1- Wal-Mart, la ferrea legge del gigante
2- In California il gruppo ricorre al referendum
sezione: COMMENTI E INCHIESTE
data: 2004-04-07 - pag: 9
autore: STEFANO CARRER
OGGI IL RISULTATO

In California il gruppo ricorre al referendum

NEW YORK • È in California che la strategia di Wal-Mart affronta in questi giorni la prova più dura, con implicazioni persino filosofico-politiche: è giusto che un grande gruppo commerciale possa cambiare la fisionomia di un’intera comunità promuovendo un referendum per aggirare le barriere amministrative alla sua espansione? Ieri a Inglewood, un sobborgo di Los Angeles di 120mila abitanti, si è votato per approvare o meno l’apertura di un "supercentro", un ibrido a dimensioni maggiorate tra un tradizionale punto vendita Wal-Mart e un megadiscount alimentare che sarà il fulcro di un centro commerciale esteso su 60 acri di terreno. Un’iniziativa di sondaggio politico dal costo stimato in un milione di dollari, proposta dal gigante della distribuzione nel quadro di una svolta decisamente aggressiva contro gli ostacoli che le autorità locali e la società civile di molte località californiane oppongono al suo progetto di aprire 40 supercentri nello Stato dell’Ovest. È la prima volta che i cittadini sono chiamati ad approvare uno specifico progetto di urbanizzazione e non solo ad abrogare o meno una ordinanza generica di limitazione dello sviluppo commerciale. Due scuole di pensiero inconciliabili si confrontano, con margini di mediazione davvero ridotti. WalMart sostiene che il suo arrivo porterà benefici alle comunità attraverso una riduzione dei prezzi per i consumatori e la creazione di nuovi posti di lavoro: dalla sua parte ha un rapporto del Los Angeles Economic Development Council (commissionato dallo stesso gruppo dell’Arkansas) secondo il quale i supercentri porteranno a un incremento netto dell’occupazione: per la sola contea di Los Angeles si tratterebbe di un risparmio di 569 dollari l’anno per famiglia, con l’attivazione di 17.300 posti di lavoro. Cifre contestate dal vasto schieramento di oppositori e in particolare da uno studio dell’Ubs rilasciato a ridosso del referendum: secondo l’analista Keith Mills, soprattutto l’espansione di Wal-Mart nell’alimentare porterà molti negozianti e strutture commerciali più piccole a dover abbandonare l’attività. Sicché il saldo occupazionale sarà negativo. C’è poi l’aspetto ambientale, in uno Stato molto sensibile a questioni come la regolamentazione del traffico automobilistico e la tutela dell’equilibrio urbanistico-territoriale. Ma c’è anche la preoccupazione dei sindacati e dei lavoratori già occupati. Non a caso 70mila lavoratori della distribuzione alimentare californiana hanno da poco concluso un lunghissimo sciopero durato 20 settimane, in cui il previsto arrivo di Wal-Mart è stato il tema centrale: molte società del settore avevano chiesto sacrifici sul piano della retribuzione e dei benefit sostenendo di non poter altrimenti competere con il nuovo venuto (che paga meno i suoi dipendenti, non sindacalizzati). In sostanza: problemi di traffico e urbanistici, pressioni al ribasso sui salari e sulla copertura sanitaria e chiusure di business renderebbero WalMart più una minaccia alla rivitalizzazione dell’economia locale che non una benedizione per i cittadini-consumatori. La California, comunque, non è nuova a iniziative referendarie per bloccare situazioni di stallo: ne ha fatto le spese, recentemente, lo stesso ex Governatore Gray Davis. L’esito della consultazione appare decisivo non solo per la cittadina interessata: in caso di bocciatura dell’iniziativa, il fronte anti Wal-Mart in tutta la California sarà rafforzato e i regolamenti in via di definizione nelle maggiori città e in vari centri minori — che impongono severe restrizioni ai grandi centri commerciali o li bloccano del tutto — dovrebbero moltiplicarsi. Una vittoria, invece, spianerebbe la via all’invasione californiana di un gruppo che, per ora, è riuscito solo ad aprire un centro nella remota e semi-desertica località di La Quinta.