19/6/2002 ore: 0:00

"Io che lavoro in un Supermercato....", Indagine sulle condizioni di lavoro degli operatori

Contenuti associati


CGIL – FILCAMS
Bergamo







LAVORARE
NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE

Indagine sulle condizioni di lavoro
degli operatori


ottobre 2001 – marzo 2002






A cura di Gloria Volpato e Silvia Zanolini

PREMESSE

La richiesta

Nell’ottobre 2001 la FILCAMS – CGIL ha ritenuto opportuno promuovere un’indagine relativa alla situazione dei lavoratori nel settore della Grande Distribuzione.
Si ritiene qui utile ricordare l’obiettivo e i temi da approfondire individuati nella fase preliminare:
obiettivo: raccogliere informazioni per consentire al Sindacato, attraverso una maggior conoscenza della specifica realtà lavorativa, di rendere più incisiva la sua presenza all’interno di questo ambito;
temi da approfondire: - cosa spinge a cercare lavoro in questo settore
- modalità ed efficacia dell’iter d’inserimento di nuovo personale
- elementi caratteristici del lavoro nella Grande Distribuzione (con particolare riferimento alla flessibilità oraria, alla precarietà del contratto e alle prospettive di carriera)
- modalità di fronteggiamento delle difficoltà (strategie di coping)
- atteggiamenti nei confronti del sindacato
- valutazioni dei lavorarori in relazione alla soddisfazione dei clienti.

La FILCAMS stessa ha individuato le aziende da coinvolgere, quelle più significative nel panorama della Grande Distribuzione in Bergamo e provincia: Auchan (sedi di Bergamo e Curno), Castorama (sedi di Curno e Seriate), Esselunga (sedi di Bergamo e Curno), Iper (sedi di Brembate, Orio al Serio e Seriate), Pellicano (sede di Treviglio).

Modalità di lavoro e soggetti da coinvolgere

Valutate le risorse a disposizione, si sono stabilite le seguenti modalità di lavoro:
- approfondimento delle tematiche da trattare attraverso colloqui con i
        delegati sindacali di ogni azienda coinvolta, per trarre informazioni utili alla costruzione di uno strumento di indagine sufficientemente contestualizzato;
- somministrazione di un questionario con risposte chiuse ad un certo numero di
      lavoratori (approccio di tipo quantitativo), per consentire - attraverso la
      rilevazione di alcune tendenze – di trarre indicazioni di massima e spunti di
      riflessione da utilizzare come punto di partenza per ulteriori approfondimenti;
      - coinvolgimento (minimo) delle aziende per la rilevazione dei dati numerici
      necessari per la definizione della quantità e tipologia di lavoratori da coivolgere.

      Una prima fotografia
Le prime significative indicazioni ci sono state dunque fornite dal contatto con tre punti di vista differenti rispetto al mondo della Grande Distribuzione:
- quello del Sindacato CGIL
- quello dei delegati sindacali
- quello dei dirigenti delle catene di G.D. coinvolte.

Attraverso l’indagine il Sindacato chiedeva di verificare le sue ipotesi rispetto alla realtà lavorativa considerata, e cioè:
- che i lavoratori della G.D. fossero poco soddisfatti del proprio lavoro, con
        particolare riferimento a orari e turni di lavoro, precarietà del contratto,
        tensione nelle relazioni con la dirigenza;
- che fosse prevalente un sentimento di rassegnazione e una sostanziale
        accettazione di atteggiamenti ricattatori da parte dell’azienda (flessibilità e
          disponibilità alle richieste aziendali in cambio di assunzione a tempo indeterminato o avanzamenti di carriera);
        - che nei confronti del sindacato ci fosse disinteresse se non ostilità (dato
        rilevabile anche dalla scarsità di iscritti).

I colloqui con i delegati hanno in sostanza confermato ed enfatizzato il quadro proposto dal sindacato, come si può rilevare dalla relazione allegata, con particolare accento sulla difficoltà nei rapporti interni determinata dall’atteggiamento “divide et impera” dei responsabili aziendali.

Le aziende hanno mostrato diffidenza se non ostilità nei confronti di questa iniziativa: solo 4 negozi hanno fornito alcuni dati (nessuno in tempo utile, comunque nel complesso poco dettagliati); in una situazione l’azienda si è mostrata esplicitamente contraria all’iniziativa.


I numeri


Data la difficoltà nel reperire dati necessari rispetto agli occupati e alla loro distribuzione nei ruoli per noi significativi, il calcolo del numero di questionari da compilare si è basato su ipotesi e generalizzazioni ricavate dai dati indicativi forniti dai delegati (uniche eccezioni: Auchan Curno e Castorama Curno che hanno fornito indicazioni sufficientemente precise).
Anche rispetto alla tipologia di persone da coinvolgere (maschi/femmine, a tempo indeterminato/determinato, part-time/full-time, come rappresentanti dei diversi ruoli professionali presenti…) non si è potuta dare alcuna indicazione precisa. Del resto, anche potendo, questa richiesta avrebbe certamente caricato di un lavoro eccessivamente oneroso i delegati (non solo con la difficoltà di trovare qualcuno disponibile per la compilazione, ma qualcuno con le caratteristiche indicate!).
Su questa base abbiamo richiesto la compilazione del questionario da parte del 20% dei lavoratori di ciascun negozio (ad esclusione di impiegati, dirigenti, capi reparto e capi servizio).
E’ evidente che, con queste premesse, la ricerca non può vantare alcuna “scientificità” dal punto di vista statistico; ci sembra però che i 297 questionari che abbiamo analizzato siano comunque un campione significativo e degno di interesse.

Considerazioni sull’uso dello strumento questionario


Chi ha lavorato a questo progetto è pienamente consapevole dei limiti che uno strumento come il questionario a risposte chiuse presenta:
- risponde alla necessità di “incanalare” e standardizzare le risposte, quindi è un grande semplificatore della realtà, nel bene e nel male;
- poiché è impersonale, tende ad essere compilato con una certa superficialità. Alcuni questionari che, uno di seguito all’altro, presentano risposte identiche in parecchie domande, così come la presenza di questionari compilati senza attenzione per le istruzioni, sembrano confermare questo rischio;
- crea molto spesso una certa diffidenza da parte di chi lo compila, per quanto sia anonimo. Se l’azienda è vista come un “grande fratello”, cui non si può nascondere nulla, o se non c’è fiducia nell’organizzazione sindacale, può essere difficile trovare una motivazione per sbilanciasi in dichiarazioni non allineate.
    Nonostante tutto ciò, pensiamo che questo strumento abbia un suo valore, soprattutto se utilizzato con attenzione ed onestà.
    E’ uno strumento che non dà risposte, ma è utile per porre, appunto, questioni, favorire la creazione di nuove ipotesi, aprire a nuovi punti di vista più che chiudere in affermazioni definitive; in questo senso ci è sembrato adeguato rispetto all’obiettivo che FILCAMS ci aveva esplicitato come premessa e che abbiamo ricordato poco sopra. Nella sintetica rielaborazione delle risposte si è cercato dunque di rimanere su un piano dialettico, aprendo a diverse letture possibili, anche per stimolare chi legge a criticarle e a farne di sue.

    Il punto di vista che i lavoratori esprimono con le loro risposte (la quarta “istantanea” che abbiamo raccolto in questi mesi di lavoro, dopo le tre citate prima) ci accompagna ad una lettura della situazione ancora diversa, sia rispetto a quella “battagliera” dei sindacati che a quella “arroccata” dell’azienda. Queste contraddizioni rimandano a posizioni statiche che i diversi attori sembrano avere nei confronti della realtà che condividono; si è cercato dunque di dare un contributo in funzione di una visione più dinamica del contesto, senza cercare di limare le contraddizioni e di costringere i dati in un quadro coerente, ma apprezzando e valorizzando gli spunti di riflessione che proprio l’incoerenza, in quanto ci spinge a non irrigidirci nelle teorie “da sposare”, ci permette.

    DOMANDE 1 – 9 : L’IDENTIKIT DELLE PERSONE COINVOLTE

    Le prime nove domande forniscono l’identikit delle persone che hanno compilato i questionari.
    Sono domande di tipo anagrafico o che si riferiscono comunque alla realtà “oggettiva” della persona.
    Come già spiegato in premessa, la situazione non ha permesso di definire un target ben preciso che ci consentisse di riportare nel “piccolo” della nostra indagine il “grande” della realtà cui ci riferiamo.
    Attraverso le tabelle che seguono non si ha dunque una descrizione necessariamente fedele delle caratteristiche dei lavoratori della G.D. (una statistica in relazione a questi dati può essere del resto molto semplice attingendo alle informazioni presenti in ciascuna azienda), ma piuttosto un’inquadratura generale che fornisce una cornice utile per comprendere meglio ed arricchire la lettura delle risposte successive.

    L’osservazione di alcuni dati emersi ci induce a fare delle considerazioni rispetto ad alcune prefigurazioni ipotizzate in fase preliminare:
    ü si potrebbe pensare che un lavoro di questo tipo, che consente di ottenere facilmente un part-time, o che comunque permette, grazie all’orario continuato, di avere mezza giornata libera, favorisca l’applicazione in altre attività (altro lavoro, studio, passioni…): anzi, forse possa essere scelto proprio per questo.
        Invece i dati rilevati dalle risposte alla domanda n. 6 indicano che questo non accade.
        Non solo: le persone intervistate (in maggioranza donne) non riferiscono neppure di occuparsi dei lavori di casa (per almeno mezza giornata alla settimana!). Questo potrebbe indicare una certa inconsapevolezza del carico di lavoro cui le donne sono solitamente sottoposte, carico che è dato così per scontato che non lo si segnala nemmeno più.

    ü Rispetto al contratto in essere (domanda 9), si osserva una decisa prevalenza dei contratti a tempo indeterminato.
        E’ probabile che per un delegato sia più semplice chiedere la disponibilità per la compilazione di un questionario ad un collega di vecchia data piuttosto che a un ragazzo appena arrivato e che presto se ne andrà; ma questo dato può far riflettere sull’opportunità di approfondire la situazione della Grande Distribuzione per quanto riguarda la precarietà dei contratti, per verificare se il dato è veramente così diffuso e significativo come lo si considera.

    LAVORARE NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE: LE MOTIVAZIONI
    (Domanda 10)

    E’ interessante notare che due fra le risposte prevalentemente scelte per rispondere a questa domanda si riferiscono ad una motivazione di tipo positivo (“mi piace il contatto con le persone”, e “mi interessava un lavoro con orari flessibili”).
    Sommate alle altre che indicano esplicitamente una scelta motivata di questo ambito di lavoro (“specifico percorso di istruzione professionale”e “qualcosa che ho desiderato fare da sempre”), danno il 43,7% delle risposte.
    Le risposte con una connotazione di tipo negativo – nel senso che esplicitamente indicano la mancanza di una motivazione specifica all’ambito di lavoro (“per caso”, “non ho trovato niente di meglio”, “non saprei fare nient’altro”, “nell’attesa di trovare qualcosa di meglio”) – sono invece state scelte dal 34,2% degli intervistati.

    Le motivazioni positive rappresentano una grande risorsa sia per l’azienda che per il lavoratore, perché forniscono un’area di interessi condivisi sulla base di cui si può costruire un rapporto positivo e gratificante per entrambi.

    Il dato sull’interesse per un lavoro con orari flessibili è inaspettato, perché proprio questo elemento era stato individuato nelle ipotesi iniziali come cruciale nella determinazione dell’insoddisfazione rispetto al proprio lavoro.
    Si tratta di capire esattamente cosa s’intende per lavoro con orari flessibili (forse anche la possibilità di avere un part-time, cosa ormai difficile negli altri ambiti di lavoro, è stata considerata come “orario flessibile”?) e quali vantaggi porta – visto anche che il tempo libero non è utilizzato per altre attività.

    EFFICACIA DELL’ITER DI INSERIMENTO DEI NEOASSUNTI
    (Domanda 11)

    Le persone interrogate ritengono in leggera maggioranza che le modalità previste dall’azienda per inserire nuovo personale non siano efficaci.
    La motivazione più scelta per giustificare questa valutazione è che “la realtà lavorativa è ben diversa da quella che ci si immagina”.
    Fra le motivazioni proposte, questa è la meno specifica; fermo restando che nella G.D. potrebbe esserci un particolare scollamento fra il tipo di lavoro che uno si immagina di fare (per esempio un lavoro in cui si privilegia la relazione con il cliente) e quello che in realtà vuole l’azienda, si può anche ipotizzare che ci si riferisca qui al normale scarto fra le fantasie che si fanno attorno all’ingresso nel mondo del lavoro, caricato di valenze positive (affrancamento dal mondo della scuola e della famiglia, libertà, indipendenza…), e la realtà effettiva. Il discorso evidentemente diventa in questo caso più ampio.

    LE RELAZIONI CON COLLEGHI E SUPERIORI
    (Domande 12 e13)

    E’ senz’altro uno dei dati più inaspettati del questionario: a fronte di affermazioni chiaramente negative da parte dei delegati, che hanno citato questi aspetti come fortemente problematici (in particolare per quanto riguarda il rapporto con i capi) – v. relazione sulle interviste ai delegati - , le risposte raccolte fotografano una situazione di sostanziale soddisfazione in relazione a questi aspetti.
    E’ evidente in questo caso uno scollamento fra la visione sindacale e la sensazione diffusa fra i lavoratori.
    Rispetto a questo dato è possibile proporre diverse letture:
    § un’attenzione puntata sugli aspetti critici e sulla conflittualità fra i ruoli potrebbe esasperare alcune situazioni e portare a una lettura parziale, troppo focalizzata su alcuni elementi o addirittura distorta;
    § si potrebbe d’altra parte anche dire che la sensibilità e la cultura del lavoratore sindacalizzato lo rendono più ricettivo e acuto rispetto alla capacità di cogliere la valenza disgregante di alcuni atteggiamenti;
    § ancora, si può osservare che chi diventa delegato sindacale lo fa spesso perché ha vissuto sulla propria pelle alcune problematiche, esperienza che poi influisce inevitabilmente con il suo modo di percepire le cose.

    Fra le motivazioni proposte alle persone che hanno espresso insoddisfazione per i rapporti interni all’azienda, quella più indicata fa riferimento alla politica aziendale che ostacola gli atteggiamenti solidali e di complicità fra i lavoratori.

    LO STIPENDIO
    (Domanda 14)

    Poco più della metà degli interpellati si è dichiarata non soddisfatta dello stipendio che percepisce; ci si potrebbe aspettare, viste le premesse, che lo si consideri inadeguato rispetto ai sacrifici familiari dovuti ad orari e turni; invece la motivazione cui si è fatto più riferimento è relativa all’inadeguatezza rispetto all’impegno e alla fatica che il lavoro comporta, aspetti che sembravano decisamente in secondo piano nella fase preliminare della nostra ricerca.
    Si può poi osservare che ben il 15,4% delle risposte rispetto alla motivazione per cui si ritiene lo stipendio insoddisfacente sono risposte plurime, come a dire che l’inadeguatezza è riferita a più di un aspetto…

    SODDISFAZIONE GENERALE
    (Domanda 15)

    E’ un dato che parla da sé, sorprende e rispetto al cui significato può essere interessante riflettere: le risposte che indicano soddisfazione nei confronti del proprio lavoro sono ben il 78,5%!

    LA METAFORA
    (Domanda 16)

    Mentre le altre domande fanno riferimento a una valutazione più razionale sui diversi aspetti della propria situazione lavorativa, la scelta di una metafora per definire il proprio ambiente di lavoro richiama più esplicitamente la sfera dell’immaginazione e dell’impatto emotivo.
    Non si vuole qui dare un’interpretazione univoca e semplicistica delle risposte scelte, perché è evidente che in questo caso vengono coinvolti aspetti, fantasie, vissuti molto complessi e personali.
    Poiché però è altrettanto indubbio che l’attribuzione di alcuni significati è generalmente condivisa, è possibile fare delle ipotesi e considerazioni utili per approfondire il nostro tema.

    Le immagini che abbiamo proposto per descrivere il proprio ambiente di lavoro possono, in una prima ipotesi, essere considerate come appartenenti a tre gruppi a seconda dell’aspetto scelto come rilevante.
    Le immagini del primo gruppo così individuato sono: l’orologio, la caserma, l’alveare; sono accomunate dal fatto di sottolineare nell’organizzazione l’aspetto delle regole, in 3 diverse accezioni:
    - come meccanismo preciso, rigido e impersonale (orologio)
    - come struttura di potere, con accenti in particolare sulle relazioni gerarchiche e sull’indiscutibilità delle disposizioni (caserma)
    - come suddivisione dei ruoli per raggiungere un obiettivo comune grazie all’ “operosità” di tutti (alveare).
    Le metafore di questo primo gruppo sono state scelte dal 35,7% degli intervistati; la più indicata è quella della caserma, seguita comunque a breve distanza da quella dell’alveare che la controbilancia.
    Le immagini del secondo gruppo (famiglia, portineria) fanno riferimento a una visione più legata alle relazioni, sia interne che esterne all’azienda.
    La famiglia sembra più centrata sulle relazioni interne, per cui i ruoli in generale e/o persone specifiche in particolare, assumono valenze che vanno oltre l’aspetto razionale e professionale per coinvolgere in maniera più esplicita anche la sfera emotivo-affettiva.
    La portineria appare come più centrata sulle relazioni esterne, con un pubblico “che va e viene” o, se riferita comunque alle relazioni interne, sembra indicare rapporti di una certa superficialità.
    La percentuale di scelta delle metafore di questo gruppo è la più bassa (15,5%).
    Le immagini del terzo gruppo (il puzzle, il labirinto, il groviglio) sottolineano l’aspetto “enigmatico” dell’organizzazione e del lavoro: un enigma da risolvere, cui si aggiunge però anche l’aspetto del ruolo di ogni singolo pezzo nella creazione di una figura completa (puzzle), una strada da trovare tra tanti vicoli ciechi in un percorso che appare come qualcosa di preordinato e creato ad arte – forse qualcuno vuole farci perdere la strada? - (labirinto), un caos informe, determinato qui invece dal caso (frangenti particolari, situazioni non governate, incapacità…), in cui bisogna trovare un bandolo per riuscire a fare un po’ di ordine (groviglio).
    Le risposte di questo gruppo sono il 42% del totale; la più gettonata è quella del groviglio che è anche, in assoluto, la più scelta.

    LA CARRIERA
    (Domanda 17)

    Cosa significa fare carriera per chi lavora nella G.D.?
    Anche in questo caso ci è sembrato utile raggruppare le risposte per ambito di riferimento:
    - rispetto al tipo di lavoro che si svolge concretamente (“cambiare reparto”, “andare a lavorare in amministrazione”, “poter decidere in che ambito lavorare”)
    - rispetto alle gratificazioni e al riconoscimento sociale (“ricevere maggiori attenzioni da parte dei miei diretti superiori”, “essere riconosciuti e apprezzati dai clienti”)
    - in riferimento a gratificazioni materiali (“ricevere incentivi economici e/o benefits”, ma anche “passare da part-time a full time”)
    - in funzione dell’acquisizione di maggiori diritti (“passare da un contratto a tempo determinato a uno indeterminato”, “ottenere turni migliori”).

    La risposta più scelta è stata, in maniera molto prevedibile, quella che fa riferimento contemporaneamente a tutti gli aspetti sopra citati, cioè “aumentare di livello”.

    Un’osservazione dei dati rilevati sembra però indicare una centralità data all’aspetto più materiale, economico (fondamentale nell’aumento di livello ed esplicito nella risposta relativa ad incentivi e benefits: da sole queste due risposte raggiungono il 45% delle adesioni).

    TURN-OVER
    (Domanda 18)

    Fra le risposte date per giustificare l’elevato turn-over fra i lavoratori della G.D., si conferma la scarsa significatività dei conflitti con capi e colleghi come risposta esplicita.
    Il fatto però che affermazioni come “ci si sente considerati dei semplici numeri” e “la fatica e l’impegno sono poco riconosciuti” siano tra le risposte più condivise lascia supporre che esistano degli elementi di criticità nelle relazioni interne, in particolare con i superiori. In effetti, l’azienda che non considera un elevato turn-over (che è un dato accertato all’interno della G.D.) come un danno per se stessa sembra considerare le persone proprio come semplici numeri, di cui l’uno vale l’altro.

    Altro elemento interessante è il dato elevato attribuito alla flessibilità oraria come causa di turn-over, affermazione che sembra essere in contraddizione con l’alta percentuale data alla stessa risposta in riferimento però alla motivazione per cui si sceglie questo tipo di lavoro.
    Un confronto fra i questionari che contengono queste risposte mette in luce che in effetti solamente due persone hanno dato questa come risposta ad entrambe le domande: non si rileva quindi una contraddizione nella valutazione delle singole persone, ma piuttosto una lettura opposta dello stesso elemento da parte di diverse persone.

    STRATEGIE DI COPING
    (Domanda 19)

    Come ci si difende dagli aspetti più negativi del lavoro? Questa domanda è stata proposta soprattutto in quanto ci si prefigurava una percezione della situazione decisamente più fosca di quanto non si sia poi effettivamente rivelata. Rimane comunque una domanda che dà indicazioni interessanti.
    Ci sono risposte “passive” (rassegnarsi, pensare che è un lavoro temporaneo, non farsi coinvolgere, fare il minimo, cercare di essere ottimisti, accettare le condizioni sperando di avere qualcosa in cambio) che raccolgono il 44,6 % dei consensi.
    Ci sono risposte “incazzate” (sfruttare i propri diritti per “vendicarsi” – su questo viene da chiedersi se non ci sia stata un’autocensura, visto che nessuno ha indicato questa risposta…, arrabbiarsi), che sono state scelte solo dal 4,2% dei lavoratori interpellati.
    Ci sono infine risposte propositive (cercare di ottenere turni e orari migliori, cercare di migliorare la propria formazione profesionale per accedere a profili lavorativi più alti, iscriversi al Sindacato), cui si è fatto riferimento nel 15,6% dei casi.

    Emerge quindi una tendenza alla passività e alla rassegnazione, che può spiegare anche la disaffezione per l’attività sindacale, e un tentativo di difendersi cercando di rimanere al di fuori e mantere un atteggiamento il più distaccato possibile.

    COME MIGLIORARE LA QUALITA’ DEL LAVORO NELLA G. D.
    (Domanda 20)

    Le risposte a questa domanda sembrano dare un’indicazione molto interessante: sono suggerimenti che possono sottointendere o una visione prevalentemente individualistica nell’approccio ai problemi oppure un’attenzione per strategie di miglioramento con un valore anche sociale.
    Del primo gruppo possono far parte l’introduzione di incentivi economici e benefits, la definizione distrumenti di valutazione che gratifichino di più, la richiesta di maggiori opportunità di crescita professionale, una maggior disponibilità nei confronti delle richieste dei lavoratori: sono ben il 57,3% del totale; del secondo gruppo possono far parte la creazione di gruppi ricreativi per conoscersi, l’organizzazione di gruppi di formazione permanente, un maggior coinvolgimento nelle decisioni, l’accettazione di un clima di cooperazione e armonia: sono il 36,5% delle risposte.

    IL SINDACATO
    (Domanda 21)

    Nonostante tutto, almeno in linea teorica il ruolo del Sindacato all’interno della G.D. viene decisamente valorizzato dalle risposte scelte: le affermazioni “il Sindacato è fondamentale in ogni luogo di lavoro” e “ritengo indispensabile la presenza del Sindacato in un momento come questo” rappresentano il 52,6 % del totale.
    Segue come significativa la percentuale della risposta “mi rivolgerò al Sindacato se ne avrò bisogno”: è un po’ opportunista, ma comunque considera il Sindacato come una risorsa per i lavoratori.
    Scarsa invece l’adesione all’affermazione “preferisco cavarmela da solo”, risposta che ci si poteva attendere sia per le prfigurazioni iniziali che per alcuni dati emersi di cui si è parlato più sopra.

    SODDISFAZIONE DEI CLIENTI
    (Domanda 22)

    Al di là delle ricerche di mercato, può essere interessante porre questa domanda a persone che quotidianamente vedono i clienti da un osservatorio privilegiato.
    Inoltre, questo dato è significativo anche per quello che riguarda la percezione del proprio lavoro e del suo valore, che sono comunque strettamente correlate all’immagine dell’azienda di cui si fa parte.
    Le risposte indicano un buon livello di soddisfazione della clientela: le tre risposte “molto soddisfatta”, “soddisfatta” e “abbastanza soddisfatta” raggiungono il 71 % delle adesioni, anche se con un netto prevalere della terza.
    Chi valuta che la clientela sia insoddisfatta, motiva questa sua posizione scegliendo più di una risposta, come a sottolineare che questa insoddisfazione ha ben ragione di essere.

    TEMPO DI PERMANENZA NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE
    (Domanda 23)

    E’ una conseguenza logica della soddisfazione generale espressa nella domanda 15: si pensa quindi di restare, nella maggioranza dei casi, “almeno 10 anni” se non addirittura “per sempre”.