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A Rimini rivoluzione in spiaggia
 Un piano della Giunta per accorpare le concessioni e aprire la strada a nuovi servizi Ma ristoranti e discoteche temono di finire fuori mercato
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DAL NOSTRO INVIATO RIMINI - Sulle spiagge di Rimini sta per scoppiare la rivoluzione degli ombrelloni. Che non è cosa da poco, in una città che ne conta 40mila. È una rivoluzione destinata a ridisegnare proprietà e gestione di 200 stabilimenti balneari, con effetti a cascata su ristoranti e discoteche e su tutto quel mondo che fa di Rimini la capitale delle vacanze, andando a incidere profondamente su delicati equilibri e antiche incrostazioni. È una scommessa non priva di rischi, quella che la giunta di centro-sinistra vuole affrontare. Ma il sindaco della Margherita, Alberto Ravaioli, un signore dall'aria pacata che nella vita fa l'oncologo, è convinto che la città capirà e che le resistenze sono battaglie di retroguardia. Maurizio Melucci, vicesindaco Ds, assessore all'Urbanistica e al Turismo, si spinge più in là, con affermazioni degne di un liberista convinto. Nel mirino ci sono il bagnino e il chioschista, coppia un po' improbabile obbligata fino a oggi a una difficile coabitazione in spiaggia. Ma anche i gestori di discoteche. I primi accusati di avere dato luogo «a fenomeni di innovazione ripetitiva e dequalificata», ovvero di essersi copiati a vicenda senza troppa fantasia. Mentre le discoteche hanno contribuito al fenomeno-Rimini, «ma ora non vanno più di moda e noi non possiamo difendere chi non sta più sul mercato». Il bagnino e il chioschista si dividono oggi lo spazio dello stabilimento balneare con due concessioni distinte: al primo ombrelloni e sdraio, al secondo bibite e piadine (in realtà c'è pure un terzo soggetto che gestisce mosconi e pedalò). Perché a Rimini non si può prendere l'aperitivo o cenare guardando il mare? Perché il chioschista dovrebbe avere più spazio, invadendo però quello del bagnino, con cui non divide gli utili. E così, via al nuovo piano spiaggia destinato a rimescolare le carte, con bagnini e chioschisti soci di una nuova società che gestirà stabilimenti più grandi, frutto dell'accorpamento di singole strutture, un po' bagno, un po' discoteca (ma con molta prudenza) e un po' ristoranti, quindi pronti anche a dialogare con gli alberghi nell'offerta della pensione completa. Se poi questo vorrà dire che serviranno capitali consistenti, ci sarà spazio anche per nuovi imprenditori, magari con il ruolo di puri finanziatori. Ipotesi tutt'altro che peregrina, visto che la coppia bagnino-chioschista si ritrova tra le mani due concessioni che oggi possono valere anche 3 milioni di euro. Ma in fondo tutto questo è già una realtà. In punta di piedi hanno aperto la strada il Bagno 26 e poi il Basilico (accorpamento tra i Bagni 47 e 48). Hanno fatto capolino palestre e vasche idromassaggio, musica e aperitivi. Poi è esplosa la bomba del Turquoise (si veda l'articolo a parte), a sua volta fusione di quattro bagni, che ha offerto tutto questo insieme, e anche di più, per 21 ore al giorno. E tutta la città ha capito improvvisamente che il nuovo piano spiaggia non è solo un arido piano urbanistico degli arenili, ma qualcosa che può cambiare la faccia di Rimini. «Per noi è un interessante banco di prova», ammette sornione il vicesindaco, che già pensa a grandi aree fitness dentro le ex colonie, magari anche con piscine («sulla spiaggia la Sovrintendenza non darà mai i permessi»), mentre i gestori di mosconi avranno dei veri e propri centri nautici. Qualche simil-discoteca forse ci sarà, ma in località che non disturbino i turisti che vogliono dormire tranquilli. Un nuovo ruolo imprenditoriale per chi gestirà le vacanze del futuro. «Non si può fare una rivoluzione in 20 giorni - dice però Stefano Venturini, presidente di Confcommercio Rimini - Il Turquoise è una bellissima idea, ed è vero che le discoteche non funzionano più, ma intanto vanno rispettate le regole, che per i gestori di discoteche sono molto più stringenti, e poi si rischia di perdere il turismo tradizionale, le famiglie con bambini, perché il gestore dei bagno non può reggere un'operatività 24 ore su 24». «Vogliamo regole sicure che valgano per tutti, questo è l'importante, perché qui si investe su beni demaniali», è la posizione molto pragmatica di Giancarlo Cappelli e Guido Menozzi, presidente del Sindacato balneari della Romagna il primo e di Rimini il secondo. «L'importante è che non si esageri - aggiungono - prima di tutto perché il business non regge se ognuno si butta nella stessa direzione, e poi perché ci vuole equilibrio con il turismo tradizionale». Tra la paura del nuovo e l'attenzione al quieto vivere tra le varie categorie, Rimini si prepara a cambiare pelle. Negli anni Ottanta erano state le discoteche a rilanciare nel bene e nel male il ruolo della città, garantendo la leadership del divertimento nazionale. Oggi, brutalmente messe da parte, cedono il passo agli stabilimenti balneari, dove bagnino e chioschista devono raccogliere il testimone dei deejay.
MARTINO CAVALLI
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