istituto erogatore delle indennità giornaliere di maternità il certificato medico indicante la data presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato nonostante qualsiasi errore di previsione.

      Art. 29
      Omissis.

      Art. 30
      La vigilanza sulla presente legge è demandata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la esercita attraverso l’ispettorato del lavoro. Al rilascio dei certificati medici di cui alla presente legge sono abilitati gli Ufficiali sanitari, i medici condotti, i medici dell’istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità, salvo quanto previsto dai commi successivi.

      Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al precedente comma, il datore di lavoro o l’istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi ovvero di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.

      I medici dell’ispettorato del lavoro hanno facoltà di controllo.

      Il certificato medico attestante la malattia del bambino, di cui al secondo comma dell’art. 7 della presente legge, può essere redatto da un medico di libera scelta della lavoratrice.

      L’astensione dal lavoro di cui all’art. 5, lettera a), della presente legge è disposta dall’ispettorato del lavoro in base ad accertamento medico, per il quale l’ispettorato del lavoro ha facoltà di delegare gli ufficiali sanitari o di avvalersi dei servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti o di enti pubblici e di istituti specializzati di diritto pubblico. In ogni caso il provvedimento dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell’istanza della lavoratrice.

      L’astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) dell’art. 5 della presente legge è disposta dall’ispettorato del lavoro, oltreché su istanza della lavoratrice, anche di propria iniziativa, qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati l’esistenza delle condizioni che danno luogo all’astensione medesima.

      Parimenti, lo spostamento delle lavoratrici ad altre mansioni, di cui al terzo comma dell’art. 3 della presente legge, è disposto dall’ispettorato del lavoro sia di propria iniziativa, sia su istanza della lavoratrice.

      Fino all’emanazione del primo decreto ministeriale di cui all’ultimo comma dell’art. 4 della presente legge, l’anticipazione dell’astensione obbligatoria dal lavoro di cui al secondo comma dell’articolo sopracitato è disposta dall’ispettorato del lavoro.

      I provvedimenti dell’ispettorato del lavoro in ordine a quanto previsto dai commi sesto, settimo, ottavo e nono del presente articolo sono definitivi.


      Art. 31
      L’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 3, primo, secondo e terzo comma, 4 e 5 è punita con l’arresto fino a sei mesi.
      L’inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 2 è punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque milioni.
      L’inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 10 e il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all’art. 7 della presente legge sono puniti con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
      L’autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni amministrative previste dal presente articolo e ad emettere l’ordinanza di ingiunzione è l’ispettorato del lavoro. (Articolo così sostituito dall’art. 2, primo comma del D.Lgs. 9 settembre 1994 n. 566)

      Art. 32
      Omissis.

      Art. 33
      Sono abrogate le disposizioni della legge 26 agosto 1950, n. 860, sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri e successive modificazioni in contrasto con le norme della presente legge.

      Art. 34
      Omissis.

      Art. 35
      Omissis.


      Decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026.
      Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri.
      (G.U. del 16 marzo 1977, n. 72)


      Art. 1
      Le norme che vietano il licenziamento non escludono il licenziamento per esito negativo della prova.

      Art. 2
      Nel caso che il bambino sia nato morto, o sia deceduto durante il periodo di interdizione dal lavoro, il divieto di licenziamento cessa alla fine di tale periodo. Ove il bambino sia deceduto dopo il periodo di interdizione e prima del compimento di un anno di età, il divieto cessa dieci giorni dopo la sua morte.

      Art. 3
      Ricorre il caso di colpa grave previsto dalla lettera a) dell’art. 2 della legge ove la lavoratrice dia luogo a fatti rientranti nella fattispecie di cui all’art. 2119 del codice civile. La riconsegna del lavoro, da parte della lavoratrice a domicilio, di cui all’ultimo comma dell’art. 18 della legge, è correlata con il divieto di effettuare le prestazioni nei periodi di interdizione dal lavoro, sicché il relativo rapporto permane a tutti gli effetti.

      La lavoratrice che venga a trovarsi nelle condizioni fissate dal quarto comma dell’art. 2 della legge, deve produrre alla competente sezione di collocamento il certificato medico di gravidanza di cui al successivo art. 14, o il certificato di assistenza al parto di cui al successivo art. 15, primo comma, necessari all’esercizio del diritto di precedenza nella riassunzione.

      Il divieto di sospensione disposto dall’ultimo comma dell’art. 2 della legge opera anche nei casi di induzione dell’orario di lavoro.

      La lavoratrice, per tutto il periodo in cui sussiste il divieto di licenziamento, nel caso di sospensione del reparto al quale è addetta non avente autonomia funzionale, sarà spostata ad altro reparto attivo dell’azienda e potrà essere adibita a mansioni differenti da quelle originarie, con l’osservanza del disposto dell’ultimo comma dell’art. 3 della legge.

      Art. 4
      Per la determinazione dell’inizio del periodo di gravidanza ai fini previsti dall’art. 2, secondo comma, della legge, si presume che il concepimento sia avvenuto 300 giorni prima della data del parto, indicata nel certificato medico di cui al successivo art. l 4.

      Il termine di 90 giorni fissato per la presentazione della certificazione decorre dal giorno successivo a quello nel quale si è determinata la cessazione effettiva del rapporto di lavoro.

      La mancata prestazione del lavoro durante il periodo di tempo intercorrente tra la data di cessazione effettiva del rapporto di lavoro e la presentazione della certificazione non dà luogo a retribuzione. Il periodo stesso è tuttavia computato nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità, o gratifica natalizia.

      Art. 5
      Il divieto di cui all’art. 3, primo comma, della legge si intende riferito al trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, e a sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico ed ogni altra operazione connessa.

      I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso articolo, sono i seguenti:
      A) Quelli previsti dagli articoli 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1976, n. 432, recante la determinazione dei lavori pericolosi, faticosi e insalubri ai sensi dell’art. 6 della legge 17 ottobre 1967, n. 977, sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti;

      B) Quelli indicati nella tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per i quali vige l’obbligo delle visite mediche preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;

      C) Quelli che espongono alla silicosi e all’asbestosi, nonché alle altre malattie professionali di cui agli allegati 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni: durante la gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto;

      D) I lavori che comportano l’esposizione alle radiazioni ionizzanti di cui all’art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;

      E) I lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;

      F) I lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;

      G) I lavori che comportano una stazione in piedi per più di metà dell’orario o che obbligano a una posizione particolarmente affaticante: durante la gestazione e fino al termine di interdizione dal lavoro;

      H) I lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritino del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;

      I) I lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettano intense vibrazioni: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;

      L) I lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per i 7 mesi dopo il parto;

      M) I lavori agricoli che implicano la manipolazione e l’uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;

      N) I lavori di monda e trapianto del riso: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;

      O) I lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro.

      Il periodo per il quale è previsto, ai sensi del terzo comma dell’art. 3 della legge, che la lavoratrice possa essere spostata ad altre mansioni, può essere frazionato in periodi minori anche rinnovabili, su disposizione dell’Ispettorato del lavoro, tenuto anche conto dello stato di salute dell’interessata.

      L’Ispettorato del lavoro può ritenere che sussistano condizioni ambientali sfavorevoli agli effetti dell’art. 3, terzo comma, e dell’art. 5, lettera b), della legge anche quando vi siano pericoli di contagio derivanti alla lavoratrice dai contatti di lavoro con il pubblico o con particolari strati della popolazione, specie in periodi di epidemia.

      Ai fini dell’applicazione del presente articolo, il certificato medico di gravidanza potrà essere presentato il più presto possibile. Ad ogni modo, eventuali ritardi non comportano la perdita dei diritti derivanti dalle norme di tutela fisica, le quali però diventano operanti soltanto dopo la presentazione di detto documento.

      Art. 6
      Il computo del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro di cui all’art. 4, lettera c), della legge decorre dal giorno successivo a quello del parto.

      Art. 7
      I periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro non si computano ai fini della durata del periodo di apprendistato.

      Art. 8
      La lavoratrice che intenda avvalersi del diritto di assentarsi dal lavoro disposto dall’art. 7, primo comma, della legge, deve darne comunicazione al datore di lavoro e all’Istituto assicuratore, ove quest’ultimo sia tenuto a corrispondere la relativa indennità, precisando il periodo dell’assenza che è frazionabile.

      Art. 9
      I periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro di cui agli articoli 4, 5 e 7 della legge sono considerati utili, agli effetti del diritto alla pensione e della determinazione della misura di questa norma dell’art. 56, n. 3 del regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito con modificazioni nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, e dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1970, n. 1888.

      Art. 10
      Fermo restando che i riposi di cui all’art. 10 della legge devono assicurare alla lavoratrice la possibilità di provvedere all’assistenza diretta del bambino, la loro distribuzione nell’orario di lavoro deve essere concordata tra la medesima e il datore di lavoro, tenendo anche conto delle esigenze del servizio.

      In caso di mancato accordo, la distribuzione dei riposi sarà determinata dall’Ispettorato del lavoro.

      Non è consentito alcun trattamento economico sostitutivo.

      Art. 11
      Le dimissioni presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell’art. 2 della legge, il divieto di licenziamento devono essere comunicate dalla lavoratrice anche all’Ispettorato del lavoro, che le convalida.

      A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.

      Art. 12
      Ai fini dell’applicazione dell’art. 20 della legge, l’interruzione spontanea, o terapeutica, della gravidanza che si verifichi prima del 180° giorno dall’inizio della gestazione si considera aborto.

      E’ considerata invece come parto, a tutti gli effetti, l’interruzione spontanea, o terapeutica, della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione. Per il computo dei periodi di cui ai precedenti commi del presente articolo, l’inizio dello stato di gravidanza è stabilito secondo i criteri fissati dal primo comma dell’art. 4 del presente decreto.

      Art. 13
      Omissis.

      Art. 14
      Nel certificato di gravidanza devono essere riportate:
      a) le generalità della lavoratrice;
      b) l’indicazione del datore di lavoro e della sede dove l’interessata presta il proprio lavoro, delle mansioni alle quali è addetta, dell’Istituto presso il quale è assicurata per il trattamento di malattia;
      c) il mese di gestazione alla data della visita;
      d) la data presunta del parto.
      Gli elementi di cui alle lettere a) e b) sono inseriti nel certificato sulla base delle dichiarazioni della lavoratrice, che ne risponde della veridicità. Il certificato di gravidanza deve essere rilasciato in tre copie, due delle quali dovranno essere prodotte a cura della lavoratrice rispettivamente al datore di lavoro e all’Istituto assicuratore. Qualora il certificato non risulti redatto in conformità al disposto di cui al primo comma del presente articolo, il datore di lavoro e l’Istituto assicuratore possono chiederne la regolarizzazione.

      La regolarizzazione è necessaria quando nel certificato non è indicata la data presunta del parto.
      Art. 15
      Per i diritti conseguenti al parto, la lavoratrice deve produrre, entro 15 giorni dall’evento, al datore di lavoro e all’Istituto presso il quale è assicurata per il trattamento di malattia, il certificato di assistenza al parto dal quale risulti la data dell’evento medesimo.
      Ugualmente, in caso di aborto spontaneo o terapeutico, la lavoratrice deve produrre, entro 15 giorni, il certificato medico attestante il mese di gravidanza al momento dell’aborto e quella che sarebbe stata la data presunta del parto.

      Si prescinde dall’invio delle certificazioni indicate nei commi precedenti, nonché di quelle di cui al precedente articolo, agli Istituti assicuratori, per le lavoratrici dipendenti dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti pubblici, in quanto tenuti a corrispondere direttamente il trattamento economico di maternità.

      Art. 16
      Il datore di lavoro è tenuto a rilasciare alla lavoratrice la ricevuta dei certificati e di ogni altra documentazione dalla stessa prodotta.

      Il datore di lavoro è tenuto, altresì, a conservare le certificazioni predette a disposizione dell’Ispettorato del lavoro per tutto il periodo nel quale la lavoratrice e soggetta alla tutela della legge.

      Art. 17
      Il datore di lavoro o l’Istituto assicuratore, ricevuto il certificato medico di gravidanza, può chiedere una visita medica di controllo all’Ispettorato del lavoro, che la effettuerà a propria discrezione. Ove l’Ispettorato ritenga necessario affidare a terzi sanitari accertamenti specialistici, le relative spese sono a carico del richiedente.

      Art. 18
      La lavoratrice nelle condizioni previste dall’art. 5 lettera a), della legge, per poter usufruire dell’astensione obbligatoria dal lavoro, dovrà produrre all’Ispettorato del lavoro una domanda corredata dal certificato medico di gravidanza di cui al precedente art. 14, dal certificato medico attestante le condizioni previste dalla dichiarata lettera a), nonché ogni altra documentazione che ritenga utile.

      Il termine di sette giorni previsto dai sesto comma dell’art. 30 della legge decorre dal giorno successivo a quelle di ricezione della documentazione completa. All’atto della ricezione della documentazione, l’Ispettorato del lavoro rilascerà apposita ricevuta in duplice copia, una delle quali verrà prodotta al datore di lavoro a cura della lavoratrice.

      In ogni caso, qualora entro il termine di cui al precedente comma non sia stato emanato il provvedimento dell’Ispettorato del lavoro, la domanda si considera accolta. L’Ispettorato del lavoro è comunque tenuto ad emanare il provvedimento anche oltre il settimo giorno per determinare la durata dell’astensione dal lavoro.

      Peraltro, qualora il provvedimento dell’Ispettorato non sia ancora intervenuto, la lavoratrice riprenderà il lavoro alla scadenza del termine indicato nel certificato medico da essa prodotto.

      Il provvedimento decorrerà, in ogni caso, dalla data di inizio dell’astensione dal lavoro.

      Ai fini dei precedenti commi del presente articolo, l’Ispettorato provinciale competente è quello nel cui ambito territoriale la lavoratrice risiede abitualmente.

      Le visite di controllo per il caso considerato nella lettera a) dell’art. 5 della legge sono gratuite. Sono a carico dell’Istituto assicuratore di malattia le spese relative alle eventuali ricerche di laboratorio.

      Per i casi di astensione dal lavoro indicati alle lettere b) e c) dell’art. 5 della legge, qualora sia la lavoratrice, o il datore di lavoro, a presentare l’istanza ai sensi del settimo comma dell’art. 30 della legge, il provvedimento dell’Ispettorato del lavoro deve anch’esso essere adottato entro il termine di cui al secondo comma del presente articolo. L’emanazione del provvedimento è condizione essenziale per l’astensione dal lavoro, che decorrerà dalla data del provvedimento stesso.
      Ferma restando la facoltà di successivi accertamenti, l’Ispettorato del lavoro può disporre immediatamente l’astensione dal lavoro allorquando il datore di lavoro, anche tramite la lavoratrice, secondo la richiamata lettera c) dell’art. 5 della legge, produca una dichiarazione di quest’ultimo nella quale risulti in modo chiaro, sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione aziendale, la impossibilita di adibirla ad altre mansioni.

      I provvedimenti stabiliti dai commi precedenti debbono essere comunicati dall’Ispettorato del lavoro alla lavoratrice, al datore di lavoro e, ove occorra, all’Istituto assicuratore, ai fini del trattamento economico.

      Art. 19
      Omissis.

      Art. 20
      Non sono computabili, agli effetti della durata prevista da leggi, da regolamenti o da contratti collettivi per il trattamento normale di malattia, i periodi di assistenza sanitaria per malattia determinata da gravidanza, ancorché non rientrante nei casi previsti dalla lettera a) dell’art. 5 della legge, o da puerperio.

      Art. 21
      Omissis.

      Art. 22
      In caso di permanenza, o di indebita assunzione al lavoro, della lavoratrice gestante o puerpera durante il periodo di interdizione, ferma restando la penalità per il datore di lavoro prevista dall’art. 31 della legge, l’Istituto assicuratore non corrisponde le indennità di cui all’art. 15, primo comma, della legge medesima relativamente al periodo di permanenza al lavoro vietato.

      L’importo delle giornate indennizzate indebitamente percepite dalla lavoratrice in conseguenza della condotta descritta nel comma precedente dovrà essere rimborsato all’Istituto assicuratore.

      Parimenti la lavoratrice che, assente dal lavoro ai sensi dell’art. 7, primo comma, della legge, svolga attività comunque retribuita alle dipendenze di terzi, non ha diritto all’indennità di cui al secondo comma dell’art. 15 della legge ed è tenuta a rimborsare all’Istituto assicuratore l’importo dell’indennità indebitamente percepita.

      Art. 23
      E’ abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 21 maggio 1953, n. 568, recante il regolamento di attuazione della legge 26 agosto 1950, n. 860 sulla tutela delle lavoratrici madri dipendenti dai privati datori di lavoro.


      Legge 9 dicembre 1977, n. 903.
      Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro.
      (G.U. 17 dicembre 1977, a. 343)

      Art. 1
      E’ vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale.

      La discriminazione di cui al comma precedente è vietata anche se attuata:

      1) attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza;

      2) in modo indiretto attraverso meccanismi di preselezione ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l’appartenenza all’uno o all’altro sesso.
        Il divieto di cui ai commi precedenti si applica anche alle iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l’accesso sia i contenuti. Eventuali deroghe alle disposizioni che precedono sono ammesse soltanto per mansioni di lavoro particolarmente pesanti individuate attraverso la contrattazione collettiva. Non costituisce discriminazione condizionare all’appartenenza ad un determinato sesso l’assunzione in attività della moda, dell’arte e dello spettacolo e quando ciò sia essenziale alla natura del lavoro o della prestazione.

        Art. 2
        La lavoratrice ha diritto alla stessa retribuzione del lavoratore quando le prestazioni richieste siano uguali o di pari valore. I sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri comuni per uomini e donne.

        Art. 3
        E’ vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per quanto riguarda l’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la progressione nella carriera.
        Le assenze dal lavoro, previste dagli articoli 4 e 5 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204, sono considerate, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.

        Art. 4
        Le lavoratrici, anche se in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia, possono optare di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali, previa comunicazione al datore di lavoro da effettuarsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia. Per le lavoratrici che alla data di entrata in vigore della presente legge prestino ancora attività lavorativa pur avendo maturato i requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia, si prescinde dalla comunicazione al datore di lavoro di cui al comma precedente.

        Le disposizioni di cui al primo comma si applicano anche alle lavoratrici che maturino i requisiti entro i tre mesi successivi alla entrata in vigore della presente legge. In tal caso la comunicazione al datore di lavoro dovrà essere effettuata non oltre la data in cui i predetti requisiti vengono maturati.

        Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti si applicano alle lavoratrici le disposizioni della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modifiche ed integrazioni, in deroga all’articolo 11 della legge stessa.

        Art. 5
        Nelle aziende manifatturiere, anche artigianali, è vietato adibire le donne al lavoro dalle ore 24 alle ore 6. Tale divieto non si applica alle donne che svolgono mansioni direttive, nonché alle addette ai servizi sanitari aziendali.

        Il divieto di cui al comma precedente può essere diversamente disciplinato, o rimosso, mediante contrattazione collettiva, anche aziendale, in relazione a particolari esigenze della produzione e tenendo conto delle condizioni ambientali del lavoro e dell’organizzazione dei servizi. Della relativa regolamentazione le parti devono congiuntamente dare comunicazione entro 15 giorni all’Ispettorato del lavoro, precisando il numero delle lavoratrici interessate.

        Il divieto di cui al primo comma non ammette deroghe per le donne dall’inizio dello stato di gravidanza e sino al compimento del settimo mese di età del bambino.

        Art. 6
        Le lavoratrici che abbiano adottato dei bambini, o che li abbiano ottenuti in affidamento preadottivo, ai sensi dell’articolo 314/20 del codice civile, possono avvalersi, sempreché in ogni caso il bambino non abbia superato al momento dell’adozione e dell’affidamento i sei anni di età, dell’astensione obbligatoria dal lavoro di cui all’art. 4, lettera c), della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e del trattamento economico relativo, durante i primi tre mesi successivi all’effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva e affidataria.

        Le stesse lavoratrici possono altresì avvalersi del diritto di assentarsi dal lavoro di cui all’articolo 7, primo comma, della legge di cui sopra, entro un anno dall’effettivo ingresso del bambino nella famiglia e sempreché il bambino non abbia superato i tre anni di età, nonché del diritto di assentarsi dal lavoro previsto dal secondo comma dello stesso art. 7.

        Art. 7
        Il diritto di assentarsi dal lavoro e il trattamento economico previsti rispettivamente dall’art. 7 e dal secondo comma dell’articolo 15 della legge 20 dicembre 1971, n. 1204, sono riconosciuti anche al padre lavoratore, anche se adottivo o affidatario, ai sensi dell’articolo 314/20 del codice civile, in alternativa alla madre lavoratrice ovvero quando i figli siano affidati al solo padre.

        A tal fine, il padre lavoratore presenta al proprio datore di lavoro una dichiarazione da cui risulti la rinuncia dell’altro genitore ad avvalersi dei diritti di cui sopra, nonché, nel caso di cui al secondo comma dell’articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, il certificato medico attestante la malattia del bambino.

        Nel caso di cui al primo comma dell’articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, il padre lavoratore, entro dieci giorni dalla dichiarazione di cui al comma precedente, deve altresì presentare al proprio datore di lavoro una dichiarazione del datore di lavoro dell’altro genitore da cui risulti l’avvenuta rinuncia.

        Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano ai padri lavoratori, compresi gli apprendisti, che prestino la loro opera alle dipendenze di privati datori di lavoro, nonché alle dipendenze delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle regioni, delle province, dei comuni, degli altri enti pubblici, anche a carattere economico e delle società cooperative, anche se soci di queste ultime. Sono esclusi i lavoratori a domicilio e gli addetti ai servizi domestici e familiari.

        Art. 8
        Per i riposi di cui all’articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, con effetto dal 1° gennaio 1978, è dovuta dall’ente assicuratore di malattia, presso il quale la lavoratrice è assicurata, un’indennità pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi medesimi.

        L’indennità è anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti all’ente assicuratore.

        All’onere derivante agli enti di malattia per effetto della disposizione di cui al primo comma si fa fronte con corrispondenti apporti dello Stato. A tal fine gli enti di malattia tengono apposita evidenza contabile.

        Art. 9
        Gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni delle pensioni per familiare a carico possono essere corrisposti, in alternativa, alla donna lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato. Nel caso di richiesta di entrambi i genitori gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni di pensione per familiari a carico debbono essere corrisposti al genitore con il quale il figlio convive.

        Sono abrogate tutte le disposizioni legislative che siano in contrasto con la norma di cui al comma precedente.

        Art. 10
        Alla lettera b) dell’articolo 205 del Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, le parole “loro mogli e figli” sono sostituite con le parole “loro coniuge e figli”.

        Art. 11
        Omissis.

        Art. 12
        Omissis.

        Art. 13
        L’ultimo comma dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e sostituito dal seguente: “Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale e di lingua o di sesso”.

        Art. 14
        Omissis.

        Art. 15
        Qualora vengano posti in essere comportamenti diretti a violare le disposizioni di cui agli articoli 1 e 5 della presente legge, su ricorso del lavoratore o per sua delega delle organizzazioni sindacali, il pretore del luogo ove è avvenuto il comportamento denunziato, in funzione di giudice del lavoro, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, e ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, ordina all’autore del comportamento denunziato, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

        L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore definisce il giudizio instaurato a norma del comma seguente.

        Contro il decreto è ammesso, entro 15 giorni dalla comunicazione alle parti, opposizione davanti al pretore che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.

        L’inottemperanza al decreto di cui al primo comma o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punita ai sensi dall’articolo 650 del codice penale.

        Ove le violazioni di cui al primo comma riguardino dipendenti pubblici si applicano le norme previste in materia di sospensione dell’atto dell’articolo 21, ultimo comma della legge 6 dicembre 1982, n. 1034.

        Art. 16
        L’inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 1, primo, secondo e terzo comma, 2 3 4 della presente legge, è punita con l’ammenda da lire 200.000 a lire 1 milione.

        “L’inosservanza delle disposizioni contenute nell’articolo 5 è punita con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni”(1).

        Per l’inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 si applicano le penalità previste dall’articolo 31 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204.

        Art. 17
        Omissis

        Art. 18
        Il governo e tenuto a presentare ogni anno al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge.
        Art. 19

        Sono abrogate le disposizioni legislative in contrasto con le norme della presente legge. In conseguenza, cessano di avere efficacia le norme interne e gli atti di carattere amministrativo dello Stato e degli altri enti pubblici in contrasto con le disposizioni dei contratti collettivi o individuali di lavoro, dei regolamenti interni delle imprese e degli statuti professionali che siano in contrasto con le norme contenute nella presente legge.

        La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

        Legge 10 aprile 1991, n. 125.
        Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro.
        (G. U. 15 Aprile 1991, n. 108)

        Art. 1 Finalità
        1. Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo di favorire l’occupazione femminile e di realizzare, l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l’adozione di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità.

        2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di:

        a) eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella formazione scolastica e professionale, nell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità;
        b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l’orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; favorire l’accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici;

        c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell’avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo;

        d) promuovere l’inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità;

        e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l’equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi.

        3. Le azioni positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere promosse dal Comitato di cui all’articolo 5 e dai consiglieri di parità di cui all’articolo 8, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, comunque denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale, dalle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale di cui all’articolo 25 della legge 29 marzo 1983, n. 93.

        Art. 2 Attuazione di azioni positive, finanziamenti
        1. Le imprese, anche in forma cooperativa, i loro consorzi, gli enti pubblici economici, le associazioni sindacali dei lavoratori e i centri di formazione professionale che adottano i progetti di azioni positive di cui all’articolo 1, possono richiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all’attuazione dei predetti progetti ad eccezione di quelli di cui all’articolo 3.

        2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato di cui all’articolo 5, ammette i progetti di azioni positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso provvedimento, autorizza le relative spese.

        L’attuazione dei progetti di cui al comma 1 deve comunque avere inizio entro due mesi dal rilascio dell’autorizzazione.

        3. Con decreto emanato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono stabilite le modalità di presentazione delle richieste, di erogazione dei fondi e dei tempi di realizzazione del progetto. In ogni caso i contributi devono essere erogati sulla base della verifica dell’attuazione del progetto di azioni positive, o di singole parti, in relazione alla complessità del progetto stesso. La mancata attuazione del progetto comporta la decadenza del beneficio e la restituzione delle somme eventualmente già riscosse. In caso di attuazione parziale, la decadenza opera limitatamente alla parte non attuata, la cui valutazione è effettuata in base ai criteri determinati dal decreto di cui al presente comma.

        4. I progetti di azioni positive concordate dai datori di lavoro con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale hanno precedenza nell’accesso al beneficio di cui al comma 1.

        5. L’accesso ai fondi comunitari, destinati alla realizzazione di programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di quelli di cui all’articolo 3, è subordinato al parere del Comitato di cui all’articolo 5.

        6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni e tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi rappresentativi del personale di cui all’articolo 25 della legge 29 marzo 1983, n. 93, o in loro mancanza, le organizzazioni sindacali locali aderenti alle considerazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, sentito inoltre, in relazione alla sfera d’azione della propria attività, il Comitato di cui all’articolo 5 o il consigliere di parità di cui all’articolo 8, adottano piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne.

        Art. 3 Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale
        1. Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento dell’obiettivo di cui all’articolo 1, comma 1, autorizzati secondo le procedure previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, ed approvati dal Fondo sociale europeo, è destinata una quota del Fondo di rotazione istituito dall’articolo 25 della stessa legge, determinata annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica. In sede di prima applicazione la predetta quota e fissata nella misura del dieci per cento.

        2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento dell’obiettivo di cui all’articolo 1, comma 1, viene accertata, entro il 31 marzo dell’anno in cui l’iniziativa deve essere attuata, dalla commissione regionale per l’impiego. Scaduto il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di cui all’articolo 5.

        3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni in misura proporzionale all’ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati.

        Art. 4 Azioni in giudizio
        1. Costituisce discriminazione, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903, qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta i lavoratori in ragione del sesso.

        2. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente alla adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell’uno o dell’altro sesso e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa.

        3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate da imprese private e pubbliche la prestazione richiesta deve essere accompagnata dalla parole “dell’uno o dell’altro sesso”, fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione.

        4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazione ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell’articolo 410 del codice di procedura civile anche tramite il consigliere di parità di cui all’articolo 8, comma 2, competente per territorio.

        5. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti - idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l’onere della prova sulla insussistenza della discriminazione.
        6. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere proposto dal consigliere di parità istituito a livello regionale, previo parere non vincolante del collegio istruttorio di cui all’articolo 7, da allegare al ricorso stesso, e sentita la commissione regionale per l’impiego.

        Decorso inutilmente il termine di trenta giorni dalla richiesta del parere al collegio istruttorio, il ricorso può essere comunque proposto.

        7. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 6, ordina al datore di lavoro di definire, sentite le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le organizzazioni sindacali locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché il consigliere regionale per la parità competente per territorio, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nella sentenza il giudice fissa un termine per la definizione del piano.

        8. In caso di mancata ottemperanza alla sentenza di cui al comma 7 si applica l’articolo 650 del codice penale richiamato dall’articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

        9 Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da imprenditori ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, viene comunicato immediatamente dall’ispettorato del lavoro ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell’appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e nei casi più gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l’esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali l’ispettorato del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l’adozione delle sanzioni previste.

        10. Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 .

        Art. 5 Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed eguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
        1. Al fine di promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori per sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l’uguaglianza delle donne nell’accesso al lavoro e sul lavoro e la progressione professionale e di carriera è istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed eguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.

        2. Fanno parte del Comitato:
        a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di presidente;

        b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
        c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
        d) un componente designato unitariamente dalle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo più rappresentative, sul piano nazionale;
        e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti femminili più rappresentativi sul piano nazionale operanti nel campo della parità e delle pari opportunità nel lavoro;
        f) il consigliere di parità componente la commissione centrale per l’impiego.

        3. Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto:
        a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche, con competenze in materia di lavoro;
        b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della pubblica istruzione di grazia e giustizia, degli affari esteri, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, del Dipartimento della funzione pubblica;
        c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale con qualifica non inferiore a quella di primo dirigente, in rappresentanza delle Direzioni generali per l’impiego, dei rapporti di lavoro, per l’osservatorio del mercato del lavoro, della previdenza ed assistenza sociale nonché dell’ufficio centrale per l’orientamento e la formazione professionale dei lavoratori.

        4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per ogni componente effettivo è nominato un supplente.

        5. Il Comitato è convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano richiesta metà più uno dei suoi componenti.

        6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all’articolo 7, nonché in ordine alle relative spese.

        7. Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro del lavoro e della previdenza nell’ambito dei suoi componenti.

        Art. 6. Compiti del Comitato
        1. Per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 5, comma 1, il Comitato adotta ogni iniziativa utile ed in particolare:

        a) formula proposte sulle questioni generali relative all’attuazione degli obiettivi della parità e delle pari opportunità, nonché per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente che, direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle donne;
        b) informa e sensibilizza !’opinione pubblica sulla necessità di promuovere le pari opportunità per le donne nella formazione e nella vita lavorativa;
        c) promuove l’adozione di azioni positive da pane delle istituzioni pubbliche preposte alla politica del lavoro, nonché da parte dei soggetti di cui all’articolo 2;
        d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti di azioni positive ed opera il controllo sui progetti in itinere verificandone la corretta attuazione e l’esito finale;
        e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le regole di condotta conformi alla parità e ad individuare le manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
        f) verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente in materia di parità;
        g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando gli interessati all’adozione di piani di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse e la creazione di pari opportunità per le lavoratrici;
        h) può richiedere all’ispettorato del lavoro di acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale;
        i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi pubblici nazionali e locali competenti in materia di lavoro e formazione professionale;
        l) redice il rapporto di cui all’articolo 10.


        Art. 7 Collegio istruttorio e segreteria tecnica
        1 Per l’istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla rimozione delle discriminazioni e per la redazione dei pareri al Comitato di cui all’articolo 5 e ai consiglieri di parità, è istituto un collegio istruttorio così composto:

        a) il vicepresidente del Comitato di cui all’articolo 5, che lo presiede;
        b) un magistrato designato dal Ministero di grazia e giustizia fra quelli che svolgono funzioni di giudice del lavoro;
        c) un dirigente superiore del ruolo dell’ispettorato del lavoro;
        d) gli esperti di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a);
        e) il consigliere di parità di cui all’articolo 8, comma 4.

        2. Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti di cui alle lettere b ) e c) del comma 1, su richiesta del Comitato di cui all’articolo 5 possono essere elevati a due.

        3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio è istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle dipendenze della presidenza del Comitato ed è composta di personale proveniente dalle varie direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, coordinato da un dirigente generale del medesimo Ministero. La composizione della segreteria tecnica è determinata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato.

        4. Il Comitato ha facoltà di deliberare in ordine alla stipula di convenzioni per la effettuazione di studi e ricerche.

        Art. 8 Consiglieri di parità
        1. I consiglieri di parità di cui al decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, sono componenti a tutti gli effetti delle rispettive commissioni regionali per l’impiego.

        2. A livello provinciale è nominato un consigliere di parità presso la commissione circoscrizionale per l’impiego che ha sede nel capoluogo di provincia, con facoltà di intervenire presso le altre commissioni circoscrizionali per l’impiego operanti nell’ambito della medesima provincia.

        3. I consiglieri di parità di cui ai commi 1 e 2 sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione del competente organo delle regioni, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e devono essere scelti tra persone che abbiano maturato un’esperienza tecnico-professionale di durata almeno triennale nelle materie concernenti l’ambito della presente legge.

        4 Il consigliere di parità di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, è componente con voto deliberativo della commissione centrale per l’impiego.

        5. Qualora si determini parità di voti nelle commissioni di cui ai commi 1, 2 e 4 prevale il voto del presidente.

        6. Oltre ai compiti ad essi assegnati dalla legge nell’ambito delle competenze delle commissioni circoscrizionali, regionali e centrale per l’impiego, i consiglieri di parità svolgono ogni utile iniziativa per la realizzazione delle finalità della presente legge. Nell’esercizio delle funzioni loro attribuite, i consiglieri di parità sono pubblici funzionari e hanno l’obbligo di rapporto all’autorità giudiziaria per i reati di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni medesime, i consiglieri di parità, ai rispettivi livelli, sono componenti degli organismi di parità presso gli enti locali regionali e provinciali.

        7. Per l’espletamento dei propri compiti i consiglieri di parità possono richiedere all’ispettorato del lavoro di acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale.

        8. I consiglieri di parità di cui al comma 2 e quelli regionali competenti per territorio, ferma restando l’azione in giudizio di cui all’articolo 4, comma 6, hanno facoltà di agire in giudizio sia nei procedimenti promossi davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che davanti al tribunale amministrativo regionale su delega della lavoratrice ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima ai sensi dell’articolo 4.

        9. I consiglieri di parità ricevono comunicazioni sugli indirizzi dal Comitato di cui all’articolo 5 e fanno ad esso relazione circa la propria attività. I consiglieri di parità hanno facoltà di consultare il Comitato e il consigliere nazionale di parità nell’ambito del Ministero.

        11. Oltre al gettone giornaliero di presenza per la partecipazione alle riunioni delle commissioni circoscrizionali, regionali e centrale per l’impiego spettano ai consiglieri di parità gettoni dello stesso importo per le giornate di effettiva presenza nelle sedi dove sono domiciliati in ragione del loro ufficio, entro un limite massimo fissato annualmente con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. L’onere relativo fa carico al bilancio del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

        12. Il consigliere di parità ha diritto, se lavoratore dipendente, a permessi non retribuiti per l’espletamento del suo mandato. Quando intenda esercitare questo diritto, deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro, di regola tre giorni prima.

        Art. 9 Rapporto sulla situazione del personale
        l. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta.

        2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e ai consigliere regionale di parità.

        3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità alle indicazioni definite, nell’ambito delle specificazioni di cui al comma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

        4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, l’ispettorato regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda.

        Art. 10 Relazione al Parlamento
        1. Trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale riferisce, entro trenta giorni, alle competenti commissioni parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati sull’attuazione della legge stessa, sulla base di un rapporto redatto dal Comitato di cui all’articolo 5.

        Art. 11 Copertura finanziaria.
        Omissis.

        Legge 29 maggio 1982 n. 297.
        Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica.
        (G.U. 31 maggio 1982 n. 147)

        Art. 1 (Modifiche di disposizioni del codice civile)

        L’articolo 2120 del codice civile è sostituito dal seguente:
        “Art. 2120 - (Disciplina del trattamento di fine rapporto). - In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

        In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’art. 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

        Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’ 1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertano dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

        Ai fini dell’applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero .
        Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
        Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.

        La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
        a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
        b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.

        L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.

        Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall’indennità prevista dalla norma medesima.

        Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi e da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste d’anticipazione”.

        L’articolo 2121 del codice civile è sostituito dal seguente:

        “Art. 2121 - (Computo dell’indennità di mancato preavviso). - L’indennità di cui all’articolo 2118 deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

        Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l’indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.

        Fa parte della retribuzione anche l’equivalente del vitto e dell’alloggio dovuto al prestatore di lavoro”.
        L’articolo 2776 del codice civile è sostituito dal seguente:

        “Art. 2776 - (Collocazione sussidiaria sugli immobili). - I crediti relativi al trattamento di fine rapporto nonché all’indennità di cui all’articolo 2118 sono collocati sussidiariamente in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili sul prezzo degli immobili con preferenza rispetto ai crediti chirografari.

        I crediti indicati dagli articoli 2751 e 2751-bis, ad eccezione di quelli indicati al precedente comma, ed i crediti per contributi dovuti a istituti enti o fondi speciali, compresi quelli sostitutivi o integrativi che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti di cui all’articolo 2753, sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari ma dopo i crediti indicati al comma precedente.

        I crediti dello Stato indicati dal terzo comma dell’articolo 2752 sono collocati sussidiariamente in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al comma precedente”.
        Art. 2 (Fondo di garanzia)
        E’ istituito presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale il “’Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto” con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all’articolo 2120 del codice civile, spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.

        Trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo, reso esecutivo ai sensi dell’articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero dopo la pubblicazione della sentenza di cui all’articolo 99 dello stesso decreto, per il caso siano state proposte opposizioni o impugnazioni riguardanti il suo credito ovvero dalla pubblicazione della sentenza di omologazione del concordato preventivo, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono ottenere a domanda il pagamento, a carico del fondo, del trattamento di fine rapporto di lavoro e dei relativi crediti accessori, previa detrazione delle somme eventualmente corrisposte.

        Nell’ipotesi di dichiarazione tardiva di crediti di lavoro di cui all’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la domanda di cui al comma precedente può essere presentata dopo il decreto di ammissione al passivo o dopo la sentenza che decide il giudizio insorto per l’eventuale contestazione del curatore fallimentare.

        Ove l’impresa sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa la domanda può essere presentata trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo, di cui all’articolo 209 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero ove siano state proposte opposizioni o impugnazioni riguardanti il credito di lavoro dalla sentenza che decide su di esse.

        Qualora il datore di lavoro, non soggetto alle disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 non adempia, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, alla corresponsione del trattamento dovuto o vi adempia in misura parziale, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono chiedere al fondo il pagamento del trattamento di fine rapporto, sempreché a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito relativo a detto trattamento, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti. Il fondo, ove non sussista contestazione in materia esegue il pagamento del trattamento insoluto.

        Quanto previsto nei commi precedenti si applica soltanto nei casi in cui la risoluzione del rapporto di lavoro e la procedura concorsuale od esecutiva siano intervenute successivamente all’entrata in vigore della presente legge.

        I pagamenti di cui al secondo, al terzo, quarto e quinto comma del presente articolo sono eseguiti dal fondo entro 60 giorni dalla richiesta dell’interessato. Il fondo è surrogato di diritto al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio spettante sul patrimonio dei datori di lavoro ai sensi degli articoli 2751 -bis e 2776 del codice civile per le somme da esso pagate.

        Il fondo per le cui entrate ed uscite è tenuta una contabilità separata nella gestione dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, è alimentato con un contributo a carico dei datori di lavoro pari allo 0,03 per cento della retribuzione di cui all’articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° luglio 1982. Per tale contributo si osservano le stesse disposizioni vigenti per l’accertamento e la riscossione dei contributi dovuti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti. Le disponibilità del fondo di garanzia non possono in alcun modo essere utilizzate al di fuori della finalità istituzionale del fondo stesso. Al fine di assicurare il pareggio della gestione, l’aliquota contributiva può essere modificata, in diminuzione o in aumento con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il consiglio di amministrazione dell’INPS, sulla base delle risultanze del bilancio consuntivo del fondo medesimo.
        Il datore di lavoro deve integrare le denunce previste dall’articolo 4, primo comma, del decreto legge 6 luglio 1978, n. 352, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1978, n. 467, con l’indicazione dei dati necessari all’applicazione delle norme contenute nel presente articolo nonché dei dati relativi all’accantonamento effettuato nell’anno precedente ed all’accantonamento complessivo risultante a credito del lavoratore. Si applicano altresì le disposizioni di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’articolo 4 del predetto decreto legge. Le disposizioni del presente comma non si applicano al rapporto di lavoro domestico.

        Per i giornalisti e per i dirigenti di aziende industriali il fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto è gestito, rispettivamente, dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” e dall’Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali.

        Art. 3 (Norme in materia pensionistica)
        Omissis.

        Art. 4 (Disposizioni finali)
        Le indennità di cui agli articoli 351, 352, 919 e 920 del codice della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, sono sostituite dal trattamento di fine rapporto disciplinato dall’articolo 2120 del codice civile.

        Quando a norma del capo IV del titolo IV del codice della navigazione approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 il trattamento o altra indennità di fine rapporto sono commisurati alla retribuzione questa si intende determinata e regolata dai contratti collettivi di lavoro.

        La disposizione di cui al sesto comma dell’articolo 2120 del codice civile non si applica alle aziende dichiarate in crisi ai sensi della legge 12 agosto 1977 n. 675 e successive modificazioni.

        Le norme di cui all’articolo 2120 del codice civile e ai commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto dell’articolo 5 della presente legge si applicano a tutti i rapporti di lavoro subordinato per i quali siano previste forme di indennità di anzianità di fine lavoro di buonauscita comunque denominate e da qualsiasi fonte disciplinate.

        Restano salve le indennità corrisposte alla cessazione del rapporto aventi natura e funzione diversa da quelle delle indennità di cui al comma precedente.

        Resta altresì ferma la disciplina legislativa del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici.

        Il fondo di cui all’articolo 3 del regio decreto legge 8 gennaio 1942 n. 5, convertito con modificazioni, nella legge 2 ottobre 1942, n. 1251 è soppresso.

        Le disponibilità del fondo di cui al precedente comma sono devolute ai datori di lavoro aventi diritto, proporzionalmente agli accantonamenti effettuati a norma di legge. Le modalità di liquidazione delle disponibilità anzidette sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro.

        Sono abrogati gli articoli 1 e 1-bis del decreto legge 1° febbraio 1977 n. 12 convertito con modificazioni, nella legge 31 marzo 1977 n. 91.

        Sono abrogate tutte le norme di legge o aventi forza di legge che disciplinano le forme di indennità di anzianità di fine rapporto e di buonuscita comunque denominate.

        Sono nulle e vengono sostituite di diritto dalle norme della presente legge tutte le clausole dei contratti collettivi regolanti la materia del trattamento di fine rapporto. Nei casi in cui norme di legge o aventi forza di legge o clausole di contratti facciano richiamo agli istituti indicati al precedente decimo comma o alle fonti regolatrici di essi il richiamo deve intendersi riferito al trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 1 della presente legge.

        Art. 5 (Disposizioni transitorie)
        Omissis.

        Legge 13 maggio 1985, n. 190.
        Riconoscimento giuridico dei quadri intermedi.
        (G.U. 17 maggio 1985, a. 115)

        Art. 1
        Il primo comma dell’articolo 2095 del codice civile è sostituito dal seguente:
        “I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai ”.

        Art. 2
        l. La categoria dei quadri è costituita dai prestatori di lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgano funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa.

        2. I requisiti di appartenenza alla categoria dei quadri sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura organizzativa dell’impresa.

        3. Salvo diversa espressa disposizione, ai lavoratori di cui al comma 1 si applicano le norme riguardanti la categoria degli impiegati.

        Art. 3
        In sede di prima applicazione, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge le imprese provvederanno a definire attraverso la contrattazione collettiva l’attribuzione della qualifica di quadro, così come previsto e con le modalità stabilite dall’articolo 2, comma 2, della presente legge.

        Art. 4
        Ferme restando le disposizioni di cui al libro V, titolo IX, del codice civile e le leggi speciali vigenti in materia, i contratti collettivi possono definire le modalità tecniche di valutazione e l’entità del corrispettivo economico della utilizzazione, da parte dell’impresa, sia delle innovazioni di rilevante importanza nei metodi o nei processi di fabbricazione ovvero nell’organizzazione del lavoro, sia delle invenzioni fatte dai quadri, nei casi in cui le predette innovazioni o invenzioni non costituiscano oggetto della prestazione di lavoro dedotta in contratto.

        Art. 5
        Il datore di lavoro è tenuto ad assicurare il quadro intermedio contro il rischio di responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento delle proprie mansioni contrattuali. La stessa assicurazione deve essere stipulata dal datore di lavoro in favore di tutti i propri dipendenti che, a causa del tipo di mansioni svolte, sono particolarmente esposti al rischio di responsabilità civile verso terzi.

        Art. 6
        In deroga a quanto previsto dal primo comma dell’articolo 2103 del codice civile, come modificato dall’articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, l’assegnazione del lavoratore alle mansioni superiori di cui all’articolo 1 della presente legge ovvero a mansioni dirigenziali, che non sia avvenuta in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione posto, diviene definitiva quando si sia protratta per il periodo di tre mesi o per quello superiore fissato da contratti collettivi.

        La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

        Legge 2 aprile 1986, n. 106.
        Modificazione della legge 13 maggio 1985, n. 190, recante riconoscimento giuridico dei quadri intermedi.
        (G.U. 15 aprile 1986 n. 87).


        Art. 1
        1. L’articolo 6 della legge 13 maggio 1985, n. 190, è sostituito dal seguente:
        “In deroga a quanto previsto dal primo comma dell’articolo 2103 del codice civile, come modificato dall’articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, l’assegnazione del lavoratore alle mansioni superiori di cui all’articolo 2 della presente legge ovvero a mansioni dirigenziali, che non sia avvenuta in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, diviene definitiva quando si sia protratta per il periodo di tre mesi o per quello superiore fissato dai contratti collettivi”.

        La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservala e di farla osservare come legge dello Stato.

        Decreto Legge 30 Ottobre 1984, n. 726 convertito, con modificazioni, in legge 19 dicembre 1984, n. 863. Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali.

        Art. 1
        1) Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, acquisito il parere di cui al successivo comma terzo, e comunque scaduto il termine ivi previsto, concede il trattamento di integrazione salariale, di cui al successivo comma secondo, agli operai ed agli impiegati delle imprese industriali e di quelle di cui all’art. 23 della legge 23 aprile 1981, n. 155, e all’art. 35 della legge 5 agosto 1981, n. 416, le quali abbiano stipulato contratti collettivi aziendali con i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale che stabiliscano una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale anche attraverso un suo più razionale impiego.

        2) L’ammontare del trattamento di integrazione salariale di cui al comma primo è determinato nella misura del cinquanta per cento del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione di orario. Il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula del contratto di solidarietà. Il predetto trattamento di integrazione salariale, che grava sulla contabilità separata dei trattamenti straordinari della Cassa integrazione guadagni, viene corrisposto per un periodo non superiore a ventiquattro mesi ed il suo ammontare è ridotto in corrispondenza si eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale.

        3) L’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, accertata la finalizzazione della riduzione concordata di orario al riassorbimento della esuberanza di personale, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale di cui al presente articolo, esprime su di essa parere motivato.

        4) Il periodo per il quale viene corrisposto il trattamento di integrazione salariale, di cui al precedente comma secondo, è riconosciuto utile di ufficio ai fini della acquisizione del diritto, della determinazione della misura della pensione e del conseguimento dei supplementi di pensione da liquidarsi a carico della gestione pensionistica cui sono iscritti i lavoratori interessati. Il contributo figurativo è a carico della contabilità separata dei trattamenti di Cassa integrazione guadagni ed è commisurato al trattamento retributivo perso a seguito della riduzione di orario.

        5) Ai fini della determinazione delle quote di accantonamento relative al trattamento di fine rapporto trovano applicazione le disposizioni di cui al comma terzo dell’art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297. Le quote di accantonamento relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione dell’orario di lavoro sono a carico della Cassa integrazione Guadagni. (Comma così modificato dall’art. 8 comma 2 bis, del D. L. 21 marzo 1988, n. 86).

        6) Per quanto non previsto dal presente articolo, al trattamento di integrazione salariale di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 5 novembre 1968, n. 1115, e successive modificazioni e integrazioni.

        Art. 2
        1) Nel caso in cui i contratti collettivi aziendali stipulati con i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, al fine di incrementare gli organici, prevedono, programmandone le modalità di attuazione, una riduzione stabile dell’orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale con richiesta nominativa, ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per ogni mensilità di retribuzione ad esso corrisposta, un contributo a carico della gestione dell’assicurazione per la disoccupazione involontaria, pari, per i primi dodici mesi, al quindici per cento della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo di categoria per il livello di inquadramento. Per ciascuno dei due anni successivi il predetto contributo è ridotto, rispettivamente, al dieci e al cinque per cento.

        2) In sostituzione del contributo di cui al precedente comma primo, per i lavoratori di età compresa tra i quindici e i ventinove anni assunti sulla base del presente articolo e con richiesta nominativa, per i primi tre anni, e comunque non oltre il compimento del ventinovesimo anno di età del lavoratore assunto, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura fissa corrispondente a quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni, ferma restando la contribuzione a carico dei lavoratori nella misura prevista per la generalità dei lavoratori. Nel caso in cui i predetti lavoratori vengano assunti da aziende aventi titolo agli sgravi degli oneri sociali di cui al Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, e successive integrazioni e modificazioni, è per essi corrisposto, per il medesimo periodo ed a carico della gestione indicata al precedente comma primo, un contributo pari al trenta per cento della retribuzione di cui allo stesso comma.

        3) Il contributo di cui ai precedenti commi primo e secondo è cumulabile con gli sgravi degli oneri sociali di cui al comma precedente e può essere conguagliato dai datori di lavoro all’atto del pagamento dei contributi dovuti all’Istituto nazionale della previdenza sociale. L’ammontare complessivo degli sgravi degli oneri sociali e dei contributi di cui al comma primo non può comunque superare la somma totale di quanto le aziende sarebbero tenute a corrispondere, secondo le norme vigenti, in materia di contribuzioni previdenziali ed assistenziali.

        4) Non beneficiano delle agevolazioni di cui ai commi precedenti i datori di lavoro che, nei dodici mesi antecedenti le assunzioni, abbiano proceduto a riduzioni di personale ovvero a sospensioni di lavoro, ai sensi dell’art. 2 della legge 12 agosto 1977, n. 675.

        4 bis) Le assunzioni su richiesta nominativa operate dal datore di lavoro sulla base dei contratti collettivi di cui al presente articolo non devono determinare una riduzione della percentuale della mano d’opera femminile rispetto a quella maschile - ovvero di quest’ultima quando risulti inferiore - nelle unità produttive interessate dalla retribuzione dell’orario, salvo che vi sia carenza dichiarata dalla Commissione del collocamento, di mano d’opera femminile, ovvero maschile, in possesso delle qualifiche con riferimento alle quali è programmata l’assunzione con richiesta nominativa.

        5) Ai lavoratori delle imprese nelle quali siano stati stipulati i contratti collettivi di cui al precedente comma primo, che abbiano un’età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di ventiquattro mesi ed abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta a domanda e con decorrenza dal mese successivo a quello della presentazione, il suddetto trattamento di pensione nel caso in cui essi abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell’orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto collettivo e sulla base di clausole, in esso appositamente inserite, che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un ulteriore incremento dell’occupazione. Limitatamente al predetto periodo di anticipazione il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale ai sensi del presente comma, ferma restando negli altri casi la disciplina sul cumulo di cui agli art. 20 e 21 della legge 30 aprile 1969, n. 153.

        6) Ai fini della individuazione della retribuzione dal assumere quale base di calcolo per la determinazione della pensione dei lavoratori che abbiano prestato lavoro a tempo parziale ai sensi del comma quinto, è neutralizzato il numero delle settimane di lavoro prestate a tempo parziale, ove ciò comporti un trattamento pensionistico più favorevole.

        7) I contratti collettivi di cui al precedente comma primo devono essere depositati presso l’Ispettorato provinciale del lavoro. L’attribuzione del contributo è subordinata all’accertamento, da parte dell’Ispettorato del lavoro, della corrispondenza tra la riduzione concordata dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate. All’Ispettorato provinciale del lavoro è demandata altresì la vigilanza in ordine alla corretta applicazione dei contratti di cui al comma primo, disponendo la sospensione del contributo nei casi di accertata violazione.

        7 bis) I lavoratori assunti a norma del presente articolo sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi ai soli fini dell’applicazione di norme ed istituti che prevedano l’accesso ad agevolazioni di carattere finanziario e creditizio.

        8) All’onere derivante dall’applicazione del presente articolo, valutato per l’anno 1984 in lire 20 miliardi, si provvede mediante utilizzazione, fino a concorrenza dello stesso onere, delle economie di gestione realizzate dalla Cassa integrazione guadagni per effetto dell’attuazione del precedente art. 1.

        Art. 3 (estratto)
        1) I lavoratori di età compresa tra i quindici e i ventinove anni possono essere assunti nominativamente, in attuazione dei progetti di cui al comma terzo, con contratto di formazione e lavoro non superiore a ventiquattro mesi e non rinnovabile, dagli Enti pubblici economici e dalle imprese e loro consorzi che al momento della richiesta non abbiano sospensioni di lavoro in atto ai sensi dell’art. 2 della legge 12 agosto 1977, n. 675, ovvero non abbiano proceduto a riduzioni di personale nei dodici mesi precedenti la richiesta stessa, salvo che l’assunzione non avvenga per l’acquisizione di professionalità diverse da quelle dei lavoratori interessati alle predette sospensioni e riduzioni di personale (1).

        1 bis) Nelle aree indicate dall’art. 1 del testo unico delle leggi sugli interventi per il Mezzogiorno approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, nonché in quelle svantaggiate del Contro - Nord previste dalla legge 29 dicembre 1990, n. 407, l’assunzione con contratti di formazione e lavoro è ammessa sino all’età di 32 anni. (Comma aggiunto dall’art. 9 secondo comma, del D.L. 29 marzo 1991, n. 108.)

        2) Fra i lavoratori assunti a norma del comma precedente, una quota fino al cinque per cento deve essere riservata ai cittadini emigrati rimpatriati, ove in possesso di requisiti necessari. In caso di carenza di predetto personale dichiarata dall’Ufficio di collocamento si procede ai sensi del comma primo.

        3) I tempi e le modalità di svolgimento dell’attività di formazione e lavoro sono stabiliti mediante progetti predisposti dagli enti pubblici economici e dalle imprese ed approvati dalla commissione regionale per l’impiego non sia intervenuta nel termine di trenta giorni dalla loro presentazione, provvede il direttore dell’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione. La commissione regionale per l’impiego, nell’ambito delle direttive generali fissate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione centrale per l’impiego, delibera, in coerenza con le finalità formative ed occupazionali e con le caratteristiche dei diversi settori produttivi, in ordine ai criteri di approvazione dei progetti ed agli eventuali specifici requisiti che gli stessi devono aver, tra i quali può essere previsto il rapporto tra organico aziendale e numero dei lavoratori con contratti di formazione e lavoro. Nel caso in cui i progetti interessino più ambiti regionali, i medesimi progetti sono sottoposti all’approvazione del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il quale, entro trenta giorni, delibera sentito il parere della commissione centrale per l’impiego. Non sono soggetti all’approvazione i progetti conformi alle regolamentazioni del contratto di formazione e lavoro concordate tra le organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro e dei lavoratori aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative, recepite dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione centrale per l’impiego. (Comma dapprima sostituito dall’art. 9, primo comma, del D.L. 29 marzo 1991, n. 108 e poi così modificato dall’art. 16, ottavo comma, del D.L. 16 maggio 1994, n. 299).

        4) I progetti di cui al comma terzo, che prevedono la richiesta di finanziamento alle regioni, devono essere predisposti in conformità ai regolamenti comunitari. Essi possono essere finanziati dal Fondo di rotazione di cui all’art. 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, secondo le modalità di cui all’art. 27 della stessa legge. A tal fine le regioni ogni anno determinano la quota del limite massimo di spesa, di cui al secondo comma dell’art. 24 della legge predetta da destinare al finanziamento dei progetti. Hanno precedenza nell’accesso ai finanziamenti i progetti predisposti d’intesa con i sindacati di cui al comma terzo del presente articolo.

        5) Ai contratti di formazione e lavoro si applicano le disposizioni legislative che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato in quanto non siano derogate dal presente decreto. Il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, effettuato durante ovvero al termine dell’esecuzione del contratto di formazione e lavoro.

        6) Per i lavoratori assunti con il contratto di formazione e lavoro la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura fissa corrispondente a quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nelle misure previste per la generalità dei lavoratori.

        7) Al termine del rapporto il datore di lavoro è tenuto ad attestare l’attività svolta ed i risultati formativi conseguiti dal lavoratore, dandone comunicazione all’Ufficio di collocamento territorialmente competente.

        8) La Commissione regionale per l’impiego può effettuare controlli, per il tramite dell’Ispettorato del lavoro, sull’attuazione dei progetti di formazione e lavoro.

        9) In caso di inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione e lavoro, il contratto stesso si considera a tempo indeterminato fin dalla data dell’instaurazione del relativo rapporto.

        10) I lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e Contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti.

        11) Il rapporto di formazione e lavoro nel corso del suo svolgimento può essere convertito in rapporto a tempo indeterminato, ferma restando l’utilizzazione dei lavoratori in attività corrispondenti alla formazione conseguita. In questo caso continuano a trovare applicazione i commi sesto e decimo fino alla scadenza del termine originariamente previsto dal contratto di formazione e lavoro.

        12) I lavoratori che abbiano svolto attività di formazione e lavoro entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto possono essere assunti a tempo indeterminato, dal medesimo o da altro datore di lavoro, con richiesta nominativa per l’espletamento di attività corrispondenti alla formazione conseguita. Qualora il lavoratore sia assunto, entro i limiti di tempo fissati dal presente comma, dal medesimo datore di lavoro, il periodo di formazione è computato nell’anzianità di servizio. La Commissione regionale per l’impiego, tenendo conto delle particolari condizioni del mercato nonché delle caratteristiche cella formazione conseguita, può elevare il predetto limite fino ad un massimo di trentasei mesi.

        13) Omissis.

        14) Omissis.

        15) Omissis.

        16) Omissis.

        17) Nel caso in cui per lo svolgimento di determinate attività sia richiesto il possesso di apposito titolo di studio, questo costituisce requisito per la stipulazione del contratto di formazione e lavoro finalizzato allo svolgimento delle predette attività.

        18) I lavoratori iscritti negli elenchi di cui all’art. 19 della legge 2 aprile., 1968, n. 482, assunti con contratto di formazione e lavoro, sono considerati ai fini delle percentuali d’obbligo di cui all’art. 11 della stessa legge.

        Art. 4
        Omissis.

        Art. 5 (estratto)
        1) I lavoratori che siano disponibili a svolgere attività ad orario inferiore rispetto a quello ordinario previsto dai contratti collettivi di lavoro o per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno possono chiedere di essere iscritti in apposita lista di collocamento. L’iscrizione nella lista dei lavoratori a tempo parziale non è incompatibile con l’iscrizione nella lista ordinaria di collocamento. Il lavoratore che venga avviato ad un lavoro a tempo parziale può chiedere di mantenere l’iscrizione nella prima o seconda classe della lista ordinaria nonché nella lista dei lavoratori a tempo parziale.

        2) IL contratto di lavoro a tempo parziale deve stipularsi per iscritto. In esso devono essere indicate le mansioni e la distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Copia del contratto deve essere inviata entro trenta giorni al competente Ispettorato provinciale del lavoro.

        3) I contratti collettivi, anche aziendali, possono stabilire:
        a) il numero percentuale dei lavoratori che possono essere impiegati a tempo parziale rispetto al numero dei lavoratori a tempo pieno;
        b) le mansioni alle quali possono essere adibiti lavoratori a tempo parziale;
        c) le modalità temporali di svolgimento delle prestazioni al tempo parziale.

        3-bis) In caso di assunzione di personale a tempo pieno è riconosciuto il diritto di precedenza nei confronti dei lavoratori con contratto a tempo parziale , con priorità per coloro che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

        4) Salvo diversa previsione dei contratti collettivi di cui al precedente comma terzo, espressamente giustificata con riferimento a specifiche esigenze organizzative, è vietata la prestazione da parte dei lavoratori a tempo parziale di lavoro supplementare rispetto a quello concordato ai sensi del precedente comma secondo.

        5) La retribuzione minima oraria da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero di cui all’art. 7 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con codificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l’importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal Contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno. (Comma così sostituito dall’art. 1, quarto comma del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338).

        6) Gli assegni familiari spettano ai lavoratori a tempo parziale per l’intera misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulante le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata.

        7) Omissis.

        8) Il secondo comma dell’art. 26 del testo unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, è sostituito dal seguente: “Il contributo non è dovuto per i lavoratori cui non spettano gli assegni a norma dell’art. 2”.

        9) La retribuzione da valere ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei lavoratori a tempo parziale è uguale alla retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione per il corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno.

        10) Su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dall’Ufficio provinciale del lavoro sentito il lavoratore interessato, è ammessa, fermo restando quanto previsto dai precedenti commi secondo, terzo e terzo bis, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale.

        11) Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell’ammontare del trattamento di pensione si computa per intero l’anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all’orario effettivamente svolto l’anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale. La predetta disposizione trova applicazione con riferimento ai periodi di lavoro successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

        12) Ai fini della qualificazione dell’azienda, dell’accesso a benefici di carattere finanziario e creditizio previsti dalle leggi, nonché dalla legge 2 aprile 1968, n. 482, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel numero complessivo dei dipendenti, in proporzione all’orario svolto riferito alle ore lavorative ordinarie effettuate nell’azienda, con arrotondamento all’unità della frazione di orario superiore alla metà di quello normale.

        13) Il datore di lavoro che assume o impieghi lavoratori a tempo parziale in violazione delle disposizioni di cui al precedente comma terzo è tenuto al pagamento, a favore della gestione contro la disoccupazione, della somma di lire 40.000 per ogni giorno di lavoro svolto da ciascuno di essi.

        14) Il datore di lavoro che contravvenga alla disposizione di cui al precedente comma quarto è assoggettato alla sanzione amministrativa di cui al precedente comma tredicesimo. Il datore di lavoro che contravvenga all’obbligo di comunicazione previsto nel precedente comma secondo è tenuto al pagamento, a favore della gestione contro la disoccupazione, della somma di lire 300.000.

        15) Omissis.

        16) Omissis.

        17) Omissis.

        18) Omissis.

        19) Omissis.

        20) Omissis.

        Art. 6
        Omissis.

        Art. 6 bis
        1) Il quarto comma dell’art. 9 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, è abrogato.

        Art. 6-ter
        Omissis.

        Art. 7 (articolo soppresso dalla legge di conversione)
        Art. 8
        1) Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.



        Legge 23 luglio 1991, n. 223.
        Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.
        (in G. U. del 27 luglio 1991, n. 175)


        Art. 1 Norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale.
        1. La disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale trova applicazione limitatamente alle imprese che abbiano occupato mediante più di quindici lavoratori nel semestre precedente la data di presentazione della richiesta di cui al comma 2. Nel caso di richieste presentate prima che siano trascorsi sei mesi dal trasferimento di azienda, tale requisito deve sussistere, per il datore di lavoro subentrante nel periodo decorrente alla data del predetto trasferimento. Ai fini dell’applicazione del presente comma vengono computati anche gli apprendisti ed i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro.

        2. La richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale deve contenere il programma che l’impresa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale. Il programma deve essere formulato in conformità ad un modello stabilito, sentito il Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (CIPI), con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. L’impresa, sentite le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, le organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative operanti nella provincia, può chiedere una modifica del programma nel corso del suo svolgimento.

        3. La durata dei programmi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale non può essere superiore a due anni. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ha facoltà di concedere due proroghe, ciascuna di durata non superiore a dodici mesi, per quelli tra i predetti programmi che presentino una particolare complessità in ragione, delle caratteristiche tecniche dei processi produttivi dell’azienda, ovvero in ragione della rilevanza delle conseguenze occupazionali che detti programmi comportano con riferimento alle dimensioni dell’impresa ed alla sua articolazione sul territorio (1).

        4. Il contributo addizionale di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1998, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, è dovuto in misura doppia a decorrere dal primo giorno del venticinquesimo mese successivo a quello in cui è fissata dal decreto ministeriale di concessione la data di decorrenza del trattamento di integrazione salariale.

        5. La durata del programma per crisi aziendale non può essere superiore a dodici mesi. Una nuova erogazione per la medesima causale non può essere disposta prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione.

        6. Il CIPI fissa, su proposta del Ministro del lavoro e della provvidenza sociale, sentito il comitato tecnico di cui all’articolo 19 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, i criteri per l’individuazione dei casi di crisi aziendale, nonché di quelli previsti dall’articolo 11, comma 2, in relazione alle situazioni occupazionali nell’ambito territoriale e alla situazione produttiva dei settori, cui attenersi per la selezione dei casi di intervento, nonché i criteri per l’applicazione dei commi 9 e 10.
        7. I criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione prevista dal comma 8 devono formare oggetto delle comunicazioni e dell’esame congiunto previsti dall’articolo 5 della legge 20 maggio 1975 n. 164.

        8. Se l’impresa ritiene, per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, di non adottare meccanismi di rotazione tra i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata dalle sospensioni, deve indicarne i motivi nel programma di cui al comma 2. Qualora il CIPI abbia approvato il programma, ma ritenga non giustificati i motivi addotti dall’azienda per la mancata adozione della rotazione, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale promuove l’accordo fra le parti sulla materia e, qualora tale accordo non sia stato raggiunto entro tre mesi dalla data del decreto di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale, stabilisce con proprio decreto l’adozione di meccanismi di rotazione, sulla base delle specifiche proposte formulate dalle parti. L’azienda, ove non ottemperi a quanto previsto in tale decreto, è tenuta, per ogni lavoratore sospeso, a corrispondere con effetto immediato, nella misura doppia, il contributo addizionale di cui all’articolo 8, comma 1, del citato decreto legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160. Il medesimo contributo, con effetto dal primo giorno del venticinquesimo mese successivo all’atto di concessione del trattamento di cassa integrazione, è maggiorato di una somma pari al centocinquanta per cento del suo ammontare.

        9. Per ciascuna unità produttiva i trattamenti straordinari di integrazione salariale non possono avere una durata complessiva superiore a trentasei mesi nell’arco di un quinquennio, indipendentemente dalle cause per le quali sono stati concessi, ivi compresa quella prevista dall’articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863. Si computano, a tal fine, anche i periodi di trattamento ordinario concessi per contrazioni o sospensioni dell’attività produttiva determinate da situazioni temporanee di mercato. Il predetto limite può essere superato, secondo condizioni e modalità determinate dal CIPI ai sensi del comma 6, per i casi previsti dall’articolo 3 della presente legge, dall’articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall’articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 1984, n. 536, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 48, ovvero per i casi di proroga di cui al comma 3.

        10. Per le imprese che presentino un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale a seguito di una avvenuta significativa trasformazione del loro assetto proprietario, che abbia determinato rilevanti apporti di capitali ed investimenti produttivi, non considerati ai fini dell’applicazione del comma 9, i periodi antecedenti la data della trasformazione medesima.

        11. L’impresa non può richiedere l’intervento straordinario di integrazione salariale per le unità produttive per le quali abbia richiesto, con riferimento agli stessi periodi, l’intervento ordinario.

        Art. 2 Procedure
        1. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso mediante decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa approvazione del programma, di cui all’articolo 1, comma 2, da parte del CIPI, per la durata prevista nel programma medesimo.
        2. Le modifiche e le proroghe dei programmi di cui all’articolo 1, commi 2 e 3, sono approvate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale nel caso in cui i lavoratori interessati alle integrazioni salariali siano in numero pari o inferiore a cento unità; sono approvate dal CIPI negli altri casi.

        3. Successivamente al primo semestre l’erogazione del trattamento è autorizzata, su domanda, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale per periodi semestrali subordinatamente all’esito positivo dell’accertamento, sulla regolare attuazione del programma da parte dell’impresa.

        4. La domanda del trattamento straordinario di integrazione salariale e l’eventuale domanda di proroga del trattamento medesimo devono essere presentate, nel termine previsto dal primo comma dell’articolo 7 della legge 20 maggio 1975, n. 164, all’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione ed all’ispettorato regionale del lavoro territorialmente competenti. Nel caso di presentazione tardiva della domanda si applicano il secondo ed il terzo comma del predetto articolo (1).

        Art. 3 Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali (estratto)
        1. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni. In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione salariale fruito dai lavoratori sarà detratto da quello previsto nel caso di dichiarazione di fallimento. Il trattamento viene concesso, su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, per un periodo non superiore a dodici mesi (1).

        2. Entro il termine di scadenza del periodo di cui al comma 1, quando sussistano delle fondate prospettive di continuazione o ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione tramite la concessione, a qualunque titolo, dell’azienda o di sue parti, il trattamento straordinario di integrazione salariale può essere prorogato su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, previo accertamento da parte del CIPI, per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi. La domanda deve essere corredata da una relazione, approvata dal giudice delegato o dall’autorità che esercita il controllo, sulle prospettive di cessione dell’azienda o di sue parti e sui riflessi della cessione sull’occupazione aziendale.

        3. Quando non sia possibile la continuazione dell’attività, anche tramite cessione dell’azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possono essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno la facoltà di collocare in mobilità, ai sensi dell’articolo 4 ovvero dell’articolo 24, i lavoratori eccedenti. In tali casi il termine di cui all’articolo 4, comma 6, è ridotto a trenta giorni. Il contributo a carico dell’impresa previsto dall’articolo 5, comma 4, non è dovuto.

        4. L’imprenditore che a titolo di affitto, abbia assunto la gestione, anche parziale, di aziende appartenenti a imprese assoggettate alle procedure di cui al comma 1, può esercitare il diritto di prelazione nell’acquisto delle medesime una volta esaurite le procedure previste dalle norme vigenti per la definitiva determinazione del prezzo di vendita dell’azienda, l’autorità che ad essa proceda provvede a comunicare entro dieci giorni il prezzo così stabilito all’imprenditore cui sia riconosciuto il diritto di prelazione. Tale diritto deve essere esercitato entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione.

        4-bis. Le disposizioni in materia di mobilità ed il trattamento relativo si applicano anche al personale il cui rapporto sia disciplinato dal regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e successive estensioni, modificazioni e integrazioni, che sia stato licenziato da imprese dichiarate fallite, o poste in liquidazione, successivamente alla data del 1 gennaio 1993. Per i lavoratori che si trovino nelle indicate condizioni e che maturino, nel corso del trattamento di mobilità, il diritto alla pensione, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione deve intendersi quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l’inizio del trattamento di mobilità.

        4-ter. Omissis.

        5. Sono abrogati l’articolo 2 della legge 27 luglio 1979, n. 301, e successive modificazioni, e l’articolo 2 del decreto-legge 21 febbraio 1985, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 1985, n. 143, e successive modificazioni.

        Art. 4 Procedura per la dichiarazione di mobilità.
        1. L’impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso di attuazione del programma di cui all’articolo 1 ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha la facoltà di avviare le procedure di mobilità ai sensi del presente articolo.

        2. Le imprese che intendono esercitate la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato.

        3. La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza, dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità, del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente; dei tempi di attuazione del programma di mobilità; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo. Alla comunicazione va allegata sulla somma di cui all’articolo 5, comma 4, di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti (1).

        4. Copia della comunicazione di cui al comma 2 e della ricevuta del versamento di cui al comma 3 devono essere contestualmente inviate all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

        5. Entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni si proceda ad un esame congiunto tra le parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro.

        6. La procedura di cui al comma 5 deve essere esaurita entro quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione dell’impresa. Quest’ultima da all’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione comunicazione scritta sul risultato della consultazione e sui motivi del suo eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle associazioni sindacali dei lavoratori.

        7. Qualora non si sia stato raggiunto l’accordo, il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le parti al fine di un ulteriore esame delle materie di cui al comma 5, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame deve comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione della comunicazione dell’impresa prevista al comma 6.
        8. Qualora il numero dei lavoratori interessati dalla procedura di mobilità sia inferiore a dieci, i termini di cui ai commi 6 e 7 sono ridotti alla metà.

        9. Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha la facoltà di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai, e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Contestualmente, l’elenco dei lavoratori collocati in mobilità con l’indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’articolo 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2.

        10. Nel caso in cui l’impresa rinunci a collocare in mobilità i lavoratori o ne collochi un numero inferiore a quello risultante dalla comunicazione di cui al comma 2, la stessa procede al recupero delle somme pagate in eccedenza rispetto a quella dovuta ai sensi dell’articolo 5, comma 4, mediante conguaglio con i contributi dovuti all’INPS da effettuarsi con il primo versamento utile successivo alla data di determinazione del numero dei lavoratori posti in mobilità.
        11. Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dell’articolo 2103 del codice civile, la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte.

        12. Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia ove siano state effettuate senza l’osservanza della forma scritta e delle procedure previste dal presente articolo.

        13. I lavoratori ammessi al trattamento di cassa integrazione, al termine del periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale, rientrano in azienda.

        14. Il presente articolo non trova applicazione nel caso di eccedenze determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali o saltuarie, nonché per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato.

        15. Nei casi in cui l’eccedenza riguardi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, la competenza a promuovere l’accordo di cui al comma 7 spetta rispettivamente al direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione ovvero il Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Agli stessi vanno inviate le comunicazioni previste dal comma 4.

        16. Sono abrogati gli articoli 24 e 25 della legge 12 agosto 1977, n. 675, le disposizioni del decreto-legge 30 marzo 1978, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 1978, n. 215, ad eccezione dell’articolo 4-bis, nonché il decreto-legge 13 dicembre 1978, n. 795, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 1979, n. 36.

        Art. 5 Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle imprese
        1. L’individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in corso tra loro:
        a) carichi di famiglia;
        b) anzianità;
        c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

        2. Nell’operare la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, l’impresa è tenuta al rispetto dell’articolo 9, ultimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79. L’impresa non può altresì collocare in mobilità una percentuale di manodopera femminile occupata con il riguardo alle mansioni prese in considerazione(1).

        3. Il recesso di cui all’articolo 4, comma 9, è inefficace qualora sia intimato senza l’osservanza della forma scritta o in violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12 ed è annullabile in caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1 del presente articolo. Salvo il caso di mancata comunicazione per iscritto, il recesso può essere impugnato entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento delle organizzazioni sindacali. Al recesso di cui all’articolo 4, comma 9, del quale sia stata dichiarata l’inefficacia o l’invalidità, si applica l’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.

        4. Per ciascun lavoratore posto in mobilità l’impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore.
        Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4 comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale (1).

        5. L’impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l’impiego, procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi le caratteristiche di cui all’articolo 9, comma 1, lettera b), non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza al rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando le offerte procurate dalla impresa, abbia prestato lavoro. Il predetto beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell’impresa disposta ad assumere, nei rapporti di cui all’articolo 8, comma 4-bis (2).

        6. Qualora il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di cui all’articolo 2, comma 1, e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma di cui all’articolo 1, comma 2, nell’unità produttiva in cui il lavoratore era occupato, la somma che l’impresa è tenuta a versare ai sensi del comma 4 del presente articolo è aumentata di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l’inizio del tredicesimo mese e la data di completamento del programma. Nel medesimo caso non trova applicazione quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 2 della legge 8 agosto 1972, n. 464.

        Art. 6 Lista di mobilità e compiti della commissione regionale per l’impiego
        1. L’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, sulla base delle direttive impartite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione centrale per l’impiego, dopo un’analisi tecnica da parte dell’Agenzia per l’impiego compila una lista dei lavoratori in mobilità, sulla base di schede che contengano tutte le informazioni utili per individuare la professionalità, la preferenza per una mansione diversa da quella originaria, la disponibilità al trasferimento sul territorio; in questa lista vengono iscritti anche i lavoratori di cui agli artt. 11, comma 2, e 16, e vengono esclusi quelli che abbiano fatto richiesta dell’anticipazione di cui all’art. 7 comma 5.

        2. La Commissione regionale per l’impiego approva le liste di cui al comma 1 ed inoltre:
        a) assume ogni iniziativa utile a favorire il reimpiego dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità, in collaborazione con l’Agenzia per l’impiego;
        b) propone l’organizzazione, da parte delle regioni, di corsi di qualificazione e riqualificazione professionale che, tenuto conto del livello di professionalità dei lavoratori interessati sono tenuti a parteciparvi quando le Commissioni regionali ne dispongano l’avviamento;
        c) promuove le iniziative di cui al comma 4;
        d-bis) realizza, d’intesa con la regione, a favore delle lavoratrici iscritte nelle liste di mobilità, le azioni positive di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125(3).

        3. Le Regioni, nell’autorizzare i progetti per l’accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo di rotazione, ai sensi del secondo comma dell’art. 24 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, devono dare priorità ai progetti formativi che prevedono l’assunzione di lavoratori iscritti nella lista di mobilità.

        4. Su richiesta delle amministrazioni pubbliche la Commissione regionale per l’impiego può disporre l’utilizzo temporaneo dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità in opere o servizi di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 1-bis del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 1981, n. 390 modificato dall’art. 8 legge 28 febbraio 1986, n. 41, e dal decreto-legge 21 marzo 1988, n. 160. Il secondo comma del citato art. 1-bis non si applica nei casi in cui l’amministrazione pubblica interessata utilizzi i lavoratori per un numero di ore ridotto e proporzionato ad una somma corrispondente al trattamento di mobilità spettante al lavoratore ridotta del venti per cento.

        5. I lavoratori in mobilità sono compresi tra soggetti di cui all’art. 14, comma 1, lettera a), della legge 27 febbraio 1985, n. 49.

        Art. 7 Indennità di mobilità
        1. I lavoratori collocati in mobilità ai sensi dell’articolo 4, che siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 16, comma 1, hanno diritto ad una indennità per un periodo massimo di dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. L’indennità spetta nella misura percentuale, di seguito indicata, del trattamento straordinario di integrazione salariale che hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro:
        a) per i primi dodici mesi: cento per cento;
        b) dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: ottanta per cento.

        2. Nelle aree di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, la indennità di mobilità è corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella seguente misura:
        a) per i primi dodici mesi: cento per cento;
        b) dal tredicesimo al quarantottesimo mese: ottanta per cento.

        3. L’indennità di mobilità è adeguata con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, in misura pari all’aumento della indennità di contingenza dei lavoratori dipendenti. Essa non è comunque corrisposta successivamente alla data del compimento dell’età pensionabile ovvero, se a questa data non è ancora maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, successivamente alla data in cui tale diritto viene a maturazione.

        4. L’indennità di mobilità non può comunque essere corrisposta per un periodo superiore all’anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell’impresa che abbia attivato la procedura di cui all’articolo 4(1).

        5. I lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta per intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa in conformità alle norme vigenti possono ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità nelle misure indicate nei commi 1 e 2, detraendone il numero di mensilità già godute. Fino al 31 dicembre 1992(2), per i lavoratori in mobilità delle aree di cui al comma 2 che abbiano compiuto i cinquanta anni di età, questa somma è aumentata di un importo pari a quindici mensilità dell’indennità iniziale di mobilità e comunque non superiore al numero dei mesi mancanti al compimento dei sessanta anni di età. Per questi ultimi lavoratori il requisito di anzianità aziendale di cui l’articolo 16, comma 1, è elevato in misura pari al periodo trascorso tra la data di entrata in vigore della presente legge e quella del loro collocamento in mobilità. Le somme corrisposte a titolo di anticipazione dell’indennità di mobilità sono cumulabili con il beneficio di cui all’articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono determinate le modalità e le condizioni per la corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità, le modalità per la restituzione nel caso in cui il lavoratore nei ventiquattro mesi successivi a quello della corresponsione assuma una occupazione alle altrui dipendenze nel settore privato o in quello pubblico, nonché le modalità per la riscossione delle somme di cui all’articolo 5, commi 4 e 6.

        6. Nelle aree di cui al comma 2 nonché nell’ambito delle circoscrizioni o nel maggior ambito determinato dalla Commissione regionale per l’impiego, in cui sussista un rapporto superiore alla media nazionale tra iscritti alla prima classe della lista di collocamento e popolazione residente in età dal lavoro, ai lavoratori collocati in mobilità entro la data del 31 dicembre 1992(3) che, al momento della cessazione del rapporto, abbiano compiuto un’età inferiore di non più di cinque anni rispetto a quella prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia, e possano far valere, nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, un’anzianità contributiva non inferiore a quella minima prevista per il predetto pensionamento, diminuita del numero di settimane mancanti alla data di compimento dell’età pensionabile, l’indennità di mobilità è prolungata fino a quest’ultima data. La misura dell’indennità per periodi successivi a quelli previsti nei commi 1 e 2 è dell’ottanta per cento.

        7. Negli ambiti di cui al comma 6, ai lavoratori collocati in mobilità entro la data del 31 dicembre 1992(1) che, al momento della cessazione del rapporto, abbiano compiuto un’età inferiore di non più di dieci anni rispetto a quella prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia e possano far valere, nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, un’anzianità contributiva non inferiore a ventotto anni, l’indennità di mobilità spetta fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento di anzianità per i lavoratori dipendenti anteriormente alla data del 1° gennaio 1991 dalle società non operative della Società di gestione e Partecipazioni Industriali SpA (GEPI) e della Iniziative Sardegna SpA (INSAR) si prescinde dal requisito dell’anzianità contributiva; l’indennità di mobilità non può comunque essere corrisposta per un periodo superiore a dieci anni.

        8. L’indennità di mobilità sostituisce ogni altra prestazione di disoccupazione nonché le indennità di malattia e di maternità eventualmente spettanti.

        9. I periodi di godimento dell’indennità di mobilità, ad esclusione di quelli per i quali si fa luogo alla corresponsione anticipata ai sensi del comma 5, sono riconosciuti d’ufficio utili ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e ai fini della determinazione della misura della pensione stessa. Per detti periodi il contributo figurativo è calcolato sulla base della retribuzione cui è riferito il trattamento straordinario di integrazione salariale di cui al comma 1. Le somme occorrenti per la copertura della contribuzione figurativa sono versate dalla gestione di cui al comma 11 alle gestioni pensionistiche competenti.

        10. Per i periodi di godimento dell’indennità di mobilità spetta l’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.

        11. I datori di lavoro, ad eccezione di quelli edili, rientranti nel campo di applicazione della normativa che disciplina l’intervento straordinario di integrazione salariale, versano alla gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, un contributo transitorio calcolato con riferimento alle retribuzioni assoggettate al contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in misura pari a 0,35 punti di aliquota percentuale a decorrere dal periodo di paga in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e fino al periodo di paga in corso al 31 dicembre 1991 ed in misura pari a 0,43 punti di aliquota percentuale a decorrere dal periodo di paga successivo a quello in corso al 31 dicembre 1991 fino a tutto il periodo di paga in corso al 31 dicembre 1992; i datori di lavoro tenuti al versamento del contributo transitorio sono esonerati, per i periodi corrispondenti e per i corrispondenti punti di aliquota percentuale, dal versamento del contributo di cui all’articolo 22 della legge 11 marzo 1988, n. 67, per la parte a loro carico.

        12. L’indennità prevista dal presente articolo è regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonché dalle disposizioni di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.

        13. Per i giornalisti l’indennità prevista dal presente articolo è a carico dell’istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Le somme e i contributi di cui al comma 11 e all’articolo 4, comma 3, sono dovuti al predetto istituto. Ad esso vanno inviate le comunicazioni relative alle procedure previste dall’articolo 4, comma 10, nonché le comunicazioni di cui all’articolo 9, comma 3.

        14. E’ abrogato l’articolo 12 della legge 5 novembre 1968, n. 1115, e successive modificazioni.

        15. In caso di squilibrio finanziario delle gestioni nei primi tre anni successivi a quello di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, adegua i contributi di cui al presente articolo nella misura necessaria a ripristinare l’equilibrio di tali gestioni.

        Art. 8 Collocamento dei lavoratori in mobilità
        1. Per i lavoratori in mobilità, ai fini del collocamento, si applica il diritto di precedenza nell’assunzione di cui al sesto comma dell’articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni ed integrazioni.

        2. I lavoratori in mobilità possono essere assunti con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi. La quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni. Nel caso in cui, nel corso del suo svolgimento, il predetto contratto venga trasformato a tempo indeterminato, il beneficio dei contributivo spetta per ulteriori dodici mesi in aggiunta a quello previsto dal comma 4.

        3. Per i lavoratori in mobilità si osservano, in materia di limiti di età, ai fini degli avviamenti di cui all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni ed integrazioni, le disposizioni dell’articolo 2 della legge 22 agosto 1985, n. 444. Ai fini dei predetti avviamenti le Commissioni regionali per l’impiego stabiliscono, tenendo conto anche del numero degli iscritti nelle liste di collocamento, la percentuale degli avviamenti da riservare ai lavoratori iscritti nella lista di mobilità.

        4. Al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai sensi del comma 1, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Il predetto contributo non può essere erogato per un numero superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni, per un numero superiore a ventiquattro mesi, ovvero a trentasei mesi per le aree di cui all’articolo 7, comma 6. Il presente comma non trova applicazione per i giornalisti.

        4-bis. Il diritto ai benefici economici di cui ai commi precedenti è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o di diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo. L’impresa che assume dichiara, sotto la propria responsabilità, all’atto della richiesta di avviamento, che non ricorrono le menzionate condizioni ostative(1).
        5. Nei confronti dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità trova applicazione quanto previsto dall’articolo 27 della legge 12 agosto 1977, n. 675.

        6. Il lavoratore in mobilità ha facoltà di svolgere attività di lavoro subordinato, a tempo parziale, ovvero a tempo determinato, mantenendo l’iscrizione nella lista.

        7. Per le giornate di lavoro svolte ai sensi del comma 6, nonché per quelle dei periodi di prova di cui all’articolo 9, comma 7, i trattamenti e le indennità di cui agli articoli 7, 11, comma 2, e 16 sono sospesi. Tali giornate non sono computate ai fini della determinazione del periodo di durata dei predetti trattamenti fino al raggiungimento di un numero di giornate pari a quello dei giorni complessivi di spettanza del trattamento.

        8. I trattamenti e i benefici di cui al presente articolo rientrano nella sfera di applicazione dell’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.

        Art. 9 Cancellazione del lavoratore dalla lista di mobilità
        1. Il lavoratore è cancellato dalla lista di mobilità e decade dai trattamenti e dalle indennità di cui agli articoli 7, 11, comma 2, e 16, quando:
        a) rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione professionale autorizzato dalla Regione o non lo frequenti regolarmente;
        b) non accetti l’offerta di un lavoro che sia professionalmente equivalente ovvero, in mancanza di questo, che presenti omogeneità anche intercategoriale e che, avendo riguardo ai contratti collettivi nazionali di lavoro, sia inquadrato in un livello retributivo non inferiore del dieci per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza;
        c) non accetti, in mancanza di un lavoro avente le caratteristiche di cui alla lettera b), di essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 6, comma 4;
        d) non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla competente sede dell’INPS del lavoro prestato ai sensi dell’articolo 8, comma 6;
        d-bis) non risponda, senza motivo giustificato, alla convocazione da parte degli uffici circoscrizionali o delle agenzie per l’impiego ai fini degli adempimenti di cui alle lettere che precedono nonché di quelli previsti dal comma 5-ter dell’articolo 6 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236(1).

        2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano quando le attività lavorative o di formazione offerte al lavoratore iscritto nella lista di mobilità si svolgono in un luogo distante non più di cinquanta chilometri, o comunque raggiungibile in sessanta minuti con mezzi pubblici, dalla residenza del lavoratore.

        3. La cancellazione della lista di mobilità ai sensi del comma 1 è dichiarata entro quindici giorni, dal direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, che decide con provvedimento definitivo entro venti giorni(2).

        4. La Commissione regionale per l’impiego, tenuto conto delle caratteristiche del territorio e dei servizi pubblici esistenti in esso, può modificare con delibera motivata i limiti previsti al comma 2 relativi alla dislocazione geografica del posto di lavoro offerto.

        5. Qualora il lavoro offerto ai sensi del comma 1, lettera b), sia inquadrato in un livello retributivo inferiore a quello corrispondente alle mansioni di provenienza, il lavoratore che accetti tale offerta ha diritto, per un periodo massimo complessivo di dodici mesi, alla corresponsione di un assegno integrativo mensile di importo pari alla differenza tra i corrispondenti livelli retributivi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

        6. Il lavoratore è cancellato dalla lista di mobilità, oltre che nei casi di cui al comma 1, quanto:
        a) sia stato assunto con contratto a tempo pieno ed indeterminato;
        b) si sia avvalso della facoltà di percepire in un’unica soluzione l’indennità di mobilità;
        c) sia scaduto il periodo di godimento dei trattamenti e delle indennità di cui agli articoli 7, 11, comma 2, e 16.

        7. Il lavoratore assunto a tempo pieno e indeterminato, che non abbia superato il periodo di prova, viene reiscritto al massimo per due volte nella lista di mobilità. La Commissione regionale per l’impiego, con il voto favorevole dei tre quarti dei suoi componenti, può disporre in casi eccezionali la reiscrizione del lavoratore nella lista di mobilità per una terza volta.

        8. Il lavoratore avviato e giudicato non idoneo alla specifica attività cui l’avviamento si riferisce, a seguito di eventuale visita medica effettuata presso strutture sanitarie pubbliche, viene reiscritto nella lista di mobilità.

        9. I lavoratori di cui all’articolo 7, comma 6, nel caso in cui svolgano attività di lavoro subordinato od autonomo hanno facoltà di cumulare l’indennità di mobilità nei limiti in cui sia utile a garantire la percezione di un reddito pari alla retribuzione spettante al momento della messa in mobilità, rivalutato in misura corrispondente alla variazione dell’indice del costo della vita calcolato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai fini della scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria. Ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile, a tali lavoratori è data facoltà di far valere, in luogo della contribuzione relativa a periodi, anche parziali, di lavoro prestato successivamente alla data della messa in mobilità, la contribuzione figurativa che per gli stessi periodi sarebbe stata accreditata.

        10. Il trattamento previsto dal presente articolo rientra nella sfera di applicazione dell’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.

        Art. 10
        Omissis

        Art. 11
        Omissis

        Art. 12 Estensione del campo di applicazione della disciplina del trattamento straordinario di integrazione salariale (articolo estratto)
        1. Omissis.

        2. Omissis.

        3. Le disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale sono estese alle imprese esercenti attività commerciali che occupino più di duecento dipendenti.

        Art. 13(1) Norme in materia di contratti di solidarietà
        1. L’ammontare del trattamento di integrazione salariale concesso ai sensi dell’art. 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, non è soggetto alla disciplina sull’importo massimo come determinato dalla legge 13 agosto 1980, n. 427, e non subisce riduzioni a seguito di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale.

        2. Nelle unità produttive interessate da contratti di solidarietà e da programmi di cassa integrazione guadagni straordinaria, le condizioni alle quali è consentito il cumulo dei due distinti benefici sono disciplinate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il comitato tecnico di cui all’art. 19 della legge 28 febbraio 1986, n. 41(2).

        Art. 14 Norme in materia di trattamenti di integrazione dei guadagni (articolo estratto)
        1. L’ammontare dei trattamenti di integrazione salariale, compresi quelli ordinari, qualunque sia la causa di intervento, non può superare, ferme restando le disposizioni di cui all’art. 13, coma 1, l’importo massimo determinato ai sensi della legge 13 agosto 1980, n. 427. La presente disposizione non si applica nel caso del trattamento concesso per intemperie stagionali nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura nonché limitatamente al trattamento ordinario di integrazione salariale, per i primi sei mesi di fruizione del trattamento medesimo.

        2. Omissis.

        Art. 15 Lavoratori in cassa integrazione e opere o servizi di pubblica utilità
        Omissis.

        Art. 16 Indennità di mobilità per i lavoratori disoccupati in conseguenza di licenziamento per riduzione di personale
        1. Nel caso di disoccupazione derivante dal licenziamento per riduzione di personale ai sensi dell’art. 24 da parte dell’imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale il lavoratore, operaio, impiegato o quadro, qualora possa far valere una anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività ed infortuni, con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, ha diritto alla indennità di mobilità ai sensi dell’art. 7.

        2. Per le finalità del presente articolo i datori di lavoro di cui al Comma 1 sono tenuti:
        a) al versamento di un contributo nella misura dello 0,30 per cento delle retribuzioni assoggettate al contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria;
        b) al versamento della somma di cui all’art. 5, comma 4.

        3. Alla corresponsione ai giornalisti dell’indennità di cui al comma 1 provvede l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, al quale sono dovuti il contributo e la somma di cui al comma 2, lettere a) e b).

        4. Sono abrogati l’art. 8 e il secondo e terzo comma dell’art. 9 della legge 5 novembre 1968, n. 1115. Tali disposizioni continuano ad applicarsi in via transitoria ai lavoratori il cui licenziamento sia stato intimato prima dalla data di entrata in vigore della presente legge.

        Art. 17 Reintegrazione dei lavoratori e procedure di mobilità
        1. Qualora i lavoratori il cui rapporto sia risolto ai sensi degli artt. 4, comma 9, e 24 vengano reintegrati a norma dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni, l’impresa, sempre nel rispetto dei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, può procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro di un numero di lavoratori pari a quello dei lavoratori reintegrati senza dover esperire una nuova procedura, dandone previa comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali(1).

        Art. 18 Norme in materia di contributi associativi (articolo estratto)
        Omissis.

        Art. 19 Lavoro a tempo parziale e anticipazione del pensionamento
        1. Nel caso di imprese beneficiarie da ventiquattro mesi dell’intervento straordinario di integrazione salariale quando il contratto collettivo aziendale stipulato con i sindacati dei lavoratori aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale preveda il ricorso al lavoro a tempo parziale, al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione del personale ovvero al fine di consentire l’assunzione del nuovo personale, ai lavoratori dipendenti da tali imprese, che abbiano una età inferiore di non più di sessanta mesi rispetto a quella prevista per la pensione di vecchiaia e a una anzianità contributiva non inferiore a quindici anni, qualora essi convengano con il datore di lavoro, ai sensi di tale contratto collettivo il passaggio al tempo parziale per un orario non inferiore a diciotto ore settimanali è riconosciuto a domanda, previa autorizzazione dell’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, con decorrenza dal mese successivo a quello della sua presentazione, il diritto alla pensione di vecchiaia.

        2. L’impresa che si avvale della facoltà di ricorso al lavoro a tempo parziale di cui al comma 1 deve dare comunicazione all’INPS e all’ispettorato del lavoro della stipulazione dei contratti e della loro cessazione.

        3. Agli effetti del cumulo del trattamento di pensione di cui al comma 1 con la retribuzione, si applicano le norme relative alla pensione di anzianità di cui all’art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, con eccezione della retribuzione percepita durante il periodo di anticipazione del trattamento di pensione, per il rapporto di lavoro trasformato in rapporto a tempo parziale. In tal caso la pensione è cumulabile entro i limiti della mancata retribuzione corrispondente alle ore prestate in meno a seguito della trasformazione del rapporto.

        4. In caso di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo parziale, ovvero del ripristino nell’ambito della stessa impresa del rapporto di lavoro a tempo pieno, gli interessati sono tenuti a darne immediata comunicazione all’INPS, ai fini della conseguente revoca del trattamento pensionistico, con decorrenza dal mese successivo a quello in cui si è verificata la predetta risoluzione o il ripristino del rapporto originario.

        5. Per i lavoratori che, sul presupposto del contratto collettivo previsto dal comma 1, abbiano convenuto con il datore di lavoro il passaggio al tempo parziale per un orario inferiore alla metà di quello praticato in azienda, la retribuzione da assumere quale base di calcolo per la determinazione della pensione è, ove più favorevole, quella dei periodi antecedenti la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale. La medesima disposizione si applica ai lavoratori che, pur trovandosi nelle condizioni previste al comma 1, non abbiano presentato domanda per la liquidazione anticipata della pensione di vecchiaia.

        Art. 20 Contratti di reinserimento dei lavoratori disoccupati
        1. I lavoratori che usufruiscono da almeno dodici mesi del trattamento speciale di disoccupazione, possono essere assunti nominativamente mediante chiamata dalle liste di cui all’art. 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, con contratto di reinserimento da datori di lavoro che, al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro, non abbiano nell’azienda sospensioni dal lavoro in atto ai sensi dell’art. 2 della legge 12 agosto 1977, n. 675, ovvero non abbiano proceduto a riduzione di personale nei dodici mesi precedenti, salvo che l’assunzione non avvenga ai fini di acquisire professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori interessati alle predette riduzioni o sospensioni di personale(1).

        2. Ai lavoratori assunti con contratto di reinserimento, di cui al comma 1, si applica, sulle correnti aliquote dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nelle misure previste per la generalità dei lavoratori, una riduzione nella misura del settantacinque per cento per i primi dodici mesi nell’ipotesi di effettiva disoccupazione del lavoratore per un periodo inferiore a due anni, per i primi ventiquattro mesi nell’ipotesi di effettiva disoccupazione del lavoratore per un periodo superiore a due anni e inferiore a tre anni, per i primi trentasei mesi nell’ipotesi di effettiva disoccupazione del lavoratore per un periodo superiore a tre anni.

        3. Il datore di lavoro ha facoltà di optare per l’esonero dall’obbligo del versamento delle quote di contribuzione a proprio carico nei limiti del cinquanta per cento della misura di cui al comma 2 per un periodo pari al doppio di quello di effettiva disoccupazione e non superiore, in ogni caso, a settantadue mesi.

        4. I lavoratori assunti con contratto di reinserimento sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative ed istituti.

        5. Il contratto di lavoro di reinserimento deve essere stipulato per iscritto. Copia del contratto deve essere inviata entro trenta giorni al competente Ispettorato provinciale del lavoro ed alla sede provinciale dell’INPS.

        Art. 21
        Omissis.

        Art. 22 Disciplina transitoria
        1. I provvedimenti di prima concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale richiesti con domande presentate anteriormente alla data di pubblicazione della presente legge, sono assunti secondo la previgente normativa ed il trattamento può essere concesso per un periodo la cui scadenza non superi il centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

        2. I provvedimenti relativi alle domande di proroga di trattamento, che scada prima della data medesima, sono assunti secondo la previgente normativa nei limiti temporali determinati dal CIPI in sede di accertamento delle cause d’intervento, o per un periodo la cui scadenza non superi i sei mesi dalla data del decreto di concessione dei trattamenti concessi ai sensi dell’art. 2 del decreto-legge 21 febbraio 1985, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 1985, n. 143 e successive modificazioni, e dall’art. 2 della legge 27 luglio 1979, n. 301 e successive modificazioni.

        3. L’art. 1, comma 1, e l’art. 2, comma 6, non si applicano ai trattamenti di integrazione salariale concessi precedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge nonché per quelli concessi ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo.

        4. L’art. 1, commi 4 e 5, si applica ai trattamenti di integrazione salariale concessi dopo l’entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per quelli concessi ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, e con riferimento ai periodi di integrazione salariale successivi alla data stessa. L’art. 14 si applica ai trattamenti di integrazione salariale ordinaria concessi in base a domanda presentata dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

        5. Ai fini dell’applicazione dell’art. 1, comma 9, devono essere computati i periodi di trattamento di integrazione salariale anteriori alla data di entrata in vigore della presente legge limitatamente a quelli compresi nei trecentossessantacinque giorni anteriori alla data stessa.

        6. Continuano a beneficiare del trattamento di integrazione salariale, fino a centottanta giorni successici alla data di entrata in vigore della presente legge, i lavoratori che risultino beneficiare alla data di entrata in vigore della presente legge in quanto dipendenti dalle società non operative costituite dalla GEPI sulla base della normativa vigente, ed aventi ad oggetto la promozione di iniziative idonee a consentirne il reimpiego, ovvero che risultino beneficiare ai sensi delle seguenti leggi: art. 1 del decreto-legge 10 giugno 1977, n. 291, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1977, n. 501 e successive modificazioni; art. 5 del decreto legge 9 dicembre 1981, n. 721, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 febbraio 1982, n. 25; art. 6, comma 6, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 48. Tale periodo è elevato ad un anno per le imprese ubicate nei territori di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218. Durante questo periodo le imprese, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, da esaurire non prima di trenta giorni, collocano in mobilità i predetti lavoratori dando le comunicazioni previste dall’art. 4, comma 9; in questo caso le imprese non sono tenute al pagamento della somma prevista dall’art. 5, comma 4. I lavoratori collocati in mobilità ai sensi del presente comma sono iscritti nella lista di mobilità ed hanno diritto all’indennità di mobilità di cui all’art. 7. Ad essi non si applica quanto previsto dall’art. 7, comma 4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge i lavoratori di cui al presente comma hanno facoltà di richiedere la corresponsione anticipata dell’indennità, prevista dall’art. 7, comma 5. In questo caso la somma è aumentata in misura pari al trattamento di integrazione salariale non ancora goduto(1).

        7. I lavoratori che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno titolo al trattamento speciale di disoccupazione di cui alla legge 5 novembre 1968, n. 1115, e che si trovano in aree in crisi economica settoriale o locale, ai sensi dell’art. 4 della legge 8 agosto 1972, n. 464, o che sono stati licenziati da imprese per le quali è già intervenuto l’accertamento da parte del CIPI della situazione di crisi aziendale ovvero che sono stati licenziati nelle aree del Mezzogiorno di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, cessano di beneficiare di tale trattamento e sono iscritti nelle liste di mobilità nella misura iniziale pari al trattamento speciale di disoccupazione da essi precedentemente percepito, per un periodo pari a quello previsto nell’art. 7, ridotto del numero dei giorni, comunque non superiore a centottanta, per i quali è stato percepito il trattamento speciale di disoccupazione.

        8. I lavoratori che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno diritto al trattamento speciale di disoccupazione di cui all’art. 12 della legge 6 agosto 1975, n. 427, continuano a beneficiarne, per un periodo pari a quello previsto dall’art. 11, comma 2, ridotto del numero di giorni, comunque non superiore a centottanta, per i quali il trattamento speciale di disoccupazione è stato percepito. Essi sono iscritti nelle liste di mobilità e possono beneficiare, ricorrendone i presupposti, delle misure previste dall’art. 7, commi 5 e 6(2).

        Art. 23
        Omissis.

        Art. 24 Norme in materia di riduzione del personale
        1. Le disposizioni di cui all’art. 4, commi da 2 a 12, e all’art. 5, commi da 1 a 5, si applicano alle imprese che occupino più di quindici dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendano effettuare almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia. Tali disposizioni si applicano per tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione(1).

        2. Le disposizioni richiamate nel comma 1 si applicano anche quando le imprese di cui al medesimo comma intendano cessare l’attività.

        3. Quanto previsto all’art. 4, comma 3, ultimo periodo, e 10, e all’art. 5, comma 4 e 5, si applica solo alle imprese di cui all’art. 16, comma 1. Il contributo previsto dall’art. 5, comma 4, è dovuto dalle imprese di cui all’art. 16, comma 1, nella misura di nove volte il trattamento iniziale di mobilità spettante al lavoratore ed è ridotto a tre volte nei casi di accordo sindacale(2).

        4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nei casi di scadenza dei rapporti di lavoro a termine di fine lavoro nelle costruzioni edili e nei casi di attività stagionali o saltuarie.

        5. La materia dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale di cui al primo comma dell’art. 11 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall’art. 6 della legge 11 maggio 1990, n. 108, è disciplinata dal presente articolo.

        6. Il presente articolo non si applica ai licenziamenti intimati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

        Art. 25 Riforma delle procedure di avviamento al lavoro

        1. A decorrere dal 1° gennaio 1989, i datori di lavoro privati che ai sensi della legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni ed integrazioni sono tenuti ad assumere i lavoratori facendone richiesta ai competenti organi di collocamento, hanno facoltà di assumere tutti i lavoratori mediante richiesta nominativa. Tali datori di lavoro sono tenuti, quando occupino più di dieci dipendenti e qualora effettuino assunzioni, ad eccezione di quelle di cui alla disciplina del collocamento obbligatorio, a riservare il dodici per cento di tali assunzioni ai lavoratori appartenenti alle categorie di cui al comma 5, anche quando siano assunzioni a termine ai sensi dell’articolo 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, purché rapportate al tempo annuale di lavoro(3).

        2. Tra le suddette assunzioni non rientrano quelle del personale appartenente alle qualifiche appositamente individuate nei contratti collettivi di categoria, quelle relative alle categorie dei dirigenti, dei lavoratori destinati a svolgere mansioni di guardia giurata, quando questi siano in possesso di attestazione di idoneità rilasciata dalle competenti autorità di pubblica sicurezza, quelle relative al personale da destinare ad attività di pubblica sicurezza, nonché quelle relative al personale da destinare ad attività di produzione ovvero a servizi essenziali ai fini dell’integrità e dell’affidabilità di strutture rilevanti per la sicurezza dello Stato, determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti il Comitato interministeriale per le informazioni e, la sicurezza, istituito ai sensi dell’articolo 2 della legge 24 ottobre 1977, n. 801 e le associazioni sindacali di categoria dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

        3. Ai fini del calcolo della percentuale di cui al comma 1 non si tiene conto delle assunzioni dei lavoratori di cui al comma 2. Il datore di lavoro può differire l’adempimento dell’obbligo previsto nel comma 1 nel caso in cui, nell’ambito della Regione e delle circoscrizioni con termini rispetto a quella nella quale va effettuata l’assunzione, i lavoratori appartenenti alle categorie di cui al comma 5 in possesso della professionalità richiesta siano meno di tre. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione centrale per l’impiego, vengono determinate le modalità di applicazione delle disposizioni contenute nel presente articolo.

        4. Il lavoratore non può essere adibito a mansioni non equivalenti a quelle risultanti dalla richiesta di avviamento.

        5. I lavoratori di cui al secondo periodo del comma 1 sono:
        a) i lavoratori iscritti da più di due anni nella prima classe delle liste di collocamento e che risultino non iscritti da almeno tre anni negli elenchi ed albi degli esercenti attività commerciali, degli artigiani e dei coltivatori diretti e agli albi dei liberi professionisti;
        b) i lavoratori iscritti nella lista di cui all’articolo 6;
        c) le categorie di lavoratori determinate, anche per specifiche aree territoriali, mediante delibera della Commissione regionale per l’impiego, approvata dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale ai sensi del comma 7.

        6. Per le circoscrizioni in cui sussiste un rapporto, tra iscritti alla prima classe della lista di collocamento e popolazione residente in età di lavoro, superiore alla media nazionale, le Commissioni regionali per l’impiego possono, con delibera motivata da assumere a maggioranza dei loro componenti, proporre di riservare una quota delle assunzioni di cui al comma 1 a beneficio esclusivo dei lavoratori delle categorie previste alla lettera b) del comma 5. Nella medesima deliberazione possono proporre una elevazione della percentuale di assunzione di cui al comma 1 ad una misura non superiore al venti per cento.

        7. Le delibere di cui al comma 5, lettera c), ed al comma 6, possono essere assunte anche limitatamente a territori subregionali; esse vengono sottoposte dal direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione all’approvazione del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il quale adotta le determinazioni entro trenta giorni dal ricevimento della delibera.

        8. Le Commissioni regionali per l’impiego emanano disposizioni alle Commissioni circoscrizionali dirette ad agevolare gli avviamenti delle lavoratrici in rapporto all’iscrizione alle liste di mobilità e agli indici di disoccupazione nel territorio.

        9. Per ciascun lavoratore iscritto nella lista di mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è, per i primi diciotto mesi, quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni.

        10. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, e determinata annualmente la quota del Fondo di rotazione, di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, da finalizzare al finanziamento di azioni formative riservate ai lavoratori appartenenti alle predette categorie, presenti in ciascuna Regione.

        11. Il lavoratore che abbia rifiutato una proposta formativa offertagli dalle sezioni circoscrizionali secondo le modalità determinate dalla Commissione regionale per l’impiego perde, per un periodo di dodici mesi l’iscrizione nelle liste di mobilità, di cui all’articolo 6, comma 1.

        12. L’iscrizione nelle liste ordinarie di collocamento produce effetti solo ai fini dell’avviamento al lavoro o della corresponsione di prestazioni, è abrogata ogni disposizione contraria.

        Art. 26 Disposizioni diverse
        1. Nelle domande presentate per beneficiare del contributo del Fondo sociale europeo, i soggetti che realizzano azioni di formazione professionale sono tenuti ad indicare, tra le spese per le predette azioni, gli oneri per le interruzioni salariali, le indennità di mobilità e le assicurazioni sociali obbligatorie, previdenziali ed assistenziali, relativi ai lavoratori coinvolti nelle azioni di formazione professionale. Tali oneri costituiscono contributo finanziario pubblico per l’accesso al Fondo sociale europeo.

        Art. 27 Trattamenti di anzianità e ristrutturazioni di aziende ad alta capacità innovativa e competitività mondiale
        Omissis.

        Art. 28
        Omissis.

        Art. 29
        Omissis.

        Art. 30 Trasferimento dell’iscrizione alle liste di collocamento e cancellazione dalle liste (articolo estratto)
        1. Il comma 2 dell’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, è sostituito dal seguente:
        omissis.

        2. L’articolo 12 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, è sostituito dal seguente:
        omissis.

        Art. 31 Trattamento speciale di disoccupazione e pensionamento anticipato
        1. Le disposizioni di cui all’articolo 11 trovano applicazione, ricorrendone i presupposti, anche per i lavoratori edili licenziati a decorrere dal 1° gennaio 1989.


        Decreto Legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, in legge 19 luglio 1993, n. 236. Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione.
        (G.U. n. 116, del 20 maggio 1993 - G.U. n. 167, del 19 luglio 1993.)


        Art. 1 - Fondo per l’occupazione (articolo estratto)
        1) Per gli anni 1993-1995 il ministro del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con il Ministro del tesoro, attua, sentite le regioni, e tenuto conto delle proposte formulate del Comitato per il coordinamento delle iniziative per l’occupazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, istituito ai sensi dell’art. 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400, con D.P.C.M. 15 settembre 1992, misure straordinarie di politica attiva del lavoro intese a sostenere i livelli occupazionali:
        a) nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento CEE n. 2052/88 o del regolamento CEE n. 328/88 così individuate ai sensi del D.L. 1° aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, recante misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia;
        b) nelle aree che presentano rilevante squilibrio locale tra comanda ed offerta di lavoro secondo quanto previsto dall’art. 36, secondo comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, accertati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su proposta delle commissioni regionali per l’impiego sulla base delle intese raggiunte con la Commissione delle Comunità europee.

        1 bis) Ai fini della definizione degli interventi di cui al comma 1 si tiene altresì conto:
        a) della presenza di crisi territoriali di particolare gravità o di crisi settoriali strutturali con notevole impatto sui livelli occupazionali, facendo riferimento ai criteri già definiti sulla base della legislazione vigente per particolari settori;
        b) della sussistenza di situazioni di sviluppo ritardato o di depressione economica;
        c) della sussistenza di processi di ristrutturazione, di riconversione industriale e di reindustrializzazione;
        d) della presenza di gravi fenomeni di degrado sociale, economico o ambientale e di mancata valorizzazione e difesa del patrimonio storico e artistico.

        2) Omissis.

        3) Omissis.

        4) Nella domanda deve essere specificato, sotto la personale responsabilità del datori di lavoro ovvero imprenditore, che le assunzioni per le quali il beneficio viene richiesto sono collegate a nuovi insediamenti produttivi, ovvero avvengono ad incremento dell’organico calcolato sulla media dell’ultimo semestre e che, durante il predetto periodo no sono intervenute riduzioni o sospensioni di personale avente analoghe qualifiche professionali, nonché in quale misura le assunzioni riguardano i lavoratori di cui all’articolo 25, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        5) Gli interventi previsti dal comma 2 sono estesi a tutto il territorio nazionale per le iniziative riguardanti l’occupazione di persone svantaggiate, promosse dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381(1).

        6) Per le finalità di cui al comma primo il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentite le commissioni regionali per l’impiego, stipula convenzioni con consorzi di comuni e con enti, società, cooperative o consorzi pubblici e privati, di comprovata esperienza e capacità tecnica nelle materie di cui al presente articolo, nonché con gli enti gestori dei fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione di cui al comma primo dell’art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, diretti all’incremento dell’occupazione, per progettare modelli e strumenti di gestione attiva della mobilità e dello sviluppo di nuova occupazione, anche delineando metodi di valutazione della fattibilità dei progetti e dei risultati conseguiti.

        7) Per le finalità di cui al presente articolo è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo per l’occupazione, alimentato dalle risorse di cui all’autorizzazione di spesa stabilità al comma ottavo, nel quale confluiscono anche i contributi comunitari destinati al finanziamento delle iniziative di cui al presente articolo, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. A tale ultimo fine i contributi affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al predetto Fondo.

        7 bis) I contributi che verranno erogati dalla Cee per la realizzazione dei servizi di informazione sul mercato del lavoro comunitario e per gli scambi di domande e offerte di lavoro tra gli Stati membri, nonché per le attività di cooperazione tra i servizi per l’impiego comunitari, verranno versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

        8) Omissis.

        Art. 1 bis
        Omissis.

        Art. 1 ter
        Omissis.

        Art. 2
        Omissis.

        Art. 2 bis
        Omissis.
        Art. 3
        Omissis.

        Art. 4 Norme in materia di politica dell’impiego (articolo estratto)
        1) Fino al 31 dicembre 1994, nella lista di cui all’art. 6, comma primo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, possono essere iscritti i lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano anche meno di quindici dipendenti per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, quale risulta dalla comunicazione dei motivi intervenuta ai sensi dell’art. 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituto dall’art. 2, comma secondo, della legge 11 maggio 1990, n. 108. Possono essere altresì iscritti i lavoratori licenziati per riduzione di personale che non fruiscano dell’indennità di cui all’art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223. L’iscrizione che non dà titolo al trattamento di cui all’art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, deve essere richiesta, entro sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento, ovvero dalla comunicazione dei motivi ove non contestuale, alla competente sezione circoscrizionale per l’impiego, la quale, previa verifica che i motivi dichiarati dal datore di lavoro corrispondono a quanto disposto del presente articolo, trasmette la richiesta all’ufficio regionale del lavoro per gli adempimenti previsti dall’art. 6 della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        2) I lavoratori comunque iscritti nelle liste di mobilità di cui all’art. 6 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e che non beneficiano dell’indennità di mobilità di cui all’art. 7 della predetta legge, sono cancellati dalle liste alle medesime scadenze previste dallo stesso art. 7, comma primo e secondo, per coloro che hanno diritto all’indennità in base all’età e all’ubicazione dell’unità produttiva di provenienza.

        3) Ai datori di lavoro, comprese le società cooperative di produzione e lavoro, che non abbiano nell’azienda sospensione dal lavoro in atto ai sensi dell’art. 1 della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero non abbiano proceduto a riduzione di personale nei dodici mesi precedenti, salvo che l’assunzione avvenga ai fini di acquisire professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori interessati alle predette riduzioni o sospensioni di personale, che assumano a tempo pieno o indeterminato lavoratori o ammettano soci lavoratori che abbiano fruito del trattamento straordinario di integrazione salariale per almeno tre mesi, anche non continuativi, dipendenti da imprese beneficiarie da almeno sei mesi dall’intervento, sono concessi i benefici di cui all’art. 8, comma quarto, della legge 23 luglio 1991, n. 223, calcolati nella misura ivi prevista, ridotta di tre mesi, sulla base dell’età del lavoratore al momento dell’assunzione o ammissione. Per un periodo di dodici mesi la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955 n. 25, e successive modificazioni, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nelle misure previste per la generalità dei lavoratori. All’art. 20, comma primo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, sono soppresse le parole da “nonché quelli” a “d’integrazione salariale”.

        4) All’art. 6, comma secondo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
        d-bis) realizza, d’intesa con la regione, a favore delle lavoratrici iscritte nelle liste di mobilità, le azioni positive di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125.

        5) Omissis.

        6) Omissis.

        7) Omissis.

        7 bis) I progetti socialmente utili di cui al D.L. 4 settembre 1987, n. 366, convertito, con ,modificazioni, della legge 3 novembre 1987, n. 452, possono essere svolti anche con il ricorso ai lavoratori che godono dell’indennità di mobilità ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223. I progetti socialmente utili debbono comunque esser inerenti a progetti approvati dal Ministero per i beni culturali e ambientali.

        da 8 a 11 bis) Omissis.

        11 ter Omissis.

        Art. 4 bis
        Omissis.
        Art. 5 Contratti di solidarietà (articolo estratto)
        1) La riduzione dell’orario di lavoro prevista dall’art. 1 del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, nonché dal comma quinto del presente articolo, può essere stabilita nelle forme di riduzione dell’orario giornaliero, settimanale, mensile o annuale.

        2) I datori di lavoro che stipulino accordi ai sensi dell’art. 1 del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, con una riduzione dell’orario superiore al 20 per cento, beneficiano di una riduzione dell’ammontare della contribuzione previdenziale ed assistenziale da essi dovuta per i lavoratori interessati al trattamento di integrazione salariale. La misura della riduzione è del 25 per cento ed è elevata al 30 per cento per le imprese operanti nelle aree individuate per l’Italia dalla CEE ai sensi degli obbiettivi 1 e 2 del regolamento CEE n. 2052/88. Nel caso in cui l’accordo disponga una riduzione dell’orario superiore al 30 per cento la predetta misura è elevata, rispettivamente, al 35 e al 40 per cento. La presente disposizione trova applicazione con riferimento alla contribuzione dovuta a decorrere dal 10 marzo 1993 e fino alla data di scadenza del contratto di solidarietà e comunque non oltre il 31 dicembre 1995.
        3) Sino al 31 dicembre 1995 i periodi di integrazione salariale derivanti dall’applicazione dell’art. 1 dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dal legge 19 dicembre 1984, n. 863, non si computano ai fini dell’art. 1, comma nono, primo periodo, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        4) L’ammontare del trattamento di integrazione salariale corrisposto per i contratti di solidarietà stipulati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1993 ed il 31 dicembre 1995, è elevato, per un periodo massimo di due anni alla misura del 75 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione di orario e per lo stesso periodo all’impresa è corrisposto, mediante rate trimestrali, un contributo pari ad un quarto del monte retributivo da essa non dovuto a seguito della predetta riduzione.

        5) Alle imprese non rientranti nel campo di applicazione dell’art. 1 del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, che, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di cui all’art. 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, stipulano contratti di solidarietà, viene corrisposto, per un periodo massimo di due anni, un contributo pari alla metà del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della riduzione di orario. Il predetto contributo viene erogato in rate trimestrali e ripartito in parti uguali tra l’impresa e i lavoratori interessati. Per questi ultimi il contributo non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge, ivi compresi gli obblighi contributivi previdenziali ed assistenziali. Ai soli fini pensionistici si terrà conto, per il periodo della riduzione, dell’intera retribuzione di riferimento. La presente disposizione non trova applicazione in riferimento ai periodi successivi al 31 dicembre 1995.

        6) Ai fini di cui al comma quinto, l’impresa presenta istanza, corredata dell’accordo sindacale, agli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competenti a norma dell’art. 4, comma quindicesimo, della legge 23 luglio 1991, n. 223; l’ammissione è disposta, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell’istanza, ovvero dalla data di entrata in vigore del presente decreto, qualora l’istanza sia stata presentata in data ad essa anteriore e comunque fermi restando i trattamenti in essere.

        7) Omissis.

        8) Omissis.

        9) Fino al 31 dicembre 1995, il requisito di ventiquattro mesi di cui all’art. 19, comma primo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è ridotto a dodici mesi. I trattamenti relativi ai dipendenti delle imprese beneficiarie dell’intervento straordinario di integrazione salariale da meno di ventiquattro mesi possono essere autorizzati nei limiti del complessivo importo di lire 95 miliardi con riferimento all’intero periodo di anticipazione.

        10) Nel contratto di solidarietà vengono determinate anche le modalità attraverso le quali l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario contrattuale, l’orario ridotto determinato dal medesimo contratto.

        11) Per i contratti di solidarietà già stipulati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ove le parti non provvedano a disciplinare la materia di cui al comma decimo, può provvedervi, su richiesta dell’impresa, l’ispettorato del lavoro territorialmente competente.

        12) Il maggior lavoro prestato ai sensi del comma decimo comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale ovvero del contributo dal comma quinto.

        13) Omissis.

        Art. 5 bis
        Omissis.

        Art. 6 Misure per la tutela del reddito (articolo estratto)
        1) Sino al 31 dicembre 1995, in deroga a quanto previsto dall’art. 11, comma secondo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, il computo dei diciotto mesi di occupazione è riferito alla sussistenza del rapporto di lavoro.

        2) Omissis.

        3) Le disposizioni di cui all’art. 17 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, si applicano anche ai casi di fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        4) I periodi di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità non vengono computati ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all’art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell’indennità di mobilità.

        5) Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell’art. 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavorative che, in periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità, rifiuta l’offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l’avviamento a corsi di formazione professionale.

        5 bis) All’art. 5, comma secondo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è aggiunto in fine, il seguente periodo:
        “L’impresa non può altresì collocare in mobilità una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni perse in considerazione”.

        5 ter) Durante il periodo di iscrizione alle liste di mobilità le sezioni circoscrizionali per l’impiego del luogo di residenza, avvalendosi anche delle strutture delle agenzie regionali per l’impiego, convocano i lavoratori interessati per sottoporli ad un colloquio finalizzato a conoscere, oltre a notizie anagrafiche e professionali, anche disponibilità e aspirazioni rispetto alla ricollocazione al lavoro.

        5 quater) Le sezioni circoscrizionali e le agenzie regionali di cui al comma 5 ter, oltre ad informare i lavoratori sulle concrete possibilità di inserimento lavorativo, predispongono, d’intesa con le commissioni regionali per l’impiego ed in collaborazione con le regioni, i progetti mirati a sostenere ed a promuovere la ricollocazione dei lavoratori stessi.

        5 quinquies) Entro il 31 gennaio 1995 gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione e le agenzie regionali per l’impiego predispongono una relazione sull’attività svolta e sui risultati ottenuti che è trasmessa al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, alle commissioni regionali per l’impiego, alle regioni, al Parlamento e al CNEL.

        6) L’art. 22 comma ottavo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano ai lavoratori che, alla data di entrata in vigore della predetta legge, fruiscano delle proroghe del trattamento speciale di disoccupazione di cui alla legge 6 agosto 1975, n. 427.

        7) A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione e l’indennità di mobilità sono incompatibili con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima, nonché delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. All’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell’assegno o della pensione di invalidità devono optare tra tali trattamenti e quello di mobilità. In caso di opzione a favore del trattamento di mobilità l’erogazione dell’assegno o della pensione di invalidità resta sospesa per il periodo di fruizione del predetto trattamento ovvero in caso di sua corresponsione anticipata, per il periodo corrispondente all’ammontare della relativa anticipazione del trattamento di mobilità (Comma così modificato dall’art. 2, comma quinto, del D.L. 16 maggio 1994, n. 299).

        8) Omissis.

        8 bis) Omissis.

        8 ter) L’esclusione dalla base imponibile per il computo dei contributi e premi di previdenza ed assistenza sociale e per gli effetti relativi alle conseguenti prestazioni del corrispettivo del servizio di trasporto, predisposto dal datore di lavoro con riguardo alla generalità dei lavoratori per esigenze connesse con l’attività lavorativa, si applica anche per i periodi anteriori al 1° gennaio 1993. Restano salvi e conservano la loro efficacia i versamenti contributivi sul corrispettivo predetto se effettuati anteriormente alla data di entrata in vigore dalla legge di conversione del presente decreto.

        9) I provvedimenti assunti sulla base delle disposizioni di cui all’art. 22, comma secondo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, per i trattamenti concessi ai sensi dell’art. 2 del D.L. 21 febbraio 1985, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 1985, n. 143, e successive modificazioni, nonché per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria di cui al comma sesto del richiamato art. 22, possono essere ulteriormente prorogati per un periodo no superiore rispettivamente a dodici e a sei mesi, con pari riduzione della durata del trattamento economico di mobilità per i lavoratori interessati e ferma restando l’iscrizione degli stessi nella lista di mobilità anche per il periodo per il quale non percepiscono la relativa indennità.

        10) Omissis.

        10 bis) La determinazione dei requisiti di età di cui all’art. 7, commi sesto e settimo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è effettuata con riferimento alle disposizioni legislative in materia di pensione di vecchiaia in vigore al 31 dicembre 1992.

        11) (Comma soppresso dalla legge di conversione).

        12) I lavoratori di cui all’art. 22, comma settimo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, iscritti nelle liste di mobilità alla data del 31 dicembre 1992 e per i quali il periodo di godimento del trattamento di disoccupazione speciale scade entro il 30 giugno 1993, beneficiano del trattamento ivi previsto per un un’ulteriore periodo di sei mesi.

        13) I lavoratori di cui all’art. 22, comma ottavo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, iscritti nelle liste di mobilità alla data del 31 dicembre 1992, beneficiano del trattamento ivi previsto per un ulteriore periodo di sei mesi.

        14) 15) 15 bis) e 15 ter) Omissis.

        16) I lavoratori di cui al comma quindicesimo, ove licenziati, sono iscritti nelle liste di mobilità di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, e per essi non trova applicazione l’art. 7 della legge medesima.

        17) Le disposizioni riguardanti il pensionamento anticipato per il periodo 1989-1993, stabilito dall’art. 9, comma ottavo, del DL 4 marzo 1989, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 maggio 1989, n. 160, sono prorogate per il periodo 1994-1996 con le stesse modalità di attuazione e di copertura dei relativi oneri.

        17 bis) All’art. 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, dopo il comma quarto, sono aggiunti i seguenti:

        4 bis) Le disposizioni in materia di mobilità ed il trattamento relativo si applicano anche al personale il cui rapporto sia disciplinato dal R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, e successive estensioni, modificazioni e integrazioni, che sia stato licenziato da imprese dichiarate fallite, o poste in liquidazione, successivamente alla data del 1° gennaio 1993. Per i lavoratori che si trovino nelle indicate condizioni e che maturino, nel corso del trattamento di mobilità, il diritto alla pensione, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione deve intendersi quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l’inizio del trattamento di mobilità.

        4 ter) Omissis.

        17 ter) In attesa che con successivo provvedimento la percentuale di commisurazione dell’indennità giornaliera di disoccupazione di cui al D.L. 29 marzo 1991, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 169, sia elevata al 40 per cento, la percentuale stessa è elevata al 25 per cento a decorrere dal 1° luglio 1993 fino al 31 dicembre 1993. Al relativo onere si provvede a carico del Fondo di cui all’art. 1 del presente decreto. (Comma aggiunto dalla legge di conversione).

        Art. 7 Norme in materia di cassa integrazione guadagni (articolo estratto)
        1) Il comma quarto dell’art. 2 della legge 23 luglio 1991, n. 223, è sostituito dal seguente:

        4) La domanda del trattamento straordinario di integrazione salariale e l’eventuale domanda di proroga del trattamento medesimo devono essere presentate, nel termine previsto dal primo comma dell’art. 7 della legge 20 maggio 1975, n. 164, all’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione ed all’ispettorato regionale del lavoro territorialmente competenti. Nel caso di presentazione tardiva della domanda si applicano il secondo ed il terzo comma del predetto art. 7.

        1 bis) Dopo il comma secondo dell’art. 10 della legge 23 luglio 1991, n. 223, è inserito il seguente:

        2 bis) Con il provvedimento di cui al comma secondo, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale su istanza dell’azienda, da formularsi contestualmente alle richieste di proroga, dispone, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 2, comma sesto, il pagamento diretto da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) delle relative prestazioni, con i connessi assegni per il nucleo familiare ove spettanti.

        2) Ai fini dell’erogazione del contributo previsto dall’art. 15, comma cinquantaduesimo, della legge 11 marzo 1988, n,. 67, per “nuove assunzioni” sono da intendersi anche quelle effettuate con passaggio diretto ed immediato da società costituite dalla GEPI S.p.A. o da società in stato di amministrazione straordinaria, in quanto i lavoratori interessati siano posti in cassa integrazione guadagni straordinaria, nei limiti delle risorse disponibili alla data di entrata in vigore del presente decreto, a valere sulla autorizzazione di spesa si cui al predetto comma cinquantaduesimo.

        3) Omissis.

        4) Omissis.

        5) Omissis.

        6) Nelle aree di cui all’art. 1, comma primo, fino al 31 dicembre 1995 le integrazioni salariali ordinarie di cui alla legge 20 maggio 1975, n. 164, relative alle contrazioni ed alle sospensioni dell’attività produttiva verificatesi nelle imprese che occupino da cinque a cinquanta dipendenti, possono essere concesse per un periodo non superiore a ventiquattro mesi consecutive, ovvero per più periodi non consecutivi, la durata complessiva dei quali non superi i ventiquattro mesi in un triennio. (Comma così modificato dall’art. 5, secondo comma, del DL 16 maggio 1994, n. 299).

        6 bis) Omissis.

        6 ter) Le disposizioni di cui al comma 6 bis si applicano altresì ai lavoratori destinatari delle disposizioni in materia di trattamento speciale di disoccupazione e di cassa integrazione guadagni di cui alle leggi 5 novembre 1968, n. 1115, e successive modificazioni, e 8 agosto 1972, n. 464, e successive modificazioni, nonché delle disposizioni di cui all’art. 12 della legge 6 agosto 1975, n. 427, e successive modificazioni, e al D.L. 13 dicembre 1978, n. 795, convertito con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 1979, n. 36, ivi compresi quelli già collocati in mobilità. (Comma aggiunto dalla legge di conversione e così modificato dall’art. 1, comma iter, del D.L. 9 ottobre 1993, n. 404).

        6 quater) Ai lavoratori di cui ai commi 6 bis e 6 ter del presente articolo è concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale previsto dall’art. 22, comma sesto, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni.

        6 quinquies) e 6 sexies) Omissis.

        7) Sino al 31 dicembre 1995 le disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale di cui al comma terzo dell’art. 12 della legge 23 luglio 1991, n. 223, sono estese alle imprese esercenti attività commerciali che occupino più di 50 addetti, nonché alle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, che occupino più di 50 addetti e alle imprese di vigilanza. Fino al 31 dicembre 1994 le disposizioni del presente comma si applicano alle imprese di spedizione e di trasporto che occupino più di 50 addetti. Il CIPI approva i relativi programmi, nei limiti di spesa di lire 15 miliardi annui per ciascuno degli anni 1993, 1994 e 1995.

        8) All’art. 3, comma primo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nel primo periodo le parole da “di omologazione” sino alle parole “dei beni” sono abrogate. Al medesimo comma, dopo il primo periodo, sono inseriti i seguenti periodi: “Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni. In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione salariale fruito dai lavoratori sarà detratto da quello previsto nel caso di dichiarazione di fallimento”.

        9) e 10) Omissis.

        10 bis) All’art. 17, comma sesto, della legge 27 febbraio 1985, n. 49, dopo le parole: “cooperative costituite” sono inserite le seguenti “o che abbiano iniziato l’attività”.

        10 ter) Omissis.

        Art. 8 Norme in materia di licenziamenti collettivi (articolo estratto)
        1) Nella legge 23 luglio 1991, n. 223, all’art. 24, il comma terzo è sostituito dal seguente:
        “Quanto previsto all’articolo 4, commi 3, ultimo periodo, e 10, e all’articolo 5, commi 4 e 5, si applica solo alle imprese di cui all’articolo 16, comma 1. Il contributo previsto dall’articolo 5, comma 4, è dovuto dalle imprese di cui all’articolo 16, comma 1, nella misura di nove volte il trattamento iniziale di mobilità spettante al lavoratore ed è ridotto a tre volte nei casi di accordo sindacale”.

        2) Nell’attuazione delle disposizioni di cui agli art. 1, 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che si applicano anche ai soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, devono essere garantiti i principi di non discriminazione, diretta ed indiretta, di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125.

        3) Gli accordi sindacali al fine di evitare le riduzioni di perdonale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall’impresa da altra per una durata temporanea.

        4) La disposizione di cui all’art. 24, comma primo, ultimo periodo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpreta nel senso che la facoltà di collocare in mobilità i lavoratori di cui all’art. 4, comma nono, della medesima legge deve essere esercitata per tutti i lavoratori oggetto della procedura di mobilità entro centoventi giorni dalla conclusione della procedura medesima, salvo diversa indicazione nell’accordo sindacale di cui al medesimo art. 4, comma nono.

        4 bis) Omissis.

        5) Sino al 31 dicembre 1993, nel caso di cessazione dell’attività di unità produttive con oltre cinquecento dipendenti e nei casi di riduzione del personale presso le unità produttive appartenenti alla stessa impresa o gruppi di impresa, da parte di imprese rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale, il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, su richiesta dell’impresa interessata, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale per un periodo non superiore a dodici mesi, comunque entro i limiti di durata complessiva nell’arco di un quinquennio, di cui all’art. 1, comma nono, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        6) Sino al 31 dicembre 1993, nei casi di cui al comma quinto, gli effetti dei provvedimenti di collocazione in mobilità dei lavoratori interessati sono sospesi sino al termine del periodo di durata del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria di cui al comma quinto, che in tali casi viene concesso sulla base della comunicazione ricevuta dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale ai sensi del comma quarto dell’art. 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223. La sospensione dei lavoratori, in funzione delle esigenze tecniche produttive ed organizzative, è disposta senza meccanismi di rotazione.

        7) Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale comunica immediatamente al CIPI l’avvenuta concessione di cui al comma quinto, perché ne tenga conto in sede di svolgimento, della propria attività concessiva, fermi restando i trasferimenti dallo Stato all’INPS a titolo di integrazione salariale.

        8) Le disposizioni di cui al comma terzo dall’art. 4 ed al comma quarto dell’art. 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpretano nel senso che il mancato versamento delle mensilità alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all’art. 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, non comporta la sospensione della procedura di mobilità di cui al medesimo art. 4 e al perdita, da parte dei lavoratori interessati, del diritto a percepire l’indennità di mobilità di cui all’art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        Art. 9 Interventi di formazione professionale (articolo estratto)
        1) Per l’analisi e l’approfondimento delle situazioni occupazionali locali e lo svolgimento di indagini mirate ai fabbisogni di professionalità, le regioni e le provincie autonome possono stipulare convenzioni con organismi paritetici istituiti in attuazione di accordi tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, con il finanziamento a carico del Fondo di cui al comma quinto.

        2) Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale può erogare contributi, nei limiti di 20 miliardi di lire, per la realizzazione, d’intesa con le commissioni regionali per l’impiego, di servizi di informazione e consulenza in favore dei lavoratori in cassa integrazione straordinaria e degli iscritti nelle liste di mobilità, diretti a favorirne la ricollocazione anche in attività di lavoro autonomo e cooperativo, nonché servizi di informazione e di orientamento sul mercato del lavoro in ambito comunitario e scambi di domanda e di offerta di lavoro nello stesso, con priorità per quelli in attuazione di convegni stipulate tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro con gli uffici regionali del lavoro e/o le agenzie per l’impiego, laddove, a livello territoriale non siano adeguatamente presenti le strutture pubbliche.

        3) Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni e le province autonome possono contribuire al finanziamento di: interventi di formazione continua, di aggiornamento o riqualificazione, per operatori della formazione professionale, quale che sia il loro inquadramento professionale, dipendenti degli enti di cui all’art. 1, comma secondo, della legge 14 febbraio 1987, n. 40; interventi di formazione continua a lavoratori occupati in aziende beneficiarie dell’intervento straordinario di integrazione salariale; interventi di riqualificazione o aggiornamento professionali per dipendenti da aziende che contribuiscano in misura non inferiore al 20 per cento del costo delle attività nonché interventi di formazione professionale destinati ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, formulate congiuntamente da imprese e gruppi di imprese e dalle organizzazioni sindacali, anche a livello aziendale, dei lavoratori, ovvero dalle corrispondenti associazioni o dagli organismi paritetici che abbino per oggetto la formazione professionale. Nei casi di crisi di settore, i contributi finanziari possono essere erogati direttamente dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con le regioni. Il finanziamento degli interventi formativi di cui al presente comma non può prevedere il rimborso della retribuzione degli utenti a carico dell’impresa. Tale clausola limitativa non viene applicata ai dipendenti degli enti di formazione professionale di cui sopra gravano l’onere finanziario della retribuzione sugli organismi pubblici che possono accedere ai fondi comunitari.

        3 bis) Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, le regioni e le province autonome approvano i progetti di intervento di formazione continua formulati da organismi aventi per oggetto la formazione professionale, diretti ai soggetti privi di occupazione e iscritti alle liste di collocamento che abbiano partecipato ad attività socialmente utili. La partecipazione a tale attività, per tutto il periodo della sua durata, deve essere attestata, su domanda dell’interessato, dalla commissione regionale per l’impiego competente per territorio entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine, l’attestazione si ritiene rilasciata. I soggetti di cui al comma terzo hanno diritto a partecipare agli interventi di formazione continua secondo la graduatoria delle liste di collocamento.

        4) Le attività di cui ai commi primo, secondo, terzo e 3 bis gravano sulle disponibilità del fondo per la formazione professionale di cui al comma quinto, nonché, per gli interventi diretti ai dipendenti degli enti di formazione professionale, sulla disponibilità di cui al D.L. 17 settembre 1988, n. 408, convertito dalla legge 12 novembre 1988, n. 492.

        5) A far data dall’entrata in vigore del presente decreto, le risorse derivanti dalle maggiori entrate costituite dall’aumento contributivo già stabilito dalla disposizione contenuta nell’art. 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, affluiscono interamente al Fondo di cui all’articolo medesimo per la formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo.

        6) All’integrazione del finanziamento dei progetti speciali di cui all’art. 26 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, per il finanziamento delle attività di formazione professionale rientranti nelle competenze dello Stato di cui agli artt. 18 e 22 della medesima legge e per il finanziamento del coordinamento operativo a livello nazionale degli enti di cui all’art. 1 della legge 14 febbraio 1987, n. 40, si provvede con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, a carico del Fondo di cui al comma quinto.

        7) Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 3 della legge 16 aprile 1987, n. 183, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, propone, entro il 31 gennaio di ciascun anno, al CIPE l’ammontare delle disponibilità annuali del Fondo di cui al comma quinto, in misura pari ai due terzi, destinato al finanziamento degli interventi formativi per i quali è chiesto il contributo del Fondo fiscale europeo, secondo le modalità ed i tempi fissati dai regolamenti comunitari. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con le regioni, programma le residue disponibilità del Fondo di cui la comma quinto in un modo appropriato rispetto ai fabbisogni formativi, acquisendo il preventivo parere della commissione centrale per l’impiego.

        8) Per formulare il parere di cui al comma settimo, nonché quelli di cui all’art. 17, comma terzo, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, la commissione centrale per l’impiego, di cui è membro di diritto il dirigente generale preposto all’ufficio centrale per l’orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, costituisce apposito sottocomitato per la formazione professionale, nel quale sono rappresentate le regioni e le parti sociali.

        9) Nell’ambito della gestione del Fondo di cui al comma quinto sono mantenuti gli impegni esposti nel bilancio di previsione per l’anno 1992 e seguenti della gestione per l’integrazione del finanziamento dei progetti speciali nel Mezzogiorno di cui all’art. 26 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni ed integrazioni, e del Fondo per la mobilità della manodopera, istituito dall’art. 28 della legge 12 agosto 1977, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni.

        10) Per assicurare la continuità operativa delle attività previste dagli art. 18 e 22 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e dalla legge 14 febbraio 1987, n. 40 gli stanziamenti iscritti sui capitoli 8055 e 8056 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale per il 1993 affluiscono alle disponibilità del Fondo di cui al comma quinto.

        11) Nell’ambito della stessa gestione è mantenuta evidenza contabile per la gestione dei residui attivi e passivi delle pregresse gestioni. Nella stessa gestione confluiscono le disponibilità risultanti dall’eventuale riaccettamento delle situazioni relative agli esercizi pregressi.

        12) Sono abrogate le disposizioni contenute negli art. 22, 24, 25 e 26 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, per le parti già disciplinate dalle disposizioni del presente articolo, nonché l’art. 4 della legge 14 febbraio 1987, n. 40.

        13) Omissis.

        14) Al fine di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza di retta del mondo del lavoro, le università, i provveditorati agli studi, le istituzioni scolastiche pubbliche, i centri di formazione e/o orientamento, gli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, su indicazione dei rispettivi responsabili, possono avviare, dandone preventiva comunicazione all’ispettorato del lavoro territorialmente competente e per suo tramite alla commissione regionale per l’impiego e alla regione, gli utenti del servizio da essi esercitato presso i datori di lavoro privati che, sentite le rappresentanze sindacali aziendali, ovvero, in mancanza, le organizzazioni sindacali di categoria territoriali, siano disponibili ad ospitarli.

        15) I rapporti che il datore di lavoro privato intrattiene con le persone ad esso avviate ai sensi del comma quattordicesimo non costituiscono rapporto di lavoro. I datori di lavoro sino tenuti ad assicurare le persone da essi ospitate contro gli infortuni sul lavoro mediante convenzione con l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e per la responsabilità civile, dandone comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali.

        16) I rapporti di cui al comma quindicesimo interessano soggetti che hanno assolto l’obbligo scolastico e si realizzano:
        a) per gli utenti in formazione scolastica, universitaria o professionale, mediante esperienze di durata non superiore a due mesi, da maturare in settori operativi diversi, sulla base di apposite convenzioni tra le strutture formative e/o di orientamento e i datori di lavoro interessati, garantendo comunque la presenza di un tutor come responsabile didattico ed organizzativo delle attività. I predetti limiti temporali non si applicano agli utenti appartenenti alle categorie protette, portatori di handicap;
        b) per gli utenti in uscita dai sistemi di formazione ancorché non abbiano concluso il relativo iter, o comunque per tutti quelli in attesa di occupazione (inoccupati, disoccupati, in mobilità), inseriti in progetti di orientamento e di formazione, mediante esperienze di durata non superiore a tre mesi da maturare in specifico ruolo o ambito lavorativo, sulla base di apposite convenzioni fra le suindicate strutture di avviamento al lavoro e di orientamento e i datori di lavoro interessati, garantendo comunque la presenza di un tutor come responsabile didattico ed organizzativo delle attività;
        b bis) per gli utenti forniti di diploma di istruzione secondaria superiore che frequentino corsi post-secondari di perfezionamento o specializzazione, mediante esperienze pratiche previste nei relativi piani di studio, da effettuare presso aziende; i corsi sono istituiti sulla base di convenzioni o accordi tra l’amministrazione scolastica o le singole scuole e le regioni interessate, anche in relazione alle proposte delle associazioni dei datori di lavoro, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale e degli ordini professionali; i rapporti tra le singole istituzioni scolastiche e le aziende interessate ai corsi sono regolati da specifiche convenzioni; mediante la stipula di appositi accordi o convenzioni con le università, le attività di formazione svolte nei corsi possono valere come crediti formativi utili ai fini della prosecuzione degli studi nei corsi universitari finalizzati al conseguimento dei diplomi universitari.

        17) Le predette convenzioni, finalizzate a definire le modalità di svolgimento dei suindicati rapporti, compresa l’individuazione del tutor, delle sue caratteristiche e degli oneri economici per l’eventuale retribuzione di tale figura professionale, sono stipulate sulla base di criteri definiti a livello nazionale dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, le regioni, le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale.

        18) Le disposizioni dei commi quindicesimo, sedicesimo, e diciassettesimo specificatamente quelle relative alle coperture assicurative, sono estese ai cittadini comunitari che effettuano esperienze professionali in Italia anche nell’ambito dei programmi comunitari in quanto compatibili con la regolamentazione degli stessi, nonché ai cittadini extracomunitari secondo criteri e modalità da definire mediante decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della pubblica istruzione e dell’interno.

        Art. 9 bis Lavoratori stagionali
        1) Il comma secondo dell’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, è sostituito dal seguente:
        2. I lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato nelle ipotesi previste dall’articolo 8 bis del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 convertito con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79; hanno diritto di precedenza nell’assunzione presso la stessa azienda, con la medesima qualifica, a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diretto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

        2) Nei casi di avviamento al lavoro dei lavoratori di cui al comma primo del presente articolo, le assunzioni effettuate non concorrono a determinare la quota di riserva prevista dall’art. 25, comma primo, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        Art. 9 ter
        Omissis.

        Art. 9 quater
        Omissis.

        Art. 10
        Omissis.

        Art. 11
        Omissis.

        Il testo del decreto - legge 16 maggio 1994, n. 299 , coordinato con la legge di conversione 19 luglio 1994, n. 451 (in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 3), recante: “Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali”.
        (in G.U. - n. 116 del 20 maggio 1994)

        CAPO I

        NORME IN MATERIA DI CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI, MOBILITA’, TRATTAMENTI DI DISOCCUPAZIONE, CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ’ E GESTIONE DELLE ECCEDENZE OCCUPAZIONALI.


        Art. 1 Norme in materia di cassa integrazione guadagni
        1. Il comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) periodicamente esamina, anche ai fini della programmazione delle risorse a sostegno del reddito dei lavoratori, l’andamento occupazionale, sia sul piano congiunturale sia su quello strutturale, con riferimento ai settori produttivi e delle aree territoriali e detta, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, i criteri generali per la gestione degli interventi di trattamento straordinario di integrazione salariale.

        2. In attesa di entrata in vigore dei regolamenti di cui all’articolo 1, comma 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono attribuite al Ministro del lavoro e della previdenza sociale le competenze del soppresso Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (CIPI) in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale. Il comitato tecnico di cui all’art. 19 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, presieduto da un dirigente generale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in posizione di fuori ruolo, opera presso il predetto Ministero ed elabora con periodicità trimestrale relazioni sull’andamento degli interventi di cassa integrazione salariale. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche sulla base degli elementi forniti dal comitato tecnico, riferisce semestralmente al CIPE sull’andamento dell’utilizzo delle risorse destinate al finanziamento degli interventi a sostegno del reddito dei lavoratori.

        3. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale entro quaranta giorni dalla richiesta nel caso di crisi aziendale ed entro centoventi giorni dalla richiesta nel caso di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale. A tal fine l’esame congiunto di cui all’art. 5 della legge 20 maggio 1975, n. 164, si svolge presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione. Il predetto ufficio, ricevuta la richiesta del trattamento, la trasmette immediatamente, con le proprie valutazioni, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, nonché alla commissione regionale per l’impiego perché questa, con l’assistenza tecnica dell’agenzia per l’impiego, possa esprimere motivato parere entro venti giorni. Nel caso in cui l’esame congiunto riguardi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni, esso si svolge, rispettivamente, presso l’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione o presso la Direzione generale dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le domande di proroga semestrale del trattamento straordinario di integrazione salariale devono essere presentate al medesimo ufficio al quale è stata presentata l’istanza di primo riconoscimento.

        4. Il comma 3 dell’articolo 1 della legge 23 luglio 1991, n. 223, è sostituito dal seguente:
        “3. La durata dei programmi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale non può essere superiore a due anni. Il ministero del lavoro e della previdenza sociale ha facoltà di concedere due proroghe, ciascuna di durata non superiore a dodici mesi, per quelli tra i predetti programmi che presentino una particolare complessità in ragione delle caratteristiche tecniche dei processi produttivi dell’azienda, ovvero in ragione della rilevanza delle conseguenze occupazionali che detti programmi comportano con riferimento alle dimensioni dell’impresa ed alla sua articolazione sul territorio”.

        5. Il secondo comma dell’articolo unico della legge 13 agosto 1980, n. 427, è sostituito dal presente:
        “L’importo di integrazione salariale sia per gli operai che per gli impiegati, calcolato tenendo conto dell’orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga, non può superare: a) l’importo mensile di lire 1.248.021; b) l’importo mensile di lire 1.500.000 quando la retribuzione di riferimento per il calcolo dell’integrazione medesima, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a lire 2.700.000 mensili. Detti importi massimi vanno comunque rapportati alle ore di integrazione autorizzate. Con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a partire dal 1995, gli importi di integrazione salariale di cui alle lettere a) e b), nonché la retribuzione mensile di riferimento di cui alla medesima lettera b), sono aumentati nella misura dell'80 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.”

        6. Le disposizioni in materia di diritto dei trattamenti pensionistici di anzianità di cui al comma 2-bis dell’articolo 1 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e di cui all’articolo 11, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, non si applicano, oltre che nei casi di cui al comma 2, lettere a) e b), dell’articolo 1 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 438, ai lavoratori che fruiscono dei trattamenti di cassa integrazione straordinaria e di mobilità.

        7. A decorrere dal 1° gennaio 1994 la disciplina del trattamento straordinario di integrazione salariale si applica ai dipendenti delle imprese appaltatrici dei servizi di pulizia e, se costituite in forma cooperativa, anche ai soci lavoratori, addetti in modo prevalente e continuativo allo svolgimento delle attività appaltate. Il trattamento di integrazione salariale è concesso nei casi in cui i predetti lavoratori siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro da orario ridotto in conseguenza della riduzione delle attività appaltate ove connessa all’attuazione, da parte dell’appaltante, di programmi di crisi aziendale, o di programmi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale, che abbiano dato luogo all’applicazione del trattamento a carico della cassa integrazione guadagni straordinaria.

        Art. 2 Norme relative alla disciplina della mobilità dei lavoratori
        1. All’articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, è aggiunto, dopo il comma 4, il seguente:
        “4-bis. Il diritto ai venefici economici ci cui ai commi precedenti è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o di diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo. L’impresa che assume dichiara, sotto la propria responsabilità, all’atto della richiesta di avviamento che non ricorrono le menzionate condizioni ostative”.

        2. All’articolo 5, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il predetto beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell’impresa disposta ad assumere, nei rapporti di cui all’articolo 8, comma 4-bis”.

        2 bis. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo si applicano anche nei casi di assunzione regolate dell’articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223. La disposizione di cui al comma 1 del presente articolo si applica anche nei casi di assunzione avvenute ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

        3. All’articolo 9, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
        “d-bis) non risponda, senza motivo giustificato, alla convocazione da parte degli uffici circoscrizionali o della agenzia per l’impiego ai fini degli adempimenti di cui alle lettere che precedono nonché di quelli previsti dal comma 5-ter dell’articolo 6 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236,

        4. L’articolo 9, comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è sostituito dal seguente:
        “3. La cancellazione della lista di mobilità ai sensi del comma 1 è dichiarata, entro quindici giorni, dal direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione. Avverso il provvedimento è ammesso ricorso, entro trenta giorni, all’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, che decide con provvedimento definitivo entro venti giorni”.

        5 All’articolo 6 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, al comma 7 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: All’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell’assegno o della pensione di invalidità devono optare tra tali trattamenti e quello di mobilità. In caso di opzione a favore del trattamento di mobilità l’erogazione dell’assegno o della pensione di invalidità resta sospesa per il periodo di funzione del predetto trattamento ovvero in caso di sua corresponsione anticipata, per il periodo corrispondente all’ammontare della relativa anticipazione del trattamento di mobilità.

        6. Il lavoratore in mobilità assunto da un’impresa, ove venga da questa licenziato senza aver maturato i requisiti temporali previsti dall’articolo 16, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è reiscritto nelle liste di mobilità ed ha diritto ad usufruire della relativa indennità per un periodo corrispondente alla parte residua non goduta decurtata del periodo di attività lavorativa prestata.

        Art. 3 Trattamenti di disoccupazione
        1. La percentuale di commisurazione dell’importo del trattamento ordinario di disoccupazione è elevata al 27 per cento dal 1° gennaio 1994 al 30 giugno 1994 e al 30 per cento dal 1° luglio 1994 al 31 dicembre 1994.

        2. La disciplina dell’importo massimo di cui all’articolo unico, secondo comma, della legge 13 agosto 1980, n. 427, e all’articolo 1, comma 5, trova applicazione anche al trattamento ordinario di disoccupazione avente decorrenza successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.

        3. Nel caso di attuazione di programma di trattamento straordinario di integrazione salariale, i lavoratori edili licenziati ai sensi dell’articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 2123, i quali abbiano una anzianità aziendale di almeno trentasei mesi, di cui almeno ventiquattro di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività ed infortuni, hanno diritto al trattamento di disoccupazione speciale previsto dall’articolo 11, comma 2, della citata legge n. 223 del 1991.

        4. Per i lavoratori di cui al comma 3 e per quelli di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, aventi i medesimi requisiti previsti al comma 3, licenziati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto ed entro il 31 dicembre 1994 da imprese edili, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 7, commi 5, 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, anche al di là dei limiti territoriale ivi previsti.

        Art. 4. Norme in materia di contratti di solidarietà
        1. All’articolo 13 della legge 23 luglio 1991, n. 223, il comma 3 è abrogato ed il comma 2 è sostituito dal seguente:
        “2. Nelle unità produttive interessate da contratti di solidarietà e da programmi di cassa integrazione guadagni straordinaria, le condizioni alle quali è consentito il cumulo dei due distinti benefici sono disciplinate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il comitato tecnico di cui all’articolo 19 della legge 28 febbraio 1986, n. 41”.

        2. Il comma 8 dell’articolo 5 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è sostituito dal seguente:
        “8. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano alle imprese artigiane non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, anche ove occupino meno di sedici dipendenti , a condizione che i lavoratori con orario ridotto da esse dipendenti percepiscano, a carico di fondi bilaterali istituiti da contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, una prestazione di entità non inferiore alla metà della quota del contributo pubblico destinata ai lavoratori”.

        Art. 5. Misure temporanee in materia di gestione delle eccedenze occupazionali (articolo estratto)
        1. Fino al 31 dicembre 1996, ai fini del computo dei periodi massimi di godimento del trattamento ordinario di integrazione salariale una settimana si considera trascorsa quando la riduzione di orario sia stata di ammontare almeno pari al dieci per cento dell’orario settimanale relativo ai lavoratori occupati nell’unità produttiva e destinatari della normativa sulle integrazioni salariali. Le riduzioni di ammontare inferiore si cumulano ai fini del computo dei predetti periodi massimi.

        2. Nell’articolo 7, comma 6, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, le parole: “a quindici dipendenti” sono sostituite dalle seguenti: “a cinquanta dipendenti”.

        3. La disciplina in materia di indennità di mobilità è estesa alle aziende destinatarie del trattamento straordinario di integrazione salariale di cui all’articolo 7, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, alle stesse condizioni ivi previste.

        4. Il termine del 31 dicembre 1992, previsto dall’articolo 7, commi 5, 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, già prorogato dall’articolo 6, comma 10, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 1994.

        5. Le disposizioni dell’articolo 7, commi 5, 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si applicano altresì ai lavoratori collocati in mobilità entro il 31 dicembre 1994 da imprese appartenenti ai settori dalla chimica dell’industria della difesa, dell’industria minero metallurgica non ferrosa, dell’industria tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, nonché da imprese che si trovano nelle aree di declino industriale individuate ai sensi del regolamento CEE n. 2081/93 (obiettivo n. 2). Per i lavoratori collocati in mobilità in conseguenza di procedura per la dichiarazione di mobilità avanzata successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, i benefici attribuiti ai sensi del presente comma su base settoriale operano a condizione che la dichiarata eccedenza venga accertata, nel corso della predetta procedura, dall’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

        6. Le disposizioni di cui all’articolo 7, commi 5, 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, trovano applicazione entro il termine del 31 dicembre 1994, previsto dal comma 4, anche nei confronti dei lavoratori occupati in unità produttive che non rientrano nell’area di applicazione delle predette disposizioni e collocati in mobilità successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, a condizione che:
        a) le predette unità produttive appartengano ad impresa che occupa più di cinquecento dipendenti dei quali non meno di un terzo in una o più unità produttive situate nelle aree territoriali cui trovano applicazione le citate disposizioni della legge 23 luglio 1991, n. 223, costituite anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto;
        b) vi sia stato l’accertamento, da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che l’eccedenza di personale interessi anche le unità produttive presenti nelle predette aree territoriali.

        7. La disposizione di cui all’articolo 6, comma 10-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, si interpreta nel senso che il riferimento alle disposizioni legislative in materia di pensionamento di vecchiaia in vigore al 31 dicembre 1992, opera sia relativamente all’età richiesta per l’ammissione al beneficio del prolungamento dell’indennità di mobilità, sia al requisito di età per il pensionamento di vecchiaia.

        8. Fino al 31 dicembre 1995, per le unità produttive interessate da accordi di programma di reindustrializzazione gestiti da un unico soggetto e situate nelle aree di cui all’articolo 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, la durata del programma per crisi aziendale può essere fissata, in deroga all’articolo 1, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, fino ad un massimo di ventiquattro mesi. L’indennità di mobilità spettante ai lavoratori delle predette unità produttive che siano stai licenziati prima del termine del programma di utilizzo del trattamento di integrazione salariale per crisi aziendale è prolungata di un periodo pari a quello intercorrente tra la data di estinzione del rapporto e quella del termine del programma. In tali casi la riduzione dell’ammontare dell’indennità di mobilità viene operata a decorrere dal trecentosessantaseesimo giorno successivo a quello in cui sarebbe venuto a scadenza il trattamento di integrazione salariale. La somma dovuta ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è aumentata di un importo pari a quello della contribuzione addizionale prevista dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni, calcolata con riferimento al predetto residuo periodo.

        9. All’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 26 novembre 1993, n. 478, convertito, con modificazioni dalla legge 26 gennaio 1994, n. 56, l’ultimo periodo è soppresso.

        10. All’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 26 novembre 1993, n. 478, convertito, con modificazioni dalla legge 26 gennaio 1994, n. 56, al secondo periodo le parole: “Tale proroga non opera” sono sostituite dalle seguenti: “Le proroghe di cui al presente comma e di cui ai commi 1 e 1-bis non operano”

        11. Le proroghe di cui all’articolo 1 del decreto-legge 26 novembre 1993, n. 478, convertito, con modificazioni dalla legge 26 gennaio 1994, n. 56, non operano, oltre che per i casi previsti dall’ultimo periodo del comma 2 del citato articolo 1, anche per i lavoratori nei confronti dei quali ricorrano le condizioni per accedere ai benefici previsti dai commi 4, 5 e 6 e dal comma 4 dell’articolo 3 del presente decreto.

        12. Il comma 2 dell’articolo 1 del decreto-legge 26 novembre 1993, n. 478, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 gennaio 1994, n. 56, si interpreta nel senso che i periodi di durata del trattamento straordinario ivi previsti sono concessi anche in deroga ai limiti di cui all’articolo 1, commi 3, 5 e 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        13. L’articolo 1 del decreto-legge 21 giugno 1993, n. 199, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1993, n. 293, si interpreta nel senso che nelle procedure ivi previste non trova applicazione quanto stabilito dall’articolo 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

        14. Omissis.

        15. Per l’applicazione dell’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 404, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 501, il termine del 1° gennaio 1991 di cui all’articolo 7, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è differito al 31 dicembre 1992.

        16. Per consentire la prosecuzione, fino al 30 giugno 1994, degli interventi di cui all’articolo 4 del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 169, è assegnata alla GEPI la somma di lire 9 miliardi da utilizzare con le modalità di cui al comma 8 del predetto articolo 4.

        17. Per i lavoratori di cui all’articolo 22, commi 7 e 8, della legge 23 luglio 1991, n. 223, il periodo di fruizione dei relativi trattamenti, in scadenza alla data del 30 giugno 1994, è prorogata di ulteriori quattro mesi, previa domanda, da inoltrarsi alle sezioni circoscrizionali per l’impiego competenti per territorio da parte dei soggetti interessati, corredata da dichiarazione resa ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante la persistenza dello stato di disoccupazione.

        18. Per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità nelle aree di cui al citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, per i quali il trattamento di mobilità è scaduto o scade entro il primo semestre 1994, il medesimo è prorogato di ulteriori quattro mesi.

        19. Il trattamento di integrazione salariale straordinario di cui all’articolo 2-ter del decreto-legge 29 settembre 1992, n. 393, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 460, come sostituito dall’articolo 7, comma 9, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236 è prorogato di quattro mesi, limitatamente al contingente numerico definito, in attuazione del predetto articolo 2-ter, con delibera CIPI in data 7 giugno 1993, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 1993.
        Art. 6. Misure sperimentali in materia di occupazione
        1. In via sperimentale al fine di promuovere il metodo consensuale di gestione dei problemi del mercato del lavoro finalizzato a difendere e ad incrementare i livelli occupazionali, alle imprese di cui al comma 2 è riconosciuto il beneficio dello sgravio totale o parziale degli oneri previdenziali ed assistenziali per i lavoratori assunti ad incremento dei livelli occupazionali.
        2. Il beneficio di cui al comma 1 è riconosciuto alle imprese, appartenenti a settori interessati da crisi occupazionale, che danno attuazione a piani occupazionali concordati tra le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro approvati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del tesoro entro il 31 dicembre 1995. Il beneficio è riconosciuto, per un periodo determinato nel medesimo decreto, per i lavoratori assunti, in attuazione del piano successivamente alla data della sua approvazione. Il beneficio può essere concesso anche ad imprese di nuova costituzione purché ricorrano le condizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, aggiunto dal comma 1 dell’articolo 2.

        3. Sono escluse dal beneficio di cui al comma 1 le imprese che nei dodici mesi precedenti all’assunzione hanno effettuato riduzioni di personale.

        4. I piani ed il decreto di cui al comma 2 stabiliscono termini, modalità e condizioni del beneficio di cui al comma 1, che è concesso tenendo conto delle risorse finanziarie relative ai benefici previsti dall’ordinamento, a favore dei datori di lavoro, in caso di assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o che fruiscono del trattamento straordinario di integrazione salariale. Il beneficio è concesso, eventualmente per la parte aggiuntiva alle predette risorse finanziarie, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo previsto dall’articolo 11, comma 31, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

        Art. 7. Misure sperimentali di flessibilità della durata del lavoro
        1. In attesa di un intervento di ridefinizione organica delle misure di incentivazione di un diverso assetto degli orari di lavoro in funzione di difesa o do promozione dei livelli occupazionali, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al fine di promuovere, in via sperimentale, il ricorso al lavoro a tempo parziale nonché a forme di utilizzo flessibile dell’orario di lavoro, può concedere, fino al 31 dicembre 1995, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo di cui all’articolo 11, comma 31, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in applicazione delle disposizioni del decreto di cui al comma 3, i seguenti benefici:
        a) una riduzione, a beneficio delle imprese, dell’aliquota contributiva per l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, relativamente ai contratti di lavoro a tempo parziale stipulati ad incremento degli organici esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero sulla base di accordi collettivi di gestione di eccedenze di personale che contemplino la trasformazione di contratti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
        b) una riduzione, a beneficio delle imprese, non inferiore allo 0,20 dell’aliquota contributiva prevista per il trattamento di integrazione salariale dall’articolo 12, primo comma, n. 1), della legge 20 maggio 1975, n. 164, e successive modificazioni, nonché una integrazione al trattamento retributivo dei lavoratori nelle imprese in cui vengano stipulati i contratti collettivi di cui all’articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, che altresì determinino la durata dell’orario settimanale come media di un periodo plurisettimanale non inferiore a quattro mesi.

        2. Il beneficio di cui al comma 1, lettera a), può essere determinato in misura differenziata con riferimento a differenti fasce di orario.

        3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, vengono stabiliti misure, termini, modalità e condizioni dei benefici di cui al comma 1.

        Art. 8
        Omissis.

        Art. 9
        Omissis.

        Art. 10 Interventi a sostegno di processi di ristrutturazione riorganizzazione o conversione aziendale (articolo estratto)
        1. Al fine di favorire l’attuazione di programmi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale, concordati con le organizzazioni sindacali, che presentano rilevanti conseguenze sul piano occupazionale avuto riguardo alle dimensioni dell’impresa ed alla sua articolazione sul territorio, è autorizzato, nel limite massimo di 8.500 unità, un piano di pensionamenti anticipati a beneficio dei lavoratori, dipendenti dalle imprese industriali, interessati da procedure di mobilità intraprese nel corso dell’attuazione dei predetti programmi e che, ove licenziati nel corso dell’anno 1994, avrebbero avuto titolo per beneficiare del trattamento di cui all’articolo 7, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223. I predetti lavoratori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
        a) Rientrare in categorie di difficile ricollocamento individuate, anche con riferimento alle caratteristiche del mercato del lavoro locale, dai contratti collettivi di gestione delle eccedenze;
        b) alla data del 31 dicembre 1993 aver compiuto 50 anni se donne ovvero 55 se uomini ed aver maturato nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, una anzianità contributiva di almeno 25 anni;
        c) alla medesima data di cui alla lettera b) aver maturato nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti una anzianità contributiva di almeno 30 anni.

        2. Ai lavoratori ammessi al beneficio del pensionamento anticipato è concesso un aumento dell’anzianità contributiva pari, nel caso di cui al comma 1, lettera b), al periodo intercorrente tra la data di risoluzione del rapporto di lavoro e quella del raggiungimento del cinquantesimo anno di età se donne o del sessantesimo anno di età se uomini, ovvero al periodo necessario al conseguimento di trentacinque anni di anzianità contributiva e, nel caso di cui al comma 1, lettera c), al periodo intercorrente tra la data di risoluzione del rapporto e la data di maturazione del trentacinquesimo anno di anzianità contributiva.

        3. Le imprese che intendono partecipare al piano di pensionamenti anticipati di cui al comma 1, debbono presentare domanda al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La domanda può congiuntamente riguardare anche imprese collegate a quella interessata dal programma di cui al comma 1, che siano di minore dimensione occupazionale e che attuino programmi di crisi aziendale, purché quest’ultima costituisca un riflesso del programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione dell’impresa collegata di maggiore dimensione.

        4. La domanda di sui al comma 3, corredata dalle comunicazioni di avvio delle procedure di mobilità, deve indicare il numero dei lavoratori per i quali si richiede il pensionamento anticipato. Entro trenta giorni dalla data di scadenza del termine di cui al comma 3, il piano di cui al comma 1 è approvato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, temendo conto della rilevanza delle conseguenze occupazionali.

        5. Le domande di pensionamento anticipato sono irrevocabili e devono essere presentate alle imprese di appartenenza dai lavoratori interessati in possesso dai requisiti di cui al comma 1, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano di pensionamento anticipato di cui al medesimo comma 1. Le imprese, sulla base di tale piano e delle esigenze di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione, provvedono entro i trenta giorni successivi a selezionare le domande presentate trasmettendole all’INPS, precisando in tale comunicazione la data di risoluzione dei rapporti di lavoro, che dovrà comunque coincidere con l’ultimo giorno del relativo mese. Il trattamento pensionistico decorre dal primo giorno del mese successivo alla risoluzione del rapporto di lavoro.

        6. La gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, corrisponde al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, per ciascun mese di anticipazione della pensione, una somma pari all’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota contributiva in vigore per il Fondo medesimo sull’ultima retribuzione annua percepita da ciascun lavoratore interessato, ragguagliata a mese nonché una somma pari all’importo mensile della pensione anticipata, ivi compresa la tredicesima mensilità.

        7. L’impresa, entro trenta giorni dalla richiesta da parte dell’INPS, è tenuta a corrispondere a favore della gestione di cui al comma 6 per ciascun dipendente che abbia usufruito del pensionamento anticipato, un contributo pari al cinquanta per cento degli oneri complessivi di cui al comma 6, diminuiti degli importi relativi alla mancata corresponsione dei trattamenti di mobilità e ai minori correlativi oneri figurativi, che sarebbero spettati ai medesimi lavoratori quali fruitori del trattamento di cui all’articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Tali importi sono determinati assumendo quale data di decorrenza l’ottavo giorno successivo al licenziamento ovvero l’ottavo giorno successivo alla cessazione della corresponsione dell’indennità di mancato preavviso. L’impresa ha facoltà di optare per il pagamento del contributo stesso, con addebito di interessi nella misura del tasso legale annuo, in un numero di rate mensili, di pari importo, non superiore a quello dei mesi di anticipazione della pensione.

        8. Omissis.

        Art. 11. Misure promozionali in materia di ricerca e innovazione tecnologica
        Omissis.

        Art. 12. Norme transitorie e finali (articolo estratto)
        1. Omissis.

        2. I lavoratori iscritti nelle liste di mobilità alla data di entrata in vigore del presente decreto devono esercitare entro sessanta giorni da tale data l’opzione di cui all’articolo 6, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, come modificato dall’articolo 2, comma 5. Tale opzione ha effetto per il residuo periodo.

        3. Omissis.

        4. Omissis.

        5. Omissis.

        6. Nell’articolo 2, comma 8, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, sono soppresse le parole: “con più di cento dipendenti”.

        7. Il termine previsto dall’articolo 13, comma 2, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, è fissato al 31 dicembre 1994.

        8. Al comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Con effetto dal 1° luglio 1994, qualora del nucleo familiare di cui al comma 6 facciano parte due o più figli, l’importo mensile dell’assegno spettante è aumentato di lire 20.000 per ogni figlio, con esclusione del primo”.

        Art. 13
        Omissis.

        Art. 14
        Omissis.

        Art. 15 Piani per l’inserimento professionale dei giovani privi di occupazione
        Omissis.

        Art. 16 Norme in materia di contratti di formazione e lavoro
        1. Possono essere assunti con contratto di formazione e lavoro i soggetti di età compresa tra sedici e trentadue anni. Oltre ai datori di lavoro di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, possono stipulare contratti di formazione e lavoro anche gruppi di imprese, associazioni professionali, socio-culturali, sportive, fondazioni, nonché datori di lavoro iscritti agli albi professionali quando il progetto di formazione venga predisposto dagli ordini e collegi professionali e ed autorizzato al comma 7.

        2. Il contratto di formazione e lavoro è definito secondo le seguenti tipologie:
        a) contratto di formazione e lavoro mirato alla: 1) acquisizione di professionalità intermedie; 2) acquisizione di professionalità elevate;
        b) contratto di formazione e lavoro mirato ad agevolare l’inserimento professionale mediante un’esperienza lavorativa che consenta un adeguamento delle capacità professionale al contesto produttivo ed organizzativo.

        3. I lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro di cui alle lettere a) e b) del comma 2 possono essere inquadrati ad un livello inferiore a quello di destinazione.

        4. La durata massima del contratto di formazione e lavoro non può superare i ventiquattro mesi per i contratti di cui alla lettera a) del comma 2 e i dodici mesi per i contratti di cui alla lettera b) del medesimo comma.

        5. I contratti di cui alla lettera a), numeri 1) e 2), del comma 2 devono prevedere rispettivamente almeno ottanta e centotrenta ore di formazione da effettuarsi in luogo della prestazione lavorativa. Il contratto di cui alla lettera b) del comma 2 deve prevedere una formazione minima non inferiore a venti ore di base relativa alla disciplina del rapporto di lavoro, all’organizzazione del lavoro, nonché alla prevenzione ambientale e antinfortunistica. I contratti collettivi possono prevedere la non retribuibilità di eventuali ore aggiuntive devolute alla formazione.

        6. Per i contratti di cui alla lettera a) del comma 2 continuano a trovare applicazione i venefici contributivi previsti dalle disposizioni vigenti in materia alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i contratti di cui alla lettera b) del predetto comma 2 i medesimi benefici trovano applicazione subordinatamente alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e successivamente ad essa, per una durata pari a quella del contratto di formazione e lavoro così trasformato e in misura correlata al trattamento retributivo corrisposto nel corso del contratto di formazione medesimo.

        7. Non sono soggetti alla procedura di approvazione da parte della competente autorità i progetti conformi al contenuto di decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale che definiscono gli obiettivi e le caratteristiche minime che l’attività formativa deve presentare relativamente a ciascun livello di inquadramento. Tali decreti sono emanati, sentita la commissione centrale per l’impiego, sulla base degli accordi collettivi o delle proposte formulate dagli enti bilaterali. L’accertamento di mera conformità ai parametri determinati dai detti decreti è effettuato dall’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione entro venti giorni dalla data di ricezione della domanda. Decorso inutilmente tale termine il predetto accertamento si considera avvenuto.

        8. All’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, come ,modificato dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. \169, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “Nel caso in cui la delibera della commissione regionale per l’impiego non sia intervenuta nel termine di trenta giorni dalla loro presentazione. Provvede il direttore dell’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione”.
        Al medesimo articolo 3, comma 3, sono soppresse le parole: “ovvero non sia intervenuta, nel termine di trenta giorni dalla loro presentazione, la delibera della commissione regionale per l’impiego”.

        9. Alla scadenza del contratto di formazione e lavoro di cui al comma 2, lettera a), il datore di lavoro utilizzando un modello predisposto, sentite le parti sociali, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, trasmette alla sezione circoscrizionale per l’impiego competente per territorio idonea certificazione dei risultati conseguiti dal lavoratore interessato, Le strutture competenti delle regioni possono accertare il livello di formazione acquisito dal lavoratore. Alla scadenza del contratto di formazione e lavoro di cui alla lettera b) del comma 2, il datore di lavoro rilascia al lavoratore un attestato sull’esperienza svolta.

        10. Qualora sia necessario per il raggiungimento degli obiettivi formativi, i progetti possono prevedere, anche nei casi in cui essi siano presentai da consorzi o gruppi di imprese, che l’esecuzione del contratto si svolga in posizione di comando presso una pluralità di imprese individuate nei progetti medesimi. La titolarità del rapporto resta ferma in capo alle singole imprese.

        11. La misura di cui al comma 6 dell’articolo 8 della legge 29 dicembre 1990, n. 407, è elevata al sessanta per cento.

        12. (soppresso dalla legge di conversione).

        13 Nella predisposizione dei progetti di formazione e lavoro devono essere rispettati i principi di non discriminazione diretta ed indiretta di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125.

        14. Le disposizioni del presente articolo, ad eccezione del comma 1, primo periodo, non trovano applicazione nei confronti dei contratti di formazione e lavoro già stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto. Esse, ad eccezione dei commi 1, primo periodo, 8, 11 e 15, non trovano inoltre applicazione nei confronti dei contratti di formazione e lavoro stipulati entro il 31 dicembre 1994, sulla base di progetti che alla data del 30 settembre 1994 risultino già approvati, presentati ovvero riconosciuti conformi ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, come modificato dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 169. La disposizione dell’ultimo periodo dell’articolo 3, comma 3, del citato decreto-legge n. 726 del 1984, si applica fino all’emanazione dei decreti di cui al comma 7 e comunque non oltre il 30 settembre 1994.

        15. Dalla tabella C annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, è eliminato il procedimento per l’approvazione dei progetti di formazione e lavoro da parte del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863.

        Art. 17
        Omissis.

        CAPO III

        Norme in materia di fiscalizzazione degli oneri sociale di sgravi contributivi

        Art. 18 Fiscalizzazione degli oneri sociali
        Omissis.

        Art. 19 Sgravi contributivi
        Omissis.

        Art. 20. Entrata in vigore
        Omissis.

        Legge 18 aprile 1962, n. 230.
        Disciplina del contratto pubblico a tempo determinato.
        (G.U. n. 125 del 17 maggio 1962)


        Art. 1 (articolo estratto)
        Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato, salvo le eccezioni appresso indicate.
        E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto:

        a) quando ciò sia richiesto dalla speciale natura dell’attività lavorativa derivante dal carattere stagionale della medesima;
        b) quando l’assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempreché nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione;
        c) quando l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale;
        d) per le lavorazioni a fasi successive che richiedono maestranze diverse, per specializzazioni, da quelle normalmente impiegate e limitatamente alle fasi complementari od integrative per le quali non vi sia continuità di impiego nell’ambito dell’azienda;
        e) Omissis.
        f) Omissis.

        L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto.

        Copia dell’atto scritto deve essere consegnato dal datore di lavoro al lavoratore.

        La scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro puramente occasionale non sia superiore a dodici giorni lavorativi.

        L’elenco delle attività di cui al secondo comma, lettera a), del presente articolo sarà determinato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, entro un anno dalla pubblicazione della presente legge. L’elenco suddetto potrà essere successivamente modificato con le medesime procedure. In attesa dell’emanazione di tale provvedimento, per la determinazione di dette attività si applica il D.M. 11 dicembre 1939 che approva l’elenco delle lavorazioni che si compiono annualmente in periodo di durata inferiore a sei mesi.

        Art. 2
        Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, eccezionalmente prorogato, non più di una volta e per un tempo non superiore alla durata del contratto iniziale, quando la proroga sia richiesta da esigenze contingenti ed imprevedibili e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato, ai sensi del secondo comma dell’articolo precedente.

        Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il contratto si considera a tempo indeterminato fin dalla data della prima assunzione del lavoratore. Il contratto si considera ugualmente a tempo indeterminato quando il lavoratore venga riassunto a temine entro il periodo di quindici ovvero trenta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata rispettivamente inferiore o superiore a sei mesi e, in ogni caso, quando si tratti di assunzioni successive a termine intese ad eludere le disposizioni della presente legge.

        Art. 3
        L’onere della prova relativa all’obbiettiva esistenza delle condizioni che giustificano sia la posizione di un termine al contratto di lavoro si all’eventuale temporanea proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro.

        Art. 4
        E’ consentita la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato, purché di durata non superiore a cinque anni, con i dirigenti amministrativi e tecnici, i quali possono, comunque, recedere da essi trascorso un triennio e osservata la disposizione dell’art. 2118 c.c.

        Art. 5
        Al prestatore di lavoro, con contratto a tempo determinato, spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità e ogni altro trattamento in atto nella impresa per i lavoratori regolamentati con contratto a tempo indeterminato, in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempreché non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine.

        Alla scadenza del contratto verrà corrisposto al lavoratore un premio di fine lavoro proporzionale alla durata del contratto stesso, e pari alla indennità di anzianità prevista dai Contratti collettivi.

        Art. 6
        Sono esclusi dalla disciplina della presente legge i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e salariati fissi comunque denominati, regolati dalla legge 15 agosto 1949, n. 533, e successive modificazioni.

        Art. 7
        Nei casi di inosservanza degli obblighi derivanti dall’art. 5 della presente legge il datori di lavoro è punito con un’ammenda da lire 15.000 a lire 300.000 per ogni lavoratore cui si riferisce la inosservanza stessa.
        Art. 8
        La vigilanza sull’applicazione della presente legge è affidata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita attraverso l’Ispettorato del lavoro.

        Art. 9
        L’art. 2097 c.c. è abrogato.

        Art. 10
        Entro 180 giorni dalla pubblicazione della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta congiunta del Ministro per il lavoro e al previdenza sociale e dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per la riforma burocratica, saranno emanate le norme per adeguare la disciplina dei contratti di lavoro dei lavoratori assunti a termine dalle Amministrazioni statali e dalle Aziende autonome dello Stato, alle disposizioni di cui alla presente legge.

        Art. 11
        La presente legge entra in vigore il novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

        Decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876.
        Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo.
        (G.U. 7 dicembre 1977 n. 333)


        Art. 1
        Nei settori del commercio e del turismo, è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, quando si verifichi, in determinati e limitati periodi dell’anno, una necessità di intensificazione dell’attività lavorativa, cui non sia possibile sopperire con il normale organico: le condizioni ed i singoli periodi di cui innanzi devono essere accertati preventivamente alle assunzioni, con provvedimento del capo dell’ispettorato provinciale del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali provinciali di categoria.

        Ai contratti stipulati ai sensi del comma precedente, si applica la disciplina stabilita dalla legge 18 aprile 1962, n. 230.

        Art. 2
        Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

        Legge 3 febbraio 1978, n. 18.
        Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876, concernente la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo.
        (G.U. 4 febbraio 1978, n. 35)


        Art. 1
        E’ convertito in legge il decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876, concernente la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo, con le seguenti modificazioni:

        All’art. 1, primo comma, sono aggiunte, in fine le parole: maggiormente rappresentative.

        Art. 2
        Le norme del decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876, di cui al precedente art. 1 hanno efficacia fino all’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di occupazione e comunque non oltre il 30 settembre 1978.

        La presente legge munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

        Legge 26 novembre 1979, n. 598.
        Ulteriore proroga dell’efficacia delle norme sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo.
        (G.U. 29 novembre 1979. n. 326)


        Art. 1
        Le norme di cui al decreto legge 3 dicembre 1977 n. 876, convertito, con modificazioni, nella legge 3 febbraio 1978, n. 18 concernenti la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo e prorogate con la legge 21 novembre 1978, n. 737, sono ulteriormente prorogate fino alla entrata in vigore di una nuova disciplina legislativa in materia di collocamento.

        Art. 2
        Alle condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, i lavoratori stagionali del settore turistico che hanno prestato attività lavorativa nei tre anni precedenti in detto settore con contratto a tempo determinato hanno la precedenza nell’avviamento al lavoro presso le stesse aziende dello stesso settore per l’assunzione con nuovo contratto del medesimo tipo o a tempo indeterminato.

        Resta ferma l’applicazione ai contratti di cui al comma precedente della disciplina stabilita dalla legge 18 aprile 1962, n. 230. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana.
        E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

        Legge 25 marzo 1983, n. 79.
        Contratto a tempo determinato.
        (G.U. 30 marzo 1983. n. 87) (articolo estratto)

        Art. 8-bis (Disposizioni per i lavoratori stagionali)
        1. I lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa a carattere stagionale con contratto a tempo determinato, stipulato ai sensi dell’art. 1, secondo comma lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni ed integrazioni, hanno diritto di precedenza nell’assunzione con la medesima qualifica presso la stessa azienda, a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro(1) .

        2. La condizione di cui al comma precedente si applica anche a lavoratori assunti a norma del decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 1978, n. 18, e della legge 26 novembre 1979, n. 598, le cui disposizioni restano in vigore e sono estese a tutti i settori economici.

        Legge 11 novembre 1983, n. 638.
        Contratto a tempo determinato.
        (G.U. 11 novembre 1983, n. 638) (articoli estratti)


        Art. 5
        1. Ai lavoratori, pubblici e privati, con contratto a tempo determinato, i trattamenti economici e le indennità economiche di malattia sono corrisposti per un periodo non superiore a quello di attività lavorativa nei dodici mesi immediatamente precedenti l’evento morboso, fermi restando i limiti massimi di durata previsti dalle vigenti disposizioni.

        2. Non possono essere corrisposti trattamenti economici e indennità economiche per malattia per periodi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato.

        3. Nel caso in cui il lavoratore a tempo determinato nei dodici mesi immediatamente precedenti non possa far valere periodi lavorativi superiori a trenta giorni, il trattamento economico e l’indennità economica di malattia sono concessi per un periodo massimo di trenta giorni nell’anno solare. In tal caso l’indennità economica di malattia e corrisposta, previa comunicazione del datore di lavoro, direttamente dall’Istituto nazionale della previdenza sociale.

        4. Il periodo di malattia di cui al precedente comma si computa ai fini del limite massimo delle giornate indennizzabili.

        5. Il datore di lavoro non può corrispondere l’indennità economica di malattia per un numero di giornate superiore a quelle effettuate dal lavoratore a tempo determinato alle proprie dipendenze. Le indennità relative ad un maggior numero di giornate indennizzabili sono corrisposte al lavoratore direttamente dall’Istituto nazionale della previdenza sociale.

        6. I lavoratori agricoli a tempo determinato iscritti o aventi diritto alla iscrizione negli elenchi nominativi di cui all’art. 7 n. 5), del decreto legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modificazioni nella legge 11 marzo 1970, n. 83, hanno diritto, a condizione che risultino iscritti nei predetti elenchi nell’anno precedente per almeno 51 giornate, per ciascun anno alle prestazioni di cui ai commi precedenti per un numero di giornate corrispondente a quello risultante dalla anzidetta iscrizione nell’anno precedente. In ogni caso il periodo indennizzabile non può eccedere i limiti di durata massima prevista in materia.

        7. Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano ai marittimi assistiti ai sensi del regio decreto legge 23 settembre 1937, n. 1918, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1938, n. 831. Le disposizioni di cui al comma secondo del presente articolo non si applicano ai lavoratori dello spettacolo assistiti ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, e successive modificazioni ed integrazioni.

        8. Ai fini del presente articolo i periodi di godimento del trattamento di cassa integrazione guadagni e di astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio sono assimilati ai periodi di lavoro.

        9. Ai fini dei controlli sullo stato di salute dei lavoratori, il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, formula gli schemi-tipo di convenzione di cui all’art. 8-bis del decreto legge 30 aprile 1981, n. 168, convertito, con modificazioni, nella legge 27 giugno 1981, n. 331, nei casi in cui gli schemi suddetti non siano stati elaborati di intesa fra l’Istituto nazionale della previdenza sociale e le regioni entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.
        10. Entro i trenta giorni successivi alla data di pubblicazione degli schemi di cui al comma che precede le unità sanitarie locali adottano le convenzioni di cui al comma che precede e predispongono un servizio idoneo ad assicurare entro lo stesso giorno della richiesta, anche se domenicale o festivo, in fasce orarie di reperibilità, il controllo dello stato di malattia dei lavoratori dipendenti per tale causa assentatisi dal lavoro e accertamenti preliminari al controllo stesso anche mediante personale non medico, nonché un servizio per visite collegiali presso poliambulatori pubblici per accertamenti specifici.

        11. L’omissione degli adempimenti di cui al comma che precede nel termine fissato comporta l’immediata nomina di un commissario ad acta da parte del competente organo regionale.

        12. Per l’effettuazione delle visite mediche di controllo dei lavoratori l’Istituto nazionale della previdenza sociale, sentiti gli ordini dei medici, istituisce presso le proprie sedi liste speciali formate da medici, a rapporto di impiego con pubbliche amministrazioni e da medici liberi professionisti, ai quali possono fare ricorso gli istituti previdenziali o i datori di lavoro.

        12-bis. L’istituto nazionale della previdenza sociale, per gli accertamenti sanitari connessi alla sua attività istituzionale, e autorizzato a stipulare apposite convenzioni con l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

        13. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentiti la Federazione nazionale degli ordini dei medici e il consiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, sono stabilite le modalità la disciplina e l’attuazione dei controlli secondo i criteri di cui al comma decimo del presente articolo ed i compensi spettanti ai medici.

        14. Qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l’intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo.

        Art. 13 (articolo estratto)

        1. Omissis.

        2. Omissis.

        3. Per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, le prestazioni idrotermali possono essere concesse, fuori dei congedi ordinari e delle ferie annuali, esclusivamente per effettive esigenze terapeutiche o riabilitative, su motivata prescrizione di un medico specialista dell’unità sanitaria locale ovvero, limitatamente ai lavoratori avviati alle cure dall’INPS e dall’INAIL, su motivata prescrizione dei medici dei predetti istituti.

        4. I congedi straordinari, le aspettative per infermità, i permessi per malattia comunque denominati, concessi per fruire delle prestazioni di cui al comma precedente, non possono superare il periodo di quindici giorni l’anno anche per i soggetti di cui all’art. 57, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

        5. Tra i periodi concessi ai sensi dei commi precedenti e i congedi ordinari e ferie annuali deve intercorrere un intervallo di almeno quindici giorni.

        6. I congedi straordinari, le aspettative per infermità ed i permessi per malattia di cui ai commi precedenti non possono essere concessi per cure elioterapiche, climatiche e psammoterapiche, ad eccezione di quelli spettanti agli invalidi per causa di guerra, di servizio e del lavoro e ai ciechi, ai sordomuti e agli invalidi civili con una percentuale superiore ai due terzi.

        7. L’Istituto nazionale della previdenza sociale è autorizzato a proseguire, fino al definitivo passaggio alle unità sanitarie locali territorialmente competenti, l’attività terapeutica presso gli stabilimenti termali di cui al terzo comma dell’art. 36 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Restano in vigore dal 1° gennaio 1983 le disposizioni di cui al quarto comma dell’art. 52 della citata legge.

        Legge 28 febbraio 1987, n. 56.
        Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro.
        (G.U. 3 marzo 1987, n. 51) (articolo estratto)


        Art. 23 (Disposizioni in materia di contratto a termine)

        1. L’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui all’articolo 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché all’articolo 8-bis del decreto legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. I contratti collettivi stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato.

        2. I lavoratori che abbiano prestato attività lavorative con contratto a tempo determinato nelle ipotesi previste dall’articolo 8-bis del decreto legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n 79, hanno diritto di precedenza nell’assunzione presso la stessa azienda, con la medesima qualifica a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro(1).

        3. Nei settori del turismo e dei pubblici esercizi è ammessa l’assunzione diretta di manodopera per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore ad un giorno determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Dell’avvenuta assunzione deve essere data comunicazione all’Ufficio di collocamento entro il primo giorno non festivo successivo.

        4. I lavoratori assunti con contratti a tempo determinato la cui durata complessiva non superi quattro mesi nell’anno solare conservano l’iscrizione e la posizione di graduatoria nella lista di collocamento.

        Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
        Decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242.
        (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1996, n. 626, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro)


        TITOLO I

        CAPO I
        Disposizioni generali


        Art. 1 Campo di applicazione
        1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.
        Omissis.
        4-bis
        Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente decreto.

        4-ter
        Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4, lettera a), e 11, primo periodo.

        Art. 2 Definizioni
        1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
        a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale, nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero dei lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;
        b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo o l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;
        c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell’azienda, ovvero unità produttiva;
        d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
        1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della Sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
        2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
        3) autorizzazione di cui all’art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
        e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
        f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la sicurezza.
        g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;
        h) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
        i) unità produttiva; stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.

        Art. 3 Misure generali di tutela
        1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
        a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
        b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;
        c) riduzione dei rischi alla fonte;
        d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro;
        e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
        f) rispetto dei principi ergono nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
        g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
        h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o possono essere, esposti al rischio;
        i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;
        l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
        m) allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;
        n) misure igieniche;
        o) misure di protezione collettiva e individuale;
        p) misure di emergenza da attuare in caso di proprio soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
        q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
        r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
        s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
        t) istruzioni adeguate ai lavoratori.

        2. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.

        Art. 4 Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto
        1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

        2. All’esito della valutazione di cui la comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:
        a) una relazione sulla valutazione dei rischi per al sicurezza e al salute durante il lavoro nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
        b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
        c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.

        3. Il documento è custodito presso l’azienda ovvero unità produttiva.

        4. Il datore di lavoro:
        a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole dell'art. 8;
        b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;
        nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il medico competente.

        5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:
        a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
        b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
        c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
        d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
        e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
        f) richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione;
        g) richiede l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all’attività produttiva;
        h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
        i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
        l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
        m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni e alla documentazione aziendale di cui all’articolo 19, comma 1, lettera e);
        n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno;
        o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze dell’infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanete di cui all’articolo 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell’organo di vigilanza. Fino all’emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
        p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall’articolo 19, comma 1, lettere b), c) e d);
        q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, e al numero delle persone presenti.

        6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in cui si a obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentate per la sicurezza.

        7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.

        8. Il datore di lavoro custodisce, presso l’azienda ovvero l’unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.

        9. Per piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emananrsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previsenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano ad attività industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggetto all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.

        10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì definiti:
        a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell'allegato I;
        b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni a rischio.

        11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (l) dell’Allegato I, il datore di lavoro delle imprese familiari, nonché delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché alle aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell’ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti delMinistro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.

        12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli uffici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.

        Art. 5 Obblighi dei lavoratori
        1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

        2. In particolare i lavoratori:
        a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
        b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
        c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
        d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
        e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
        f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
        g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
        h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.

        Art. 6
        Omissis.

        Art. 7
        Omissis.
        CAPO II
        Servizio di prevenzione e protezione

        Art. 8 Servizi di prevenzione e protezione
        1. Salvo quanto previsto dall’art. 10, il lavoro organizza all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione incarica persone o servizi esterni all’azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.

        2. Il datore di lavoro designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti di cui all’articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

        3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell’attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.

        4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l’azione di prevenzione o protezione.

        5. L’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
        a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
        b) nelle centrali termoelettriche;
        c) negli impianti e laboratori nucleari;
        d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato degli esplosivi, polveri e munizioni;
        e) nelle aziende industriali con oltre duecento dipendenti;
        f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
        g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.

        6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro può fare ricorso a persone o servizi esterni all’azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

        7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell’azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.

        8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini capacità e adeguate.

        9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto dei Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.

        10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.

        11. Il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all’azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:
        a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
        b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
        c) il curriculum professionale.

        Art. 9 Compiti del servizio di prevenzione e protezione
        1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
        a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
        b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all’art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
        c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
        d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
        e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all’art. 11;
        f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 21.

        2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:
        a) la natura dei rischi;
        b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive;
        c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
        d) i dati di registro degli infortuni e delle malattie professionali;
        e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.

        3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.

        4. Il servizio di prevenzione e protezione e utilizzato dal datore di lavoro.

        Art. 10
        Omissis.

        Art. 11 Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
        1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:
        a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
        b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
        c) il medico competente ove previsto;
        d) il rappresentate per la sicurezza.

        2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti:
        a) il documento, di cui all’art. 4, commi 2 e 3;
        b) l’idoneità dei mezzi di protezione individuale;
        c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.

        3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni e esposizione al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.

        4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.

        5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.


        CAPO III
        Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso

        Art. 12 Disposizioni generali
        1. Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro:
        a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza;
        b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all’articolo 4 comma 5 lettera a);
        c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
        d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e da istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
        e) prende provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.

        2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda ovvero dei rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.

        3. I lavoratori non possono, se non giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.

        4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.

        Art. 13
        Omissis.

        Art. 14 Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
        1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.

        2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.

        Art. 15 Pronto soccorso
        1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell’attività e delle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.

        2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.

        3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura dell’attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio superiore di sanità.

        4. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia.






        CAPO IV
        Sorveglianza sanitaria

        Art. 16 Contenuto della sorveglianza sanitaria
        1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.

        2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
        a) accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
        b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.

        3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.

        Art. 17
        Omissis.


        CAPO V
        Consultazione e partecipazione dei lavoratori

        Art. 18 Rappresentante per la sicurezza
        1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.

        2. Nelle aziende, o unità produttive che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell’ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.

        3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno.

        4. Il numero, le modalità di designazione o elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

        5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

        6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:
        a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;
        b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti;
        c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.

        7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all’art. 22, comma 7.

        Art. 19 Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
        1. Il rappresentante per la sicurezza:
        a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
        b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell’azienda ovvero unità produttiva;
        c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all’attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori.
        d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’articolo 22, comma 5;
        e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
        f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
        g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall’art. 22;
        h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori;
        i) formula osservazioni in occasioni di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;
        l) partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 11;
        m) fa proposte in merito all’attività di prevenzione;
        n) avverte il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
        o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

        2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.

        3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.

        4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.

        5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l’espletamento della sua funzione, al documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 4, comma 5, lettera o).

        Art. 20 Organismi paritetici
        1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.

        2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali e aziendali.

        3. Agli effetti dell’art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo.


        CAPO VI
        Informazione e formazione dei lavoratori

        Art. 21 Informazione dei lavoratori
        1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione su:
        a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa in generale;
        b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
        c) i rischi specifici cui esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
        d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
        e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei lavoratori;
        f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente;
        g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.

        2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all’art. 1, comma 3.

        Art. 22 Formazione dei lavoratori
        1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all’articolo 1 comma 3, riceva una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.

        2. La formazione deve avvenire in occasione:
        a) dell’assunzione;
        b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
        c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

        3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.

        4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.

        5. I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono essere adeguatamente formati.

        6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’art. 20, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

        7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all’art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.


        CAPO VII
        Disposizioni concernenti la pubblica amministrazione

        Dall'art. 23 all'art. 28
        Omissis.


        CAPO VIII
        Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali

        Art. 29
        Omissis.


        TITOLO II
        Luoghi di lavoro


        Art. 30
        Omissis.

        Art. 31
        Omissis.

        Art. 32 Obblighi del datore di lavoro
        1. Il datore di lavoro provvede affinché:
        a) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;
        b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
        c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
        d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

        Art. 33
        Omissis.


        TITOLO III
        Uso delle attrezzature di lavoro

        Art. 34 Definizioni
        1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
        a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
        b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
        c) zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.

        Art. 35 Obblighi del datore di lavoro
        1. Il datore di lavoro matte a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.

        2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.

        3. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:
        a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
        b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
        c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse.

        4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:
        a) istallate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
        b) utilizzate correttamente;
        c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso.

        5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:
        a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all’uopo incaricati;
        b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.

        Art. 36 Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
        1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.

        2. Nulla è innovato nel regime giuridico che regola le operazioni di verifica periodica delle attrezzature per le quali tale regime è obbligatoriamente previsto. In ogni caso le modalità e le procedure tecniche delle relative verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l’attrezzatura è stata costruita e messa in servizio.

        3. Nell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
        “Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell’attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un’attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza”.

        4. Nell’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
        “Qualora i mezzi di cui al secondo comma svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore”.

        5. Nell’art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine il seguente comma:
        “Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l’aggiornamento di questo libretto”.

        6. Nell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti in fine i seguenti commi:
        “Un’attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli.
        Un’attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli”.

        7. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

        Art. 37 Informazione
        1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
        a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
        b) alle situazioni anormali prevedibili.

        2. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

        Art. 38 Formazione ed addestramento
        1. Il datore di lavoro si assicura che:
        a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di lavoro;
        b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.

        Art. 39 Obblighi dei lavoratori
        1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
        2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente all’informazione, alla formazione ed all’addestramento ricevuti.

        3. I lavoratori:
        a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
        b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
        c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o dirigente o al preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.


        TITOLO IV
        Uso dei dispositivi di protezione individuale

        Art. 40 Definizioni
        1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

        2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
        a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificatamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
        b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
        c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico;
        d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
        e) i materiali sportivi;
        f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;
        g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

        Art. 41 Obbligo di uso
        1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro:

        Art. 42 Requisiti dei DPI
        1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.

        2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
        a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
        b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
        c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
        d) poter essere adatti all’utilizzatore secondo le sue necessità.

        3. In caso di rischi ,multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

        Art. 43 Obblighi del datore di lavoro
        1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
        a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
        b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
        c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme in d’uso di cui all’art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
        d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.

        2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso di cui all’art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell’uso, in funzione di:
        a) entità del rischio;
        c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
        d) prestazione del DPI.

        3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall’art. 42 e dal decreto di cui all’art. 45, comma 2.

        4. Il datore di lavoro:
        a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
        b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
        c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
        d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
        e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge.
        f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI.
        g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI.

        5. In ogni caso l’addestramento è indispensabile:
        a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
        b) per i dispositivi di protezione dell’udito.

        Art. 44 Obblighi dei lavoratori
        1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’art. 43, commi 4, lettera g), e 5.

        2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato.

        3. I lavoratori:
        a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
        b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

        4. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

        5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

        Art. 45
        Omissis.

        Art. 46
        Omissis.


        TITOLO V
        Movimentazione manuale dei carichi

        Art. 47 Campo di applicazione
        1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l’altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.

        2. Si intendono per:
        a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l’altro rischi di lesioni dorso-lombari;
        b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso lombare.

        Art. 48 Obblighi dei datori di lavoro
        1. Il datore di lavoro addotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.

        2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, base all’allegato VI.

        3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.

        4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
        a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro n questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico in base all’allegato VI;
        b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l’altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle esigenze che tale attività comporta, in base all’allegato VI;
        c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all’art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente titolo.

        Art. 49 Informazione e formazione
        1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
        a) il peso di un carico;
        b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
        c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all’allegato VI.

        2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

        TITOLO VI
        Uso di attrezzature munite di videoterminali

        Art. 50 Campo di applicazione
        1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali.

        2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti;
        a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
        b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
        c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’utilizzazione da parte del pubblico;
        d) ai sistemi denominati “portatili” ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;
        e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura;
        f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

        Art. 51 Definizioni
        1. Ai fini del presente titolo si intende per:
        a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
        b) posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale; eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l’unità a dischi; il telefono; il modem, la stampante; il supporto per i documenti; la sedia; il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante;
        c) lavoratore: il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico ed abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere, dedotte le interruzioni di cui all’art. 54, per tutta la settimana lavorativa.

        Art. 52 Obblighi del datore di lavoro
        1. Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui all’art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
        a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
        b) ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale;
        c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

        2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

        Art. 53 Organizzazione del lavoro
        1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l’uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.

        Art. 54 Svolgimento quotidiano del lavoro
        Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.

        2. Le modalità di tali integrazioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.

        3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.

        4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
        5. E’ comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all’inizio ed al termine dell’orario di lavoro.

        6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.

        7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di lavoro.

        Art. 55 Sorveglianza sanitaria
        1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui il presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico competente, qualora l’esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.

        2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:
        a) idonei, o senza prescrizioni;
        b) non idonei

        3. I lavoratori classificati come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che abbiano compiuto il quarantacinquesimo anno di età sono sottoposti a visita di controllo con periodicità almeno biennale.

        4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni qualvolta sospetta una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente.

        5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell’attività svolta è a carico del datore di lavoro.

        Art. 56 Informazione e formazione
        1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
        a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all’analisi dello stesso di cui all’art. 52;
        b) le modalità di svolgimento dell’attività;
        c) la protezione degli occhi e della vista.

        2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

        3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d’uso ai videoterminali.

        Art. 57 Consultazione e partecipazione
        1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell’organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.

        Art. 58
        Omissis.

        Art. 59
        Omissis.


        TITOLO VIII
        Protezione da agenti cancerogeni

        Dall'art. 60 all'art. 68
        Omissis.

        CAPO III
        Sorveglianza sanitaria

        Dall'art. 69 all'art. 72
        Omissis.


        TITOLO III
        Protezione da agenti biologici

        Dall'art. 73 all'art. 77
        Omissis.


        CAPO II
        Obblighi del datore di lavoro

        Dall'art. 78 all'art. 85
        Omissis.
        CAPO III
        Sorveglianza sanitaria

        Dall'art. 86 all'art. 88
        Omissis.


        TITOLO IX
        Sanzioni

        Art. 89 Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
        1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con un'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.

        2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
        a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2, 12, commi 1 lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5, e 6; 31, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2.

        b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.

        3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 2 e 3; 87, commi 3 e 4.

        Art. 90 Contravvenzioni commesse dai preposti
        1. I preposti sono puniti:
        a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n), q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d), e) e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43, commi 3, 4 lettere a), b), d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;

        b) con l’arresto sino ad un mese o con l’ammenda da lire trecentomila a lire un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i), m); 7, commi 1, lettera b) e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a), c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e), f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4;

        Art. 91
        Omissis.

        Art. 92 Contravvenzioni commesse dal medico competente
        1. Il medico competente è punito:
        a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h), e l); 69, comma 4; 86, comma 2-bis;

        b) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonché del comma 3.

        Art. 93 Contravvenzioni commesse dai lavoratori
        1. I lavoratori sono puniti:
        a) con l’ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, commi 1 e 3;

        b) con l’ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.

        Art. 94
        Omissis.

        TITOLO X
        Disposizioni transitorie e finali

        Art. 95
        Omissis.

        Art. 96
        Omissis.

        Art. 96-bis Attuazione degli obblighi
        1. Il datore di lavoro che intraprende un’attività lavorativa di cui all’articolo 1, è tenuto a elaborare il documento di cui all’articolo 4, comma 2, del presente decreto entro tre mesi dall’effettivo inizio dell’attività.

        Art. 97
        Omissis.

        Art. 98 Norma finale
        1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro.
        Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.





        Note all’appendice legislativa

        1 I primi cinque commi sono stati introdotti dall’art. 1 della L. 108/1990.

        (1) Lettera a) abrogata dal referendum.
        (2) Lettera b) gli incisi tra parentesi sono stati abrogati dal referendum.

        (1) Articolo così sostituito dall’art. 2, co. 2, L. 108/1990.

        (2) Art. così sostituito dall’art. 2, co. 3, L. 108/1990.
        (3) Comma abrogato dall’art. 6, co. 2, L. 108/1990.


        (1) Comma così sostituito dall’art. 26, quarantesimo comma, DL 19 dicembre 1994 n. 758.

        (1) In materia di formazione e lavoro vedi anche quanto disposto dalla legge 11 aprile 1986, n. 113. Per i limiti di età dei giovani da assumersi e per l’individuazione dei soggetti datori di lavoro vedi il D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 16.

        (1) Comma così sostituito dall’art. 1 DL 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 451.

        1) Comma così sostituito dall’art. 7 DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 19 luglio 1993, n. 236.

        ((1) Comma così modificato dall’art. 7, comma 8, DL 20 maggio 1993, n. 148, convertito nella legge 19 luglio 1993, n. 236.

        (1) Per l’interpretazione autentica di questo comma, v. art. 8 DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 19 luglio 1993, n. 236.

        (1) Comma così modificato dall’art. 6, comma 5-bis, DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 19 luglio 1993, n. 236.

        (1) Per l’interpretazione autentica di questo comma, v. art. 8 DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 19 luglio 1993, n. 236. Per l’aumento della somma indicata nel comma, v. DL 16 maggio 1994, n. 299 conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 4512.
        (2) Comma così modificato dall’art. 2 DL 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, art. 5, comma 8, n. 451.
        (3) Lettera inserita dall’art. 4 del DL 20 maggio 1993, conv. nella legge 19 luglio 1993, n. 236.

        (1) V. art. 6, comma 11 DL 7 aprile 1995, n. 105 in corso di conversione.
        (2) Termine ulteriormente prorogato al 31 dicembre 1994, dall’art. 5 DL 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 451.
        (3) Termine ulteriormente prorogato al 31 dicembre 1994, dall’art. 5 DL 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 451.


        (1) V. art. 6, comma 11 DL 7 aprile 1995, n. 105 in corso di conversione.

        (1) Comma inserito dall’art. 2 DL. 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 451.

        (1) Lettera inserita dall’art. 2 DL 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 451.
        (2) Comma così sostituito dall’art. 2 DL 16 maggio 1994, n. 299.

        (1) L’originario comma 3 è stato abrogato dall’art. 4 DL 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 167.
        (2) Comma così sostituito dall’art. 4 DL 16 maggio 1994, n. 299, conv. nella legge 19 luglio 1994, n. 167.

        (1) V. art. 6, comma 11 DL 7 aprile 1995, n. 105 in corso di conversione.

        (1) Le parole “nonché quelli che fruiscono del medesimo termine del trattamento straordinario di integrazione salariale” sono state soppresse dall’art. 4, comma 3 del DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 19 luglio 1993, n. 236.

        (1) Le parole “alla data di entrata in vigore della presente legge” sono state sostituite a quelle “alla data del 31 dicembre 1988” dall’art. 3 legge 20 gennaio 1994, n. 22.
        (2) A norma dell’art. 6, comma 6 del DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 19 luglio 1993, n. 236 “l’articolo 22, comma 8, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano ai lavoratori che, alla data di entrata in vigore della predetta legge, fruiscano delle proroghe del trattamento speciale di disoccupazione di cui alla legge 6 agosto 1975, n. 427”.
        (1) A norma dell’art. 8 del DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 15 luglio 1953, n. 236 “la disposizione di cui all’art. 24, comma 1, ultimo periodo, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpreta nel senso che la facoltà di collocare in mobilità i lavoratori di cui all’art. 4, comma 9, della medesima legge deve essere esercitata per tutti i lavoratori oggetto della procedura di mobilità entro centoventi giorni dalla conclusione della procedura medesima, salvo diversa indicazione nell’accordo sindacale di cui al medesimo art. 4, comma 9”.
        (2) Comma così sostituito dall’art. 8 DL 20 maggio 1993, n. 148, conv. nella legge 15 luglio 1993, n. 236.
        (3) Le parole “più di dieci dipendenti” sono state sostituite da quelle “più di quindici dipendenti” dall’art. 2, comma 4 DL. 7 aprile 1995, n. 105, in corso di conversione.

        (1) commi 2, 3, 4, 5 così sostituiti dall’art. 1, primo comma, legge 8 agosto 1995 n° 341

        (1) Vedi ora quanto disposto dall’art. 23 legge 28 febbraio 1987, n. 56.

        (1) Comma così sostituito dall’art. 9-bis, primo comma, del DL 20 maggio 1993, n. 148.