domenica 25 novembre 2007

    Pagina 10 - In Italia



    Mastella e Montezemolo: non toccate il protocollo
      Il ministro minaccia l’ennesima crisi, il presidente di Confindustria alza i toni della polemica

      di Bianca Di Giovanni/ Roma

      MATCH Sul welfare le parti sociali fanno pressing sul governo perché porti in Aula domani il testo uscito dal Consiglio dei ministri, senza le modifiche votate dalla Commissione Lavoro. Con loro una pattuglia di parlamentari (Dini in testa) e ministri (Mastella in testa). I toni sono ultimativi (o è così, o non votiamo). Insomma, Romano Prodi rischia ancora la crisi. Ma a guardar bene a rischiare ancora di più è il Parlamento, che mette in gioco la sua credibilità. Ancora una volta sul protocollo l’esecutivo si ritrova su un baratro, per non aver blindato per tempo quel testo, evidente frutto di un faticoso compromesso, ma anche per le manovre che la partita nasconde. Alcune sono inconfessabili, come quella di Confindustria che lega le modifiche al Protocollo alla norma della class action (in Finanziaria) da eliminare. Un vero ricatto, ma nessuno lo dice: il tam-tam mediatico ha già ricostruito il quadretto dei «coscienziosi istituzionali» che difendono i patti, e degli «sconsiderati radicali» che li calpestano. Dal leader di Confindustria giù critiche alla politica che «non governa», ai politici che «sembrano marziani», e ancora strali contro «chi si dice difensore dei ceti deboli e poi boicotta i provvedimenti che recano benefici». Luca Cordero di Montezemolo, come al solito, è un fiume in piena: a lui piace la politica fatta così. Non scenderà in campo (almeno fino a maggio), ma parlerà e parlerà, come ieri al convegno di Confindustria Prato. Dove non ha spiegato però perché vuole più spesa pubblica per pagare manager e dirigenti. Montezemolo cerca di cancellare, con incontri riservati un voto del Parlamento, ma poi si iscrive sempre nella lista di chi difende le istituzioni. Poco resta da dire al presidente della Commissione Gianni Pagliarini (Pdci): «Grave se il testo fosse cambiato».

      Il governo non ha ancora scoperto le carte. Pier Luigi Bersani dichiara che si cercherà un punto di equilibrio tra i due testi. Non sarebbe molto difficile, anche perché le modifiche apportate sono molto marginali rispetto all’impianto complessivo del testo. Allora perché tanto baccano? A chi giova? Questa è la vera domanda. La risposta più facile è quella politica. Mastella marca ancora una volta il suo peso in maggioranza, rirpoponendosi come bilancino al centro contro i cosiddetti radicali di sinistra. Così punta i piedi: ««Sul welfare no a cambi di rotta. I patti vanno rispettati, ancor di più dopo il referendum che ha registrato un ampissimo consenso da parte dei lavoratori - dichiara - Se ci fossero ripensamenti allora una crisi di governo sarebbe probabile». Anche Rosy Bindi ha difeso il patto, offrendo una sponda al sindacato. Cesare Damiano non ha sciolto le riserve. Intanto Lamberto Dini insiste. «Il governo sia saggio - scrive - e porti il testo pattuito». Sull’altro fronte Paolo Ferrero. «La richiesta di Confindustria è inaccettabile». Domani, con l’avvio della discussione in Aula, si capirà di più.

      «Non si può ferire il parlamento - insiste il relatore Emilio Del Bono (Pd) - Tanto più che le modifiche sono marginali». In effetti sui contratti a termine (che danno fastidio a Confindustria) si è solo esplicitato il cumulo dei periodi per arrivare ai 36 mesi e si è posto un limite alla deroga per un ultimo rinnovo. Con il testo originario le possibilità di aggiramento sarebbero state maggiori. Dunque, argomentano i parlamentari - è un miglioramento non un tradimento del testo. Per Confindustria non servono tante esplicitazioni. «Ma se è tutto sottinteso - spiega Pagliarini - che male c’è a chiarire?». Insomma, non c’è nessun delitto né un ritorno indietro. Eppure gli imprenditori insistono anche con Alberto Bombassei, che minaccia la fine della concertazione. Ma qui non gioca solo il merito (che pure pesa): per Viale dell’Astronomia pesa anche il fatto che altri datori di lavoro (commercianti o artigiani) pur non avendo sottoscritto il protocollo hanno ottenuto qualcosa. Come la reintroduzione del lavoro a chiamata, limitata però ai lavoratori dello spettacolo e del turismo. I sindacati dal canto loro difendono il voto dei lavoratori. Anche se - dicono i boatos parlamentari - molte modifiche le hanno caldeggiate proprio loro. Ma allora: a che gioco si sta giocando?