mercoledì 8 giugno 2005

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    IL CAVALIERE SI SFOGA E DENUNCIA IL GIUDIZIO «ANOMALO» DEI FUNZIONARI DELLL’ESECUTIVO UE

    Il premier contro i tecnocrati
    «Rovinano l’Europa dei Popoli»
      Palazzo Chigi minimizza per non peggiorare un clima già di sfiducia
      Dietro i siluri della Commissione vede la mano degli uomini di Prodi


      retroscena
      Augusto Minzolini

      LA partita a scacchi tra Silvio Berlusconi e quella che il Cavaliere definisce la «burocrazia europea» ha vissuto una nuova puntata: come annunciato, la Commissione ha avviato la procedura di infrazione contro l’Italia per deficit eccessivo. E il premier ha liquidato la decisione con una battuta in cui riecheggiano le sue polemiche contro la nomenklatura di Bruxelles: «Vi sembro preoccupato?». La parola d’ordine a palazzo Chigi, infatti, è minimizzare: innanzitutto per evitare che nel Paese si aggiunga «sfiducia» a «sfiducia»; in secondo luogo perché Berlusconi è convinto di avere buone chance di bloccare la procedura in Ecofin, visto che la «questione» Italia arriverà durante il semestre di presidenza inglese e il Cavaliere conta sulla comprensione di Blair; e, infine, cosa di non poco conto, c’è la nuova interpretazione - più elastica - del Patto di stabilità che lascia margini di manovra al nostro Paese. Non per nulla ieri il ministro dell’Economia Siniscalco non ha perso tempo e prima di incontrare ieri sera il premier a Palazzo Chigi ha inviato a Bruxelles una montagna di carte per contestare la decisione del grande accusatore dell’Italia in seno alla Commissione, Almunia.

      Appunto, siamo a una partita a scacchi, quella tra il Cavaliere e i «tecnocrati» di Bruxelles, che probabilmente andrà avanti per mesi. Il premier la mette nel conto. Del resto il sospetto che ci sia qualcosa di «anomalo», di «voluto», di «eccessivo» nel giudizio severo con cui la Commissione Europea guarda all’Italia ha contagiato anche il Cavaliere. E non da oggi. «In un momento in cui l’idea di Europa propugnata dai tecnocrati di Bruxelles - si è sfogato ieri in privato con alcuni suoi consiglieri - non affascina certo l’Europa dei popoli, loro continuano ad agire secondo schemi burocratici e non politici. Forse la decisione della Commissione era un atto dovuto, la conseguenza della decisione di Eurostat, quella sì assurda, di riclassificare le voci di bilancio solo per l’Italia: Eurostat, infatti, ha deciso di utilizzare una nuova classificazione, una scelta opinabile, adottata solo per il nostro Paese e che non ha tenuto per nulla conto del nostro punto di vista, e ha cambiato quella vecchia, la stessa che era in vigore da dieci anni e con le quale erano stati misurati i bilanci dei governi di centro-sinistra. Con la nuova riclassificazione siamo passati così dal 2,9 al 3,2 nel rapporto deficit-Pil del 2004, ma questo è avvenuto solo per il nuovo metro di giudizio adottato da Eurostat e non per un peggioramento della situazione economica del paese. Inutile aggiungere - anzi è pleonastico - che dentro Eurostat Prodi ha messo molti dei suoi uomini».

      Gratta gratta, dietro i siluri che vengono da Bruxelles il premier ci vede sempre la mano dell’ex presidente della Commissione europea e suo avversario nelle prossime politiche. «Noi dobbiamo essere consapevoli - spiegava ieri uno dei consiglieri del premier, Fabrizio Cicchitto - che da qui al voto avremo sempre contro i “tecnocrati” di Bruxelles». E che ci sia qualcosa di «poco chiaro» a Bruxelles lo pensa nei fatti buona parte del centro-destra. Ieri sulla Commissione, Almunia e Prodi gli esponenti della maggioranza si sono scatenati: se Renato Brunetta si è limitato a dire che «l’Europa non si costruisce con gli early-warning», Antonio Tajani ha accusato Almunia di essere animato da «un pregiudizio anti-italiano» mentre Pietro Armani, esperto economico di An, lo ha definito addirittura un «burocrate etero-diretto da Prodi».

      Già, l’Europa, e le diverse interpretazioni che ne danno Berlusconi e Prodi, sarà uno degli elementi della prossima campagna elettorale. E il premier è convinto di avere molte carte da giocare. «Questa storia della procedura di infrazione avviata contro di noi è emblematica - spiega un altro esponente di Forza Italia, Guido Crosetto, molto ascoltato dal Cavaliere -: nel momento in cui la nostra economia, per motivi strutturali come sanno tutti, è in difficoltà, l’Europa invece di aiutarci ci fa la guerra. Addirittura vogliono tagliarci i fondi strutturali. E’ assurdo: qui o non capisco, o più probabilmente c’è del marcio». Messa così, la storia dell’Italia «maltrattata» e «non amata» da Bruxelles, magari per fini politici, è un argomento anche di facile appeal elettorale: in un momento in cui in tutto il Vecchio continente l’immagine dell’Unione europea è sbiadita, la polemica verso le istituzioni di Bruxelles paga sicuramente più della retorica europeista. E anche le ricette che vengono da lassù dimostrano di essere spesso controproducenti: il ministro Siniscalco ricorda ad esempio che il piano di rientro dal deficit imposto da Bruxelles al Portogallo ha fatto cadere quel Paese in piena recessione. «Questo - chiosa sempre alla fine di questo ragionamento - è il motivo principale per cui mi oppongo a una manovra-bis».

      Solo che per sfruttare i «vizi» di Bruxelles sul piano elettorale, la polemica deve essere calibrata. Per questo il premier misura le parole. «Noi non possiamo certo - osserva Cicchitto - dire le stupidaggini della Lega, teorizzare una fuoriuscita dall’euro o di peggio. Queste sono fesserie. Il premier ha intenzione di sviluppare una polemica dall’interno. Non vuole mettere in discussione le istituzioni europee, ma contestare come vengono gestire da “tecnocrati” e “burocrati”. E’ quell’idea dell’Europa che non va bene. Quella di Prodi». E in fondo il Cavaliere non ha mai nascosto che la sua Europa è ben diversa da quella del Professore: ecco perché fa «spallucce» alle minacce di Almunia, specie se, come ieri sera, può permettersi di discutere di Iraq o delle prospettive dell’economia mondiale con il presidente Usa, l’amico George W. Bush.