La crisi del lavoro in provincia non lascia indenne il mondo del commercio. L`ultima tegola che piomba sulla testa dei lavoratori si stacca dal tetto di Schlecker, azienda tedesca specializzata nella vendita al dettaglio di prodotti per l`igiene personale e della casa, che ha quasi 300 negozi in Italia, per un totale di 1130 dipendenti. La casa madre tedesca, dopo un clamoroso crack annunciato pochi mesi fa, ha già chiuso i battenti, e ora si teme per le sorti delle varie filiali della catena, sparse in tutta Europa, dalla Spagna all`Austria all`Italia. Nel Bellunese sono 11 i negozi a marchio Schlecker: tre a Belluno, quattro in Cadore, uno a Ponte nelle Alpi, Sedico, Santa Giustina e Feltre. In media hanno tre dipendenti l`uno. Oltre trenta persone che vivono giorni ore di apprensione da quando ha iniziato a diffondersi la notizia. «Il 30 maggio abbiamo incontrato il direttore di Schlecker Italia», spiega Gaetana Bentivegna della Filcams Cgil.
«Era preoccupato. Il problema è che c`è grande omertà da parte dei vertici dell`azienda, on dicono se c`è un compratore per le filiali italiane, non fanno sapere nulla». La casa madre tedesca è stata dichiarata insolvente alcuni mesi fa, è stato nominato un commissario del governo e molte filiali sono già state chiuse, con la conseguente perdita del posto di lavoro dei dipendenti. La rete francese è stata venduta, quella tedesca si trova in liquidazione. «Italia e Spagna navigano a vista», continua la Bentivegna. La rete austriaca, proprietaria di quella italiana, si trova anch`essa in vendita, ma non si hanno notizie su eventuali compratori. La Filcams Cgil sta coordinando la vicenda, che appare complessa soprattutto per la difficoltà di dialogare con i vertici e per le articolazioni del
gruppo societario: «Stiamo mettendo a punto la strategia migliore per tutelare i posti di lavoro», afferma Mauro De Carli, anche lui della Filcams. Un lavoro da coordinare, rintracciando gli interlocutori giusti, per salvare l`azienda e soprattutto il posto di lavoro dei suoi dipendenti. Ce ne sono almeno una trentina nel Bellunese, che attendono una risposta e qualche certezza sul loro futuro.