Prima Pagina (segue a pagina 36) - Commenti Ora è nata «la cosa». Non potremo più chiamarla disciplina dei Pacs. Questa sigla infatti è tratta dall’esperienza francese; ma il testo varato dal governo - che ora dovrà essere sottoposto all’esame del Parlamento - è lontanissimo dalla legge approvata in Francia qualche anno fa. Le nuove norme non introdurranno nel nostro ordinamento una disciplina dei patti di convivenza. Il disegno di legge si limita ad attribuire alcuni effetti al fatto che due persone convivano per un certo tempo. Il nuovo istituto non prenderà vita dalla manifestazione di volontà di due persone di unire la loro storia, ma da asettiche «risultanze anagrafiche». I conviventi si recheranno all’anagrafe dichiarando di vivere assieme. Lo potranno fare «contestualmente», ma anche separatamente. In quest’ultimo caso il convivente che ha fatto all’anagrafe la dichiarazione di convivenza dovrà «darne comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’altro convivente». Insomma, niente cerimonie. Con diritti inferiori a quelli del coniuge Vi sono poi due effetti della dichiarazione di convivenza particolarmente rilevanti. Se uno dei conviventi verserà in stato di bisogno, l’altro sarà tenuto a versargli un assegno per far fronte alle sue necessità e ciò anche dopo la cessazione della convivenza, purché questa sia durata per almeno tre anni. Una specie di assegno di mantenimento, anche se di serie B. Inoltre, trascorsi nove anni dall’inizio della convivenza, i conviventi saranno eredi legittimi (ma con diritti inferiori a quelli del coniuge). Nessuno sconquasso in altri Stati europei |
"Convivenza" Il potere all’anagrafe (C.Rimini)
di Admin
mercoledì 27 ottobre 2021