16 ottobre 2002
ITALIA-ECONOMIA |
 |
|
 |
Benetton gioca la carta della Cina
 Sistema moda - Aperto a Shanghai il primo megastore del gruppo che realizza in Asia il 10% del fatturato totale
|
|
 |
(DAL NOSTRO INVIATO) SHANGHAI - La Huaihai Lu è una delle vie storiche di Shanghai. Una volta, prima della Rivoluzione maoista, segnava il limite della Concessione francese ed era la principale via di accesso da quest'ultima al Bund, l'elegante lungofiume dove sorgono i palazzi Art Deco costruiti tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento dagli architetti europei. Oggi, è una delle principali arterie commerciali della città, il luogo preferito dagli shanghainesi per lo shopping del fine settimana. Ecco perchè dopo Oxford Circus a Londra, Place de L'Opera a Parigi, Omotesando a Tokyo, Benetton ha scelto proprio la Huaihai Lu per aprire il suo primo megastore in Cina. «Crediamo nello sviluppo di questo Paese, non solo come centro di produzione per l'industria mondiale, ma anche come polo di consumi: per questa ragione siamo venuti qui ad aprire uno dei negozi più grandi che abbiamo nel mondo», dice Luciano Benetton, presidente del gruppo, venuto apposta dall'Italia per tagliare i nastri del megastore di Shanghai. Lo sbarco a Shanghai è un passaggio cruciale della storia di Benetton in Asia, un mercatoche rappresenta circa il 10% del giro d'affari complessivo del gruppo, ovvero nel 2001 circa 195 milioni di euro. In questo quadro, il Giappone è sempre stato il mercato strategico: basti pensare che il Sol Levante assorbe oltre due terzi delle vendite di Benetton in Estremo Oriente; e che, negli ultimi cinque anni, il gruppo vi ha convogliato circa 100 milioni di euro di investimenti (proprio la settimana scorsa, Luciano Benetton ha inaugurato un nuovo megastore a Tokyo). Il negozio di Shanghai è stato realizzato a tempo di record. In soli quattro mesi, il gruppo ha trovato l'immobile, ha raggiunto un'intesa con un partner locale, e ha costruito dal niente il nuovo punto vendita. Nella Cina di oggi, grazie al dinamismo dei fornitori locali e alla laboriosità della gente, è possibile fare simili miracoli. Quattro piani, 2.500 metri quadrati di superficie che consentiranno di mettere in vetrina tutti i marchi del gruppo, il nuovo megastore «è la nostra prima vera scommessa sulla Cina» spiega Benetton. Finora, il gruppo di Ponzano Veneto è stato presente nel Paese con una quarantina di negozi in franchising. Questi ultimi continueranno a costituire l'ossatura della rete distributiva cinese, ma «il megastore di Shanghai diventerà il loro punto di riferimento», dice Benetton. Che è già pronto a raddoppiare la scommessa sul Celeste Impero. «È un mercato giovane, composto da giovani che hanno creatività e che quindi sono molto ricettivi all'innovazione moda - osserva Benetton -. Ma è anche un mercato ancora tutto da scoprire, che va affrontato gradualmente e sul quale è bene non avere grandi aspettative di breve termine. Insomma, è un mercato che richiede pazienza ma che merita la massima attenzione. In questa logica, l'anno prossimo apriremo altri due megastore, uno a Pechino e l'altro probabilmente a Canton». Un altro caposaldo storico delle attività di Benetton nel Far East è Hong Kong. Ma ora la città è in crisi; ciononostante, continua a essere una delle piazze commerciali più care dell'Estremo Oriente. «Nei grandi magazzini passa meno gente rispetto al passato, ma i costi restano sempre elevati. È evidente che di fronte a simili rigidità, pur restando Hong Kong un mercato importante, conviene venire a investire qui in Cina», spiega Luciano Benetton. Anche per produrre, come stanno facendo tutte le multinazionali per sfruttare i bassi costi della manodopera cinese? «Non mi piace l'idea di competere solo in una logica di prezzo, poichè ritengo che l'originalità del prodotto sia la chiave fondamentale del successo di un'azienda. Quindi, non è nostra intenzione produrre in Cina merce da esportare al di fuori dal Paese - risponde Benetton -. Tuttavia, se come ci attendiamo questo mercato dovesse crescere in misura significativa, in futuro potremmo ripetere l'esperienza già fatta in India, e cioè produrre in Cina per soddisfare la domanda del mercato locale». Luca Vinciguerra
|
|
|
|
|