sabato 19 aprile 2003
I risultati di una ricerca condotta dalla Cgil in collaborazione con l’Università Statale di Milano
Lavoro, a qualcuno piace atipico
Luigina Venturelli
MILANO C’è chi lo sceglie e chi lo subisce. Il
lavoro atipico, alla prima ricerca condotta su
base nazionale dalla Cgil in collaborazione con
l’Università statale di Milano, si è mostrato meno
omogeneo del previsto. Se il 31,6% degli intervistati
sta cercando un nuovo impiego di tipo
subordinato, il 46,9% ha invece scelto volontariamente
queste nuove tipologie lavorative.
Sfatata, dunque, almeno parzialmente,
l’equazione fra atipicità e precarietà. Da un lato,
i co.co.co. finiscono per fare tutt’altro rispetto
agli studi conseguiti, con contratti di scarsissime
garanzie e prospettive: operai ed impiegati interinali,
addetti ai call center, prestatori d’opera occasionali.
Ben il 57% non dorme sonni tranquilli
per quanto riguarda le proprie prospettive economiche
ed il 56,4% ritiene un grave motivo d’incertezza
le proprie opportunità d’impiego futuro.
Ma, dall’altro lato, esiste un insieme di persone
soddisfatte del grado di libertà e flessibilità
che i nuovi contratti assicurano: consulenti infor-
matici, ricercatori, collaboratori nel mondo dell’editoria,
architetti e grafici. Persone con un elevato
livello di scolarità (la metà di loro è laureata)
e con un certo attaccamento alla propria
condizione lavorativa.
L’intera indagine, condotta dal prof. Luigi
Ferrari, docente di psicologia alla Bicocca, riflette
questa sorta di bipartizione fra gli interinali.
Al di là della posizione ufficiale ricoperta nel
luogo di lavoro, il 46,5% del campione si sente
intimamente un dipendente, mentre il restante
53,5% si articola in varie forme di collaborazione
autonoma o libero professionale. Se il 43,4%
degli intervistati dichiara un grado di soddisfazione
medio per l’attività svolta, la quota rimanente
si divide fra chi è poco o per nulla soddisfatto di
ciò che fa (31%) e chi invece lo è abbastanza o
molto (24%).
Su un punto, però, si trovano tutti d’accordo:
la fiducia nel sindacato come soggetto di
tutela. Se il 48,2% è iscritto alla Nidil, l’associazione
degli atipici della Cgil, addirittura l’80%
ritiene che il sindacato possa tutelare i propri
interessi, tanto da essere il secondo soggetto con-
siderato – subito dopo la famiglia – per avere un
sostegno futuro durante la terza età: il 30,3% si
aspetta un supporto sufficiente ed il 26,8% si
attende un supporto elevato dall’organizzazione
sindacale.
«Quello degli atipici – sottolinea Onorio Rosati,
della segreteria Cgil di Milano – è un mondo
variegato e ancora da conoscere profondamente.
Basti considerare che nel 2001 il 65% degli avvii
al lavoro sono stati rappresentati da atipici. Ma è
un settore ancora scarsamente indagato e questa
indagine dimostra come siano molti i luoghi
comuni in proposito da riconsiderare».
«Il problema delle nuove forme di tutela da
applicare al settore – continua Rosati – deve esse-re
affrontato tenendo conto delle differenziazio-ni
presenti. Da questo punto di vista, la proposta
di legge di iniziativa popolare che la Cgil presen-terà
si adatta perfettamente alla situazione:
l’estensione agli atipici dei diritti sindacali, assi-stenziali
e previdenziali dei lavoratori in senso
classico. Diritti che saranno riconosciuti pur sen-za
l’inquadramento in un contratto di lavoro
subordinato».