giovedì 27 gennaio 2005

    Economia - pagina 23

    Treu: un ostacolo alla previdenza integrativa
      Passare ai fondi pensione?
      Chi lascia la liquidazione
      non potrà più ripensarci
        ROMA - Il lavoratore che sceglierà di aderire ai fondi pensione integrativi non potrà cambiare idea e tornare alla liquidazione. Così come chi deciderà, al contrario, di tenersi il Tfr (trattamento di fine rapporto) non potrà più destinarlo al finanziamento della pensione di scorta. Sono alcune «rigidità» presenti nella legge delega e che rischiano di ostacolare il decollo della previdenza integrativa. Lo ha sottolineato nel convegno della Mefop, società per lo sviluppo dei fondi pensione, il presidente Mauro Marè. Ma non c’è solo il fatto che la scelta che il lavoratore farà durante i sei mesi previsti per il silenzio-assenso «non è più rivedibile». Esiste anche un altro vincolo: la norma, ha spiegato Marè, prevede che chi aderisce ai fondi deve conferire a questi tutto il Tfr maturando e non può limitarsi a una quota dello stesso per lasciare il resto a finanziare la liquidazione.

        È chiaro, aggiunge l’ex ministro del Lavoro Tiziano Treu, che queste rigidità costituiscono altrettanti «fattori di deterrenza all’adesione ai fondi che il governo farebbe bene a rimuovere». Chiudendo il convegno, il sottosegretario all’Economia, Giuseppe Vegas, ha fatto qualche apertura. Dopo aver promesso che nel provvedimento sulla competitività ci saranno gli sgravi per le imprese che smobilizzeranno il Tfr, Vegas ha parlato anche dei decreti di attuazione della delega, che l’esecutivo vuole emanare entro giugno, e ha detto che deve esserci «la possibilità per i lavoratori di rivedere la scelta» fatta durante il periodo del silenzio-assenso.

        Un richiamo a non perdere l’ultima occasione per far partire la previdenza integrativa è venuto dall’ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato: «Gli italiani, anche quelli di sinistra come me, che hanno una diffidenza innata verso il mercato, devono cacciarsi nella testa che, dopo le riforme, la pensione pubblica arriverà nel migliore dei casi al 50% della retribuzione. Quindi, non è più in discussione se fare la previdenza integrativa, ma come farla». Altrimenti ci aspetta un futuro di anziani poveri: «Cento anni fa si creò la previdenza per passare dalla rivoluzione al riformismo. Ora dopo non vorrei che facessimo il percorso inverso». Amato ha quindi sottolineato anche lui un problema: se il lavoratore non si pronuncia (silenzio), va bene interpretare ciò come assenso al conferimento del Tfr ai fondi, ma non può essere un soggetto diverso dal lavoratore stesso (l’azienda o un accordo sindacale), che quindi andrebbe interpellato, a scegliere quale fondo, altrimenti, ha concluso Amato, si rischia l’incostituzionalità. Infine, l’economista Elsa Fornero ha sottolineato il paradosso per cui si vuole diffondere la previdenza integrativa contando sul silenzio: «I lavoratori, invece, dobbiamo informarli e farli scegliere».

        Enrico Marro