domenica 24 luglio 2005
      ECONOMIA ITALIANA - pagina 19

        INFLAZIONE • L'accusa: dopo il changeover per 100 prodotti ci sono stati incrementi a due cifre - Parla Corritore, amministratore delegato di Swg

        Caro euro, affondo dei consumatori
          La Gdo: sì a listini trasparenti

          LAURA DI PILLO
            MILANO • C'è chi parla di arrotondamenti troppo disinvolti. Chi denuncia la mancanza di controlli nel changeover lira euro, chi invece sottolinea " l'effetto percezione e sfiducia" che amplifica la sensazione di impoverimento. Il dibattito sui rincari post euro divide ancora economisti, politici, associazioni dei consumatori. Nelle scorse settimane il ministro dell'Economia Domenico Siniscalco aveva puntato il dito sui «rincari eccessivi nei costi dei servizi bancari e finanziari» e il primo giugno l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un'indagine conoscitiva sulla distribuzione agroalimentare alla luce dei «considerevoli e ripetuti aumenti dei prezzi finali di vendita di molti beni alimentari intervenuti negli ultimi anni» .

            L'obiettivo del presidente Catricalà è verificare eventuali distorsioni e inefficienze nella formazione dei prezzi di frutta e verdura (sotto accusa i passaggi che intervengono dalla produzione al supermarket) dopo le denunce delle associazioni dei consumatori sui rincari che hanno colpito il settore dell'ortofrutta. E non solo. Secondo un elenco di cento prodotti elaborato da Intesaconsumatori, dal 2001 al 2004 gli aumenti corrono a due cifre: « A parte il francobollo per posta prioritaria — spiega Elio Lannutti, presidente dell'Adusbef — e i ribassi registrati nelle tariffe telefoniche, ci sono stati aumenti considerevoli che pesano sui bilanci delle famiglie, dal quotidiano, al caffè, dal biglietto del cinema alla pizza margherita » . Una fotografia, quella scattata da Intesaconsumatori, parziale e non statistica, che ha fatto la media ponderata dei costi di alcuni dei principali beni in una diecina di città e province italiane. Si parte dalle 13mila lire del biglietto del cinema nel 2001 ai 7,5 euro del 2004, con un aumento dell' 11,8%. Si prosegue con i quotidiani — da 1.500 lire a 0,90 euro (+ 16,9%) —, la giocata minima del lotto — mille lire nel 2001, 1 euro tre anni dopo (+ 93%) —, il caffè passato da 1.300 lire a 0,77 euro (+ 14,5%).

            Percentuali che non coincidono con i dati dell'Istat che fotografano invece un'inflazione in frenata. Uno scarto, quello tra inflazione reale e inflazione percepita, che alimenta il dibattito nazionale. In generale, denunciano le associazioni dei consumatori, pesano troppo sui conti delle famiglie gli aumenti che dal 2002 ad oggi hanno riguardato gran parte dei beni e dei servizi, contribuendo ad affossare livelli di consumo già debolissimi.

            Per ridare ossigeno al portafoglio, penalizzato anche dalla corsa del greggio, si mettono in campo diverse ricette: dal blocco dei prezzi varato lo scorso anno nella grande distribuzione, al congelamento con decreto dei rincari dell'elettricità, delle tariffe ferroviarie, al menu a costo fisso, al Codice del consumo appena varato dal Governo.
            «Un codice— ha puntualizzato il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola — con cui il consumatore è messo nella condizione di tutelarsi e di essere tutelato sia sul piano individuale che collettivo».

            Nel mirino delle associazioni dei consumatori ci sono i commercianti e lo Stato: «Sono i soggetti che hanno guadagnato grazie all'arrivo della nuova moneta, un'operazione— dice Lannutti — che è costata 52 miliardi in più, e almeno 15 miliardi sono andati nelle casse dello Stato». La grande distribuzione respinge le accuse e replica: «A guardare l'andamento nei supermercati e ipermercati negli ultimi due anni — fanno sapere da Centromarca, l'associazione italiana dell'industria di marca — si vede che i prezzi dei beni sono cresciuti meno dell'inflazione. A questa progressiva frenata non ha fatto però riscontro una ripresa dei consumi» . Secondo Luigi Bordoni, direttore generale di Centromarca, sta cambiando anche il modello di consumo: «Beni di consumo immediato e durevole — spiega — sono in netta contrazione, compressi dai costi crescenti dei consumi obbligati forniti dalle imprese che operano nei settori protetti con tariffe sistematicamente superiori all'inflazione» . E se qualche arrotondamento facile c'è stato e si può riconoscere, secondo Centromarca, «sicuramente non è stato nella misura del 20 25% come sostengono le associazioni dei consumatori, soprattutto nella grande distribuzione» .

            Intanto Federdistribuzione si dice pronta a collaborare con l'Antitrust.
            «Siamo per la trasparenza — sottolinea il presidente Giovanni Cobolli Gigli —, ci interessa contenere al massimo i prezzi al consumatore e stiamo lavorando con le catene distributive per comprimere la filiera tra produttori e consumatori». Quanto alle inefficienze e agli aumenti «molte volte — aggiunge — può capitare che ci sia un eccesso di intermediari che devono essere ridotti e stiamo lavorando su una razionalizzazione della catena distributiva».