1) Contratto europeo per il telelavoro 2) Vademecum dell'e-work 3) Per 9 milioni un posto a distanza
Prime intese tra imprese (Unice) e sindacati (Ces) su un'iniziativa pilota in sede Ue che supera la logica delle direttive Contratto europeo per il telelavoro Le parti concordano sull'ambito di applicazione ma resta una diversa impostazione sul valore delle linee-guida
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ROMA - A Bruxelles si prova a tessere il primo contratto europeo sul telelavoro. Le novità di questo tentativo, anche se è ancora ai primi passi, sono più d'una. Innanzitutto è un banco di prova per sindacati e imprese europee che con questo accordo vogliono ritagliarsi un ruolo diverso e più forte nelle istituzioni dell'Unione. Il precedente che si vuole creare è, in qualche modo, quello di fare "da sole", emancipandosi dalla Commissione Ue e dai governi nazionali. In pratica, Unice (associazione di imprese europee) e Ces (sindacato europeo) stanno cercando di superare la logica delle direttive europee e di giocare, sulle materie che sono il loro terreno naturale di azione, a tutto campo e in autonomia. Se ora su temi come il part-time, il contratto a termine o l'interinale, si è seguito lo schema classico dell'avviso comune sollecitato dalla Commissione che poi lo recepisce in una direttiva, a sua volta trasposta nelle leggi nazionali, questa volta il meccanismo gira al contrario. Sono cioè le parti sociali europee (Unice e Ces) che volontariamente hanno deciso di fare un accordo che eserciterà i suoi effetti direttamente nelle contrattazioni di ciascun Paese, senza bisogno di ulteriori passaggi legislativi europei o nazionali. L'altra novità è che si tratta del primo accordo interconfederale. Questo vuol dire un passo ulteriore rispetto al contratto sulle telecomunicazioni, perché ora in ballo ci sono regole trasversali che interesseranno tutte le categorie produttive dove si ricorrerà allo strumento del lavoro a distanza. Tra l'altro, la trattativa si sta volgendo in un clima particolare, preceduto da almeno un insuccesso forte per le relazioni industriali europee: il fallimento del negoziato sull'interinale. Anche il cammino di questa trattativa è in salita. Il punto di maggior conflitto tra le parti è se questo accordo dovrà avere valore vincolante, quindi assumere le forme di un vero e proprio contratto europeo che "estende" la sua efficacia in quelli nazionali (come chiede la Ces), oppure se disegnerà solo principi e linee-guida non vincolanti (come chiedono le imprese europee). «Come Unice - spiega Giorgio Usai che per Confindustria segue la trattativa a Bruxelles - vorremmo che questo accordo rientrasse nella logica delle soft-law, cioè norme leggere o linee guida senza valore cogente. Vorremo, cioè, configurarlo come un codice di condotta, piuttosto che come contratto. Quello che perseguiamo è di superare la logica delle Gazzette Ufficiali, del sovraccarico di norme a tutti i livelli, europeo, nazionale e locale che si abbatte sul rapporto di lavoro». Nell'ultima riunione a Bruxelles, si è deciso di andare avanti e di lasciare la questione del "metodo" all'ultimo punto del negoziato. «Non ha senso trattare - dice Walter Cerfeda della Cgil che in sede Ces rappresenta anche la Cisl e la Uil - se poi quello che si decide non ha alcun valore e alcun effetto pratico nelle contrattazioni di ciascun Paese. Sia la Ces sia l'Unice dovrebbero invece impegnarsi per far applicare le regole fissate in sede europea; se così non sarà, allora che intervenga la Commissione con una direttiva. Sarebbe però una grande occasione sprecata per dare maggiore forza al dialogo sociale europeo». Si ricomincia domani a Bruxelles: accantonata la questione di metodo si passa infatti ai contenuti. Sull'ambito di applicazione è stata già raggiunta un'intesa, è quasi fatta anche sul carattere di volontarietà del telelavoro (manca però da definire un punto delicato, la recedibilità del telelavoratore), mentre è tutta da fare la parte più ostica: le condizioni di lavoro, cioè orario, tempi di lavoro e di riposo, ferie. «Ritengo - dice Cerfeda - che essere passati a trattare sui contenuti ci abbia non solo fatto superare l'impasse sulla definizione giuridica da dare all'accordo ma, se non romperemo sulle questioni di merito, con più facilità si potrà trovare un'intesa anche sul metodo». Il telelavoro può quindi essere un punto di partenza inedito per le relazioni sociali europee che sulle nuove forme di lavoro si giocano la sfida più importante: decidere o cercare di influenzare le decisioni della politica. Lina Palmerini
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VADEMECUM DELL'E-WORK |
Il telelavoro: ovvero «un lavoro svolto a distanza, attraverso l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che permette di superare le limitazioni dovute alla localizzazione fisica». A dare questa definizione di lavoro a distanza è il Manuale sulle best practice del telelavoro, redatto dalla Sit (Società italiana telelavoro). Esistono diverse tipologie di telelavoro. - Telelavoro a domicilio. In questo caso, il lavoratore, sia che svolga un'attività dipendente (home based) o un lavoro autonomo (soho), utilizza strumenti come il telefono, il computer, il fax e il modem svolgendo i suoi compiti da casa. - Telelavoro in centri satellitari. Questa modalità dà la possibilità all'impresa di delocalizzare parte della propria attività in aree distanti dalla sede centrale. Una scelta che può essere motivata da esigenze strategiche, gestionali o operative. - Telelavoro da centri di lavoro comunitario. Il lavoro a distanza viene svolto presso strutture fornite di tecnologie telematiche, con una serie di servizi qualificati di assistenza e di supporto agli utenti. - Telelavoro office-to-office. Consiste nell'esercitare un lavoro di gruppo, mettendo in collegamento il lavoro svolto da uffici distanti geograficamente oppure singoli professionisti. Grazie all'utilizzo di Internet e di videoconferenze, il gruppo può scambiarsi opinioni, idee e progetti. |
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